Febbraio 16th, 2021 Riccardo Fucile 
			
					LA DENUNCIA DI VISITATORI E GUIDE TURISTICHE: “UN CARNAIO, NELLE STANZE DI RAFFAELLO ERAVAMO TUTTI ATTACCATI”
Sabato pomeriggio visitare i Musei Vaticani è stato come entrare in un girone infernale. Al netto della bellezza  delle sale e del valore inestimabile delle opere che i romani hanno finalmente potuto riscoprire dopo mesi di chiusura, alla vigilia di San Valentino si sono registrati assembramenti e caos.
delle sale e del valore inestimabile delle opere che i romani hanno finalmente potuto riscoprire dopo mesi di chiusura, alla vigilia di San Valentino si sono registrati assembramenti e caos.
A denunciarlo, con tanto di foto, non sono solo alcune guide turistiche autorizzate dal Vaticano, ma anche i visitatori stessi, che hanno riportato le proprie impressioni sui social e su TripAdvisor. “Sabato ho seguito due gruppi nei Musei Vaticani”, spiega Vincenzo Spina, una delle tante guide che sui social si sono sfogate per gli assembramenti.
“Al mattino la situazione è stata gestibile” ma è nel pomeriggio che il caos, in alcuni punti, ha avuto la meglio. “La visita dei Musei si sviluppa su un grande e lungo percorso – precisa Spina, in attesa di una risposta dalla direzione dei Musei, a cui ha scritto per capire cosa non abbia funzionato – .Il carnaio, il tappo, si è verificato nella stanza più grande di quelle di Raffaello”.
I custodi, che tentavano di contingentare gli ingressi, a un certo punto non hanno più avuto la situazione sotto controllo e i visitatori non hanno potuto procedere, nè tornare indietro.
“Prendetevela coi ‘piani alti'”, avrebbero risposto a chi si è lamentato del maxi-assembramento. “Sembrava la banchina della metro all’ora di punta, con famiglie che cercavano di tornare indietro, altri visitatori che urlavano “ci hanno sequestrati””, aggiunge la guida, che ai suoi gruppi prenotati per i prossimi tre sabati – sì, i musei Vaticani al sabato sono aperti a differenza dei musei statali – sta “proponendo il rimborso”.
E un’altra guida, Isabella Ruggiero: “A nessuno viene in mente che se un ambiente è troppo affollato deve sintetizzare in 3 minuti e passare nella sala successiva?”.
I visitatori non hanno perdonato. e su TripAdvisor hanno rilasciato recensioni dal punteggio bassissimo.
“Esperienza da non ripetere – scrive Raffaella – . Purtroppo, con molto rammarico, devo sottilineare l’assoluta mancanza di rispetto delle norme di sicurezza relative al Covid. Le persone si sono ritrovate in diversi momenti in una specie di girone infernale, senza la minima distanza prevista dalle normative. Capisco che per i Musei Vaticani, il numero di persone presenti fosse assolutamente inferiore alla media dei tempi normali, ma siamo in pandemia e questo modo di agire è intollerabile, sia per gli ospiti che per chi lavora dentro al museo. Inoltre, questo stato di cose dovrebbe suggerire che gestire in questo modo gli spazi collettivi, oltre a essere dannoso per la salute, non crea certo un’esperienza culturalmente esaltante”.
Le fa eco Marta P.: “Super assembramenti, pessima organizzazione. Tantissimi gruppi con guide che si bloccavano nelle sale, con decine di persone senza distanziamento. I Musei sono ovviamente bellissimi, ma c’era troppa gente accalcata e in questo periodo è un errore organizzativo inaccettabile”. Al momento dai Musei Vaticani non è venuta nessuna risposta o spiegazione dell’accaduto.
(da “La Repubblica”)
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				Febbraio 16th, 2021 Riccardo Fucile 
			
					“SOLO 5 GIORNI FA SI E’ SCOPERTA L’INCIDENZA DEL 18% DELLA VARIANTE INGLESE”
 Nessuno ha la certezza su quale potrebbe essere la situazione oggi se l’Italia avesse chiuso interamente per tutta la durata delle vacanze di Natale e fa specie che oggi si pensi alle piste da sci come un bisogno primario.
Nessuno ha la certezza su quale potrebbe essere la situazione oggi se l’Italia avesse chiuso interamente per tutta la durata delle vacanze di Natale e fa specie che oggi si pensi alle piste da sci come un bisogno primario.
Il virologo Andrea Crisanti è convinto che la situazione oggi sarebbe stata diversa.
