Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
L’ITALIA PAGA I CARCERIERI NON PER LIBERARE GLI OSTAGGI, MA PER TENERLI PRIGIONIERI
“Due fratellini, 12 anni lei, 10 lui, rinchiusi da mesi in quei capannoni senza un raggio di luce, a fare la fame, a dividersi un boccone di pane duro e un goccio d’acqua, in condizioni igieniche e sanitarie terribili. E soprattutto soli, spaventati, con l’assoluta incognita del loro futuro. Mi hanno chiesto aiuto, volevano uscire, ma soprattutto mettersi in contatto con quel che restava della loro famiglia. Anche solo per sentire una voce amica, per convincersi di non essere davvero soli ad affrontare tutto questo”.
A raccontarlo, nella bella intervista di Alessandra Ziniti di Repubblica, è Bianca Benvenuti, responsabile degli Affari umanitari di Medici senza frontiere, che in Libia ha lavorato negli ultimi due mesi.
“Loro — prosegue Benvenuti – mi hanno raccontato che venivano dal Mali, i loro genitori erano stati uccisi ed una zia li aveva presi e caricati d’imperio sul cassone di un camion con altri ragazzi che stavano per partire verso la Libia. Non so poi come sono finiti lì dentro ma so che in quei capannoni di bambini come loro, totalmente soli sotto i 14 anni, ce ne sono centinaia. Molti sono arrivati in Libia da soli, molti hanno perso i familiari con cui viaggiavano prima di arrivare in Libia, ma ne ho visti anche molti che erano riusciti ad imbarcarsi, magari con la mamma o con il papà poi morti durante un naufragio e loro, che si sono salvati, finiscono in quell’orrore. Credetemi, è una cosa terribile. Bisogna tirarli fuori di lì, noi come team medico facciamo quello che possiamo, le agenzie dell’Onu, Unhcr e Oim, cercano di individuare all’interno dei centri le persone più fragili e tutelarle, i bambini innanzitutto, ma la situazione in Libia è terribile. E tra la guerra e il Covid, i corridoi umanitari sono stati quasi del tutto sospesi”.
Cartoline dall’inferno libico
Questa è la realtà dei lager libici. A cui si aggiunge quella dei disperati in mare. Almeno 750 persone nella sola giornata di ieri era in mare, in fuga dall’inferno libico A lanciare l’allarme è AlarmPhone. Ma questa umanità disperata, senza voce nè diritti, non sembra avere ascolto neanche nel “Governo dei migliore” guidato da Mario Draghi.
Le condizioni di vita all’interno di quei lager sono ormai conosciute: grave sovraffollamento, carenza di cibo, igiene inesistente, mancanza di accesso alle cure mediche, nonchè segnalazioni di abusi, lavoro forzato e sparizioni misteriose di persone
Solitamente, quando un’imbarcazione viene intercettata, i migranti a bordo vengono sbarcati in uno dei punti sulla costa, quindi le compagnie di autobus private convenzionate con il Dipartimento del ministero degli Interni li trasportano nei centri di detenzione.
Nella maggior parte dei casi, i migranti vengono inviati nelle strutture situate nello stesso territorio delle milizie che li hanno intercettati.
I trafficanti, i contrabbandieri, gli stessi funzionari militari attendono con ansia gli arrivi. Essi, infatti, comprano i migranti come fossero merci, soprattutto quando credono che saranno in grado di realizzare un profitto attraverso l’estorsione o la vendita dei richiedenti asilo ad altri centri o contrabbandieri.
A questo procedimento standard se ne sta aggiungendo un altro. Secondo quanto pubblicato da un’inchiesta di New Humanitarian, più della metà delle 6.200 persone intercettate in mare e rimpatriate in Libia quest’anno non si trovano nei centri ufficiali. Dove sono? Probabilmente sono stati trasferiti in strutture “non ufficiali” gestite da milizie affiliate al ministero degli Interni libico. Un nuovo allarme è, quindi, scattato.
Si tratterebbe, infatti, di non specificati edifici di raccolta dati, nei quali probabilmente vengono smistate le persone da destinare al traffico di essere umani. Nessuno può accedervi.
