Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
POI PRENDONO LE COPERTE E LE GETTANO VIA, MULTANDO I SENZATETTO PER VIOLAZIONE DEL COPRIFUOCO … IL TUTTO DOCUMENTATO DA VIDEO
A denunciare i fatti sono stati i volontari dell’associazione Welcome Refugees di Vicenza: “è da diverso tempo che cerchiamo di porre fine agli episodi di violenza fisica e psicologica rivolta a chi dorme per strada” spiegano le attiviste Elena Guerra e Giorgia Zilio.
“Tra i vari tentativi una lettera mandata al sindaco in persona e l’esposizione delle problematiche durante i vari incontri con l’assessore al sociale Matteo Tosetto e i servizi sociali del comune. La denuncia sollevata in queste settimane non si basava, così come vorrebbero le accuse, su un vociare tra volontari ma su testimonianze concrete sia di volontari sia di senzatetto”
Le video inchieste che i volontari di Welcome Refugees hanno condotto in queste settimane per raccogliere le testimonianze dei senza tetto, mostrano il grado di violenza psicologica e fisica a cui i clochard sono sottoposti.
Ad un clochard sono state prese le coperte e gettate nell’immondizia per due notti di seguito, poi gli idranti sparati sui senza tetto dai dipendenti comunali della pulizia urbana mentre ancora stavano dormendo, infine le multe per violazione di coprifuoco a chi una casa nemmeno ce l’ha.
Tutti questi fatti hanno avuto luogo negli ultimi mesi, ma i volontari di Welcome Refugees non escludono che anche a gennaio sia continuata la vessazione contro questa categoria di svantaggiati.
Elena Guerra e Giorgia Zilio di Welcome Refugees hanno mosso un appello alla città di Vicenza e all’amministrazione comunale affinchè tutto questo finisca: “ribadendo il preziosissimo lavoro dei servizi sociali e dell’assessorato che hanno ampliato notevolmente i servizi per le persone senza dimora, non possiamo tuttavia far finta di niente di fronte ad azioni che ledono la dignità umana e peggiorano le condizioni di salute fisica e psicologica di persone già fragili”.
Ci sono stati anche dei morti tra le persone che vivevano in strada. Nell’indifferenza di molti, sono stati in totale cinque i clochard a perdere la vita nell’ultimo periodo: “la scorsa settimana è venuto a mancare A., appena cinque giorni e ci viene comunicato il decesso di E., la quinta persona senza fissa dimora a perdere la vita nel vicentino da dicembre ad oggi”, denunciano da Welcome Refugees Vicenza.
(da Fanpage)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
I MILITANTI APPROVANO, MA C’E’ ANCHE CHI LA CRITICA
Giorgia Meloni dice no al governo dI Mario Draghi. Per la leader di Fratelli d’Italia l’unica soluzione possibile alla crisi di governo sono le elezioni anticipate. Anche se nelle riunioni del centrodestra aveva preso in considerazione l’ipotesi di un’astensione. “Sarò chiara. Non c’è alcuna possibilità di una partecipazione o anche di un sostegno da parte di Fratelli d’Italia al governo Draghi. Gli italiani hanno il diritto di votare. Continuiamo a lavorare per tenere il centrodestra unito e portare gli italiani alle elezioni. Fatevene una ragione”, scrive la Meloni su Instangram.
Una posizione che ribadisce nello studio di Porta a Porta durante la registrazione della trasmissione che andrà in onda questa sera. La fiducia al governo Draghi, dice la leader di Fratelli d’Italia a Bruno Vespa, “sicuramente non la voto, perchè sono contraria alla nascita di questo esecutivo”. Al massimo, concede la Meloni, “se poi portasse dei provvedimenti che io condivido per il bene dell’Italia, allora li voto”.
“Sono così responsabile che riesco a dare una mano, se qualcuno la vuole, all’Italia, anche stando all’opposizione”, spiega la leader di Fratelli d’Italia. La Meloni ha parole anche di elogio per il presidente incaricato. “Non metto in discussione la serietà di Draghi, ma la serietà di chi sta andando al governo con lui. Come Matteo Renzi, che oggi tutti dicono che è un genio, è un genio che gioca a poker con la vita degli italiani”.
Comunque, spiega la leader di Fdi, “tifo per Draghi perchè sia la persona che dicono: un patriota che vuole salvare l’Italia dopo che ha salvato l’Europa. Ho dei dubbi, date le condizioni in cui lavorerà , che la cosa sarà così fantasmagorica”. E alla fine critica anche Sergio Mattarella. “Non sono d’accordo con la scelta del presidente della Repubblica”, dice. Perchè, spiega “si doveva andare a votare”.