“Se avessimo fatto il lockdown a dicembre e poi ora il controllo delle varianti, noi oggi avremmo gli impianti” sciistici “aperti probabilmente”.
Per l’esperto, “è stata una sfortuna che la decisione” di prorogare lo stop di queste attività  “sia stata presa con così poco anticipo. Io – ha spiegato – sono il primo che ha sempre detto che ci vuole trasparenza e che bisogna dire le cose con largo anticipo per prepararsi. Però è anche vero che abbiamo saputo per la prima volta che la variante inglese aveva un’incidenza del 17-18% 5 giorni fa, perchè finalmente 5 giorni fa è stato fatto il primo campionamento a tappeto in Italia ed è chiaro che una percentuale del 17-18% non poteva essere ignorata
Ma, ha aggiunto, “teniamo presente che questo è stato fatto per il bene degli italiani, non contro qualcuno. L’agenda qui la detta il virus, se a un certo punto la variante inglese è al 17%, che dobbiamo fare se lo abbiamo saputo 5 giorni fa? Dovevamo mantenere gli impianti aperti per fare in modo che si diffondesse e arrivasse al 30-40% con centinaia di morti?”, ha provocatoriamente domandato il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova e docente di Microbiologia dell’ateneo cittadino.
“Un lockdown sarebbe stato necessario sotto Natale – ha ribadito Cristanti – Se lo avessimo fatto, non avremmo le varianti al 20% e potremmo programmare questo periodo in maniera completamente diversa. Se non c’è trasmissione, non c’è diffusione delle varianti, quindi avremmo potuto tranquillamente evitare di arrivare a questo punto”.
(da Open)
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				Febbraio 16th, 2021 Riccardo Fucile 
			
					CHI HA SCELTO LE MISURE PIU’ SEVERE HA OTTENUTO I RISULTATI MIGLIORI
Prima di preoccupare l’Italia, le varianti di Covid-19 hanno invaso già  diversi Paesi d’Europa e del mondo. Su  territorio nazionale la lotta alle mutazioni è solo agli inizi, con la polemica di un lockdown totale che torna a spaventare. Per le realtà  estere e in particolare europee invece le misure restrittive vanno avanti, facendosi esempi di differenti strategie di lotta.
territorio nazionale la lotta alle mutazioni è solo agli inizi, con la polemica di un lockdown totale che torna a spaventare. Per le realtà  estere e in particolare europee invece le misure restrittive vanno avanti, facendosi esempi di differenti strategie di lotta.
Le mosse della Germania
Il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert parla di «una nuvola scura portata da un pericolo molto serio», Angela Merkel «di rischi disastrosi». La Germania è alle prese con la lotta alla variante “inglese”, individuata già  in diverse parti del Paese e con buone probabilità  presente sul territorio tedesco già  da novembre. Ad averlo fatto sapere era stato a dicembre l’Hannoversche Allgemeine Zeitung, che, citando il ministero della salute della Bassa Sassonia, una delle zone della Germania in assoluto più colpita da inizio pandemia, aveva raccontato di un paziente anziano risultato positivo già  un mese prima. Al 20 di gennaio l’allarme è scattato con la nascita di un numero sempre maggiore di focolai, tra cui quello del Vivantes-Humboldt-Klinikum, l’ospedale di Berlino completamente chiuso e messo in quarantena causa variante “britannica“.
«La variante potrebbe sostituire il virus originario e diventare dominante in Germania», ha detto a metà  gennaio il capo di gabinetto della cancelleria federale, Helge Brau. Parole seguite pochi giorni fa dall’annuncio di Angela Merkel di un lockdown prolungato per tutto il Paese, al momento alle prese con il 18% circa di diffusione di casi di variante “inglese”.
Lockdown
La prima mossa scelta dal governo centrale tedesco per arginare il pericolo variante, è stata quella di prolungare il lockdown rigido, in cui la Germania si trova dal 16 dicembre. La proroga della stretta, decisa lo scorso 26 gennaio, avrebbe dovuto allentarsi intorno all’1 marzo. Ma il governo tedesco ha tenuto il punto fermo annunciando la chiusura almeno fino al 7 marzo prossimo. L’allentamento delle misure restrittive potrà  avvenire solo a condizioni epidemiologiche ben precise: quando cioè il tasso di incidenza calcolato su 7 giorni risulterà  stabile a un massimo di 35 nuove infezioni ogni 100mila abitanti.