Le testimonianze su cosa accade realmente ai migranti intercettati (in mare ma anche lungo le rotte via terra) e portati in Libia sono eloquenti per capire cosa sta succedendo — ancora adesso — nella nazione nordafricana. A darne conto è un report di vociglobali.it.
Yasser (nome di fantasia) è un sudanese fuggito a 33 anni dalle violenze del suo villaggio sui monti Nuba. Imbarcatosi per l’Europa in Libia, il suo gommone è stato intercettato dalla Guardia Costiera e portato indietro. Da qui, è iniziato il suo calvario per la sopravvivenza. Con un pullman è stato portato in un centro. Lui e gli altri uomini sono stati subito vittime di estorsione. È stato ordinato loro di pagare un riscatto di 3.000 dinari libici per la libertà . Ai detenuti è stato detto di chiamare le famiglie e chiedere i soldi. Coloro che non potevano pagare restavano al centro, picchiati e sottoposti a torture, fino a quando non venivano venduti per una somma inferiore a un’altra milizia, che avrebbe cercato di estorcerli per un riscatto più piccolo pur di guadagnare.
Questa è la sorte che è toccata anche a Yasser, che dopo mesi si è ritrovato in un’altra prigione, “trattato come un animale”, secondo le sue parole. È riuscito a scappare solo mesi dopo, a causa di un bombardamento che ha colpito il centro. Ora vive in una struttura con altri richiedenti asilo sudanesi nella città costiera libica di Zawiya. Il suo destino resta appeso a un filo.
Sono tante le storie simili a quella di Yasser. Un uomo eritreo ha raccontato con queste parole la sua permanenza in un centro di detenzione dal 2017 al 2019: “Sono stato trattenuto in un centro di detenzione in Libia. Così tante persone sono malate, la maggior parte ha la tubercolosi. Non sono disponibili cure mediche. Abbiamo visto persone morire ogni giorno. Almeno due o tre ogni giorno. [Le milizie] hanno preso alcune persone, almeno 50 e hanno detto che le avrebbero portate via per il trattamento medico… ma non sono mai tornate. Non sappiamo se sono vive o no. Le persone non hanno accesso alla luce solare o all’aria fresca. Io, non ho visto l’aria aperta per due anni. Le mie sorelle sono ancora lì. Mi fa male dentro.
Un diciannovenne richiedente asilo proveniente da un Paese dell’Africa occidentale, è stato salvato da un peschereccio spagnolo insieme a 11 persone. Era il 2018, lui era partito dalla Libia e successivamente sbarcato in Spagna. Così ha raccontato:
“Sono stato tenuto prigioniero più volte da quando ho lasciato il mio Paese, sono stato rinchiuso in una stanza, senza cibo nè acqua per giorni; nessuno ti dice perchè sei detenuto….ci hanno fermato nel deserto e la loro intenzione era di ucciderci ma puoi morire nel deserto, puoi morire in Libia, puoi morire nel mare.
Drammatica è anche la storia di Abdi (nome di fantasia) somalo, fuggito dal suo Paese a causa delle minacce dei terroristi di al.Shabaab solo per aver fatto commenti contro i jihadisti in un bar. Quando il gommone che viaggiava verso l’Europa ha iniziato a riempirsi d’acqua, è stato salvato dalla Guardia Costiera libica. Il salvataggio si è quindi rivelato una condanna a morte. È iniziata la sofferenza dell’uomo, passato nelle mani di un contrabbandiere all’altro, estorto con raccapricciante violenza.
Abdi è rimasto chiuso in un edificio libico per due mesi, picchiato e per due volte finito sotto shock, finchè sua madre non è riuscita a trasferire denaro a un intermediario.
È stato venduto a un altro contrabbandiere, ha lavorato in una fattoria in condizioni di schiavitù, ha visto morire i suoi compagni di fame e di malattia, ha raccolto escrementi, ha pagato ulteriori somme di denaro per poi finire in un centro di detenzione a Tajoura. Qui è diventato, nuovamente, uno schiavo, costretto a lavare le armi con il gasolio, per le milizie che combattevano nella guerra che intanto divampava nel Paese. Solo grazie al caos dei bombardamenti è riuscito a scappare e a lasciare la Libia.
