Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
CROLLA LA NARRAZIONE DEL PREMIER DECISIONISTA CHE “SCEGLIE IN MODO AUTONOMO”
Ha avuto breve durata la ‘leggenda’ del professore impegnato a fare la squadra di Da giorni è stato ripetuto (fino alla nausea) che i nomi dei ministri e delle ministre sarebbero stati decisi da Draghi e Mattarella e i leader politici di tutti i partiti non avrebbero dovuto mettere bocca..
Ma questa sera invece le due nuove ministre si sono lasciate scappare che…
“Sono grata al presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi per avermi voluto indicare. Ringrazio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e il presidente del Consiglio Mario Draghi per la nomina che onorerò con tutto il mio impegno per il nostro straordinario Paese. Sono certa che, con Mara Carfagna e Renato Brunetta, porteremo i nostri valori e la nostra storia in un governo che guiderà l’Italia fuori dalla crisi”. Lo scrive su Fb Mariastella Gelmini, neo ministro delle Autonomie del governo Draghi.
Poi anche la Carfagna…
“Ringrazio il Presidente Mattarella e il Presidente Draghi per la fiducia e il privilegio che mi concedono chiamandomi a far parte del nuovo governo. Da donna e politica del Sud, faro’ di tutto per onorare al meglio l’incarico che hanno voluto affidarmi”. Lo scrive su Facebook dopo la nomina a Ministra per il Sud e la Coesione territoriale.
“A Silvio Berlusconi- prosegue Carfagna- va il mio ringraziamento per avermi sostenuto nella mia attivita’ politica e istituzionale in tutti questi anni e aver promosso oggi la mia nomina nell’esecutivo, in rappresentanza dei nostri comuni ideali”.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
HA SCELTO MINISTRI TECNICI DI FIDUCIA CHE RAPPRESENTANO L’ESTABLISHMENT FINANZIARIO, UOMINI DI STRUTTURA DI STATO NON CERTO AMBIENTALISTI, DIRIGENTI DI AZIENDA
Nel nuovo governo, l’impronta del presidente del Consiglio Mario Draghi è sui ministeri che saranno chiave nella sfida del Recovery plan.
E’ al Tesoro, Giustizia, ma anche Transizione ecologica e Transizione digitale, dicasteri fondamentali per il Green deal europeo e per la svolta digitale richiesta dall’Ue, che l’ex governatore della Bce ‘piazza’ dei tecnici.
E non assegna un ministero degli Affari Europei, casella che probabilmente diventerà solo un posto di sotto-governo. . E’ scontato che il referente principale del nuovo governo a Bruxelles sarà lui
I ‘ministeri del recovery’, chiamiamoli così per indicare i dicasteri che più saranno protagonisti dello sforzo di mettere a frutto i 209 miliardi del Next Generation Eu, finiscono de-politicizzati nella squadra di governo.
L’Economia passa da Roberto Gualtieri a Daniele Franco, uomo dell’establishment finanziario, con una carriera professionale in Bankitalia, ma anche in Commissione Europea come consigliere economico e poi alla Ragioneria dello Stato dal 2013, pulpito dal quale, proprio sui conti pubblici, si è scontrato con quasi tutti gli ultimi governi, a partire da quello guidato da Renzi per finire al Conte 1.
Anche la Transizione ecologica, che per il pubblico italiano meno attento è solo la bandiera dei pentastellati, in realtà è ministero centrale nella sfida del recovery. In quanto è il dicastero che dovrà sovrintendere agli investimenti per trasformare l’economia in senso sostenibile, come prescritto dal piano di ripresa europeo e dal Green Deal, il progetto per l’economia verde voluto dalla presidente Ursula von der Leyen già prima della pandemia.
Ebbene, per questo ministero che avrà anche deleghe importanti in materia di energia e ambiente, Draghi ha scelto un altro tecnico: Roberto Cingolani, fisico con una carriera nella partecipata ‘Leonardo’, non un attivista per l’ambiente, ma uomo di struttura dello Stato, diciamo così.
Sarà lui, per esempio, il titolare di una scelta importante per quanto riguarda la conversione energetica: cosa fare con i 20 miliardi all’anno che lo Stato italiano ancora garantisce come sussidio alle fonti fossili.