Confini
Le restrizioni hanno riguardato anche le frontiere. A fine gennaio è stato imposto lo stop alla maggior parte dei viaggi da e per i Paesi colpiti dalle nuove varianti di coronavirus più contagiose, tra cui Gran Bretagna, Sud Africa, Brasile e Portogallo. Risale alle ultime ore un’ulteriore stretta sui confini. Il governo tedesco ha imposto limitazioni agli spostamenti con il Tirolo austriaco e la Repubblica Ceca. Al confine di ingresso e in uscita con Baviera e Sassonia vigono controlli serrati, mentre sono sospesi anche i servizi delle ferrovie tedesche della Deutsche Bahn in partenza e in arrivo proprio per i due Land
Scuole
Sul tema delle scuole il governo centrale sembra essere in totale disaccordo con la scelta che alcuni Laender starebbero facendo. «La pianificazione delle aperture delle scuole nei prossimi giorni da parte di alcuni Land è un passo azzardato», ha detto Merkel. La strategia della Cancelliera avrebbe invece imposto la soglia di riferimento dei 35 nuovi contagi in 7 giorni su 100mila abitanti, anche per l’apertura delle scuole. Ma le decisioni delle singole regioni hanno preso una direzione più morbida, per cui molti istituti scolastici riapriranno già  da 22 febbraio. Una discrepanza resa possibile dal fatto che in Germania la materia è di esclusiva competenza regionale, per cui la Cancelliera al momento impossibilitata ad agire con qualsiasi tipo di veto.
Gli effetti
Il numero dei contagi è in diminuzione nel Paese da diverse settimane. L’incidenza registrata è di circa 70 casi per 100mila abitanti, e diminuiscono i Land nei quali l’incidenza è compresa fra i 100 e i 200 casi settimanali. Anche Berlino ha toccato i livelli più bassi da novembre a questa parte ma l’obiettivo ora è arginare quel 18% di variante “britannica” che spaventa. A questo proposito è il sequenziamento del virus nei laboratori ad essere ancora troppo basso e a non garantire un controllo reale sulla velocità  di diffusione. Per sopperire alla carenza di analisi, la Germania continua con le chiusure, nella speranza di agire in ogni caso sui contagi.
Le mosse del Regno Unito
Per la prima volta nel Regno Unito è stata individuata e isolata la variante di Covid-19 denominata per questo “inglese”. Il 12 dicembre nella prigione dell’Isola di Elmley sono risultati positivi al Covid ben il 40% dei detenuti in un solo braccio del carcere. Da lì una corsa contro il tempo che ha messo in ginocchio un intero Paese nel giro di 20 giorni: da 6 mila a 70 mila casi, con focolai sempre più presenti tra bambini e ragazzi.
Lockdown
La scelta iniziale del Regno Unito è stata quella di agire con chiusure localizzate nelle zone dove la variante era più diffusa. Al 30 di dicembre il ministro della Salute Matt Hancock aveva annunciato di casi in forte aumento e quindi la chiusura di ulteriori Comuni interessati. Così come per la strategia dei colori italiana, anche il governo inglese ha proceduto per livelli restrittivi, modulandoli sulla base dei dati di diffusione. Il tier 4, il livello più duro di lockdown, prevede l’ordine di restare a casa e implica che le attività  commerciali come i negozi non essenziali, i parrucchieri e le palestre debbano chiudere. Ed è al livello 4 che l’intero Paese è purtroppo arrivato nei primi giorni di febbraio, con conseguente chiusura totale tuttora valido.
I confini
Per entrare nel Regno Unito attualmente c’è l’obbligo di 3 tamponi: oltre a quello eseguito all’ingresso si viene sottoposti a un test dopo 2 e 8 giorni. Per i viaggiatori che provengono dai paesi più colpiti dall’epidemia di Covid ed entrano nel Regno Unito senza rispettare l’obbligo di isolamento negli hotel allestiti, il governo britannico ha previsto multe da 10 mila sterline e il carcere fino a 10 anni. Sanzioni salatissime e detenzione le armi per far rispettare le regole sui confini. Hotel da quarantena allestiti a carico del viaggiatore: 1750 sterline comprensivi di vitto, alloggio, trasporto e test.
Scuole
Una delle misure del lockdown generale deciso dal governo britannico è stata anche quella delle chiusure di tutte le scuole. Primarie, secondarie e college di tutto il Paese stanno andando avanti con la didattica a distanza. Gli istituti sono aperti solo per i bambini più vulnerabili e per i figli dei lavoratori essenziali, così come restano aperti i parchi giochi per famiglie e bambini.
