Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
OSPITE ALLA CONSERVATIVE POLITICAL ACTION CONFERENCE E AL NATIONAL TRAYER BREACKFAST,,, CRITICAVA MONTI, ORA E’ SOCIA DEL ROCKEFELLER BROTHERS FUND
«Monti accetta di guidare la lista dei poteri forti. Smascherato definitivamente il progetto oligarchico di cui è espressione». È il 28 dicembre 2012.
Giorgia Meloni commenta così la scelta di Mario Monti, allora presidente del Consiglio di un Governo tecnico, che presenta la sua candidatura alle elezioni del 2013.
Il primo febbraio 2021, quasi otto anni dopo, Meloni e Monti condividono un posto nella lista dei soci dell’Aspen Institute, uno dei più importanti think tank degli Stati Uniti.
Il presidente di Aspen Institute Italia è Giulio Tremonti ma ne fanno parte a vario titolo anche politici come Romano Prodi, Renato Brunetta e Giancarlo Giorgetti. Nessun (attuale) leader di partito. Il vicepresidente è John Elkann.
L’ingresso nell’Aspen Institute è solo l’ultima tappa di un processo di accreditamento della Meloni
Con 10 milioni di visualizzazioni il remix di Mem & J Io sono Giorgia è entrato di diritto nella classifica delle hit italiane del 2019
L’idea del duo Mem & J, come hanno raccontato a Open, era quella di fare un po’ di satira su un discorso di Meloni. La parodia però ha fatto un giro completo e quella canzone è diventato un inno per i sostenitori della leader di Fratelli d’Italia, tanto che lei stessa l’ha usata come colonna sonora dei suoi convegni.
Negli ultimi due anni Meloni è andata due volte negli Stati Uniti per partecipare a convegni di think tank cruciali nell’universo politico della destra d’Oltreoceano. La prima nel marzo 2019 quando è stata l’unica italiana a partecipare alla Conservative Political Action Conference di Washington, la pià grande manifestazione organizzata dai Repubblicani. Sul suo stesso palco anche Donald Trump.
La seconda a febbraio del 2020, quando ha partecipato al National Prayer Breakfast, sempre a Washington. Da qui ha spiegato come vorrebbe ispirarsi alla politica di Trump: «L’orgoglio dell’identità , nelle altre nazioni del mondo, sta dando ottimi frutti e ottimi risultati. È la ricetta che vogliamo portare in Italia».
Legami internazionali con i centri più importanti della destra e posti in fondazioni prestigiose finanziate da fondazioni come il Rockefeller Brothers Fund, gli stessi fratelli Rockefeller simbolo del capitalismo statunitense.
Un terreno che sembra preparare l’incoronazione di Giorgia Meloni a leader della destra italiana. Anche se al momento ci sono oltre 7 punti di distacco dalla Lega di Matteo Salvini. Ora che è una leader sempre più affermata sul piano internazionale, sembrano lontani i tempi in cui Meloni si scagliava contro i supposti “Poteri Forti”.
L’ultima volta che Meloni ha usato questa formula su Twitter è stato esattamente un anno fa, a proposito dell’incontro tra Sardine e Luciano Benetton: «Finisce nel ridicolo la favola del “movimento” popolare, spontaneo e alternativo ai poteri forti».
Forse si riferiva a sè stessa
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
SE LA LEGA SI ASTENESSE CI SAREBBE SOLO LA MAGGIORANZA SEMPLICE, MA SE NON E’ STATA SUFFICIENTE PER CONTE NON SI VEDE COME POSSA ESSERLA PER DRAGHI
L’ex presidente della Bce sarà supportato da una maggioranza stabile?
YouTrend e l’istituto Cattaneo Zanetto hanno elaborato una prima stima sul voto di fiducia a Draghi, da cui emerge che ago della bilancia saranno Lega e M5s. Se entrambi votassero no, non ci sarebbe maggioranza nè alla Camera nè al Senato.
Camera
A Montecitorio ricordiamo che la maggioranza assoluta è 316. Il governo Conte 2, la settimana prima delle dimissioni di Conte, aveva ottenuto 321 voti a favore, 259 contrari e 27 astenuti.
Un governo Draghi sostenuto da Fi-Pd-Italia viva-LeU e Gruppo Misto arriva secondo la stima a 269, considerando qualche possibile defezione.