Enrico Giovannini, portavoce dell’alleanza per lo sviluppo sostenibile, ex ministro del Lavoro nel governo Letta, il nome dato come il più papabile per il ministero della Transizione ecologica fino a ieri, in una recente intervista ad Huffpost sosteneva che quei sussidi andassero aboliti. A Giovannini è toccato il ministero delle Infrastrutture e Trasporti.
Il ragionamento è simile per quanto riguarda il ministero della Transizione digitale, altro organo vitale del piano di ripresa anti-crisi. Anche qui la scelta ricade su un tecnico: Vittorio Colao, dirigente d’azienda, autore dell’ormai noto ‘piano Colao’ commissionato dal governo Conte 2 per affrontare la crisi economica e poi accantonato.
Pure la Giustizia è chiamata in causa dal recovery fund. La riforma della Giustizia è da tempo richiesta avanzata da Bruxelles a Roma. Se ne occuperà Marta Cartabia, presidente emerito della Corte Costituzionale, una delle poche donne – va detto – nel nuovo governo.
Ma Draghi fa a meno di un ministero agli Affari Europei, carica ricoperta dal Dem Enzo Amendola nel Conte 2. Molto probabilmente, la casella tornerà a essere un posto di sotto-governo, come nell’era Renzi, premier con spiccata tendenza presenzialista nei rapporti con l’Ue.
All’epoca, il sottosegretario agli Affari Europei era Sandro Gozi, che mantenne la carica nel governo Gentiloni. Anche il governo Draghi probabilmente avrà un sottosegretario agli Affari Europei. Ma d’altronde il premier è l’ex presidente della Bce: va da sè che sarà lui il massimo referente di Bruxelles nei rapporti con Roma.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
BRUNETTA E CARFAGNA SONO DA TEMPO SU POSIZIONI CRITICHE… GIORGETTI E GARAVAGLIA NON RAPPRESENTANO LA LINEA SOVRANISTA DI SALVINI
“Il mio manuale sarà necessario”. Una settimana fa, in tempi non sospetti Massimiliano Cencelli profetizzava che “Super Mario dovrà farvi ricorso” per placare gli appetiti dei partiti e scrollarsi di dosso malumori e musi lunghi.
Uomo di mondo e raffinata seconda linea degli anni d’oro della Dc, non è un caso che l’autore del più famoso testo sull’utilizzo di bilance e bilancini nella spartizione del potere sia ancora oggi, e per chi sa quanto, citato come padre nobile dell’antica arte dell’accontentare tutti i commensali.
Giancarlo Giorgetti si ritrova nel delicato dicastero dello Sviluppo economico, pur senza le deleghe all’energia, che di quel ministero sono una parte considerevole e che andranno alla Transizione ecologica di Roberto Cingolani.
“Sono stato avvertito”, puntualizza stizzito Matteo Salvini che spiega che non c’è stato un coinvolgimento nella scelta dei nomi, forse perchè l’altro portafoglio attribuito alla Lega è quello del Turismo (che il Carroccio aveva anche all’epoca dei gialloverdi) e l’uomo scelto è Massimo Garavaglia, anche lui tendenza giorgettiana.
Rientra al governo anche Erika Stefani, che incassa il ministero chiesto a gran voce durante le consultazioni, quello della Disabilità . L’ala più tradizionalmente sovranista ne esce seccamente ridimensionata.
Anche in Forza Italia si registrano malumori. Vince la linea “lettiana” che negli ultimi mesi si è opposta a quella filo-leghista. Renato Brunetta, un po’ a sorpresa, fa un gran ritorno alla Pubblica amministrazione dopo esservi già stato, contestatissimo, all’epoca dell’ultimo governo Berlusconi.
Con lui anche Maria Stella Gelmini alle Autonomie e Mara Carfagna al Sud.
Nessun portafoglio, “tre ministeri minori, e con gli stessi numeri parlamentari o quasi della Lega”, attacca un dirigente azzurro, tanto che si vocifera di una telefonata proprio sul tema di Berlusconi a Draghi, oltre alle lamentele per l’assenza di esponenti del Senato.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
NON SOLO DI BATTISTA E LEZZI… IL MALUMORE CORRE SUGLI SMARTPHONE: “IL SUPERMINISTERO PROMESSO DA GRILLO NON C’E’, CI HANNO PRESO IN GIRO” (IN EFFETTI E’ COSI’)
Il rischio di perdere pezzi c’è. Non sarà certo un problema per la tenuta del governo, che può contare su una maggioranza parlamentare blindata da numeri altissimi, ma lo sarà per la tenuta del Movimento 5 Stelle.