Gli effetti e i possibili allentamenti
I dati sui decessi e nuovi contagi del Regno Unito stanno registrando una chiara tendenza al ribasso. Nell’ultima settimana ci sono stati il 25% in meno di ospedalizzazioni, le morti si sono ridotte del 26% e i nuovi casi del 27%. Per la prima volta dallo scorso luglio l’indice Rt è sceso sotto l’1% oscillando tra lo 0,7% e lo 0,9%. Riguardo a una possibile riapertura Johnson ha dichiarato un «cauto ottimismo», prevedendo intorno al 22 febbraio tre differenti fasi di allentamento, con la ripartenza delle scuole prevista all’8 di marzo.
Le mosse della Francia
La variante “inglese” in Francia rappresenta circa il 20-25% dei casi risultati positivi al virus. Nelle ultime ore la parte nord-orientale ha registrato una rapida diffusione anche della variante “sudafricana“: la regione dell’Alsazia rileva attualmente 100 nuovi casi al giorno. E poi la preoccupante situazione della Mosella a est del Paese: più di 300 casi di mutazioni riconducibili alle varianti “sudafricana” e “brasiliana“.
Lockdown
Il governo francese è attualmente ancora al vaglio di una possibile chiusura totale o parziale del Paese. Il ministro della Salute Olivier Veran discute ancora con i rappresentati delle singole regioni anche sull’eventuale chiusura degli istituti scolastici.
I confini
La Francia ha chiuso le sue frontiere ai Paesi al di fuori dell’Unione europea. Una decisione annunciata dal primo ministro Jean Castex a inizio febbraio: «Qualsiasi ingresso qualsiasi uscita dal nostro territorio verso o da un Paese al di fuori dell’Unione europea sarà  vietata, tranne che per motivi impellenti».
Gli effetti
Per ora gli effetti dell’indecisione sulle misure restrittive anti varianti collocano la Francia al terzo posto della classifica mondiale dell’Oms per numero di contagi. Solo dopo Stati Uniti e Brasile, il Paese europeo va avanti con una media di oltre 20 mila contagi al giorno e con una percentuale di diffusione delle varianti che non accenna a scendere.
(da Open)
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				Febbraio 16th, 2021 Riccardo Fucile 
			
					“INDOSSARE SEMPRE MASCHERINE FFP2 NEI LUOGHI CHIUSI, INCREMENTO DEI TAMPONI, VACCINARE TUTTI GLI OVER 70”
 Con la pandemia e con le varianti del coronavirus non si scherza: servono misure restrittive rigide, in tempi rapidi e a livello nazionale, non territoriale e a macchia di leopardo.
Con la pandemia e con le varianti del coronavirus non si scherza: servono misure restrittive rigide, in tempi rapidi e a livello nazionale, non territoriale e a macchia di leopardo.
Questo, in estrema sintesa, il contenuto del documento inviato al nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro della Salute, Roberto Speranza, dal gruppo di 1.150 esperti che fa capo all’Italian Renaissance Team contro il Covid-19 fondato un anno fa dal farmacologo clinico Carlo Centemeri dell’Università  Statale di Milano e che riunisce rappresentanti del mondo accademico, istituzionale e dell’industria.
Tra i firmatari l’ex direttore esecutivo dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) Guido Rasi e l’attuale responsabile della task force vaccini dell’Ema, Marco Cavaleri, il genetista Giuseppe Novelli, il virologo Francesco Broccolo e l’epidemiologo Massimo Ciccozzi.
L’allarme è stato lanciato a seguito dei dati epidemiologici italiani, che indicano un numero costante, ma elevato, sia di casi positivi sia di decessi. Soprattutto si tiene conto degli indicatori di un peggioramento a livello delle regioni.
“Lo studio appena condotto dagli esperti dell’Istituto Superiore di Sanità , del Ministero della Salute e della Fondazione Bruno Kessler in 16 regioni e province autonome, rivela inequivocabilmente la presenza delle varianti di SARS-CoV-2 nell’88% delle regioni esaminate, con percentuali fino al circa il 60%. In circa il 20% di tutti i nuovi casi di Covid-19 sono state individuate le varianti che risultano più infettive in una percentuale che va dal 40 ad oltre il 60%, rispetto al ceppo di marzo” si legge nel documento stilato dagli esperti che hanno messo volontariamente, a titolo gratuito, la loro professionalità  al servizio dei decisori. Esperti che lanciano “un appello urgente ed accorato al Presidente del Consiglio Mario Draghi ed al Ministro della Salute Roberto Speranza”, stilando una lista di provvedimenti da adottare il prima possibile per “riprendere il pieno controllo della situazione”.
I provvedimenti da adottare
Obbligo di indossare sempre in tutti i luoghi chiusi la mascherina FFP2 per protezione personale ulteriore verso le varianti.
