Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
FORMARE IL GRUPPO E’ NECESSARIO PER AVERE RAPPRESENTANTI NELLA COMMISSIONI, FONDI E AGIBILITA’ POLITICA … COME RENZI HA USATO IL SIMBOLO DEL PSI
Intanto, la norma: per formare un nuovo gruppo non bastano solo avere almeno 10 senatori e 20 deputati, ma secondo il nuovo regolamento varato nel 2017 occorre essere collegati a un partito che si era presentato alle elezioni.
Fortuna vuole che Idv, ormai scomparso dai radar della politica, nel 2018 si trovava piccolo-piccolo dentro il simbolo della lista Civica popolare di Beatrice Lorenzin, una specie di matrioska con dentro altri cinque simboli e in coalizione con il Pd.
Tra questi cinque c’era appunto il gabbiano multicolore.
“L’interpretazione dell’articolo 16 comma 4 del regolamento — dice Gabriele Maestri, esperto di simboli elettorali — può essere allargato a casi limite come questo, un precedente leggermente diverso ma con caratteristiche simili c’è già ed è l’unione tra il Psi di Riccardo Nencini e Italia Viva”. Quindi sulla carta si può fare.
Il partito fondato da Di Pietro è oggi in mano all’avvocato Ignazio Messina, segretario extraparlamentare che potrebbe ritrovarsi invece un bel gruppo nelle due principali assemblee elettive.
Nei corridoi delle Camere si conferma che la trattativa è in corso e anzi, qualcuno — ma non c’è ufficialità — assicura che un accordo di massima tra la rediviva Idv ed ex 5 Stelle è stato siglato. I tramite sono Elio Lannutti, che in passato fu senatore e proprio di Idv ai tempi dell’ex pm di Mani Pulite e Pino Cabras, deputato sardo.
La storia che lega passato e forse presente di Idv e M5S comincia con la Casaleggio associati che curava il sito e il blog dipietrista, all’epoca fu il primo partito ad aprire una sezione virtuale su Second Life, la suggestione della rete era nell’aria.
Poi il blog di Beppe Grillo, prima della nascita del Movimento, invitò i lettori ad appoggiare le candidature alle europee del 2009 di Luigi De Magistris e Sonia Alfano, eroine giustizialiste e anti-berlusconiane. Nel 2012 il comico genovese propose il nome del pm molisano per il Quirinale, “è una persona onesta”.
Nei primissimi meetup e così anche tra gli attivisti del Movimento erano in molti quelli che alle spalle avevano avuto un’esperienza politica in Italia dei Valori. Partito che fu poi prosciugato dall’ascesa grillina. Non potevano immaginare che quel logo sarebbe potuto tornare attuale.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
IL QUESITO SU ROUSSEAU ERA UNA PATACCA: NON SOLO IL NUOVO MINISTERO NON HA PREVISTO L’ACCORPAMENTO CON QUELLO DELLO SVILUPPO ECONOMICO MA E’ STATO DATO A UN AMICO DI RENZI
Mario Draghi ha avuto una bellissima idea quando ha dato ragione a Beppe Grillo sul ministero della Transizione ecologica: lui s’è preso la fiducia del 60% della base grillina — e poi dei gruppi parlamentari (salvo i renitenti alla leva) — e ora il Paese ha il suo ministero del futuro.
D’altronde, chi direbbe no a “un governo tecnico-politico” che “preveda un super-ministero della transizione ecologica?”.
Nessuno tra i grillini, specie dopo che Grillo in persona aveva spiegato sul suo blog che “un super-ministero per la transizione ecologica è la coordinazione per trasformare la società — non solo l’economia. È uno strumento fondamentale”.
Ah le idee, che belle che sono: vanno, vengono, s’adeguano, s’aggiornano.
Certi rivoluzionari d’antan dicevano che sì, bene le idee, ma senza il potere di farle camminare si fa solo conversazione: roba vecchia, superata, i bottoni non ci sono e la stanza nemmeno.