Lo strappo di Alessandro Di Battista per la nascita del governo Draghi sostenuto anche dai grillini è stato solo l’inizio: “Ne valeva la pena?”, si chiede a pubblicazione della lista dei ministri.
E Barbara Lezzi, un attimo dopo, spara a zero su Facebook: “Il super ministero chiesto da Beppe Grillo non c’è. Il ministero dell’ambiente non sarà fuso con il ministero dello sviluppo economico. Eh no, perchè il ricco ministero dello sviluppo economico sarà affidato alla Lega con Giorgetti. Noi non abbiamo votato per questo sulla piattaforma Rousseau.
Il malumore corre soprattutto in alcune chat interne, visionate dall’Adnkronos. “Vi sono vicino ragazzi…. Ci vorrà veramente un grande fegato. Io vi anticipo che non ci riuscirò”, scrive un deputato. “Sarà difficile, molto difficile”, ammette una collega. Un’altra parlamentare osserva: “Ci hanno asfaltato totalmente. Lega e Forza Italia contano più di noi”. “Ragazzi, ma siete davvero convinti di votare questo governo?”, domanda un’altra pentastellata. E non manca chi lamenta lo scarso peso dato al Sud nella compagine di governo.
Il dissenso sulla squadra Draghi potrebbe spingere diversi parlamentari a lasciare il Movimento. Si parla di una decina o quindicina di eletti tra Camera e Senato, anche se il capogruppo a Montecitorio Davide Crippa sostiene che invece i numeri “siano estremamente più esigui”.
Alla fine sono quattro gli esponenti del Movimento inclusi nel nuovo esecutivo. Nomi forti dell’universo pentastellato come Di Maio e Patuanelli, più Dadone e D’Inca’, tradizionalmente considerato vicino a Roberto Fico.
Le due anime sono state accontentante, ora bisogna vedere se ci sarà posto nel sottogoverno per quella pattuglia di ribelli che potrebbe placarsi con un posto da sottosegretario e scongiurare quindi la mini scissione.
Il cambio di esecutivo segna anche, di fatto, un mutamento di prospettiva nella leadership governista dei Cinque Stelle, che perde due degli uomini che erano più vicini a Giuseppe Conte, cioè Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
Grillo, secondo alcune fonti M5S, avrebbe manifestato la sua soddisfazione per l’arrivo di Cingolani al ministero della Transizione Ecologico. Ma nel M5S, monta comunque la rabbia: “È il ministero dell’Ambiente cambiato di nome, altro che super-dicastero chiesto da Grillo”, protestano i ribelli capitanati da Barbara Lezzi.
E la fronda interna si organizza e potrebbe anche allargarsi. Mattia Crucioli, Elio Lannutti, Rosa Abate, Elio Lannutti, Bianca Laura Granato vergano nei loro post su Fb l’ira dei “contras” a Draghi. “Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere…”, commenta su Facebook il deputato Francesco Forciniti.
E poi ancora. “Molti che non si riconoscono più in un M5S geneticamente modificato come una pannocchia della Monsanto, se ne andranno” (Elio Lannutti, senatore). “L’esodo è iniziato e purtroppo non si arresterà ” (Bianca Laura Granato, senatrice). “Scissione? È una dinamica da non escludere” (Pino Cabras, deputato). La fronda quindi potrebbe arricchirsi di qualche astensione e di – poche – assenze strategiche.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
IL CANDIDATO IN PECTORE PER SFIDARE ZINGARETTI E’ BONACCINI CHE VUOL FARE RIENTRARE RENZI NEL PD, COSI’ DA DISTRUGGERE COMPLETAMENTE IL PARTITO
Lo avevamo anticipato già la scorsa settimana. Si sarebbe aperta la fase congressuale nel Partito democratico. E così è stato.
“Qualcuno dovrà pagare per la fallimentare strategia tenuta dal partito durante la crisi di governo del Conte due”, spiegano dal Nazareno.
“Ci siamo fatti mettere sotto da un partito che non vale nemmeno il 2%”, il refrain che circola ai piani alti di Sant’Andrea delle Fratte.
Anche Nicola Zingaretti non nega i problemi ma preferirebbe un congresso tematico ovvero senza discussioni sulla leadership perchè “sulla segreteria si voterà tra due anni”.