Per raggiungere quota 316 servono i voti della Lega (131) o di una buona parte del M5s (190 deputati). In caso di astensione del Carroccio, la maggioranza semplice sarebbe garantita. Per non avere un governo di minoranza però servirebbero i voti dei Cinquestelle.
Senato
In Senato la maggioranza assoluta è di 161 voti a favore. Il governo Conte 2, nell’ultimo voto in Aula, ha ottenuto 156 sì, 140 no e 16 astenuti.
Per YouTrend e Istituto Cattaneo Zanetto Draghi potrà contare in partenza sul Sì alla fiducia di 136 senatori.
A Palazzo Madama si replica quindi la stessa situazione di Montecitorio: se la Lega votasse no, servirebbe il sì del M5s per arrivare alla maggioranza assoluta. E viceversa. Per arrivare alla maggioranza semplice, anche in questo caso, basterebbe l’astensione di Matteo Salvini e colleghi.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
GLI ULTIMI INTERVENTI DI DRAGHI RACCONTANO CHE E’ FAVOREVOLE AL REDDITO DI CITTADINANZA E NON AMA IL MES
Zero tagli e tanta spesa. Giù le tasse e su i sussidi.
Ci sono due recenti interventi che raccontano il pensiero politico di Mario Draghi, neo presidente del consiglio incaricato da Sergio Mattarella per formare un nuovo governo.
Il primo è un editoriale apparso il 25 marzo 2020 sul Financial Times.
Il secondo è il discorso tenuto il 18 agosto nella giornata inaugurale del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione.
In questi due interventi già al tempo, molti intravidero l’embrione di un possibile programma di governo. E non è un caso, peraltro, che diverse misure che Draghi suggeriva a marzo siano state pedissequamente adottate dal governo Conte Bis.
Si tratta di due interventi, soprattutto, che allontanano Draghi dallo stereotipo del tecnocrate arma dei poteri forti e della finanza globale cui è stato spesso sommariamente associato, per via dei suoi trascorsi tra Bankitalia e la Banca Centrale Europea, passando per la Banca Mondiale e Goldman Sachs.
Relativamente alla pandemia, infatti, Draghi si allontana da ogni ortodossia ordoliberista, delineando un programma di governo fatto di spesa pubblica, intervento statale nell’economia e sussidi a famiglie e imprese.
Del resto, proprio nel discorso al Meeting di Rimini, Draghi ha citato una frase di John Maynard Keynes — da lui definito come l’economista più influente del XX secolo -: “Quando cambiano i fatti io cambio opinione”, ha detto Draghi. E di opinioni, evidentemente, ne ha cambiate un bel po’, in questa nuova fase.
Debito pubblico
Ad esempio, scrive che “livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e andranno di pari passo con misure di cancellazione del debito privato”. Questo perchè, spiega Draghi, “Il ruolo dello Stato è proprio quello di usare il bilancio per proteggere i cittadini e l’economia dagli shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire”.
Difficile, quindi, che a fronte di queste parole si accompagnino misure per il contenimento della spesa pubblica, come accadde nella stagione del governo guidato da Mario Monti. Ed è difficile che Draghi decida di aumentare la pressione fiscale, pure: “La situazione è peggiore di quel sembra, specie per le piccole e medie imprese”, ha detto Draghi in un intervento del gruppo del cosiddetto “Gruppo dei 30”, il pensatoio fondato dai Rockfeller che lui stesso co-presiede, lo scorso 14 dicembre, presentando un rapporto in cui si scrive più volte che vanno ridotte le tasse per cittadini e imprese. Difficile farlo oggi, ma è anche difficile che Draghi deciderà di aumentarle. Piuttosto, aspettiamoci grande attenzione per autonomi e partite Iva.
Reddito di cittadinanza
Draghi parla anche di debito buono e di debito cattivo, nell’editoriale sul Financial Times: “La questione fondamentale non è se, ma in che modo lo Stato possa fare buon uso del suo bilancio”, dice. E subito circostanzia questa sua affermazione parlando di reddito di base — quello che noi in Italia chiamiamo reddito di cittadinanza, per ragioni di marketing politico: “La priorità , infatti, non deve essere solo fornire un reddito di base a chi perde il lavoro — spiega Draghi — ma si devono innanzitutto proteggere le persone dal rischio di perdere il lavoro”.