E così al ministero della Transizione ecologica (il 37% dei fondi Ue) va un tecnico che però lavora a Leonardo/Finmeccanica, cioè Roberto Cingolani, già ospite della Leopolda e locupletato da Renzi, quand’era direttore scientifico dell’Iit di Genova, di una barcata di milioni mentre la ricerca nel resto d’Italia faceva la fame: va detto che il nostro ha prodotto molta ricerca, pure troppa, firmando per anni oltre un articolo scientifico a settimana…
Dice: vabbè, ma dipende dalla squadra. E chi sarà il capo di gabinetto di Cingolani? Roberto Cerreto, consigliere parlamentare, già capo di gabinetto di Maria Elena Boschi al ministero delle Riforme e poi all’ufficio legislativo di Palazzo Chigi quando Boschi era sottosegretaria di Paolo Gentiloni.
Vili questioni di nomi, vecchi tic giornalistici sugli sconti di potere, estremismo come malattia infantile eccetera: contano le idee, è l’idea che traccia il solco e dentro il grillino ci pianta un fiore. “Mettiamo dei fiori nei nostri bazooka”, ha scritto il Garante. L’acqua poi ce la mette Renzi, tranquillo.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
E ORA NASCERA’ UN NUOVO GRUPPO CHE PARTE CON GLI STESSI PARLAMENTARI DI FDI E CHE POTREBBE NEL TEMPO AGGREGARE ALTRI EX GRILLINI
Il governo Draghi incassa una maxi-fiducia anche alla Camera. I sì sono 535. Il margine è evidentemente larghissimo, come già alla vigilia suggeriva il sostegno di tutti i gruppi più numerosi di Montecitorio, anche anche se c’è chi partì meglio: Mario Monti nel 2011 arrivò al record di 556, Giulio Andreotti nel 1978 toccò quota 545. L’altro dato politico della lunga giornata dell’emiciclo della Camera è lo smottamento di una parte del gruppo dei Cinquestelle, così com’era avvenuto al Senato mercoledì.
La cifra è comunque significativa: sono per ora 32.
I No dichiarati sono stati 16, gli astenuti 4, sono usciti dall’Aula in 12
Molti di loro avevano annunciato il proprio no alla linea di Beppe Grillo nei giorni scorsi ma anche nel dibattito in Parlamento a ridosso della votazione, negli interventi a titolo personale e in dissenso dal gruppo: Corda, Sapia, Spessotto, Testamento, Volpi, Baroni, Cabras, Colletti, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Russo, Sarli, Termini e Vallascas.
A questi si aggiungONO 4 astenuti (tra cui l’ex sottosegretario Alessio Villarosa) e una dozzina di non partecipanti al voto: Corneli, Ehm, Menga, Romaniello, Maria Edera Spadoni (che è vicepresidente della Camera), Tucci, Di Lauro, Masi, Penna, Scutellà , Suriano e Zanichelli.
Infine, altri due parlamentari erano in missione, Mammì e Vianello.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
COVIELLO: “IN CONTRASTO CON LA SCELTA DELL’INGRESSO DELLA LEGA NEL GOVERNO DRAGHI”
In contrasto con la scelta dell’ingresso della Lega nel Governo Draghi, il capogruppo nel Consiglio regionale della Basilicata, Tommaso Coviello, ha annunciato il suo passaggio a Fratelli d’Italia.
Il partito guidato da Giorgia Meloni ha così allargato il suo gruppo da uno (Giovanni Vizziello, eletto nelle Regionali del 2019 che segnarono la vittoria del centrodestra) a quattro consiglieri sui 20 totali dell’assemblea lucana: nelle scorse settimane, infatti, avevano ufficializzato il loro ingresso Vincenzo Baldassare (ex Idea) e Piergiorgio Quarto (ex Basilicata positiva).