Tra i dem, però, non la pensano tutti così. E poi c’è il convitato di pietra, Matteo Renzi che con una diversa leadership (ad esempio quella dall’amico Bonaccini) potrebbe addirittura rientrare nel partito con le sue truppe oppure diventarne il principale alleato se dovesse nascere un rassemblemant centrista sul modello di Forza Italia Viva.
A proposito di Bonaccini, nelle chat Pd gira addirittura già il nome della mozione (ovviamente satirica) pronta a sostenere il governatore dell’Emilia Romagna: “Torna a casa Renzi”. Più chiaro di così.
Del resto la scorsa estate Bonaccini aveva detto di non avere nulla in contrario al rientro di Renzi nel Pd.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
PARLA SOLO DI M5S, PD E ITALIA VIVA, NESSUNA TRACCIA DI SALVINI E BERLUSCONI NELLA GRANDE AMMUCCHIATA… HA FORSE PAURA CHE NON LA FACCIANO PARTECIPARE ALLA GRANDE TORTA DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE?
Non deve esser facile per Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni affrontare in solitaria (o quasi) la linea dell’opposizione al prossimo governo Draghi.
La scelta del partito è ben nota e, al netto dei proclami, la strategia sarà quella di ottimizzare al meglio i futuri mesi con vista sulle elezioni.
Tutto lecito, soprattutto nel mare magnum della politica trasformista che, da anni, condiziona la storia del nostro Paese.
Ma leggendo i post social della leader e del suo partito, appare evidente come ci sia un’allergia comunicativa: quando si critica l’adesione al nuovo esecutivo guidato dall’ex Presidente della Banca Centrale Europea non vengono mai citati i nomi di Lega e Forza Italia, gli alleati della coalizione di centrodestra.
Eppure, come ormai noto, il governo Draghi sarà sostenuto da un ampio spettro di maggioranza che va dal Movimento 5 Stelle al Partito Democratico, passando per Italia Viva e +Europa.
Poi ci sono, con numeri importanti (anzi, fondamentali per la tenuta parlamentare dell’esecutivo) anche la Lega e Forza Italia. Eppure questi ultimi due nomi (così come quelli dei rispettivi leader) non compaiono mai nella comunicazione social di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia.
Senza fare nomi e cognomi, utilizzando la strategia del ‘dico non dico’ per attaccare gli (ex?) alleati della coalizione di Centrodestra. In nessun tweet o post social, infatti, viene fatto il nome di Matteo Salvini o Silvio Berlusconi. Eppure sono loro gli artefici principali, anche in termini di numeri, dell’appoggio parlamentare al futuro prossimo governo guidato da Mario Draghi.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
“O C’E’ UN CAMBIO DI PASSO, DI METODO E DI RISULTATI O CI SARA’ BISOGNO DI AIUTI DA QUELLE PARTI”… CERTO, IL SUO MODELLO SONO I RISULTATI TRAGICI DI FONTANA IN LOMBARDIA E DI CHI SEQUESTRA ESSERI UMANI
Non sono passate nemmeno pochi minuti. Il governo non ha nemmeno giurato e subito il capo della Lega si è messo a fare il guastatore facendo le pulci alle scelte di Draghi e lanciando accuse a due suoi ‘nemici’: la nuova ministra dell’Interno che ha costantemente attaccato per sottolineare che lui era più bravo e il ministro della Salute, che lui che ha sempre lanciato segnali a negazionisti e no-lockdown non ha mai sottoportato per la sua insistenza (ma guarda un po’) nel tiutelare la salute degli italiani prima dello sballo dei discotecari.
E che ha detto? La Lega è orgogliosa dei ministeri che le sono stati affidati, ma è poco contenta della conferma di Roberto Speranza e Luciana Lamorgese. Lo ha detto Matteo Salvini parlando a ‘Stasera Italia’ su Rete 4.
“Non avevamo dato bigliettini o chiesto posti”, ha spiegato il leader della Lega. “Occuparsi di sostegno alle imprese, turismo e disabilità per noi è motivo di orgoglio, impegno ed enorme responsabilità “.