La Meloni risponde anche alla domanda sulle posizioni diverse che stanno emergendo nel centrodestra. “Il centrodestra sopravviverà a mille intemperie – dice – Io non condivido perchè ho le idee chiare, ma capisco la difficoltà di fronte a dati, le paure e i problemi interni che Fdi non ha. Non capisco Salvini quando dice Draghi scelga tra Lega e M5S. Perchè il Pd e Laura Boldrini vanno vanno bene? Qualcosa mi sfugge, glielo chiederò quando lo sento”.
La posizione contro Draghi postata su Instagram ha riscosso l’approvazione dei militanti che la invitano ad andare avanti. Ma anche un cospicuo numero di prese di distanze: “Mi dispiace, ma questa volta non concordo. Draghi è una persona preparata, super partes ed ha le capacità per farci superare la critica situazione che stiamo vivendo. Le elezioni in questo momento sono un miraggio”, gli scrivono. Oppure: “Questa volta non ti capisco. Draghi è la persona più autorevole che l’Italia possa evere. Occasione unica”. Ancora: “Hai un elettore in meno. Prima lavora per mettere in sicurezza sanità e lavoro poi pensa al voto”. Dello stesso tenore: “Bene allora ti perdi il mio voto. Uno come Draghi non lo troverete manco per sbaglio tra i vostri ranghi”.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
E BERLUSCONI SARA’ PRESENTE IN PRIMA PERSONA PER DIRE SI’ E RUBARE LA SCENA AI SOVRANISTI
No, sì, forse. Tre posizioni. Plasticamente rappresentate dalle delegazioni separate con cui il centrodestra incontrerà Mario Draghi nelle prossime trentasei ore. Giorgia Meloni resterà all’opposizione “responsabile”.
Silvio Berlusconi ha fatto un netto endorsement al premier incaricato.
E dopo una lunga segreteria politica, in cui tanto Giancarlo Giorgetti quanto Luca Zaia, ma anche amministratori locali e parlamentari, hanno insistito per valutare “seriamente” l’appello del presidente della Repubblica “in questo momento drammatico”, Matteo Salvini apre alla possibilità di un sostegno all’ex presidente della Bce.
Non più a tempo, ma fortemente condizionato: discontinuità nei nomi dei ministri, pochi punti di programma su economia e sanità , garanzie su taglio delle tasse (senza impiccarsi alla flat tax) e sulle pensioni, gestione dell’immigrazione, giustizia.
Tattico che sia, è uno spiraglio. Forse anche più.
“Mario è un fuoriclasse come Ronaldo, non può stare in panchina” avvisa Giorgetti. Che in un’intervista all’Agi rivendica la sintonia con il Capitano: “Nessuna divisione tra noi. Mi ha chiesto di andare alle consultazioni. Senza la Lega il governo sarebbe zoppo, ma serve coerenza con i nostri valori. No a fotocopie di Conte, abbiamo proposte ragionevoli, il primo partito va ascoltato”. Toglie dal tavolo l’astensione: “Voteremo a favore o contro”.
A spingere, anche Giovanni Toti che nelle stesse ore sta incontrando Draghi. Neppure gli euroscettici Alberto Bagnai e Armando Siri, salgono sulle barricate. Nessuna decisione ma l’impegno “difficile” ad andare a vedere le carte. Forse, anche sull’onda delle barricate alzate dal Pd, laddove Mattarella si è rivolto a tutte le forze politiche: se alla fine la Lega ci fosse, e altri ponessero un veto, sarebbe un capolavoro politico.
Silvio Berlusconi ha già fatto la sua mossa, in mattinata. Avvisato del pericolo di uno strappo consistente nel gruppo della Camera (una ventina di deputati, la maggioranza in direzione di Toti e Mara Carfagna) ha disinnescato la tentazione: “L’incarico a Draghi va nella direzione indicata da Forza Italia, a lui mi lega antica stima, fu il mio governo a indicarlo alla Bce. Ci attendiamo un esecutivo di alto profilo con politici dentro”.
Si è ripreso la scena politicamente, e medita di farlo anche fisicamente: rientrando dalla Provenza per esporre di persona le proprie istanze a Draghi, domani alle 17,30 nella Sala della Regina di Montecitorio.
