Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
ASPETTO ESILARANTE: ALLA DOMANDA “RITIENE CHE SARA’ UN GOVERNO EFFICACE?” IL 56% DI CHI VOTA LA MELONI E IL 40% DI CHI VOTA LEGA RISPONDE SI’…MA CHI VOTA FDI HA CAPITO QUALCOSA DI QUELLO CHE DICE LA MELONI?
Il sondaggio di Swg per La7, illustrato questa sera al Tg di Mentana, dimostra che sono bastate 48 ore per certificare che solo metà degli Italiani è favorevole a un governo Draghi, rispetto al 70% del primo giorno e del 61% del secondo, come da sondaggi di altri istituti di ricerca.
Alla domanda “Incarico a Draghi o meglio elezioni?” il 50% risponde Draghi, il 32% elezioni, il 18% non si esprime.
A favore di Draghi l’85% dell’elettorato Pd, il 39% del M5S, il 29% di FdI e il 23% della Lega.
Per andare a votare il 70% dei leghisti, il 65% di Fdi, il 34% del M5S e l’11% del Pd.
Seconda domanda
Se Draghi riuscirà a formare il governa ritiene che sia un governo efficace o non efficace?
Efficace il 50 % non efficace il 33% (un punto in più)
Tra chi risponde efficace il 73% degli elettori Pd, ben il 56% degli elettori Fdi, il 40% della Lega e il 34% del M5s
Non efficace il 52% del M5s, il 46% dei leghisti e il 33% di Fdi.
Riflessione:
1) il consenso per Draghi si è già ridotto ed è inferiore persino ai primi giorni di governi del passato
2) Il 50% regge grazie all’adesione fideistica dell’elettore Pd, mentre il M5s è spaccato a metà . Il 20% dei leghisti e il 30% di Fdi non vogliono andare a votare e preferiscono Draghi
3) Stupisce che il 56% di chi vota la Meloni pensa che il governo Draghi sarà efficace, viste le critiche della loro leader che resterà da sola all’opposizione. Avranno capito cosa dice?
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
CI SARA’ ANCHE UN VOTO SU ROUSSEAU
L’Elevato doveva scendere. Ed è arrivato a Roma. Lo aspettano tutti all’hotel Forum. Ma arriva o non arriva? Una delegazione di giornalisti per ingannare l’attesa si affaccia sui Mercati Traianei dove è appena stata inaugurata una mostra su Napoleone e il mito di Roma. Si sente una voce: “Ma lo sapete che in realtà Bonaparte a Roma personalmente non è venuto mai?”. E un altro: “Non è anche Beppe stavolta ci dà buca, visto che ormai si sente un Imperatore?”. Battute. Sorrisi. Si fa sera.
E invece Grillo non può mancare all’appuntamento. Anche se per adesso all’hotel Forum non si vede arrivare. Dagli uffici stampa nel pomeriggio viene comunicato un punto fermo, cioè che domani alle 11 il fondatore M5s incontrerà i vertici del partito a Montecitorio, tra cui anche l’ormai ex premier Conte, per stabilire una linea il più possibile unitaria prima delle consultazioni con il premier incaricato Mario Draghi.
Intanto l’addetta alle prenotazioni nella hall dell’albergo con vista Fori Imperiali non fa che rispondere sempre la stessa cosa: “Non viene Grillo, verrà a Roma ma non è qui. Qui è aperto solo il bar fino alle 18, ma le stanze non sono utilizzabili”.
Eppure le telecamere si moltiplicano ma con il passare delle ore si intristiscono anche po’. Manca la star, avvolta in un alone di mistero e finita in un limbo che tutti cercano di decriptare: “Non viene perchè ha paura di incontrare Casaleggio?”. Chi ha parlato con i maggiorenti di M5s assicura: “Secondo me, si sono incontrati”.
Tanto è vero che anche il figlio del co-fondatore è nella Capitale. Nessuno esclude che i due si siano visti, ma nello stesso tempo c’è anche un tam tam contrario: “Macchè, uno è andato via e l’altro non è ancora arrivato”. Sta di fatto che in mattinata Casaleggio lancia un post, il post che deciderà la linea: “Qualunque sarà lo scenario politico possibile c’è ampio consenso sul fatto che l’unico modo per avere una coesione del Movimento 5 Stelle sarà quello di chiedere agli iscritti su Rousseau”. Nessuno si fida più del titolare della piattaforma, ma Grillo non può che dare il via libera al sondaggio ed è qui che inizia la sua missione romana.