Vite senza più dignità continuano a perire in Libia, nella piena compiacenza delle potenze del mondo.
Nawal Soufi, giovane attivista marocchina che vive in Sicilia, ha cercato di far capire con domande provocatorie il perchè i migranti non vogliono essere riportati in Libia: “Sai cosa significa mangiare un pezzo di pane in 24 ore e vedere un pezzo di formaggino come fosse oro? Ti è mai capitato di essere messo all’asta e venduto come uno schiavo? Ti è mai capitato di essere picchiato a sangue perchè chiedi l’intervento di un medico? Ti è mai capitato d’essere fucilato per colpa di uno sguardo di troppo?”.
Questa è la realtà , inumana, dei lager libici.
“C’è chi paga migliaia di dollari per salire su un gommone, chi fugge, chi viene liberato ma la percentuale di quelli che vengono riportati nei centri di detenzione è molto alta e l’Europa non può consentirlo — dice ancora la responsabile degli Affari umanitari di Medici senza frontiere ad Alessandra Ziniti -. Abbiamo detto dei bambini soli, ma ci sono centinaia di neonati e bimbi piccolissimi con le loro mamme, spesso stuprate, e ci sono migliaia di ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Subiscono l’indicibile e quando hanno la possibilità di incontrare operatori umanitari i loro occhi parlano da soli: prima della libertà chiedono di poter dare notizie alle loro famiglie che magari li credono morti. Sono dei sepolti vivi e piuttosto che rimanere lì o essere riportati indietro sono pronti a morire in mare”.
Scrive Paolo Lambruschi, inviato di Avvenire: “Nessuno interviene e continuano le cronache dell’orrore da Bani Walid, unanimente considerato il più crudele luogo di tortura della Libia. Un altro detenuto eritreo è morto qui negli ultimi giorni per le torture inferte con bastone, coltello e scariche elettriche perchè non poteva pagare. In tutto fanno sei morti in due mesi. Stavolta non siamo riusciti a conoscere le sue generalità e a dargli almeno dignità nella morte. Quando si apre la connessione con l’inferno vicino a noi, arrivano sullo smartphone con il ronzio di un messaggio foto disumane e disperate richieste di aiuto, parole di angoscia e terrore che in Italia e nella Ue abbiamo ignorato girando la testa o incolpando addirittura le vittime.
‘Mangiamo un pane al giorno e uno alla sera, beviamo un bicchiere d’acqua sporca a testa. Non ci sono bagni’, scrive uno di loro in un inglese stentato. ‘Fate in fretta, aiutateci, siamo allo stremo’, prosegue. Il gruppo dei 66 prigionieri eritrei che da mesi è nelle mani dei trafficanti libici si è ridotto a 60 persone stipate nel gruppo di capannoni che formano il mega centro di detenzione in campagna nel quartiere di Tasni al Harbi, alla periferia della città della tribù dei Warfalla, situata nel distretto di Misurata, circa 150 chilometri a sud-est di Tripoli. Lager di proprietà dei trafficanti, inaccessibile all’Unhcr in un crocevia delle rotte migratorie da sud (Sebha) ed est (Kufra) per raggiungere la costa, dove quasi tutti i migranti in Libia si sono fermati e hanno pagato un riscatto per imbarcarsi. I sequestratori, ci hanno più volte confermato i rifugiati di Eritrea democratica contattati per primi dai connazionali prigionieri, li hanno comperati dal trafficante eritreo Abuselam ‘Ferensawi’, il francese, uno dei maggiori mercanti di carne umana in Libia oggi sparito probabilmente in Qatar per godersi i proventi dei suoi crimini.
Bani Walid, in base alle testimonianze raccolte anche dall’avvocato italiano stanziato a Londra Giulia Tranchina, è un grande serbatoio di carne umana proveniente da ogni parte dell’Africa, dove i prigionieri vengono separati per nazionalità .