La Lega si sente accerchiata. Salvini riunisce i suoi “Ascolteremo Draghi senza pregiudizi, prima dell’interesse di partito viene quello del Paese — commenta alla fine – Ma dovrà scegliere tra le nostre richieste e quelle di Grillo”. Poi precisa. “La Lega si muove unita come un sol uomo”. Mentre Giorgetti si divincola dal toto-ministri (o sottosegretario di Palazzo Chigi): “Figurarsi, non ho mai vinto nemmeno al totocalcio”. E’ per il Capitano la via di tenere insieme le due anime della Lega, di lotta e di governo. Anche se i paletti per un via libera condizionato sono volatili. “Se Draghi si limiterà a un programma in pochi punti imperniato su vaccinazioni e Recovery, sarà difficile controbattere sui contenuti” ammette un parlamentare leghista. Vale a dire che se saranno fuori dal tavolo, rinviati a alla prossima legislatura, tanto la patrimoniale quanto la riforma delle pensioni, l’appiglio del “no sul programma” verrà meno. Si vedrà . I “governisti” premono: Edoardo Rixi, l’ex sottosegretario Davide Galli, l’ex ministro alle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio, la senatrice bolognese Lucia Borgonzoni, il plenipotenziario in Sicilia Stefano Candiani.
Del resto, il Cavaliere, ha indicato la strada verso (quanto meno) la “maggioranza Ursula”. Nell’ambito di quelle che Antonio Tajani derubrica a “sfumature” tra alleati. L’ex premier ha fatto rientrare la fronda interna e calmato gli animi prima dell’assemblea dei deputati. Già la capogruppo Mariastella Gelmini aveva cercato di “istituzionalizzare il dissenso” portando i “governisti” a esporsi in assemblea. Non ce n’è stato più bisogno. A quel punto la riunione è andata in discesa. Mara Carfagna ha esposto in tre minuti il Sì a Draghi “senza se e senza ma”. Stessa linea per Renato Brunetta, Osvaldo Napoli, Stefania Prestigiacomo, Alessandro Cattaneo. Tajani più cautamente ha invitato a valutare le proposte: “Vediamo i programmi, non vogliamo una riedizione di Monti. Serve un tornaconto politico”. Titoli di coda con unanime sostegno alla rotta tracciata dal leader.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
UNA CACCIA ALLE QUALITA’ SUPERFLUEE CHE FANNO SCOLORIRE IL CURRICULUM
Il look “istituzionale” scelto per la convocazione al Quirinale, come se i precedenti presidenti incaricati fossero andati dal capo dello Stato in infradito e bermuda. La preghiera delle suore clarisse. L’apprezzamento per i piatti comuni della tradizione, roba frugale: ravioli e salsiccia. L’uomo “normale” che compra i croccantini per il suo cane, un bracco ungherese, al supermercato. Ancora più “normale” la first lady designata, “origini aristocratiche ma modi semplici”. E poi la dirittura morale: non faceva la “spia” con i professori. L’intelligenza: “Era bravo in matematica”. Non solo la rapidità a far di calcolo, ma anche un certo atletismo: “Giocava bene a basket”. Perfino qualche potere taumaturgico, rintracciabile nelle coincidenze: ha ricevuto l’incarico nel giorno di San Biagio, che guarì un bambino salvandogli la vita e quindi, ecco, “ci auguriamo che e gli auguriamo che possa aiutarci a guarire l’Italia e noi da queste due terribili pandemie: quella sanitaria e quella economica che ne deriva”.
Nel 2011 fu il loden di Mario Monti, oggi — dieci anni dopo — sono bastate 24 ore perchè si siano moltiplicati simboli e azioni che farebbero di Mario Draghi l’uomo giusto per salvare l’Italia dalla crisi di governo e gestire il mondo nuovo che si schiuderà dopo la fine della pandemia. Approfondite indagine sulle qualità — superflue per un presidente del Consiglio — che fanno quasi scolorire il curriculum dell’ex numero uno della Banca Centrale Europea. Così mentre a Volturara Appula, paese di Giuseppe Conte, si grida al “complotto”, ci informa La Stampa, a Città della Pieve è tutto un fremito per l’illustre concittadino che, dopo aver salvato l’euro, ora è chiamato a salvare l’Italia. E anche nel quartiere Parioli, casa romana dell’ex presidente della Bce, sono tutti convinti che “può fare solo bene al Paese”. La signora Margherita racconta all’Ansa che le qualità di Supermario sono percepibili da distanza siderale, basta solo guardarlo: “Io abito a duecento metri da casa sua, l’ho visto spesso. È una persona di una dirittura morale eccezionale”. La dirittura morale si respira nell’aria, dato che pare di capire che la signora Margherita con il presidente incaricato non ci abbia mai parlato.