Convincere gli iscritti, la base a seguirlo nella strada verso Draghi. Non caso con lui, di fronte all’ex presidente della Bce, ci sarà anche Paola Taverna, la quale fino all’ultimo ha creduto nel Conte ter e si è messa di traverso nell’abbraccio a super Draghi. Ora la pasionaria è il simbolo di chi, grazie all’intervento di Beppe, può ricredersi.
“Detteremo la nostra agenda, ci ascolteranno, vedrete, non indietreggiamo”, è il ritornello che va ripetendo l’Elevato insieme al libro dei sogni 5Stelle che vede il reddito di cittadinanza, il decreto dignità e le norme anticorruzione, una imposta patrimoniale per i super-ricchi, acqua pubblica, blu economy, digitalizzazione, conflitto di interessi e banca pubblica. E soprattutto la conditio sine qua non è che l’esecutivo abbia ministri politici.
Ciò che è noto è che tra il Garante M5s e il premier incaricato ci sono già state due ore di telefonata. Grillo nella Capitale deve far vedere che c’è, far pesare tutta la sua presenza, il suo potere, il suo mito per annichilire chiunque voglia scindersi, quei tanti o quei pochi che spingendo per il ‘no’ a Mario Draghi finirebbero per spaccare il Movimento.
Come dice il questore della Camera Francesco D’Uva: “Governo con Berlusconi e Salvini? Grillo ci toglierà dall’imbarazzo”. Lo dice l’ex capogruppo alla Camera ma lo ripetono tutti.
Infatti il messaggio che porta Beppe è anzitutto fisico: “Fidatevi di me”. E così accadde anche in un momento cruciale per il Movimento, quando si trattò di passare dall’alleanza con la Lega a quella con il Pd. Il Garante allora garantì la possibile continuità e la necessità di cambiare pelle, o meglio colore per M5s. L’operazione riuscì e fu sufficiente un post sul blog. Ma questa volta l’impegno è più gravoso. Nelle vicendevoli telefonate, e sono di continuo, tra lui e Luigi Di Maio la domande è sempre questa: “Ma quanti ne perdiamo?”.
Grillo ha assicurato al premier incaricato Mario Draghi che non ci saranno sfracelli ma anche lui che ormai rispetto al Movimento è un Elevato, per certi versi un Alieno, non ha completamente il polso del partito.
Un partito che si muove in maniera estemporanea e cambia umore continuamente, che sbanda e che ora almeno in parte sembra ascoltare Alessandro Di Battista e subito dopo contestarlo: “Alessandro vuole solo un posto nel governo, sennò ci spinge alla guerra”.
Li sta sentendo tutti. Grillo è continuamente al telefono. Parla con Riccardo Fraccaro, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, poi sente Alfonso Bonafede, Vito Crimi, gli ex ministri, i capigruppo di Camera e Senato. Se non dà il via libera al sondaggio su Rousseau non si esce dal pantano. È il modo per mettere d’accordo tutti.
Casaleggio lo pretende, Alessandro Di Battista anche e alla fine il Garante acconsente. Il suo via libera al governo Draghi con dentro i 5Stelle è già nei fatti. I gruppi parlamentari stanno vivendo il loro più grande travaglio, la grande trasformazione che potrebbe portarli in un esecutivo con il partito di Silvio Berlusconi accanto a loro. Grillo deve far digerire tutto questo, convincere gli scettici, contenere la scissione il più possibile.
Il voto sul blog con Di Battista che spinge per il ‘no’ a Draghi può essere tiranno, ma Grillo vuole mettere il sigillo. Sono le otto di sera, il monovolume del Garante ancora non si è fermato qui davanti, la speranza è che compaia entro le undici di domani, e dall’hotel Forum non resta che guardare Napoleone dall’altra parte della strada. Ma ormai non c’è neanche più lui. La mostra ha chiuso alle 19.30.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
GRILLO GUIDERA’ LA DELEGAZIONE… CONTE GUARDA A UN INCARICO ALLA NATO
Nessuna condizione capestro, non una pura e semplice provocazione per farsi dire no. I leader del Movimento 5 stelle si sono riuniti fino a notte fonda per uscire dal difficilissimo rebus su come appoggiare il governo di Mario Draghi senza che questo significhi distruggere il Movimento 5 stelle.
“Non ci si può presentare con una lista della spesa come se fosse un nostro monocolore, non sarebbe rispettoso nè verso il presidente del Consiglio nè verso il Quirinale”, spiega un ministro. Ma su due punti tutti hanno convenuto che non si può transigere: la salvaguardia del reddito di cittadinanza e il no al Mes.