Il prezzo del riscatto varia per provenienza e sta salendo in vista del conflitto. Gli africani del Corno valgono di più per i trafficanti perchè somali ed eritrei hanno spesso parenti in occidente che sentono molto i vincoli familiari e pagano. Tre mesi fa, i prigionieri eritrei valevano 10mila dollari, oggi 2.500 dollari in più perchè alla borsa della morte la quotazione di chi fugge e viene catturato o di chi prolunga la permanenza per insolvenza e viene più volte rivenduto, sale. Il pagamento va effettuato via money transfer in Sudan o in Egitto.
Dunque — annota ancora Lambruschi – quello che accade in questo bazar di esseri umani è noto alle autorità libiche, ai governi europei e all’Unhcr. Ma nessuno può o vuole fare niente. S
econdo le testimonianze di alcuni prigionieri addirittura i poliziotti libici in divisa entrano in alcune costruzioni a comprare detenuti africani per farli lavorare nei campi o nei cantieri come schiavi.
‘Le otto ragazze che sono con noi — prosegue il messaggio inviato dall’inferno da uno dei 60 prigionieri eritrei — vengono picchiate e violentate. Noi non usciamo per lavorare. I carcerieri sono tre e sono libici. Il capo si chiama Hamza, l’altro si chiama Ashetaol e del terzo conosciamo solo il soprannome: Satana’. Da altre testimonianze risulta che il boia sia in realtà egiziano e abbia anche un altro nome, Abdellah. Avrebbe assassinato molti detenuti”.
Denuncia Emma Bonino, leader storica radicale, già ministra degli Esteri e Commissario europeo, oggi senatrice di +Europa: “L’Italia ha pagato un prezzo per fermare con ogni mezzo, anche il più disumano, i flussi nel Mediterraneo. Non so se l’Italia è mandante. Sicuramente è pagante: è il bancomat di queste operazioni insopportabili e lo fa scegliendo interlocutori che, come tanti casi di cronaca hanno dimostrato, erano i rappresentanti di organizzazioni criminali, compreso il famoso Bija, che se ne va in giro per l’Italia e pare che nessuno ne sappia niente”.
E aggiunge: “A me sembra che l’Italia continui a pagare una sorta di riscatto all’incontrario: paga i carcerieri, non per liberare gli ostaggi, ma per tenerli prigionieri, facendo finta di non sapere, mentre invece lo sa e lo fa. Quei soldi — sottolinea Bonino — finiscono dritti diritti a ai carcerieri dei lager libici solo per toglierci un problema”.
L’articolo è del 4 gennaio 2020. Un anno e un mese dopo, l’inferno in terra è ancora così.
Questo scempio di vite e di diritti avviene anche grazie ai finanziamenti che l’Italia continua ad assegnare a quell’associazione a delinquere chiamata “Guardia costiera libica”. Non è un mistero che i boss del traffico di esseri umani e i comandanti della Guardia costiera che dovrebbero stroncarlo siano spesso le stesse persone.
E allora, presidente Draghi, si dimostri il “migliore”: revochi i finanziamenti della vergogna.
(da Globalist)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
“MELONI E SALVINI SONO DUE PAVIDI, NON VOGLIONO GOVERNARE PER NON PRENDERSI RESPONSABILITA'”
“Prima hanno detto no a Draghi, poi la linea è cambiata, non ho cambiato io idea. Non sono io a non pensarla più come il M5s, ma è il M5s a non pensarla come me. Non farò scissioni, non farò correnti”. Lo ha detto Alessandro di Battista in una diretta Instagram.
“Un mese fa ho ricucito con molti esponenti che mi hanno ricoinvolto perchè Renzi stava aprendo la crisi. Mi è stato chiesto di dare una mano, e che sarebbe stata con Conte e mai con Renzi. Mi è stato assicurato che la linea non sarebbe cambiata”, ha aggiunto. “Ho detto va bene, ero contentissimo. Ma quando si è deciso di tornare con Renzi ho detto: io non cambio idea”.
“I parlamentari – precisa – hanno responsabilità di fare le loro scelte, il consiglio che ho dato ad alcuni di loro” fra gli espulsi “è di fare ricorso per essere riammessi e credo che molti ci stiano pensando. Se fossi stato in Parlamento avrei detto no” al governo Draghi.