Di seguito la nota integrale inviata da Tommaso Coviello: “Nella piena consapevolezza del delicato momento storico e politico e nella fermezza dei miei valori e del mio percorso ritengo non condivisibile e poco opportuno qualsiasi percorso politico in una maggioranza con il centrosinistra e, nuovamente con il Movimento 5 Stelle, a sostegno del presidente del Consiglio Mario Draghi. Dissentire è umano: per questo motivo, nella fermezza dei miei valori, ho deciso di proseguire la mia esperienza con Fratelli d’Italia, condividendone la posizione rivendicata da Giorgia Meloni durante le consultazioni. Proseguirò in Basilicata a sostenere il presidente Bardi e a perorare le istanze del popolo lucano.”
Di ben altro tenore, invece, il commento del senatore Roberto Matri, segretario del Carroccio lucano: “Era ormai da tempo che Tommaso Coviello non faceva molto, per la Lega ma soprattutto per la Basilicata”
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
TRA POCO SARA’ UN PROBLEMA PURE TROVARNE CINQUE
Ieri Rousseau ha parlato di nuovo. Sempre con meno voti da parte degli iscritti, ma ha comunque parlato. E su un tema anche abbastanza importante e caro al Movimento 5 Stelle. Ovvero: Capo politico o direttorio a 5? Ecco, a questa domanda gli iscritti hanno risposto decidendo di rompere col passato.
Dopo Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Vito Crimi, ora è l’ora che a guidare e a rappresentare il partito siano in 5.
Ma subito è arrivato lo stop, e non uno stop qualsiasi, ma quello del comico fondatore dell’M5s.
Come a dire: ora non è il momento, già abbiamo tanti problemi, troppi per poterci mettere a riflettere su questo e raccogliere candidature. Infatti il Movimento non se la sta passando un granchè bene in questo momento: ieri sera in 15 non hanno votato la fiducia, in 6 non si sono presentati perchè “malati”. Alessandro di Battista ha lasciato, il Movimento si è spaccato sulla maggioranza a Draghi, e così anche i suoi iscritti (il 40 per cento era contrario). E poi le critiche per essere stati con tutti, proprio tutti al governo.
Ma la cosa più simpatica è che chi era in pole per candidarsi nel direttorio, verrà espulso a breve. Parliamo di Barbara Lezzi e Nicola Morra, che oggi Vito Crimi (ancora capo politico — lui lo sottolinea), ha annunciato che saranno espulsi. Perchè? Proprio perchè non hanno dato la fiducia a Draghi, e come loro due anche gli altri 13. Anche se questi si sentivano protetti, sapevano che Vito Crimi avrebbe preso la decisioni di tirarli via dal Movimento, ma credevano che dal voto di Rousseau lui non fosse più nel potere di farlo. Così aveva fatto credere anche la piattaforma, che aveva scritto. “Da oggi termina l’esperienza del capo politico”. Ma non è così: Vito Crimi sarà “leader” fino all’elezione dei 5. Che — come scrive Repubblica — non ha più il senso di un anno fa. Lo fa dire a una fonte anonima, dirigente dell’M5s: “Questo direttivo è nato morto. Doveva arrivare un anno fa e fermare la scissione, ma la scissione è qui. Non ha più senso”.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
OTTIMO ACQUISTO DELLA MELONI: E’ QUELLO CHE SI E’ FATTO MULTARE PER ESSERE ANDATO AL RISTORANTE NONOSTANTE IL DIVIETO
Il deputato reggiano Gianluca Vinci della Lega Nord ha appena votato ‘no’ al governo Draghi, passando ufficialmente con Fratelli d’Italia.
Il suo voto ha suscitato clamore in aula e numerosi applausi, essendo inaspettato. In questo modo Vinci diventa il primo leghista a mettersi al di fuori della compagine di governo appena nata (e quindi anche dalla Lega di Salvini).
“Ho deciso di votare ‘no’ a questo governo e non far parte di una maggioranza variopinta dove tutti odiano tutti ma si sta uniti, si danno nuove cariche e si cambiano i ‘programmi’ della legislatura senza mai andare al voto”.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL ONDATA DI ODIO, INSULTI E MINACCE CONTRO LA SENATRICE A VITA CHE SI E’ VACCINATA CONTRO IL COVID
“Aveva paura di morire la stronza? Non sono riusciti neanche i tedeschi ad ammazzarla… e ora ha paura di morire?”.