“Guardando oltre, – ha aggiunto – devo dire che alcune riconferme come quelle di Sperenza e della Lamorgese… O c’è un cambio di passo, di metodo e di risultati, oppure ci sarà bisogno di aiuto e sostegno da quelle parti, visti i risultati”
Certo per lui i modelli sono la gestione disastrosa della sanità in Lombardia e quelli del sequestrare esseri umani invece che farli sbarcare e dar loro assistenza, come previsto dalla legge.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
I GIUDICI: “DOVEVANO INTERVENIRE PREFETTURA E QUESTURA CHE SONO STATE SOLLECITATE 5 VOLTE”… 17 ANNI DI OCCUPAZIONE ABUSIVA SONO COSTATI ALLO STATO 4,5 MILIONI DI EURO… OTTO DIRIGENTI DI CASAPOUND RESIDENTI NELLA STRUTTURA
Nessuno pagherà per l’occupazione di CasaPound all’Esquilino. I giudici della Corte dei Conti hanno assolto 8 manager del Miur e del Demanio accusati di non aver mosso un dito per sfrattare i “fascisti del terzo millennio” dal palazzone in via Napoleone III, causando un danno da 4,5 milioni di euro alle casse dello Stato.
Nulla da fare. Secondo i giudici contabili, i dirigenti avrebbero fatto il possibile per risolvere la situazione. Non dovranno aprire il portafogli.
Figurarsi gli abusivi che abitano nello stabile alle spalle della stazione Termini da più di 17 anni. Continueranno tutti a occupare senza troppe distinzioni, soprattutto di reddito: tra loro ci sono famiglie in difficoltà , ma anche otto dirigenti di CasaPound, dipendenti del Comune, di Cotral, di LazioCrea e della municipalizzata capitolina Zetèma che potrebbero tranquillamente permettersi di affittare un appartamento a prezzi di mercato.
I dati raccolti meticolosamente dal viceprocuratore Massimiliano Minerva e dalla Guardia di Finanza non sono bastati ai giudici. Per lo sfratto, sottolineano nella sentenza le toghe di viale Mazzini, sarebbe stato necessario l’intervento della prefettura e della questura.
Invece, in 5 occasioni, palazzo Valentini ha detto “no” allo sgombero “per motivazioni sociali e di ordine pubblico”.
Così, concludono i giudici, tanto il Miur che il Demanio “non hanno potuto avere nel periodo in discorso la disponibilità fisica dello stabile”.
L’immobilismo sulla sede di CasaPound è quindi imputabile alla prefettura. Non ai dirigenti finiti a giudizio: c’è chi si è mosso con l’avvocatura e chi ha sporto denuncia in procura. “Quando a conoscenza della vicenda – conclude la Corte dei Conti – non risulta che siano disinteressati della stessa”.
Così è arrivata l’assoluzione di gruppo, anche per chi (possibile?) non è mai venuto a conoscenza dell’occupazione delle tartarughe frecciate. Che restano lì, all’Esquilino, dove sono dal 17 dicembre 2003.
(da agenzie)
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Febbraio 12th, 2021 Riccardo Fucile
4 DEL M5S, 3 DI FORZA ITALIA, PD E LEGA, 1 PER LEU E ITALIA VIVA, NESSUN VICEPREMIER, DRAGHI SI TIENE I MINISTERI CHE CONTANO, RITORNANO I DISONAURI DI FORZA ITALIA E LEGA… IL M5S NON NE AZZECCA UNA: LA TRANSIZIONE ECOLOGICA E’ UNA FARSA SE NON INCORPORI LO SVILUPPO ECONOMICO, ANZI LO AFFIDI A GIORGETTI CHE RAPPRESENTA I POTERI FORTI DEL NORD
Mario Draghi si è dovuto affidare parecchio a Massimiliano Cencelli, inventore del mitologico manuale che porta il suo nome.
Il governo dei competenti, quindi, è poltrone distruibuite col bilancino.
I partiti che appoggiano l’ex presidente della Bce, infatti, sono quasi tutti quelli presenti in Parlamento: deve quindi essere stato complicato trovare la quadra.
Alla fine la proporzione è di uno a due: i tecnici sono otto, i politici sono 15. Quattro ministeri vanno al Movimento 5 stelle, tre a Forza Italia, tre alla Lega, tre al Pd, uno a Italia viva e uno a Leu.
Le donne sono otto su ventitrè poltrone in totale, poco più di un terzo.
Non sempre le compentenze del “governo dei competenti” vengono rispettati. E persino i politici confermati rispetto al governo di Giuseppe Conte devono cambiare delega, mandando in fumo un anno e mezzo di esperienza. Ma andiamo con ordine.