Di Battista attacca poi il nuovo governo che definisce “un’accozzaglia indecorosa e un assembramento parlamentare pericoloso”.
“Salvini farà come col Conte 1: picconerà ogni giorno, ma non se la prenderà con Draghi perchè è un pavido. Non vuole governare davvero, non vuole prendersi le responsabilità “. Quindi se la prende con la leader di FdI: “Meloni non farà vera opposizione: sarà un’opposizione elettorale, non sostanziale. Attaccherà il Pd e i Cinquestelle, ma anche lei si comporterà in maniera pavida”.
Infine l’affondo sul premier. “Draghi è l’antitesi rispetto a determinate idee sullo stato sociale e sull’attenzione al piccolo, alle piccole imprese. Se poi dovesse convertirsi a quanto è maggiormente colpito in questo periodo bene venga, ma io non mi fido”.
“Avendo lasciato il Movimento 5 Stelle – ha poi dichiarato, rispondendo ai follower in diretta – non mi candido per la guida collegiale, per il direttivo”. “A proposito dei suoi rapporti con Luigi Di Maio, ha chiarito: “L’ho elogiato tante volte, nutro tanto affetto per lui, questo resta, abbiamo condiviso la stessa trincea per tanti anni”.
“Con lui – ha aggiunto – ho avuto degli screzi in passato, oggi abbiamo preso posizioni diverse, amen. Ultimamente con Luigi abbiamo chiarito tante cose”.
“Come è possibile avallare un governo con Fi? Non vi vado bene adesso? Amen, allora” quando leggeva le sentenza sui rapporti fra Dell’Utri e la mafia “andavo bene, oggi no? È il M5s che non la pensa più come me, non io che non al penso più come il M5s. Non farò scissioni nè correnti. Qualcuno dice che ho il simbolo di Italia dei Valori, ma quando mai? Chi lo dice è un avvelenatore di pozzi. Sono uscito dal M5s senza sbattere la porta”.
Quando la piattaforma Rousseau aveva dato il via libera al governo guidato da Mario Draghi il Movimento aveva cominciato a spaccarsi fino all’epilogo dell’addio, “a questo Movimento”, da parte di Di Battista. “La mia coscienza politica non ce la fa più – aveva spiegato – da diverso tempo non sono in accordo con alcune scelte del M5S. Non posso far altro che farmi da parte. Da ora in poi non parlerò più a nome del Movimento 5 Stelle anche perchè in questo momento il Movimento non parla a nome mio”.
Di Battista, incalzato dai suoi follower, tocca poi svariati argomenti della agenda politica non sono interna, come ad esempio i rapporti con gli Stati Uniti e la Nato. “Sono contrario alle basi Nato in Italia – afferma – non mi sta bene che ci siano bombe nucleari da noi” e poi “il patto di Varsavia non c’è più”. Cannabis legalizzata? “Sono favorevole – è la sua posizione – è uno dei modi per contrastare il crimine organizzato e rinvigorisce le casse dello Stato”.
Sulle trattative che hanno tentato la formazione di un nuovo governo Conte dopo la crisi aperta da Italia viva, ha precisato: “Disponibilità a entrare in un Conte ter senza Renzi l’ho data, perchè mi è stato chiesto, ma quando è rientrato Renzi mi sono fatto da parte, perchè non volevo avere nulla a che fare con questa persona. Ho dato questa disponibilità perchè quello dei responsabili era un compromesso che avrei accettato per sbarazzarsi del renzismo”. Draghi arriverà al Quirinale? gli chiedono. “Non sempre le cose vanno come sembra risponde – Prodi e Marini, ad esempio li davano come certi”.
(da agenzie)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
“VOGLIO DECIDERE ASSUMENDOMI LE RESPONSABILITA'”
“La leadership è data dalla razionalità , io non voglio un capo che indichi per me, voglio poter decidere da me assumendomi le mie responsabilità ”.
Lo dice Nicola Morra a RaiNews 24, presidente della Commissione Antimafia, in merito all’ipotesi che Alessandro Di Battista possa diventare la guida dei dissidenti del Movimento 5 Stelle, espulsi per non aver votato la fiducia a Mario Draghi. Morra ha aggiunto che non parteciperà all’intervento di Di Battista previsto per questa sera su Instagram.