Ed è probabile che in effetti la conoscenza non esista, visto che don Augusto Panzanelli, parroco di Città della Pieve, nella cui chiesa spesso Draghi va a messa, ha raccontato a Un Giorno da Pecora: “Draghi non si fa mai notare, si mette sempre in disparte in chiesa, e viene spesso alle funzioni delle 18 oppure, qualche volta, va la mattina dalle suore, abbastanza presto, alle 7.30″. È “decisamente” un buon cattolico e poi “è molto riservato”. Di più: “È umile, si mette in fila quando va a fare la spesa, al supermercato, è molto rispettoso”. L’uomo giusto, insomma, lo indica anche il calendario con l’incarico conferito proprio il 3 febbraio: “È san Biagio — racconta il don a La Nazione — che guarì un bimbo salvandogli la vita. Ecco, ci auguriamo che e gli auguriamo che possa aiutarci a guarire l’Italia e noi da queste due terribili pandemie: quella sanitaria e quella economica che ne deriva”. Così le suore clarisse della cittadina umbra hanno pregato per lui: “Nella messa di oggi — racconta all’Ansa la vicaria, suor Barbara Agnese — abbiamo portato un’intenzione particolare proprio per il presidente Draghi”
Immancabile il capitolo della bravura a scuola. Il rettore dell’Istituto Massimo, Giovanni La Manna, è andato a scartabellare negli archivi: “Ho trovato indici molto soddisfacenti del suo percorso, come anche viene fuori una bravura in matematica che del resto ha dimostrato poi nella sua carriera professionale”. L’educazione gesuitica ha sviluppato la sua “onestà ” e La Manna si dice certo che la missione del presidente del Consiglio incaricato sarà orientata “al bene comune”. Il rettore non si sbilancia sui voti in pagella (“C’è la privacy”), ma a confermare tutto ci sono i compagni di classe. Il più famoso è Giancarlo Magalli che lo ricorda come “intelligente”, “simpatico” e “molto corretto”. Per intendersi: “Non era uno di quelli che faceva la spia al professore”. Draghi è anche uno che sente poco l’incedere degli anni: “Da ragazzino era come adesso, con la sua riga, pettinato come adesso e sempre con quel sorriso che era il suo biglietto da visita”. Renato Andrich, altro compagno di classe, la dice papale papale: “Era uno dei migliori a scuola, eccelleva in tutte le materie”. Più intelligenza che ore e ore sui libri: “Non era affatto un secchione”.
Anzi, aveva anche altri interessi: “Era anche uno sportivo, al Massimo lo eravamo tutti, facevamo tantissime attività sportive”. La pallacanestro, in particolare, la sua passione. Tanto che l’elogio collettivo arriva a coinvolgere anche la Legabasket. Il suo idolo cestistico, racconta, era Bill Bradley, fuoriclasse americano che portò Milano sul tetto d’Europa per poi passare in Nba con la maglia dei New York Knicks. E ora l’evoluzione delle loro strade sembrano intersecarsi di nuovo, visto che Bradley divenne senatore democratico e sfiorò la nomination alla Casa Bianca. Una situazione simile a quella in cui si trova ora Draghi, alla caccia dell’appoggio dei partiti per poi insediarsi a Palazzo Chigi. A capire tutto, raccontano a Monteverde, paese irpino di 750 abitanti, era stato lo zio Fulvio: “Sentirete molto parlare di Mario”. Nel paese natale di sua madre, Draghi ci è andato l’ultima volta dieci anni fa. Ma il gestore di un agriturismo dove si fermò a pranzo, lo ricorda ancora bene. “Apprezzò con gusto i piatti della comune tradizione: ravioli, orecchiette fatte in casa, braciola al sugo”. Occupava già una posizione pubblica di grande rilievo, ma il suo animo non ne aveva risentito: “Riuscì a sciogliere la nostra impacciata deferenza con parole semplici e umili”.
Stesse qualità della moglie, Maria Serena Cappello. La Repubblica informa che le origini sono aristocratiche ma i “suoi modi semplici”. Una coppia riservata e salda. E così anche un momento di nervosismo, come quello fuori dal seggio elettorale nel 2018, viene alleggerito. Il “Dai, sta’ zitta!” urlato da Draghi all’indirizzo della consorte che si intratteneva con i cronisti (vedere per credere) diventa un “discretamente fulminata dallo sguardo di lui”. Una voce dal sen fuggita, nota stonata di una vita in ordine per Supermario come per sua moglie. Sempre Repubblica, ricorda la sua presenza al G7 di Bari, giorni di grandi strappi alle regole: “Si arrotola perfino le maniche del tailleur per omaggiare la preparazione di cavatelli e orecchiette”. Un gesto straordinario, umile, come la fila al supermercato. Sembra di sentire Ugo Fantozzi e il ragionier Filini: “Un santo, un apostolo”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
PRIMA ORE E ORE DI DISCUSSIONE SUL PROGRAMMA, ORA E’ SUFFICIENTE LA BIOGRAFIA DI DRAGHI
Ognuno porta avanti le sue trattative politiche come preferisce. La politica, si sa, è l’arte del possibile e le posizioni si modificano in continuazione, travolte dagli eventi.