“Ma Draghi ha detto di essere contrario al Fondo salva stati?” Si chiede a metà pomeriggio un parlamentare, citando non si sa bene cosa. Speranze che rischiano di rimanere illusioni, ma sulle quali i 5 stelle che non vogliono andare a casa si danno la forza l’un l’altro. Nelle chat grilline si rincorrono le dichiarazioni della delegazione di Leu appena uscita dall’incontro con l’ex presidente della Bce: “Sul Mes in Parlamento non c’è una maggioranza”
Alessandro Di Battista continua il suo fuoco di fila nel cercare di sbarrare la strada dell’appoggio al governo, la maggioranza plebiscitaria delle prime ore si trasforma in un gruppo di irriducibili, non tale da prefigurare problemi di numeri al costituendo governo ma abbastanza da far temere una scissione robusta, soprattutto al Senato, dove tra i pentastellati la linea del no ha una considerevole diffusione. Per questo riuscire a ottenere un’apertura almeno sui due temi qualificanti per l’unità del mondo 5 stelle è cruciale per la tenuta di un gruppo sull’orlo della crisi di nervi.
A Luigi Di Maio e a chi con lui è convinto che un no aprioristico sia sbagliato e che si debba almeno andare a vedere le carte hanno dato una bella mano Giuseppe Conte e Beppe Grillo.
Raccontano che il telefono del fondatore sia rovente: “Credo abbia sentito Goffredo Bettini e un po’ di quel mondo della sinistra con il quale è già stato in contatto quando è nato il governo giallorosso”, racconta chi lo conosce bene.
La sua guida della delegazione che domani incontrerà Draghi è tutt’altro che simbolica: “Se ci va Beppe e ci mette la faccia anche chi fra di noi è più scettico riceve una bella spinta in quella direzione, tiene unito il Movimento in una fase delicatissima”, spiegano dalla war room pentastellata.
Non è un ritorno in scena stabile, ma una chiamata alla corresponsabilità in una fase di passaggio, come fu due anni fa.
Diversa la situazione che coinvolge il presidente del Consiglio uscente. Conte è in mezzo al guado. Ha declinato la proposta di un ministero di peso, per non rimanere intrappolato nella narrazione di chi non ce l’ha fatta e ha dovuto mettersi sotto l’ombrello di chi gli è succeduto.
Ma l’orizzonte di legislatura sul quale sta nascendo il governo rischia di farlo finire in un cono d’ombra. La sua popolarità al momento è ancora alle stelle, ma il consenso è volubile, e due anni lontano dal palcoscenico possono essergli fatali nell’ambizione di proporsi come federatore dell’alleanza tra progressisti e pentastellati.
I suoi fedelissimi hanno coltivato per qualche ora un progetto: fermare la modifica dello Statuto M5s che prevede la costituzione di una segreteria a cinque e issarlo alla guida del Movimento sulla scorta dell’apprezzamento che riscuote in quel mondo.
Un piano che è stato accolto con la massima freddezza da tutta la dirigenza pentastellata, da Di Maio a Di Battista passando per Roberto Fico. “Abbiamo fatto mesi e mesi di Stati generali per arrivare a una soluzione condivisa, ma ti sembra che potevamo smontarla così?”, dice un componente dell’esecutivo, mentre gran parte della truppa parlamentare considerata a lui fedele si sta già riposizionando internamente in vista delle prossime decisive mosse.
Un piano al quale lo stesso Conte si sarebbe sottratto, non ritenendolo che entrare a gamba tesa nelle dinamiche di un partito già sfibrato dal braccio di ferro interno fosse opportuno e funzionale. Raccontano che l’avvocato coltiverebbe ben altre ambizioni.
Il particolar modo guarderebbe alla Nato, i cui vertici sono in scadenza da qui a qualche mese, un incarico di prestigio che non lo esporrebbe al continuo dibattito interno e gli permetterebbe di rimanere sulla scena. Movimenti che vengono osservati con attenzione da tutta la dirigenza 5 stelle. Perchè la partita per il futuro è appena iniziata.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
L’EVASIONE FISCALE DI AUTONOMI E IMPRESE SFIORA I 33 MILIARDI
La Corte dei Conti rilancia l’ipotesi patrimoniale. Un intervento su “un nuovo prelievo patrimoniale appare auspicabile”, ma serve “una valutazione preliminare, riguardo alla caratteristica del prelievo, che da reale potrebbe essere trasformato in personale, considerando dunque tutte le forme di patrimonio e eventualmente la base familiare anzichè individuale“, ha detto il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino in audizione in commissione finanza alla Camera. Carlino ha raccomandato di evitare “una tassazione patrimoniale personale che porti a casi di duplicazione del prelievo”.