E poi: “E ora speriamo che il vaccino faccia il suo dovere (e la levi dalle palle)”.
E ancora: “Ecco lo spogliarello buonista della senatrice a vita”.
E, come se non bastasse: “VAI A LAVORARE LADRAAAAA”.
Fino a: “Ma se tirasse le cianche, quanto si risparmierebbe”.
Sono solo alcuni dei commenti spaventosi che le solite bestie hanno rivolto alla senatrice a vita Liliana Segre, nel giorno in cui si è sottoposta alla prima dose di vaccino anti-Covid all’ospedale Fatebenefratelli di Milano.
Un’ondata d’odio di una violenza irreale, tra insulti, offese sessiste, minacce e auguri di morte, vomitati nei confronti di una donna di 90 anni sopravvissuta all’Olocausto. La stessa che, appena due anni fa, ha convinto la Prefettura di Milano ad assegnare una protezione speciale e che l’ha costretta a vivere sotto scorta
Ancora una volta quell’orrore che torna, si manifesta sui social con quella banalità del male contro cui questa grande donna combatte da tutta la vita: esseri miserabili che ignorano il significato della parola dignità . Ma questo è anche il risultato di anni di politica sistematica dell’odio che ha armato, giustificato e prodotto quella centrifuga tossica di sovranismo e No-vax che sui social trova uno spazio abitabile e, tutto sommato, indisturbato. Questa è la battaglia che tutti quanti siamo chiamati a combattere.
Poche ore fa Liliana Segre aveva lanciato un appello pubblico per invitare le persone a vaccinarsi:
«Io ho 90 anni e verrò vaccinata. Credo molto nella vaccinazione. Contro un nemico invisibile abbiamo così poche armi e essere vaccinati mi sembra una grande opportunità a cui tutti dobbiamo rispondere e andare con fiducia. Sono molto contenta di avere avuto l’opportunità di fare questo vaccino, cosa di cui sono molto convinta” ha detto Segre. “Non oggi, davanti al virus, ma in tutta la mia vita. Non ho paura del vaccino, ho paura della malattia. Penso che chi si rifiuti di fare il vaccino sia purtroppo pauroso o non abbastanza informato. Quindi da nonna novantenne dico ai miei fratelli e alle mie sorelle, che arrivano a questa età , di non avere paura e di fare il vaccino”.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
“NON C’E’ USCITA DALLA PANDEMIA SENZA ACCESSO EQUO E RAPIDO”
“Solo 10 paesi hanno somministrato il 75% di tutti i vaccini Covid. Più di 130 paesi non hanno ricevuto una singola dose. Le persone colpite da conflitti e insicurezza vengono lasciate indietro. Tutti, ovunque, devono essere vaccinati il prima possibile”.
Con queste parole il segretario generale delle Nazioni Unite Antà³nio Guterres ha denunciato gli sviluppi “enormemente diseguali e ingiusti” della campagna vaccinale nel mondo, auspicando la nascita di “un piano vaccinale globale per riunire tutti coloro che possiedono la potenza, le competenze e le capacità di produzione richieste”.
Guterres ha promesso di “mobilitare tutto il sistema delle Nazioni Unite al sostegno di questo sforzo”, che però richiede la volontà politica dei grandi del mondo per poter decollare. Il tema dell’equità nell’accesso al vaccino — definito dal leader Onu come “il più grande test morale sotto gli occhi della comunità globale — arriva così sui tavoli virtuali del G7 e del G20 a presidenza italiana.
Nel suo appello Guterres ha invitato le maggiori potenze economiche mondiali nel Gruppo dei 20 a istituire una task force di emergenza per stabilire un piano e coordinare la sua attuazione e finanziamento. La task force — ha suggerito – dovrebbe avere la capacità di “mobilitare le aziende farmaceutiche e gli attori chiave dell’industria e della logistica”. La videoconferenza di domani tra i sette Paesi più industrializzati del mondo – Stati Uniti, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Canada e Italia – “può creare lo slancio per mobilitare le risorse finanziarie necessarie”, ha aggiunto.