Per quanto Matteo Renzi abbia richiesto l’abolizione del reddito di cittadinanza, quindi, Draghi non sembra assolutamente intenzionato a rinunciarvi. E allo stesso modo, sembra difficile che chi parla di protezione dal rischio di perdere il lavoro non proroghi ulteriormente il blocco dei licenziamenti in scadenza il 31 marzo.
Scuola, ambiente, sanità
Sussidi sì, quindi, ma per Draghi il debito buono è quello che muove investimenti pubblici e privati: “Il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente da coloro che sono oggi i giovani — spiegava al Meeting di Rimini -. È nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo pur vivendo in società migliori delle nostre”.
Affinchè ciò avvenga Draghi elenca quattro cardini fondamentali, nel suo intervento. Il primo è la scuola: “Se guardiamo alle culture e alle nazioni che meglio hanno gestito l’incertezza e la necessità del cambiamento, hanno tutte assegnato all’educazione il ruolo fondamentale nel preparare i giovani a gestire il cambiamento e l’incertezza nei loro percorsi di vita, con saggezza e indipendenza di giudizio”, spiega.
Il secondo è l’ambiente, “con la riconversione delle nostre industrie e dei nostri stili di vita”. Il terzo è la digitalizzazione, “divenuta necessità ” e “destinata a rimanere una caratteristica permanente delle nostre società ”. Il quarto è la sanità , “dove l’efficienza si misuri anche nella preparazione alle catastrofi di massa”.
E il Mes?
Preludio a un utilizzo dei soldi del Mes, come ha chiesto più volte Matteo Renzi a Giuseppe Conte? Non esattamente.
Mario Draghi, nei suoi interventi sulla pandemia ha spesso parlato di Next Generation Eu, ma non ha mai parlato del Mes. Un motivo c’è: da presidente della Banca Centrale Europea, Draghi ha sempre osteggiato la crescita di potere e influenza dell’organismo guidato da Klaus Regling. Ad esempio, nel 2012 si oppose a concedere al meccanismo europeo di stabilità una licenza a operare come banca, perchè — disse — è contro la legge europea. Avrà cambiato idea anche su questo? Lo scopriremo presto.
(da Fanpage)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL COFONDATORE DI FRATELLI D’ITALIA
Che succede con Draghi secondo lei Crosetto?
“Draghi inizierà le consultazioni, ha deciso di parlare con il Parlamento e con i partiti. Mi auguro esprimerà le sue idee in relazione al Recovery Fund che mi sembra la parte più banale da compilare. Il problema sono le riforme: bisogna capire che idee ha sulla Giustizia, sul Fisco, sulla Burocrazia. Le riforme di base che ci vengono chieste per poter accedere ai fondi del Recovery Plan”.
Il M5s sembrerebbe essere compatto sul No alla Fiducia a Draghi?
“Sì, sembra compatto . C’è il centrodestra che deve decidere cosa fare..”.
Appunto, questo governo Draghi chi lo vota? Il centrodestra compatto può arrivare a votare la fiducia a Draghi?
“Forza Italia è disponibile da mesi a votare la fiducia a un eventuale governo Draghi, Meloni è indisponibile perchè giustamente chiede le elezioni. La Lega non si è ben capito. Giorgia Meloni pur di mantenere unito il centrodestra ha fatto un passo in avanti dicendo che al massimo potremmo astenerci. Anche perchè se i 5stelle votano contro il governo non potrebbe partire. Però sono ancora in sospeso, difatti non è ancora uscito un comunicato congiunto del centrodestra. Non hanno ancora deciso di partecipare tutti insieme alle consultazioni”.
Quindi la mano è a Salvini?
“Anche a Salvini, al centrodestra principalmente perchè il Pd è allineato”.
Lei ci ha parlato in queste ore con Salvini?
“Io non parlo mai con nessuno”.
Ci dica la verità ..
“La Lega deciderà da sola. Draghi è una persona di un’autorevolezza tale per cui la risposta non può essere superficiale da parte di nessuno”.
Se dovesse mandare un messaggio a Salvini quale sarebbe?
“Penso che il centrodestra debba rimanere unito, perchè dall’altra parte c’è il tentativo di tenere unita persino l’alleanza 5S-Pd. Sarebbe surreale: di là cercano di stare insieme nonostante siano incompatibili e da questa parte dove sono sempre stati insieme si dividano”.
Però in tutto questo gioco Pd e M5s rischiano di spaccarsi. Che poi forse era anche una delle motivazioni per cui Renzi ha fatto tutto questo..