Quanto alla possibilità che i fuorisciti dal Movimento possano chiedere il simbolo dell’Italia dei Valori per formare dei gruppi parlamentari, il presidente della Commissione Antimafia ha precisato: “Non posso mettermi nei panni degli altri colleghi, io mi sento M5S”. Anche perchè, tiene a sottolineare, “sono fuori dal gruppo del Senato ma non del M5S, c’è una decisione”, che dovrà essere presa dai probiviri e ratificata online, “quando la procedura sarà conclusa allora si portà dire che sono fuori. Ricordo”, continua, “che il collegio dei probiviri è fermo da un anno e prima delle nostre richieste di procedura espulsione dovrebbe esaminarne tante altre”, afferma Morra.
Poi, sulla possibilità di lasciare il ruolo in Commissione Antimafia, Morra spiega come “molti vorrebbero che io lasciassi, forse per normalizzare. Io penso il contrario, penso che si possa continuare onorare il mandato senza guardare in faccia a nessuno”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
“SPERO CHE CONTE ABBIA CAPITO CHE NON E’ STATO SOLO RENZI A FARLO CADERE, MA ANCHE QUALCUNO DEL M5S CHE NON ASPETTAVA ALTRO PER LIBERARSI DI LUI”
Ora davvero c’è il forte rischio che il giocattolo si rompa anche se, a dire il vero, l’ala governista dei grillini punta molto sulla figura di Giuseppe Conte che ha dato al Movimento un volto moderato e ben lontano dai toni barricaderi di molti esponenti della fronda.
“Si manda via gente che ha dato il sangue al Movimento perchè ha detto legittimamente no, rifiutando un quesito ridicolo e un governo come ne abbiamo già visti tanti in passato. Continuano a evocare Alessandro Di Battista come leader. Il vero rischio non è la scissione, ma l’evaporazione del M5S . Anche perchè ora il Movimento dovrebbe governare con tutti e soprattutto con Forza Italia. Era la nostra linea invalicabile, ed è stata varcata”.
Parole di Max Bugani, tra i grillini della prima ora e ora capo staff della sindaca di Roma, Virginia Raggi.
“Spero che Giuseppe – aggiunge riferendos all’ex premier Conte – abbia capito come non sia stato solo Matteo Renzi a farlo cadere, ma che anche qualcuno nel Movimento non aspettasse altro. Conte si è rivelato un grande mediatore, facendo sintesi tra partiti che erano divisi al loro interno. Ma gli sconsiglierei di fare il capo del M5S . All’inizio otterrebbe grande consenso, ma subito dopo inizierebbe a logorarsi”.
(da agenzie)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
ORA SI PARLA DEL 30 GIUGNO MA SOLO PER LE ELEMENTARI… NESSUNA PROROGA PER MEDIE E SUPERIORI
Alla fine solo le scuole elementari potrebbero rimanere aperte fino al 30 giugno. Questa è una delle ipotesi che circolano, soprattutto “per far recuperare la socialità ai più piccoli”.
Visto che gli alunni delle elementari sono sempre andati ascuola, la giustificazione fa un po’ acqua da tutte le parti.
Diverso il discorso per quanto riguarda le medie e le superiori: la conferma degli esami in presenza per tutti, con la maturità che partirà il 16 giugno, sembra infatti escludere l’ipotesi di un allungamento del calendario, anche se una decisione ufficialmente non è stata presa.
Il neo ministro Bianchi in questi giorni ha ribadito che si lavorerà con le Regioni e i territori, verificando la situazione nel corso di tutti questi mesi.
Intanto, l’Associazone nazionale dei presidi d Roma e Lazio sposa questa possibilità , mentre per gli studenti più grandi l’Anp sostiene che possono essere creati dei corsi di recupero pomeridiani appositi, anche con la didattica a distanza, prevedendo una remunerazione aggiuntiva per i docenti che, volontariamente, presteranno questo servizio.