Meno di un mese fa anche la Banca d’Italia aveva evidenziato alcuni degli aspetti positivi di un’imposta sui patrimoni.
Il dibattito su un’imposizione patrimoniale sta crescendo in tutto il mondo.
Da un lato è visto come uno dei modi per ri-bilanciare il carico fiscale dai redditi di lavoro a quelli che derivano dal capitale, dall’altro come sostegno per finanze pubbliche esauste dopo le spese per fronteggiare la pandemia.
Negli ultimi decenni le aliquote su alti redditi e grandi ricchezze si sono via via ridotte fino ad arrivare, in alcuni paesi, a situazioni paradossali.
Negli Stati Uniti, ad esempio, un operaio o un impiagato paga in tasse, in proporzione, più di miliardari come Jeff Bezos, Bill Gates o Warren Buffet. Gran Bretagna, California, Sud Africa, Germania sono solo alcuni degli stati che stanno valutando la possibilità di tassare le grandi ricchezze.
Svizzera, Spagna e Argentina applicano già un prelievo di questo tipo. Anche il Fondo monetario internazionale si è recentemente espresso a favore di interventi fiscali che vadano a favore di una maggiore equità .
Un prelievo del 2% sui patrimoni superiori ai 50 milioni di euro riguarderebbe meno di 3mila contribuenti ma garantirebbe un gettito di circa 10 miliardi di euro che potrebbero essere utilizzati per aumentare il sostegno alle fasce di cittadini e alle categorie più in difficoltà .
Il ceto medio paga troppe tasse
Più in generale la Corte dei Conti interviene anche sull’opportunità di un ripensamento e riassetto del nostro sistema fiscale perchè, spiega Carlino, l’Irpef è molto sbilanciata sui redditi medi e con inefficienze legate all’andamento irregolare delle aliquote marginali effettive.
“Se la revisione dell’Irpef era stata finora immaginata con una significativa riduzione del gettito, per alleggerire il carico sui redditi medi e anche per dar corso alle reiterate richieste degli organismi internazionali di spostare il carico fiscale dal lavoro verso specifiche forme di imposizione indiretta, non si puo’ ignorare che i prossimi anni richiederanno un considerevole sforzo fiscale per far fronte ai costi della pandemia”, ha detto il presidente. “Sara’ dunque necessario guardare all’efficienza e all’equita’ del sistema tributario nel suo complesso, ipotizzando varie forme di ricomposizione del contributo dei prelievi diretti e indiretti alla copertura del bilancio”.
Il presidente Carlino ha affermato che: “Non appare lungimirante affrontare il disegno di riforma dell’Irpef senza porsi come obiettivi strategici la lotta all’evasione, che rimane a tutt’oggi il più rilevante vulnus all’equità orizzontale e verticale”. Secondo il presidente “la revisione dell’Irpef dovrebbe essere preceduta da una chiara definizione degli obiettivi che con tale imposta si vogliono raggiungere e quindi il modello” di tassazione “con una base imponibile onnicomprensiva o, al contrario, scegliere la tassazione duale, ma in una logica di organicità e coerenza”.
A evadere sono autonomi e imprese
La propensione all’evasione e all’elusione (tax gap) “in ambito Irpef è stata pari, nel 2018 al 2,8% per i redditi da lavoro dipendente (4,4 mld di euro) e al 67,6% per i redditi da lavoro autonomo e di impresa (32,7 mld di euro)”, ha riferito il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino nell’ambito della riforma dell’Irpef. “Il divario tra gettito teorico ed effettivo (tax gap) per diverse categorie di reddito, anche se non completamente ascrivibile a evasione, appare più ampio nel caso dei redditi di lavoro autonomo che non in quello dei redditi da lavoro dipendente”.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
SALTA IL DEBUTTO A VILLA ZEFFIRELLI… FORSE PARTECIPERA’ AL SECONDO GIRO
Nel giorno in cui Forza Italia conferma il “pieno appoggio” a Draghi chiedendo un “governo dei migliori della politica, della cultura e dell’economia” , Silvio Berlusconi non c’è. Atteso e annunciato, alla fine rimane in Provenza, stoppato da “motivi precauzionali di salute” e forse da timori degli avvocati legati alle udienze del processo Ruby Ter. Una delusione per l’ex premier, che in un quarto di secolo aveva saltato solo le consultazioni per il Conte Ter, chissà se fiutandone l’esito infausto, e che pregustava di rivedere l’uomo che, come non manca di ripetere, ha voluto al vertice di Bankitalia e della Bce.