Però, mentre il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi si prepara ad affrontare i leader di partito, vale la pena registrare fin da subito qualche curioso atteggiamento di chi, fino a poche ore fa, berciava a tutto volume su principi che sembravano inossidabili e che invece ora sembrano dissolti.
Insomma ci tocca parlare di nuovo dei due Mattei, sempre loro, che insistono lesti nel rivendere le fanfaronate come strategia quando invece sono banalotti Giani bifronte che inseguono il proprio piccolo interesse particolare.
Matteo Renzi continua a superare se stesso. Lui e i suoi tifosi imboccati insistono per intestarsi una “vittoria” come se Mattarella fosse l’esecutore di un leader decaduto che stagna al 2% ma soprattutto nelle ultime ore è riuscito sostanzialmente a rimangiarsi tutti i “valori” su cui ha bluffato per tutta la crisi.
Proprio nel momento in cui faceva saltare il tavolo con i suoi ex alleati di maggioranza, durante il mandato esplorativo di Fico, ha ripetuto mille volte in ogni dove che non era “un problema di nomi ma di programmi”.
Con il tweet che suggellava la fine delle trattative era stato chiaro: Mes, Anpal, alta velocità , reddito di cittadinanza, scuola e Arcuri erano i temi imprescindibili su cui si consumava la rottura del governo. E, su quei temi, loro di Italia Viva non erano disposti a fare nemmeno un passo indietro, provocando piuttosto la crisi che hanno provocato.
Ora lo stesso Renzi, tutto ringalluzzito per avere eliminato l’avversario perchè per lui il potere sta semplicemente nel creare l’occasione del fallimento altrui, dice di sostenere a tutta forza Draghi in un momento in cui non si è ancora affrontato nessun punto di un eventuale programma.
Ma come? Una risposta la lascia intendere il suo compagno di partito Scalfarotto, che oggi su Twitter scrive: “Questa volta chi sia, cosa pensi, cos’abbia scritto e fatto e quali successi abbia ottenuto il prossimo PdC è noto a livello planetario. Su quella base penso che ci sia abbondantissimo materiale per votargli la fiducia”.
In sostanza i punti che prima erano insostituibili ora vengono schiacciati dalla biografia. Non male per un partito che vorrebbe stare “nel merito” delle cose.
E così alla fine accade che l’altro Matteo (Salvini) diventi un’indispensabile risorsa “europeista” per dare vita al governo che dovrebbe riportare la politica al suo punto nobile, lontana da sovranismi e populismi. Un capolavoro, davvero.
(da TPI)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
LA MOSSA DI ZINGARETTI SUL GOVERNO POLITICO SPIAZZA RENZI E SALVINI… “ITALIA VIVA PASSEREBBE ALLA STORIA COME IL PARTITO CHE PASSA DA UN GOVERNO IN CUI ERA DECISIVO A UNO IN CUI NON LO SARA'”
Governo giallorosso 2.0 o governo Ursula. In una crisi in cui tutto cambia di ora in ora, questo è il capolavoro politico di Goffredo Bettini e di Nicola Zingaretti, il frutto della capacità di tenuta con cui il Pd ha ribaltato la situazione di assedio in cui si trovava fino a 24 ore prima
Il governo tecnico che, nelle intenzioni dei suoi principali promotori, doveva rappresentare la tumulazione della maggioranza giallorossa e del governo Conte è già tramontato prima di nascere.
Diventa ora, strada facendo, un governo politico stile “Ursula”, ovvero un governo giallorossi & Friends.
I “due Mattei” (Renzi e Salvini) sarebbero stati i due trionfatori di quel primo scenario che si era prospettato nella crisi. Ma ora il governo tecnico “senza politici” — nato contro la politica, e quindi contro i giallorossi, perchè avrebbe tratto origine dalla riduzione in macerie di Pd e M5s — diventa invece un diventa un governo Conte-Draghi, che nasce solo grazie alla benedizione (e probabilmente al supporto diretto) del presidente del Consiglio uscente.
Dato questo nuovo equilibrio, su fronti opposti, Matteo Salvini e Matteo Renzi possono scegliere soltanto se bere l’amaro calice e votarlo (cosa assai improbabile per Salvini e dura ma inevitabile per Renzi) oppure passare all’opposizione.