“Renzi non lo riesco a capire, non lo so cosa concretizzerà Italia Viva”
Draghi oggi può essere quello che spacca il centrodestra?
“Se non dovessero trovare una soluzione unitaria sì. Quello che spacca tutto è il panorama politico. Draghi arriva con una forza che è data dalla sua storia ma che è data soprattutto dalle amicizie internazionali, da come lo guardano la Bce e l’Europa che pochi altri potrebbero avere. È avvantaggiato”.
In tutto questo c’è un’altra eventuale spaccatura interna della Lega stessa. Giorgietti è a favore di un governo Draghi mentre Salvini è sempre stato un po’ più restio
“Diciamo che la frattura riguarda tutti i partiti, tranne Fratelli d’Italia. Nella Lega Giorgietti e Zaia e Salvini. Riguarda la stessa Forza Italia dove c’è una parte che vorrebbe andare alle elezioni. Riguarda il Pd dove c’è una parte che parla di meno ma che vorrebbe andare alle elezioni direttamente. Riguarda anche gli stessi 5S”.
Non l’abbiamo bruciato l’italiano numero uno al mondo?
“Non l’ho capita, sarebbe stato più facile trovare un’intesa probabilmente con tutto il Parlamento su alcune cose serie fatte da una persona autorevole con le elezioni convocate per giugno/luglio. Con Draghi l’impegno è andato un po’ oltre”.
È andato un po’ oltre e rischia di giocarsi anche il Quirinale se dovesse diventare premier?
“Il Quirinale è una cosa talmente avanti. Un anno di questi periodi è un tempo lunghissimo. Se governasse bene e si guadagnasse il rispetto e sarebbe chiaramente indicato. Anche se a quel punto se uno governasse bene dovrebbe spiegare perchè vorrebbe lasciare”.
(da TPI)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IN MANCANZA DI VOTI VIVE DI VETI, IN MANCANZA DI CONSENSI SI ACCONTENTA DI COMPENSI
Un capolavoro. Lezione di politica. Chapeau. Così descrive qualcuno la spregiudicata operazione di Matteo Renzi, l’emissario del Caos, colui che in mancanza di voti si accontenta dei veti, in mancanza di consensi si accontenta di compensi (possibilmente da riscuotere in Paesi che si affaccino sul Golfo Persico), in mancanza di ruolo si accontenta del dolo, dell’inganno con cui nasconde le sue intenzioni per poi rivelarle quando è il momento di “uccidere” il rivale.
Non lo sopportava Giuseppe Conte, Matteo Renzi. Non sopportava l’ombra a cui lo aveva costretto la pandemia. Quella posizione defilata, quel posto in ultima fila mentre il Paese e il suo governo affrontavano uno dei più grandi eventi della storia lo stavano logorando. Lui, costretto dai Dpcm di Conte a fare jogging sul tapis roulant come tutti noi, aveva resistito in silenzio fino agli ultimi giorni di aprile.
Poi, appena il bollettino dei morti diventava più rassicurante, si riprendeva già la scena. “Riapriamo, noi abbiamo avuto il lockdown più duro di tutti! Mandiamo i ragazzi a scuola, facciamo uscire di casa gli anziani dopo i giovani!” e così via, una frase ad effetto dopo l’altra, entrando in competizione col Coronavirus per chi dei due si guadagnasse più titoli sui giornali, trovando di nuovo il suo palcoscenico.
Interviste, tv, giornali, il ruolo del cinico che vuole riaprire tutto già ad aprile e un dissenso quasi unanime che nella sua testa di narcisista irrecuperabile, l’ha illuminato definitivamente: se non posso uccidere Conte e rimanere illeso, sarà omicidio- suicidio. E così ha proseguito con il suo piano limpido, feroce e grandioso, quello dei grandi vanagloriosi, che non accettano la loro fine se non contempla anche quella di chi odiano. Ha mosso bene gli scacchi, certo.
Ha mangiato le “sue” ministre e iniziato una guerra di nervi che avrebbe infiacchito qualunque avversario, ha proposto la patta fingendo che convenisse a tutti, ha atteso le mosse dell’avversario avendo già uno schema preciso in testa. Sapeva che Conte avrebbe accettato qualche compromesso, che sarebbe passato sopra qualche moto d’arroganza, ma non sotto le forche caudine.