E un brutto colpo per il suo partito, che aveva programmato una girandola di incontri e sperava di vederlo riprendersi plasticamente il centro della scena politica e il posto d’onore nel centrodestra. Mestamente riposto persino lo striscione “Bentornato Presidente” preparato da Licia Ronzulli.
A portare al premier incaricato il dossier dei gruppi parlamentari azzurri su vaccini e Recovery Plan, in un incontro “cordiale e rilassato” in cui si registra “una sintonia” parlando di imprese, scuola, lavoro, Mezzogiorno e rapporti tra governo e Parlamento, sono invece Antonio Tajani e le due capogruppo Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini. Ed è il numero due del partito a rassicurare gli alleati: “Non c’è una nuova maggioranza”.
Il centrodestra — è il sottotesto – separa i destini ma non si rompe ed è pronto a ricompattarsi alla fine della parentesi. Ribadisce Gelmini: “Con questo governo nasce un impegno nell’interesse del Paese, non una nuova maggioranza. Fuori da questo esecutivo di emergenza rimane il profilo di emergenza”.
Bottino politico che però non scalda gli animi.
Con il forfait di Berlusconi saltano gli appuntamenti, il pranzo con i parlamentari, il vertice con i big del partito, il “battesimo” di Villa Zeffirelli, la dimora sull’Appia appena aperta dopo aver terminato qualche giorno fa il trasloco da Palazzo Grazioli e dove sarebbe andato con la compagna Marta Fascina. Ufficialmente sono precauzioni legate all’età e alla salute dopo il contagio da covid e il problema cardiaco che lo ha costretto a un recente ricovero nell’ospedale di Montecarlo. Il Cavaliere starebbe bene, insomma ma teme lo stress e la fatica, mentre i suoi familiari vogliono evitare i pericoli di troppa gente intorno e troppe strette di mano. A ordinare lo stop sarebbe stato il dottor Zangrillo, con il placet di entrambi i figli.
Sebbene qualcuno azzardi un’altra spiegazione: è in corso il processo Ruby Ter, a Milano con stralcio a Siena, dove gli avvocati dell’ex premier – senza invocare il legittimo impedimento – hanno esibito un certificato medico che imponeva quindici giorni di “riposo domiciliare assoluto”. Il periodo è appena trascorso, e dunque qualcuno potrebbe potrebbe considerare poco opportuno andarsene in giro come nulla fosse.
Parole d’ordine sotto il profilo giudiziario: sobrietà e basso profilo. In ogni caso, una congiuntura temporale sfavorevole e sgradita a Berlusconi, che raccontano amareggiato e infastidito per aver dovuto rinunciare a rivedere Draghi. Al telefono ha anticipato comunque la linea al premier incaricato, esprimendogli soddisfazione e facendogli gli auguri.
L’addio a Palazzo Grazioli
In questo inizio febbraio stranamente tiepido, subito dopo i giorni della merla, fa impressione l’assenza della camionetta militare sotto Palazzo Grazioli. Quella che è stata la residenza privata di Silvio Berlusconi da un decennio, e la sua sede romana dal remoto ’96, è vuota. Il contratto di affitto è scaduto a fine dicembre. Da pochi giorni si è concluso il trasloco: scatoloni, mobilio, arredi, sono stati trasferiti a Villa Zeffirelli, l’abitazione con parco e piscina in un comprensorio sull’Appia Pignatelli.
Dopo avere acquistata la villa nel 2001 per 3,7 milioni di euro, Berlusconi l’aveva ceduta in comodato gratuito al regista fiorentino — di cui era amico e ammiratore, e che è stato anche senatore di Fi — fino alla sua morte, l’anno scorso. Una scelta dettata dal risparmio — i mille metri quadri del primo piano del palazzo affacciato su via del Plebiscito costavano ante covid 40mila euro al mese — ma anche dal desiderio di tranquillità , in una zona residenziale ma periferica della capitale.
Invece, tutto rinviato. Al secondo giro di consultazioni o a data da destinarsi. Nell’universo berlusconiano spiccano le assenze: quella fisica di Silvio; quella simbolica di Palazzo Grazioli, con il lettone di Putin e il bagno dorato in cui le fanciulle si facevano i selfie; e quella conclusiva di Marinella, la storica segretaria tornata ad Arcore dopo sei ma che pare se ne sia andata di nuovo. E oggi il barometro dell’umore in Forza Italia, dopo il picco di ieri, è un po’ sceso.
Il mezzo veto del Pd all’ingresso di Salvini nel governo e il definitivo smarcarsi della Meloni hanno scatenato i fantasmi della competizione a destra.