Per il primo Matteo, Renzi, è un duro colpo: aveva aperto la crisi per de-strutturare la maggioranza giallorossa, rottamare Conte, cambiare gli equilibri nel Pd. E adesso si ritrova con un governo Draghi che parte dalla maggioranza con il Pd e da Conte. Per lui un incubo.
Ancora peggio è andata a Salvini: è rimasto a metà strada. Tirato per la manica da Giancarlo Giorgetti, che voleva un sì a Draghi, ha provato a mettere dei paletti, uno dei quali era quello cronologico, nella speranza di ottenere un governo a termine.
Salvini non ha ascoltato l’invito di Giorgia Meloni, che — non fidandosi di Draghi — gli chiedeva di convergere con una astensione unitaria dei tre partiti di centrodestra, nella speranza di inchiavardare Silvio Berlusconi alla sua coalizione.
La Lega ha esitato, ha perso il tempo, e Berlusconi si è buttato su Draghi. Ed ecco che adesso si prospetta la maggioranza Ursula.
Tutto questo è potuto accadere non per magia, ma per la sorprendente tenuta politica (nella giornata cruciale di ieri) di M5s e Pd. I “gialli” in una riunione fiume dicevano no a qualsiasi governo “tecnico”. I “rossi” facevano quadrato intorno al suo segretario (altro che “ologramma”) e alla sua linea.
Il lodo Zingaretti era molto semplice: il Pd non avrebbe fatto governi con la destra”, e non avrebbe agito svincolato da Leu, ma soprattutto dal M5s. Risultato: nella serata di ieri un governo tecnico di Draghi, se fosse rimasto un governo non politico, non avrebbe avuto i numeri per partire.
Così, su sollecitazione di Super Mario, il Quirinale concorda con il premier sulla caduta della pregiudiziale contro una maggioranza “politica”.
Cambia il baricentro del governo, che a questo punto torna incardinato sul vecchio asse giallorosso. Si aggiunge Berlusconi, nel modo che abbiamo visto, e arriva la benedizione di Conte dal tavolino di Palazzo Chigi.
Se le cose vanno così, Giuseppi resta il leader designato della coalizione giallorossa, che si ritrova anche un candidato naturale al Quirinale già pronto. Modello Carlo Azeglio Ciampi (che come è noto aveva anche ministri politici, come Rosa Russo Jervolino) e non modello Monti (governo contro i partiti).
Una operazione politica della premiata coppia Zingaretti-Bettini. Qualcuno, usando i codici del vecchio Pci, ironizzava sulla matrice “Ingraiana” di Goffredo Bettini, ma in questo caso il sapore era molto più togliattiano (o, per i cultori della materia, “Bufaliniano”).
Su tutto questo scenario si staglia, come sintesi perfetta, la battuta cult di Tommaso Labate, caustica firma del Corriere della Sera: “Se tutto va così, Italia Viva avrebbe un merito storico che, comunque la si pensi, non si potrà non riconoscerle. Passare da un governo in cui era decisiva a uno in cui non lo è”.
(da TPI)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
PER APPOGGIARE DRAGHI, GRILLO PONE CONDIZIONI PESANTI
Scende in campo Giuseppe Conte. Il suo predellino è un tavolinetto di plexiglass piazzato in mezzo a piazza Colonna, non c’è Palazzo Chigi alle spalle, perchè la comunicazione ha studiato la cornice per una “comunicazione non istituzionale”, e dunque la prima prettamente politica del premier che sta preparando gli scatoloni.
Si fa da parte l’avvocato, lascia strada a Mario Draghi. “Ho fatto a Draghi gli auguri di buon lavoro”, dice il presidente, mascherina davanti alla bocca per rispettare i suoi dpcm, mentre una folla di cronisti e cameraman li violano clamorosamente tre metri più in là , dietro il nastro rosso oltre il quale sono stati fatti assembrare.
“Mi descrivono come ostacolo a nuovo governo, non mi conoscono, i sabotatori cercateli altrove, lavoro affinchè si possa formare”, aggiunge, mentre al Nazareno e nella war room pentastellata si tira un sospiro di sollievo.