Ha alzato l’asticella delle pretese come i grandi artisti quando non vogliono chiudere un concerto e allora chiedono cachet milionari e camerini col wc in oro zecchino finchè non gli dicono “no”, ha chiesto tutto, dal Mes alla Meb a cui affibbiare un ministero, ha preteso la testa di Bonafede su un vassoio come una Salomè un po’ meno sensuale, ha mostrato i denti appuntiti in Senato e la lingua felpata in Arabia, ha costretto Zingaretti a fingersi vivo, ha infine disarcionato Conte, lasciandosi travolgere dal suo cavallo scosso. Che si è poi tramutato nella figura epica del Drago. Una fine mitologica, a raccontarla così, che invece non ha nulla di epico.
Nessun capolavoro, nessun genio, nessun favore al paese. Solo un tatticismo arido e brutale, da cui tutti escono sconfitti, Renzi compreso. Renzi che ormai avrà per sempre la gita in Arabia e un governo fatto cadere in pandemia appiccicati addosso, Renzi che “Conte ha giocato male, non è un politico e si vede”, lo stesso Renzi che disse “Letta è un incapace” e che si ritiene sempre il migliore, nonostante quel 40 per cento trasformato in 2 per cento in sei anni. Roba che non hanno vita così breve neppure le api operaie.
Renzi che poteva contare sulla memoria corta del paese, che poteva forse ricostruire, negli anni, quello che aveva distrutto e che invece ha urgenza di esistere, di vincere le battaglie sapendo che la guerra- col suo ego impellente- non può più vincerla, che non si accontenta di neppure di far fallire le feste — come qualcuno ha detto citando Jep Gambardella — ma è ormai oltre: fa fallire i funerali. Perchè è lì, che è ancora, il Paese. Con troppi morti ancora da seppellire, un crisi economica e politica da non dormire la notte e un ego che non trova pace, se non nella guerra.
(da TPI)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
SAREBBE PRONTO A RISPONDERE SI’ ALLA RICHIESTA
Con la crisi di governo cambiano anche le carte in tavola per la corsa a sindaco di Roma. Nicola Zingaretti, determinato a non appoggiare Carlo Calenda, finora ha ricevuto soltanto “no” dai nomi sondati per correre a capo della coalizione di centrosinistra.
Noto per la sua prudenza e per non affrettare mai i tempi, il segretario del PD questa volta è davvero in difficoltà .
Se il ragionamento è che Roma è una partita nazionale e che vincere qui ha un valore simbolico, dall’altro è anche vero che non sono in molti a voler scommettere il proprio destino politico sul traghettare una città in piena crisi in una stagione di rinascita. Perchè all’ombra del Marco Aurelio oggi si rischia di più a vincere che a perdere.
Ma la caduta del governo guidato da Giuseppe Conte ha “liberato” anche nomi fino a ieri impegnarti in caselle difficile da lasciare vuote. In particolare a piacere al segretario è il nome dell’ormai ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Al timone di un dicastero così delicato ha gestito i rapporti con l’Europa e le politiche economiche in un momento così unico come l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, senza polarizzare su di sè risentimenti eccessivi ma costruendo al contrario una figura pubblica autorevole e rassicuranti.
Il professore di Storia prestato alla politica è stato già misurato nell’agone romano per le elezioni suppletive nel collegio più che sicuro di Roma Centro. Soprattuto Gualtieri è un uomo di partito che risponderebbe con una disciplina forse oggi desueta ad affrontare una sfida difficile.
Ma Gualtieri “funziona”? Si chiedono in molti in queste settimane, dove con “funziona” si intende se sarà in grado di attirare consensi e simpatie in una competizione elettorale che si annuncia aspra e combattuta, dove la destra va battuta nelle periferie e c’è bisogno di recuperare i voti in uscita dal Movimento 5 Stelle.
“Ci si può lavorare”, rispondono più o meno così dirigenti dem di lungo corso e i veterani delle campagne elettorali. Gualtieri ha dimostrando con le sue esibizioni chitarra in mano di saper spiazzare e stupire, vediamo cosa risponderà quando sarà il momento di scegliere se scendere in campo.
(da Fanpage)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
PER IL GIP “ANOMALIE SU SCARANTINO MA GLI EX PM NON FECERO REATI”… L’IRA DI FIAMMETTA: “POVERA PATRIA”
“E’ tutto coerente — dice Fiammetta Borsellino – in linea col principio che ‘cane non mangia cane’. Chi ha lavorato male, permettendo che certe nefandezze accadessero, non farà i conti con la giustizia ma non potrà sfuggire ai conti con la propria coscienza”.