All’”Aria che tira” l’economista Lorenzo Bini Smaghi ha paragonato Draghi alla “safety car” in Formula Uno: la macchinetta che dopo un incidente riallinea i partecipanti alla gara e li rimette in condizioni di correre. Ipotizzando un governo di scopo della durata di un annetto, e poi saluti: destinazione, per l’ex capo della Bce, il Quirinale. Proprio il sogno che accarezza anche Berlusconi.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
UNA FRODE PER OLTRE UN MILIONE DI EURO
Sono 175 le persone, scoperte dalla guarda di finanza di Messina, che avrebbero beneficiato del Reddito di cittadinanza, pur non in possesso dei requisiti previsti, per un totale di un milione e 120.533 euro. Mentre è stata bloccata l’erogazione di altri 474.417 euro segnalando alle autorità giudiziarie di Messina, Barcellona Pozzo di Gotto e Patti 109 persone.
Una frode dunque per oltre un milione di euro che vedrebbe coinvolti anche trafficanti di stupefacenti, imprenditori, artigiani, venditori ambulanti, negozianti giocatori on-line, un avvocato e numerosi lavoratori in nero.
Tra questi ci sarebbe anche lo strano caso di un uomo originario di Sant’Agata che nonostante non fosse più residente in Italia da oltre due anni, avrebbe incassato oltre 1.700 euro.
Tra i percettori di reddito anche numerose persone che omettevano di indicare, nel previsto quadro della dichiarazione dei redditi, quelli derivanti da vincite online: vincite per centinaia di migliaia di euro e, non paghi, anche il Reddito di cittadinanza. L’operazione denominata “Festa in maschera”, ha disvelato un lucroso traffico di sostanze stupefacenti sull’asse tra la Calabria e la Sicilia, degli 11 soggetti sottoposti ad ordinanza di custodia cautelare ben 9 facevano parte di nuclei familiari percettori del reddito di cittadinanza.
Un primo provvedimento emesso dal tribunale di Messina ha accolto la richiesta relativa al sequestro di oltre 150 mila euro percepiti da venticinque persone e il tribunale di Patti ha disposto il sequestro preventivo di oltre 50 mila euro, nei confronti di quattro residenti a Capo d’Orlando, Caronia, Sant’Agata di Militello e Santo Stefano di Camastra.
(da Fanpage)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL FINANZIERE PERSEGUITATO DA PUTIN
Una volta era il più grande investitore straniero in Russia. Ma dopo aver scoperchiato un caso di corruzione Bill Browder è stato cacciato e ha visto il suo avvocato, Sergei Magnitsky, morire in carcere. Da allora si batte per fare sanzionare Putin e i suoi più stretti alleati
«Non sono più il nemico numero uno in assoluto di Putin, adesso lo è sicuramente Navalny. Diciamo che sono il suo nemico numero uno all’estero». Bill Browder lo dice ridacchiando al telefono ma è del tutto serio. «Putin continua ad odiarmi intensamente — racconta -. Negli anni ha incaricato le forze dell’ordine, le agenzie di spionaggio e altri agenti di darmi la caccia in ogni modo possibile. Mi ha minacciato di morte, ha minacciato di rapirmi, ha cercato di bloccarmi tramite mandati di arresto dell’Interpol e con richieste di estradizione, oltre che con una miriade di cause legali che avevano come unico scopo quello di distruggere la mia vita. Non ha allentato la presa in alcun modo e continua ancora oggi. Ma questo è il destino di chiunque abbia cercato di tenere testa a Putin».
Una volta, tramite il suo Hermitage Fund, Browder era il più grande investitore straniero in Russia. Costretto all’esilio nel 2005 per aver scoperchiato un caso di corruzione che toccava i vertici della politica e del capitalismo russo, ha visto il suo avvocato e amico Sergei Magnitsky morire in carcere per aver denunciato l’enorme frode fiscale ai danni del popolo russo. Da allora ha intrapreso una crociata per ottenere sanzioni contro le persone coinvolte. I suoi sforzi sono stati premiati con i cosiddetti Magnitsky Act, dal nome dell’ex avvocato di Browder, che consentono di applicare sanzioni contro gravi violazioni dei diritti umani, dovunque accadano nel mondo.
Adottati nel 2012 negli Stati Uniti e nel 2018 dal Regno Unito, a dicembre del 2020 anche l’Unione europea si è dotata di uno strumento simile, tra le critiche di alcuni parlamentari che accusavano l’Ue di «interferenza negli affari interni di Paesi stranieri». In molti li hanno evocati all’indomani dell’avvelenamento di Navalny ad agosto e di nuovo dopo la sua condanna a tre anni a mezzo di carcere.