A nove giorni dall’incarico ricevuto da Sergio Mattarella, Draghi è salito al Colle per sciogliere la riserva e sottoporre la lista dei ministri al presidente della Repubblica. Che l’ha approvata, firmando i decreti di nomina: il giuramento è previsto per sabato 13 febbraio alle ore 12. Il premier è poi uscito per leggere alla stampa la lista dei componenti dei suoi governi.
I dicasteri sono praticamente identici a quelli del governo di Giuseppe Conte. Il cambiamento principale è quello legato al ministero che suscitava maggior interesse: quello alla Transizione energetica, chiesto da Beppe Grillo come condizione per l’appoggio del M5s.
Il nuovo dicastero prende il posto del ministero dell’Ambiente, che assorbirà le competenze in materia energetica al momento assegnate agli altri ministeri. Il titolare del nuovo dicastero presiederà anche un comitato interministeriale che sarà creato per la transizione energetica.
Un ruolo delicato per il quale la scelta di Draghi è finita sul fisico Roberto Cingolani, manager di Leonardo, che ha partecipato a Sum, il convegno annuale organizzato dalla fondazione Gianroberto Casaleggio. Ma è stato pure ospite della Leopolda di Matteo Renzi e di Vedrò, il vecchio think tank di Enrico Letta.
Un altro tecnico che era di recente al centro delle cronache politiche è Vittorio Colao, il manager scelto da Conte per guidare la task force sulla ripartenza in piena pandemia: guiderà il ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale.
Finisce a un tecnico pure il ministero della giustizia: sarà guidato da Marta Cartabia, ex presidente della Consulta nominata da Giorgio Napolitano. Eredita la poltrona di Alfonso Bonafede e una serie di riforme delicate e fondamentali anche in chiave Recovery plan.
Tecnici pure Cristina Messa, ex rettrice della Bicocca, che va all’Università , e Patrizio Bianchi, ex assessore regionale in Emilia Romagna e rettore di Ferrara, al quale invece va l’Istruzione.
Alle Infrastrutture va Enrico Giovannini, già ministro con Mario Monti, all’Economia Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia. In quota “tecnica” è pure una delle ministre riconfermate del passato governo: Luciana Lamorgese, che rimane a guidare il Viminale.
Poi ci sono i politici. I confermati dal governo Conte 2 sono per il M5s Luigi Di Maio, che resta agli Esteri, Federico D’Incà , ai Rapporti per il Parlamento, Fabiana Dadone trasloca: lascia la Pubblica amministrazione e va alle Politiche giovanile. Cambia ministero pure Stefano Patuanelli, di professione ingegnere: lascia lo Sviluppo economico e va all’Agricoltura.
Il Pd conferma Dario Franceschini alla Cultura — dal quale viene separato il Turismo — e Lorenzo Guerini alla Difesa e inserisce Andrea Orlando al Lavoro: per l’attuale vicesegretario è la terza volta da ministro dopo i precedenti all’Ambiente e alla Giustizia.
Leu ottiene la conferma di Roberto Speranza alla Salute, mentre Italia viva, che aveva provocato la crisi facendo dimettere i suoi ministri, ottiene di nuovo le Pari opportunità per Elena Bonetti, che quindi dopo meno di un mese torna a sedersi sulla poltrona lasciata in polemica con Conte.
Poi ci sono gli altri partiti, quelli che sono passati dall’opposizione alla maggioranza. La Lega di Matteo Salvini torna al governo e piazza Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario del governo gialloverde, allo Sviluppo Economico. Erika Stefani, ministro degli Affari regionali del governo Conte 1, si siede sulla poltrona di ministra delle Disabilità , Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia fino al 2019, torna al governo al vertice del ricostituito ministero del Turismo.
Anche per Forza Italia tre poltrone tutte a tre ex ministri, che però non fanno parte di un esecutivo dai tempi di Silvio Berlusconi: Renato Brunetta si riprende l’incarico al vertice della Pubblica amministrazione, Mara Carfagna — già titolare delle Pari Opportunità — ottiene il Sud e la Coesione sociale, Mariastella Gelmini, tra le più contestate ministre dell’Istruzione, va invece agli Affari regionali.
E dunque quattro dicasteri toccano al principale gruppo politico, quello dei 5 stelle, tre a testa per tre partiti che nel 2018 hanno eletto più o meno gli stessi parlamentari — Pd, Lega e Forza Italia — mentre ai due partiti più piccoli toccano un seggio a testa. Insomma: il governo dei competenti nasce dopo attenta disamine del Manuale Cencelli.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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