La figlia di Paolo Borsellino è amareggiata per l’archiviazione dell’indagine sui due ex magistrati di Caltanissetta Annamaria Palma e Carmelo Petralia che si occuparono di Vincenzo Scarantino, il falso pentito della strage di via D’Amelio. §
Fiammetta, che da anni si batte per la verità attorno al depistaggio nelle indagini, ha parole severe per i due magistrati che erano indagati per calunnia aggravata. E aggiunge: “L’epilogo di questa putrida vicenda è la storia dell’Italia: lo stivale dei maiali che affonda sempre di più nel fango come dice Battiato in “Povera Italia”, pensando a quei corpi a terra senza più calore”.
Per il gip di Messina Simona Finoacchiaro “ci furono molteplici irregolarità e anomalie nella gestione del collaboratore Scarantino”, ma non è stata “individuata alcuna condotta penalmente rilevante a carico dei magistrati oggi indagati che fosse volta a indurre consapevolmente Scarantino a rendere false dichiarazioni e a incolpare ingiustamente”.
Per questa ragione è stata archiviata l’inchiesta nei confronti di Annamaria Palma (oggi avvocato generale a Palermo) e di Carmelo Petralia (procuratore aggiunto a Catania).
Secondo il giudice Simona Finocchiaro, che in 23 pagine ha accolto la richiesta di archiviazione della procura, “non si ravvisa” neanche “l’utilità di ulteriori indagini”, perchè “un eventuale approfondimento dibattimentale non consentirebbe l’esplorazione di alcun tema di indagine nuovo rispetto a quelli già ampiamente e approfonditamente analizzati nel corso degli anni e da ultimo con l’attività posta in essere dalla Procura di Messina”.
Insomma, il depistaggio attorno alle indagini sulla strage di via D’Amelio è destinato a restare un altro mistero italiano.
E restano sotto accusa solo due ispettori di polizia in pensione e un funzionario, Fabrizio Mattei, Michele Ribaudo e Mario Bò, accusati di essere stati gli esecutori degli ordini dell’allora capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, deceduto nel 2002.
“Possibile che hanno fatto tutto da soli?”, ha continuato a chiedersi in questi mesi Fiammetta Borsellino. Non si potrà più dare risposta a questa domanda. Il caso è archiviato. E continuiamo anche a non sapere chi ha rubato l’agenda rossa di Paolo Borsellino in via D’Amelio. “C’è uno stretto collegamento fra quel furto e il depistaggio”, hanno scritto i giudici del Borsellino Quater, ricordano le strane presenze di agenti segreti sul luogo della strage, come raccontato da due poliziotti delle Volanti, arrivati per primi dopo l’esplosione. I servizi segreti, quelli che l’allora procuratore capo di Caltanissetta Gianni Tinebra invitò a partecipare alle indagini sulla bomba di via D’Amelio.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
DIECI I FERITI, TRE DEI QUALI IN OSPEDALE: AGENTI CARICANO PRESIDIO DEI LAVORATORI DELLA MULTINAZIONALE FEDEX-TNT: UNA PAGINA VERGOGNOSA SU CUI LA POLITICA TACE
È terminato con numerosi lavoratori feriti, al capo e al volto, e diversi intossicati dal fumo dei lacrimogeni il presidio dei lavoratori della Fedex-Tnt di lunedì 1 febbraio a Piacenza.
I dipendenti della multinazionale della logistica sono infatti in sciopero ormai da diversi giorni per protestare contro i licenziamenti annunciati nelle scorse settimane dalla Fedex-Tnt.
Così i lavoratori appartenenti alla sigla sindacale dei Si-Cobas (il sindacato maggiormente rappresentativo di Fedex-Tnt e nella logistica stessa) hanno dato vita a un presidio all’interno dell’azienda ce ha sede a Piacenza operando un blocco agli ingressi e all’uscita dei mezzi pesanti
La situazione però è degenerata durante la serata di lunedì con l’intervento della polizia giunta sul posto con quaranta agenti in tenuta antisommossa che, stando a quanto riportato da alcuni testimoni, come il referente dei Si-Cobas di Piacenza, Arafat: “Da giovedì stiamo protestando per il sito di Piacenza rispetto agli esuberi di oltre 6mila lavoratori a livello europeo — spiega a Fanpage.it — quella sera eravamo circa un centinaio di lavoratori divisi ai due accessi dell’azienda, quando sono arrivati gli agenti della Digos a dirci di dover andare via: erano circa le 21.30”.