Ma per il momento l’Unione europea — nella persona dell’Alto rappresentante Josep Borrell, attualmente in visita a Mosca — si è limitata a chiedere la scarcerazione di Navalny e l’avvio di un’inchiesta ufficiale, tra le pernacchie e i rifiuti dell ministro degli Esteri russo Lavrov, che oggi ha dichiarato che «l’Unione europea è un partner inaffidabile» prima che il Cremlino espellesse tre diplomatici.
Browder, a suo giudizio Borrell ha fatto bene ad andare a Mosca?
«Penso che in questa fase l’incontro sia stato del tutto inappropriato. Sarebbe stato opportuno soltanto se l’Unione europea avesse già preso delle nuove misure contro la Russia. È un segnale che l’Ue non è disposta a dar fastidio alla Russia più di tanto. Inoltre, così viene legittimato Putin nel momento in cui meno se lo merita».
Perchè secondo lei l’Ue non ha ancora approvato nuove sanzioni visto che se ne parla da agosto?
«Penso che l’Ue sia davvero disfunzionale quando si tratta di politica estera, ancora di più quando si tratta di diritti umani: il modo in cui vengono prese le decisioni nell’Unione europea richiede l’unanimità di tutti i 27 stati membri e questo permette anche a pochi piccoli Paesi, su cui Putin ha influenza, di mettersi di traverso. Ed è per questo che ci è voluto così tanto tempo all’Unione europea per adottare un Magnitsky Act e perchè non ha fatto nulla in relazione a Navalny».
Fa riferimento ad alcuni Paesi in particolare, come l’Ungheria per esempio?
«Orban è un leader corrotto che ha legami ambigui con Putin».
D’altra parte però Borrell ha detto che l’Unione europea continuerà a discutere di sanzioni. Crede che sia un’ipotesi realistica?
«Introdurre delle sanzioni e farlo in modo mirato sono due cose diverse. Quindi, è molto facile scegliere persone di basso livello e sanzionarle e non sanzionare invece le persone che contano davvero. Immagino che l’Unione europea proverà a salvare la faccia sanzionando qualcuno, ma non persone veramente vicine a Putin».
Lei si sta adoperando a questo fine?
«Sì, sono regolarmente in contatto con diversi parlamentari europei e con i ministri degli Esteri di diversi stati membri dell’Ue per cercare di spingere per una politica di sanzioni severe in risposta all’avvelenamento e all’arresto di Navalny».
Che risposte ha ricevuto?
«Tendo a parlare con persone che sono più sensibili a questi argomenti. C’è un gruppo di europarlamentari che è molto indignato per le azioni di Putin e che vuole prendere una posizione forte».
E l’Italia?
«Non ho avuto contatti con il Governo italiano — in effetti non c’è al momento un Governo italiano — ma immagino che se Draghi dovesse diventare il prossimo primo ministro farebbe meglio su questo tema di alcuni suoi predecessori».
Si sente maggiormente rappresentato adesso che Biden è alla Casa Bianca? Dopotutto ha promesso di mettere le sanzioni al centro della sua politica estera, a partire dalla Russia.
«Penso che Biden sia una boccata d’aria fresca dopo tutte le sciocchezze di Trump e che sarà molto duro sulle questioni dei diritti umani in tutto il mondo».
Davvero crede che nuove sanzioni possano portare a un miglioramento per Navalny?
«Dipende da chi viene sanzionato. Se sanzionano i funzionari di medio livello, non proteggeranno Navalny. D’altra parte, se sanzionano i compari miliardari di Putin che stanno finanziando attività malvagie all’estero dovrà per forza prestare attenzione, visto che hanno in mano anche una parte dei suoi soldi. Dipende davvero da quanto in alto punteranno e quanto sarà lunga la lista di persone da sanzionare».
Crede che la vita di Navalny sia in pericolo?
«Si, penso che la sua vita sia davvero in grave pericolo. Hanno già tentato di ucciderlo una volta e non ci sono riusciti. Penso che lo ucciderebbero in un batter d’occhio se pensassero che non ci fossero conseguenze, motivo per cui le sanzioni sono così importanti».
Navalny viene criticato anche per i legami con i movimenti di estrema destra. Qual è la sua opinione personale su di lui?
«Lo conosco per il suo lavoro contro la corruzione e abbiamo fatto cose insieme in passato e lo considero un’alternativa di molto migliore rispetto a Vladimir Putin. Ci sono tanti punti su cui sono d’accordo con lui, e altre su cui non ci troviamo affatto d’accordo, ma se l’alternativa è lasciare che sia un criminale a gestire il Paese, penso che la scelta sia ovvia».