(da agenzie)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
A BERLINO, AMBURGO E DRESDA SCOPPIA LA CONTESTAZIONE
Manifestazioni in tutta la Germania organizzate dai no-mask, in cui alcune centinaia di persone hanno preso parte contro le restrizioni per il Covid.
In tutto il territorio tedesco, la situazione è drammatica, con quasi 500 morti e oltre 9mila contagi nelle ultime 24 ore.
A Berlino, ci sono state proteste dai balconi al passaggio dei manifestanti.
Nella capitale erano attese mille persone per una ‘marcia silenziosa’, ma se ne sono presentate 580. Al loro passaggio, vi sono stati fischi dai balconi, insulti, cucchiai sbattuti sulle pentole e grida di “via i nazisti”.
Stessa accoglienza ad Amburgo dove c’erano circa 220 auto che recavano striscioni con gli slogan: “respira liberamente, pensa liberamente”
(da Globalist)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DEL BROKER FARMACEUTICO BRESCIANO JURI GASPAROTTI: “NESSUNA TRUFFA, UNA CASA FARMACEUTICA PUO’ OPZIONARE UN CERTO QUANTITATIVO DA ASTRAZENECA, IO COME BROKER CERCO DI PIAZZARLE E SI PAGA SOLO ALLA CONSEGNA AVVENUTA”
“Sì, sono io che ho offerto le dosi AstraZeneca all’Emilia Romagna. Non sono un truffatore, i vaccini li posso far arrivare. Ora vi spiego come”.
Esordisce così nell’intervista a Repubblica Juri Gasparotti, broker farmaceutico bresciano, la cui società , la J.& G., è a Novigrad, regolarmente registrata in Croazia.
Racconta Gasparotti: “Ho inviato una mail ai dirigenti della sanità il 5 febbraio. Era una proposta di vendita: un milione di dosi di AstraZeneca al prezzo di 3,50 dollari a unità ”: E spiega: “Sono un broker, un promotore, e lavoro con una grossa casa farmaceutica estera che ha opzionato da AstraZeneca un certo quantitativo di dosi di vaccino” di cui “non posso fare il nome. Posso dire però che è una delle più grosse e non è in Europa”.
Il sistema delle opzioni, per Gasparotti funziona così: “Nel mercato dei farmaci, le aziende possono opzionare l’acquisto di stock di medicinali da chi li produce. Vale anche per i vaccini anti Covid. È tutto legittimo. La casa farmaceutica X che ha opzionato le dosi AstraZeneca sta cercando di piazzarle attraverso broker come me” ma “nessuno si tiene le fiale in magazzino”, afferma.
“Rimangono al produttore fino a quando il broker non stipula un contratto di vendita. Solo in quel momento si esercita l’opzione e le fiale escono dal sito di produzione di AstraZeneca per essere consegnate all’acquirente”.
Chi garantisce che non vi sia un tentativo di truffa ai danni della Regione, chiede il giornale.
Risposta di Gasparotti: “Perchè nella mia proposta di vendita ci sono due condizioni fondamentali: che la genuinità del prodotto sia certificata da una società tipo Sgs, che fa trasporto, ispezioni e controlli. E che il pagamento sia effettuato solo a consegna avvenuta. Non c’è un mercato parallelo, c’è ‘il’ mercato” dove tutto avviene “in modo tracciato e con i numeri di lotto indicati”, assicura il broker.
(da agenzie)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
I SOLITI PROVVEDIMENTI SOFT CHE NON SERVONO A NULLA
Una delle ipotesi allo studio del governo per limitare la circolazione delle varianti del virus è quella di istituire la zona arancione in tutta Italia come fatto durante le vacanze di Natale: si tratterebbe di un lockdown più leggero di quello proposta da Walter Ricciardi ma che potrebbe far mantenere stabile la curva dei contagi.
L’idea è giunta dopo la constatazione che la mutazione inglese stia correndo ad una velocità superiore del 39 per cento rispetto alla versione originale dell’infezione e che sia presente nel 17,8 per cento dei casi riscontrati. Percentuale che potrebbe raddoppiarsi dato che secondo gli esperti tra un mese il ceppo britannico sarà quello prevalente.