Il premier italiano Mario Draghi è la grande novità di entrambi i tavoli, e il fatto di avere per la prima volta la presidenza del G20 aumenta la responsabilità dell’Italia nella risposta globale alla pandemia. Lo ha detto lo stesso Draghi nel suo discorso al Senato: “L’Italia avrà la responsabilità di guidare il Gruppo verso l’uscita dalla pandemia, e di rilanciare una crescita verde e sostenibile a beneficio di tutti. Si tratterà di ricostruire e di ricostruire meglio”.
Il punto è che — secondo voci influenti della comunità scientifica — non ci può essere via d’uscita dalla pandemia senza un equo accesso ai vaccini. Lo ha ribadito in una lettera aperta pubblicata sulla rivista medica Lancet un gruppo di esperti in Salute pubblica, secondo cui lo sviluppo di nuovi vaccini Covid-19 non riuscirà a porre fine alla pandemia a meno che tutti i Paesi non ricevano le dosi in modo rapido ed equo. Nel testo, gli autori criticano lo stoccaggio di vaccini nei Paesi più ricchi, mettendo in guardia dai pericoli del “nazionalismo vaccinale” che minando le possibilità di successo di Covax (l’iniziativa Oms per la distribuzione dei vaccini nei Paesi più poveri) rischia di prolungare l’emergenza sanitaria globale.
“La cruda realtà è che il mondo ora ha bisogno di più dosi di vaccini Covid-19 rispetto a qualsiasi altro vaccino nella storia per immunizzare abbastanza persone per ottenere l’immunità vaccinale globale”, ha detto l’autore principale, Olivier Wouters, professore di Politiche sanitarie presso la London School of Economics and Political Science. “A meno che i vaccini non vengano distribuiti in modo più equo, potrebbero passare anni prima che il coronavirus sia portato sotto controllo a livello globale”.
È il chiodo su cui battono da mesi le organizzazioni internazionali, da Emergency a Medici Senza Frontiere, da Oxfam a Save The Children: governi e industria farmaceutica devono aumentare la produzione superando logiche nazionaliste e monopoli. Guterres ha esortato i big del mondo a farsi carico del problema, anche in chiave egoistica: “Se si permette al coronavirus di diffondersi a macchia d’olio nel sud del mondo, muterà ancora. Nuove varianti potrebbero diventare più trasmissibili, più mortali e, potenzialmente, minacciare l’efficacia dei vaccini”.
Una parte del problema è certamente rappresentata dai brevetti dei colossi farmaceutici che hanno sviluppato — o stanno sviluppando — i sieri più promettenti. Si tratta però di una questione complessa, in cui rientra anche il ruolo degli ingenti investimenti pubblici nello sviluppo e nell’implementazione, come spiega Tancredi Buscemi, dottorando in Economics all’università di Perugia, in un articolo pubblicato sul sito del Sole24Ore dal titolo “Vaccini e brevetti: quello che le holding e i governi non dicono”. “La liberalizzazione dei brevetti e il loro utilizzo come bene pubblico comporterebbe una produzione su larga scala in tempi molto più rapidi mettendo i paesi in sicurezza e garantendo l’accesso anche ai paesi in via di sviluppo. Il vicolo in cui il mondo si trova è abbastanza stretto e indugiare su questo tema potrebbe anche essere fatale, visto il sorgere di nuove varianti”
Al momento sul mercato sono presenti pochi marchi che di fatto agiscono in un regime di cartello: Pfizer, Moderna e Astrazeneca, cui prossimamente dovrebbe aggiungersi Johnson & Johnson. “Moderna è l’unico dei tre marchi ad avere autorizzato l’utilizzo del suo brevetto, una comunicazione che è tuttavia una sorta di campo minato”, osserva Buscemi: “l’azienda americana, infatti, si è riservata soltanto di non citare in giudizio le aziende che svilupperanno vaccini simili fino alla fine della pandemia”.