Punta a ritagliarsi un ruolo da federatore dei giallorossi più che a guidare i 5 stelle, un ruolo comunque ingombrante per la nascitura segreteria politica del Movimento e per Di Maio, che non ha perso aura e capacità di quello del gruppo più capace di tenere il timone in mano. “Ma va nella stessa direzione di Luigi”, fa notare un parlamentare che lo conosce, perchè il passaggio chiave del suo discorso è questo: “Auspico solido governo politico, che possa operare scelte politiche, che abbia la sufficiente coesione per poter operare delle scelte politiche perchè lo richiedono le emergenze del paese, non possono essere affidate a squadre di tecnici”
Una spinta decisa verso il punto di mediazione faticosamente trovato dai 5 stelle, andare a sentire cosa dirà Draghi e valutare nel merito delle proposte, forse sottoporle a Rousseau, basta che sia un governo politico.
“Forse non ci è chiaro che il governo Draghi non sarà il Conte-ter”, sbotta un parlamentare del fronte del dialogo. Il “governo politico” indicato da Conte e Di Maio sembra discostarsi dalla corrente in cui sta andando il fiume, ma i pontieri la mettono giù così: “È un passo, magari lento, ma non possiamo procedere per strappi, altrimenti ci perdiamo mezzo gruppo”.
La posizione del premier uscente in questo senso aiuta: “Dico agli amici del Movimento 5 stelle che io ci sono e ci sarò”. Il sospiro di sollievo nella compagine governativa per il momento cela la preoccupazione che Conte voglia giocare una partita politica interna, nella convinzione che l’unico ruolo che si potrebbe realisticamente ritagliare è quello del candidato premier di una futura alleanza, “che tanto alle elezioni lo abbiamo capito tutti che mancano due anni”, dice un dirigente pentastellato.
Si rincorrono le voci per cui l’opzione preferita del premier uscente sia un incarico internazionale, alla Commissione europea, o magari alla Nato, per rimanere sulla scena e non rimanere sotto l’ombrello di Draghi
Il Senato ribolle: “Non dobbiamo assolutamente dargli i numeri”, tira dritto un onorevole 5 stelle. Un suo collega è ancora più netto: “Anche se decidiamo per il sì, io la fiducia non la voto”.
L’Ansa riporta quello che sarebbe il pacchetto di condizioni che Beppe Grillo, in arrivo a Roma per seguire da vicino questo passaggio travagliato, vorrebbe che la delegazione dei suoi portasse a Draghi: mantenimento di reddito di cittadinanza, il decreto dignità , norme anticorruzione, e un programma che abbia tra i punti principali il reddito universale, una imposta patrimoniale per i super-ricchi, acqua pubblica, blu economy, digitalizzazione, conflitto di interessi e banca pubblica.
Chi l’ha sentito racconta che con il passare delle ore abbia iniziato a non escludere un sostegno al nascituro governo, “ma lo benedirebbe solo con una delegazione fortemente politica”. Un esponente del governo la chiosa così: “Interessanti le condizioni di Beppe. Aggiungiamoci anche la luna e facciamoci dire di no”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
A GUIDARE LA FRONDA NON E’ SOLO DI BATTISTA… I GOVERNISTI INVECE DICONO SI’ SOLO A UN “ESECUTIVO POLITICO”
Il Movimento 5 Stelle può reggere un esecutivo guidato da Mario Draghi ed evitare una vera e propria implosione solo se all’interno ci saranno figure politiche. Ma questo potrebbe non bastare.
Se la presenza di Forza Italia scuote i grillini, la possibilità che nella compagine governativa ci sia anche la Lega è un vero e proprio scossone che può avere effetti devastanti in un partito già molto provato.
I pentastellati si presentano nella loro condizione peggiore alle consultazioni con il premier incaricato Mario Draghi. Ci sono almeno cinque partiti nel partito, in ordine sparso, e non c’è un leader, una guida, poichè Vito Crimi formalmente non è il capo politico ma è semplicemente un reggente.
Ed è in questo contesto che irrompe la dichiarazione in piazza di Giuseppe Conte, da molti grillini indicato ancora come possibile premier al posto dell’ex presidente della Bce.
“Non inquadrate Palazzo Chigi”, chiede il portavoce Rocco Casalino agli operatori per cucire addosso all’ex presidente del Consiglio un abito nuovo. Quello dell’aspirante guida di M5s: “Amici, io ci sono e ci sarò”.
Quindi il premier dimissionario dice di non essere un “ostacolo” al governo Draghi ma l’esecutivo dovrà essere politico. Parole che risuonano come un pannicello caldo tra i grillini. Un modo per ricompattare le truppe, in parte l’obiettivo viene raggiunto ma non è abbastanza.