Secondo lei nel lungo termine cosa intende fare il Cremlino con Navalny?
«In un certo senso la sua storia è quasi una favola: un uomo sfida il dittatore, il dittatore cerca di ucciderlo, e lui sopravvive. Allora il dittatore cerca di esiliarlo, e lui riesce a tornare. Ha rischiato la vita, e adesso ha messo in gioco la sua libertà . Non c’è un’espressione di leadership più potente di questa: il messaggio che sta trasmettendo ai cittadini russi è che, se lui è disposto a rischiare la sua vita, dovrebbero esserlo anche loro. E molte persone stanno ascoltando questo messaggio».
(da Open)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
IERI “O NOI O GRILLO”, OGGI ENNESIMA GIRAVOLTA CARPIATA DI CAPITAN COERENZA
Con l’ennesima giravolta carpiata Matteo Salvini cambia idea in meno di 24 ore.
Ai microfoni di SkyTg24 invita tutti i partiti a sostenere il governo di Mario Draghi. Tutti: a destra, a sinistra e al centro. E poi dice, riferendosi ai colleghi di Leu: “Mi dispiace che ci siano alcuni che stanno ponendo dei veti sulla Lega. A me non interessa chi c’è dentro, io penso al bene del Paese”.
Peccato che poco meno di 18 ore fa avesse detto proprio il contrario: “Che scelga Draghi, o noi o il Movimento 5 Stelle”, con cui il leader della Lega non si è lasciato proprio bene nell’estate del 2019.
Quindi ora ha rimesso la decisone alla maggioranza giallorossa, come a dire: “Devono essere loro a specificare che non mi vogliono. Se non devo entrarci è perchè vengo cacciato, non perchè io non voglia starci”. Così da rimettere tutto alle decisioni degli altri, e lavarsene le mani davanti al Presidente della Repubblica e ai suoi elettori.
Ma non si è limitato a dire questo. Perchè ha continuato dicendo che in questo momento così duro per il Paese è importante che tutti remino nella stessa direzione, come — azzardando paragoni che alcuni definirebbero scellerati — è successo subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, quando partiti diametralmente opposti si unirono, per un bene superiore. Per poi prendere ognuno strade diverse in tempo di pace.
Ecco, come è successo per la nascita della Repubblica — dice- così deve essere per questa rinascita. Messaggio spedito anche alla collega di coalizione, l’onorevole Giorgia Meloni. Che proprio nei minuti in cui lui rilasciava quest’intervista a Sky, era a colloquio con Mario Draghi a ribadire il suo forte e deciso “no”.
Tanto che, una volta uscita e davanti ai giornalisti, uno di loro gli ha fatto notare quest’appello di Salvini. Lei: “Speravo che il centrodestra rimanesse con un pensiero unico, ma anche in passato è successo che prendessimo strade diverse. Ma poi ci siamo sempre ritrovati, perchè siamo una famiglia”.
(da agenzie)
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Febbraio 5th, 2021 Riccardo Fucile
BOMBARDATI DAI MEDIA A SENSO UNICO SUL “SALVATORE DELLA PATRIA” IL 61,4% DEGLI ITALIANI FAVOREVOLE A DRAGHI, IL 27,4% CONTRARIO, MA NESSUNO SA CHE VORREBBE FARE… INTERESSANTE IL VOTO INTERNO A M5S E LEGA
I sondaggi politici sulle intenzioni di voto di Index Research per Piazzapulita mentre si stanno svolgendo le consultazioni che dovrebbero portare alla nascita del governo Draghi. Il primo dato da registrare è che, nonostante la campagna martellante dei media monopolizzati dai gruppi editoriali da mesi schierati a favore di Draghi, a fronte di un 61,4% gli italiani che ha fiducia in Draghi (senza peraltro conoscere uno straccio di programma), il 27,4% (idem come sopra) è contrario e l’11,2% preferisce non esprimersi.
Ma è all’interno dei due maggiori partiti presenti in Parlamento che l’analisi diventa interessante.
Tra gli elettori del M5s il 49,9% direbbe No a un governo Draghi mentre il 41,7% direbbe Sì. Se i vertici scegliessero di appoggiarlo andrebbero quindi contro la maggioranza dei loro elettori.
Discorso opposto ma simile per la Lega: il 55,9% è favorevole al governo Draghi, il 32,2% è contrario. In questo caso la linea Giorgetti-Zaia prevale su quella di Salvini.
(da agenzie)
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