Tempestive, restrittive misure di contenimento territoriale “circoscritte, chirurgiche e circostanziate.
Eventuale successiva estensione del lock-down all’intero territorio nazionale se necessario, per arginare l’ulteriore diffondersi delle varianti nel nostro Paese.
Incremento del numero di test effettuati giornalmente (non meno di 250.000 su scala nazionale),   con la raccomandazione di utilizzare preferenzialmente i tamponi molecolari e gli antigenici di terza generazione, accelerando la distribuzione territoriale di questi ultimi.
Genotipizzazione con test molecolari di screening che tenda ad almeno il 25% dei test risultati positivi, al fine di rivelare le varianti inglese, sudafricana e brasiliana.
Sequenziamento (intero gene S) per almeno il 5% dei test risultati positivi, al fine di rivelare nuove varianti o di mutazioni che possono impattare sui test diagnostici, terapie con anticorpi monoclonali specifici contro SARS-CoV-2 e vaccini
Somministrazione di tutte e tre le tipologie di vaccino disponibili (compreso quello di AstraZeneca) mirata, esclusiva e più possibile tempestiva a tutti i soggetti oltre i 70 anni di età  e a adulti a maggior rischio, causa patologie croniche o acute gravi, al fine di proteggerli da SARS-CoV-2 e dalle conseguenze dell’infezione dallo stesso. Acquisto diretto immediato di dosi aggiuntive di uno dei vaccini disponibili nel rispetto degli accordi con la Commissione Europea e le procedure regolatorie di approvazione.
Predisposizione, tramite rimodulazione immediata di quelli vigenti, dei protocolli terapeutici al fine di garantire sull’intero territorio nazionale tutti i presidi ad oggi disponibili, compresi gli anticorpi monoclonali (mAb) specifici contro SARS-CoV-2, ma anche gli antiinfiammatori – inclusi quelli di recente introduzione – per bloccare la cascata citochinica.
(da agenzie)
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				Febbraio 16th, 2021 Riccardo Fucile 
			
					PIU’ CONTAGIOSA DAL 30 AL 50% E MORTALITA’ SUPERIORE DAL 30 AL 70%
Che cos’è la variante inglese?
La variante inglese del Covid-19, indicata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7, è caratterizzata da 23 mutazioni, 14 delle quali sono localizzate sulla proteina Spike del virus
Quando è comparsa per la prima volta?
E’ comparsa in Gran Bretagna in settembre ed è stata resa nota a metà  di dicembre 2020. Finora è stata identificata in 33 Paesi, compresa l’Italia.
La mutazione rende il virus più contagioso?
La mutazione rilevata nella posizione 501 della proteina Spike rende il virus più contagioso dal 30% al 50% rispetto ad “altre varianti non preoccupanti” in circolazione e potrebbe avere una mortalità  superiore dal 30% al 70%. E’ quanto indica il documento redatto dal New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NEVRTAG), il gruppo di esperti britannico che assiste il governo nella gestione della pandemia.
Aumenta anche la mortalità ?
Analizzando i dati di 12 studi indipendenti condotti nel Regno Unito sulla variante inglese, indicata con la sigla B.1.1.7, il gruppo di esperti rileva che i dati non sono definitivi e dovranno essere ulteriormente analizzati poichè fra i diversi studi esistono differenze significative. In ogni caso, osservano, “queste analisi indicano che probabilmente la variante B.1.1.7 è associata a un aumento del rischio di ospedalizzazione e morte rispetto all’infezione da coronavirus non dovuta alla variante B.1.1. 7”. Ad oggi non è nota la causa della presunta letalità  superiore della variante inglese, ma tra le ipotesi c’è quella di una maggiore carica virale nei pazienti infettati.
Quanto è diffusa in Italia?
La variante inglese è ormai diffusa nella maggior parte del territorio italiano, almeno nell’88% delle regioni secondo i risultati dell’indagine rapida condotta il 4 e 5 febbraio da Istituto Superiore di Sanità  (Iss) e ministero della Salute.
In quali Regioni la variante è più diffusa?
In Italia si sono sviluppati alcuni focolai locali soprattutto in Abruzzo (oltre il 50% di prevalenza), Lombardia (si stima rappresenti il 30% dei positivi), in Veneto (il 20% dei tamponi), in Puglia (il 15,5% dei casi), in Umbria e Molise. E anche in Regioni ma con casi più sporadici.
I vaccini sono efficaci contro le varianti?
Dai primi studi infatti emerge che i vaccini Pfizer, Moderna e Astrazeneca funzionino contro questa particolare variante.
(da agenzie)
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