Ciò che è mancato finora, però, è soprattutto la volontà politica dei governi di farsi carico di un problema di dimensioni globali, viste le sfide di una campagna vaccinale che si sta rivelando difficile per tutti.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha assicurato che l’amministrazione Biden “lavorerà con i nostri partner in tutto il mondo per espandere la capacità di produzione e distribuzione e per aumentare l’accesso, anche alle popolazioni emarginate”. La posta in gioco non è ‘solo’ sanitaria, ma anche geopolitica, come dimostra l’attivismo cinese e russo nell’esportazione dei propri vaccini. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha criticato la crescente “divisione dell’immunità ” e ha invitato il mondo a “unirsi per rifiutare il” nazionalismo dei vaccini”, promuovere una distribuzione giusta ed equa dei vaccini e renderne accessibile lo sviluppo. Su richiesta dell’Oms, ha detto, la Cina contribuirà “preliminarmente” a Covax con 10 milioni di dosi di vaccini.
G7 e G20 saranno chiamati a dare una risposta chiara e coerente, tenendo conto di quell’aggettivo – “endemico”- che sempre più spesso compare nei testi scientifici al fianco della parola “coronavirus”.
È l’Economist a esortare i governi a pensare al futuro: “Mentre il mondo comincia a vaccinarsi, è diventato chiaro che sperare che i vaccini cancellino Covid-19 è un errore. La malattia circolerà per anni, e sembra probabile che diventerà endemica. Quando Covid-19 ha cominciato a colpire, i governi sono stati presi alla sprovvista. Adesso devono pensare al futuro […]. L’adattamento alla convivenza con il virus comincia con la scienza medica. È già in corso il lavoro di messa a punto dei vaccini per conferire protezione contro le nuove varianti. Questo dovrebbe andare di pari passo con una maggiore sorveglianza delle mutazioni che si stanno diffondendo e un’approvazione normativa accelerata per i richiami. Nel frattempo saranno necessarie cure mediche per salvare dalla morte o dalla malattia grave un numero maggiore di persone che contraggono la malattia. Il risultato migliore sarebbe una combinazione di immunità acquisita, richiami regolari di vaccini modificati e un misto di terapie per garantire che Covid-19 sia raramente una minaccia per la vita. Ma questo risultato non è garantito”.
Ciò che è sicuro è che il mondo non può permettersi di continuare a trattare i vaccini anti-Covid come se fossero un bene di lusso, inaccessibile in 130 Paesi del mondo anche al personale sanitario, ai malati cronici, ai più fragili tra i fragili.
(da agenzie)
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Febbraio 18th, 2021 Riccardo Fucile
PAESE CHE VAI, CRIMINALE SOVRANISTA CHE TROVI
L’accusa rivolta alle due reporter è quella di aver condotto «azioni di gruppo che violano gravemente l’ordine pubblico». Le due avrebbero trasmesso live uno dei memoriali organizzati per il 31enne picchiato a morte dalle autorità
Non si ferma la repressione di Lukashenko. Dopo mesi di proteste pacifiche e di arresti, il regime bielorusso ha da settimane ormai iniziato a prendere sistematicamente di mira anche il mondo dei media. È arrivata oggi la sentenza per due giornaliste bielorusse, condannate a due anni di carcere ciascuna da un tribunale, con l’accusa di aver fomentato le proteste contro il presidente Lukashenko.
L’emittente televisiva di opposizione con sede in Polonia, Belsat, ha reso noto che le due giornaliste — la 27 enne Katerina Bakhvalova e la 23enne Daria Chultsova — sono state condannate per aver condotto «azioni di gruppo che violano gravemente l’ordine pubblico» che consisterebbero nelle riprese di una protesta dello scorso novembre.
La leader dell’opposizione, Svetlana Tsikhanouskaya, ha chiarito che l’episodio per cui le due giornaliste sono state incriminate riguarda l’aver filmato e trasmesso live uno dei memoriali organizzati per Raman Bandarenka, il 31enne picchiato a morte dalle autorità bielorusse dopo aver appeso in cortile una bandiera bianco rossa pro-democrazia.
(da agenzie)
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