Il racconto di Arafat che ha testimoniato il tutto anche con numerosi video di cui Fanpage.it è venuta in possesso in esclusiva continua: “Poco dopo però sono intervenuti gli agenti in tenuta antisommossa dicendo che ci avrebbero cacciato — spiega il referente del sindaco — eravamo lì seduti per terra quando i poliziotti hanno iniziato a lanciare lacrimogeni e a manganellare i lavoratori che però hanno deciso di non lasciare il blocco, hanno resistito”.
Poco dopo sono giunti all’esterno della sede della Fedex-Tnt dove erano in corso gli sconti anche i lavoratori di altri magazzini che hanno voluto sostenere e supportare i colleghi piacentini: “Sono stati momenti difficili ma abbiamo resistito e abbiamo ripreso la nostra lotta — spiega Arafat — si sono stati diversi feriti, ne abbiamo contati una decina: tutti colpiti da manganellate su varie parti del corpo, ma la maggior parte di quelle persone si è medicata da sola, solo tre sono andate in ospedale”.
Nelle immagini in possesso di Fanpage.it si vede chiaramente un dipendente della Fedex-Tnt che dopo gli scontri giace inerme a terra tra i poliziotti che continuano ad avanzare verso il resto dei lavoratori. Nessuno sembra intervenire e soccorrere l’uomo ferito.
Ad oggi lo sciopero è ancora in corso. Daniele, referente Si-Cobas di Torino spiega quali sono i motivi dello sciopero che va avanti in tutta Italia: “Come ad Orbassano e in altre filiali di tutta Italia sta andando avanti uno sciopero che coinvolge migliaia di lavoratori della multinazionale Fedex-Tnt: la multinazionale ha deciso di non tenere fede agli impegni presi con il sindacato quando ha rilevato la Tnt”.
“I licenziamenti sembrano essere prerogativa di Fedex a livello europeo — conclude — e l’azienda non vuole trattare con il sindacato, per questo i lavoratori hanno aperto la stato di agitazione
(da Fanpage)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DEI MINORENNI: “SPERO SI SIA TRATTATO DI UN EQUIVOCO”
Prima gli ha chiesto, dandogli del “tu”, di mostrare il tesserino di avocato. Poi non contenta ha domandato: “Ma sei laureato?”.
Così, racconta sui social l’avvocato napoletano di origini nigeriane, Hilarri Sedu, una psicologa giudice onoraria al tribunale per i minorenni si è rivolta al professionista che in quel momento stava assistendo una donna immigrata e la sua bambina in una pratica per il rilascio del permesso di soggiorno.
“Questo non è razzismo, è idiozia”, dice Sedu che così ricostruisce l’accaduto: “Giunto il mio turno per la discussione di una causa – scrive Sedu – il neo magistrato onorario mi chiede di esibire il tesserino di avvocato, lo faccio. Stupita o stupida, mi chiede se sono avvocato, poi ancora, mi chiede se sono laureato. Vi giuro che non è una barzelletta. Impulsivo come sono, ero tentato di insultarla, ma ho voluto mettere avanti il bene della causa da trattare, perchè ne vale della vita della mia assistita e della sua bambina. No, non è razzismo, è solo idiozia. È la incompetenza di un organo amministrativo che non sa scegliere i componenti privati in ausilio della macchina giustizia. Comunque, cara giudice (onorario), sono anche Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli” conclude Sedu.
Che poi aggiunge: “Quel giudice onorario andrebbe rimosso, perchè non è possibile che accadano ancora cose del genere, sintomo di un retropensiero duro a morire”.
Il presidente della sezione del tribunale per i minorenni dove si celebrava il procedimento, Maurizio Barruffo, uno dei magistrati più esperti dell’ufficio, stempera i toni e afferma: “Si è trattato certamente di un malinteso, non ci può essere alcuna forma di razzismo perchè si tratta di un pensiero che non appartiene al nostro ufficio e a quello che lavorano qua. Conosco l’avvocato Sedu, ho stima di lui, lo aspetto in ufficio. Venga quando vuole è chiariremo tutto”
(da agenzie)
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