Rimane la pattuglia degli irriducibili, quella guidata da Alessandro Di Battista. Secondo qualcuno sfiorerebbe quota quaranta senatori, un po’ troppi ma certamente è abbastanza nutrita. Ne fa parte anche Danilo Toninelli, che era ministro quando crollò il Ponte Morandi: “Per capire il grado di restaurazione in atto in Italia basta guardare il balzo in borsa del titolo Benetton-Atlantia. Un rialzo – osserva l’ex titolare delle Infrastrutture – che non si vedeva dal giorno in cui il sottoscritto terminò il mandato al ministero delle Infrastrutture. Serve altro per capire che il M5s non può votare Draghi?”.
Girovagando per la galassia pentastellata ci si imbatte quindi nella componente del “con Draghi nè ora nè mai”. Neanche le parole di Conte riescono a fare breccia nel cuore di tutti. Ecco Barbara Lezzi: “M5s non voterà la fiducia”.
Un altro senatore a taccuini chiusi spiega così la sua posizione: “Al governo con Berlusconi e Draghi? Guardi, prima mi devo laureare in fantascienza applicata. Non regalerò venti punti alla Lega in una giornata”.
Si aggiunge il senatore M5s Mattia Crucioli che tira in ballo il complotto: “Non consegniamo il potere a chi rappresenta interessi che pretendono di imporre scelte e riforme strutturali che, passata la crisi, potremmo pagare care”. Un altro osa ancora di più: “Se diciamo sì a Draghi, io comunque voto no. E mi creda, oggi metà del gruppo è di questa idea”.
Forse è un pronostico esagerato, alla luce anche dell’invito che Conte ha rivolto. Certamente però un governo con la Lega e Forza Italia insieme non sarà digerito dal Movimento senza perdere parecchi pezzi. “Salvini? La domanda va fatta al Pd. Mica al Movimento. Il Pd vuole M5s o la Lega?”. Un deputato seduto su una panchina nel cortile di Montecitorio sgrana gli occhi quando legge le agenzie in cui Salvini dice ‘o Grillo o no’: “Eh sì, il tema di chi sarà in maggioranza sarà dirimente”.
A metà pomeriggio è il capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci, in un’intervista al Foglio, a sbarrare la strada a Salvini: “Non ci sono le condizioni per un governo insieme alla Lega”. Insomma, l’ex alleato non va proprio nominato e viene fiutata la trappola: “Ormai tutti giocano a spaccarci…Renzi, Salvini”, osserva un senatore grillino per il quale Salvini vuol distogliere l’attenzione dai problemi interni alla Lega dove c’è una parte, il mondo industriale e produttivo che vuole sostenere Draghi, e la base che lo rifiuta. “Pensasse a Giorgetti, Zaia, Fedriga. Ai suoi problemi che ha in abbondanza, anche a giudicare dalle esternazioni asimmetriche che fanno”.
A Montecitorio guida il fronte del ‘no’ Luigi Gallo: “Il capo del governo deve essere un politico del Movimento che abbia spessore istituzionale e che conduca l’agenda dei nostri temi strategici”. Si allinea Giulia Sarti: “Ribadisco anche io che voterò No alla fiducia a Draghi. Siamo stati abituati a valutare le persone su quello che hanno fatto e non su quello che promettono”.
Paola Taverna, che fino a qualche ora fa era sulla posizione del mai e poi mai con Draghi, passerebbe sul fronte “con Draghi ma non troppo”, quindi prendere tempo e valutare l’astensione.
Il blocco più consistente è quello delineato dal premier dimissionario: “Con Draghi ma solo se nel governo ci sono i nostri ministri”, quindi se il governo sarà politico. Ne fanno parte i pezzi grossi. Luigi Di Maio primo fra tutti. Colui che pur non essendo più capo politico tenta la mediazione all’interno del Movimento invitando tutti a una prova di maturità , a vedere le carte prima di decidere. È una corrente che può metterne d’accordo almeno tre, almeno per qualche ora: “Abbiamo il dovere di ascoltare”. E richiama tutti a una prova di maturità .
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
IL MIRAGGIO DEI 209 MILIARDI RISVEGLIA LA SINDACA DI ROMA
“E’ il momento di rompere gli schemi: con Mario Draghi si dialoghi. E sui temi!”. Virginia Raggi apre a Draghi.
La sindaca di Roma dice al Foglio che il M5s deve mettersi seduto con l’ex numero uno della Bce. “Il teatrino delle poltrone al quale abbiamo assistito è imbarazzante e, soprattutto, non è stato in grado di raggiungere alcun risultato. I cittadini sono stanchi”.
“Io mi concentrerei sui temi”, prosegue Raggi nella sua intervista. Non vedo un parallelo con l’esperienza Monti. Il prossimo governo, infatti, avrà il compito di gestire risorse e rilanciare lavoro ed economia nella fase post-Covid”.
(da agenzie)
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