Il nuovo governo di Mario Draghi, che entro il 5 marzo dovrà varare il prossimo Dpcm, avrebbe dunque davanti a sè due strade.
Una è quella di rivisitare i parametri che fanno scattare una zona piuttosto che un’altra abbassando gli indici per cui una regione entra in fascia arancione e rossa di 0,1-0,2. L’altra è quella di far diventare tutta l’Italia arancione con misure ancora più incisive da fascia rossa nei fine settimana. Non si tratta del lockdown generale invocato da diversi virologi ma una formula più leggera potrebbe avere una durata al massimo di tre settimane.
L’attuale sistema dei colori viene infatti messo in discussione non solo dal cambiamento di scenario determinato dalle varianti ma anche da alcuni amministratori locali. L’assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna Raffaele Donini ha per esempio affermato che “così non funziona, perchè passiamo continuamente da giallo ad arancione e viceversa, senza risolvere il problema. Di fatto il virus si sposta, semplicemente, da un’area all’altra del Paese“.
Una tesi rilanciata anche dal governatore Bonaccini che, d’accordo con i colleghi Giani (Toscana), Fontana (Lombardia) e De Luca (Campania) ha chiesto ai ministri Roberto Speranza e Mariastella Gelmini di valutare restrizioni omogenee per respingere i contagi.
La data chiave sarà quella del 25 febbraio, quando scade il divieto di spostamento tra le Regioni e il governo dovrà decidere se prorogarlo con un nuovo provvedimento oppure consentire la libera circolazione in tutto il Paese. Quel giorno si capirà di più sulla strategia che Mario Draghi viole attuare per contrastare la pandemia.
(da TPI)
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Febbraio 20th, 2021 Riccardo Fucile
LA RIDUZIONE E’ INTORNO AL 15% DELLE DOSI PREVISTE
Ancora tagli alle forniture dei vaccini, ancora impegni non mantenuti da parte delle case farmaceutiche che rallentano ancor di più la campagna che solo in questi giorni, con grande ritardo sui tempi originariamente previsti dal piano, sta cominciando con gli over 80.
Questa volta a consegnare meno dosi del previsto è stata Astrazeneca che ieri avrebbe dovuto far arrivare in Italia 547.200 dosi e che invece ha operato un taglio del 15 per cento. Novemila dosi in meno sono giunte nei centri vaccinali del Lazio, 5.000 in meno in Emilia Romagna e via via in proporzione in tutte le altre regioni che hanno già avviato da pochi giorni le vaccinazioni di insegnanti, forze dell’ordine, militari.
Se ne parlerà nel pomeriggio nel corso della Conferenza delle Regioni convocata dal presidente Stefano Bonaccini per le valutazioni da consegnare al governo sulle nuove misure da adottare alla vigilia della scadenza del Dpcm prevista per il 5 marzo. Non c’è unità di vedute. Alcuni governatori spingono per una zona arancione nazionale per alcune settimane nel tentativo di contenere l’espandersi delle varianti anche perchè la campagna vaccinale, al di là degli obiettivi annunciati, procede a rilento.
“Ci è stata comunicata una riduzione di 9 mila dosi del vaccino Astrazeneca per le prossime consegne e questa è una brutta notizia. Mi domando come si possano conciliare le presunte offerte di mediatori proposte ad alcune regioni su mercati paralleli per il vaccino Astrazeneca con l’acclarata riduzione?”, dice l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato.
Meno dosi anche all’Emilia Romagna. “Sono in arrivo in questi giorni AstraZeneca con un’ulteriore decurtazione, ne dovevano arrivare diverse decine di migliaia, ma c’è una decurtazione di 4-5 mila dosi. Non come le altre volte ma comunque non c’è un segno più, speriamo che dalla prossima settimana si cambi passo”, conferma l’assessore regionale alle Politiche Sanitarie dell’Emilia Romagna, Raffaele Donini.
La conferma del taglio arriva anche dal direttore generale dell’Ausl di Bologna, Paolo Bordon: “I vaccini arrivano ma con dei tagli, oggi abbiamo 1.000 vaccini in consegna in meno di AstraZeneca, dovevano essere 8.400 e ne arriveranno 7.400”.
(da agenzie)
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