Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
PER ENTRARE AL GOVERNO ORA DICE CHE VA APPLICATA LA LEGISLAZIONE EUROPEA, OVVERO IL REGOLAMENTO DI DUBLINO CHE IMPONE AGLI STATI DI PRIMO APPRODO DI FARSI CARICO DELL’ACCOGLIENZA DEI RICHIEDENTI ASILO (L’OPPOSTO DI QUANTO DICEVA FINO A POCHI GIORNI FA)
C’è una foto dalla sua “cameretta” d’infanzia, il tweet sugli italiani che “chiedono più salute e più lavoro, non litigi o capricci per le poltrone“, il selfie con Guido Bertolaso.
La mattinata di Matteo Salvini è cominciata così, tra momenti amarcord sul web e un giro di incontri politici nella sua Lombardia.
Neanche una parola, invece, sull’arrivo della Ocean Viking nel porto di Augusta, in Sicilia. L’imbarcazione della ong Sos Mèditerranèe ha salvato 422 migranti al largo della Libia, tra cui 140 minori, ed è in attesa dell’ok allo sbarco da parte delle autorità sanitarie.
Una notizia che in altri tempi sarebbe stata il bersaglio perfetto per la macchina social di Salvini. Ma oggi no.
Dopo la presunta svolta “europeista” del partito, schierato per il Sì al governo di larghe intese a guida Draghi, il capo di via Bellerio scansa accuratamente il tema. Consapevole che proprio sui migranti si registrano le principali resistenze di Pd e Liberi e uguali ad accettare di sedersi allo stesso tavolo del Carroccio.
“Torna il bel tempo e, tra ieri notte e oggi, a Lampedusa sono sbarcati in 400. Per la Lega tornare a difendere i confini e la sicurezza degli Italiani è fondamentale. Anche su questo chiederemo che cosa ne pensi il professor Draghi“, scriveva Salvini su Facebook solo quattro giorni fa, prima di ufficializzare urbi et orbi il suo appoggio all’esecutivo del presidente.
Il 25 gennaio un altro post contro i migranti: “In diretta da Augusta, grazie alla Ong e al governo Conte arrivano in quasi 400. Per i clandestini Italia zona verde, vergognoso”, ha scritto su Twitter, prendendosela con lo sbarco in Sicilia della Ocean Viking.
Proprio la nave che in queste ore è tornata nel porto di Augusta ma viene ignorata sui profili social del segretario.
Un refrain, quello degli attacchi all’esecutivo e alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, che ritorna di continuo. Fino ai post a cadenza quasi giornaliera durante l’estate scorsa: “Sbarco in diretta a Lampedusa!”, scriveva Salvini a caratteri maiuscoli nel luglio 2020.
Una priorità che ora sembra sparita dai radar, visto che la Lega ha “buttato il cuore oltre l’ostacolo”: alla voce immigrazione ora punta ad applicare la “legislazione europea” come in “Francia e Germania”.
Cioè quell’insieme di norme, tra cui il regolamento di Dublino, che in tanti vogliono modificare proprio perchè impone agli Stati di primo approdo di farsi carico dell’accoglienza dei richiedenti asilo.
Una fotografia plastica del cambio di linea comunicativa sui migranti arriva da Massimo Garavaglia.
Il deputato leghista, interpellato a Radio24 sulle difficoltà nel conciliare le posizioni della Lega con quelle del Pd, M5s e Leu sul tema dell’immigrazione, argomenta così: serve “un po’ più di equilibrio, non devono esserci posizione ideologiche, pro o contro per principio, siamo per una posizione ragionevole”.
Garavaglia è quindi convinto che nel prossimo governo “ci sarà una posizione più equilibrata grazie alla presenza della Lega, copiamo quello che fanno gli altri Paesi”. Intanto a farsi più equilibrati, almeno a oggi, sono i toni del segretario.
(da agenzie)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
IL GRUPPO E’ SPACCATO
Domani prima cartina di tornasole per la Lega, visto che al Parlamento europeo si vota il regolamento che istituisce il Recovery, sul quale in precedenza la Lega si era astenuta. Il gruppo al momento è spaccato tra chi vuole continuare ad astenersi e chi, nel nome del futuro governo Draghi, voglia votare a favore.
I 5S hanno lanciato un appello con un comunicato in cui auspicano che tutti i partiti italiani votino a favore nell’interesse nazionale. La capogruppo di Forza Italia alla Camera, Mariastella Gelmini, auspica “che anche la Lega possa dare il suo via libera al Regolamento perchè è essenziale che nel 2021 arrivi la prima tranche del Recovery fund”. Fdi invece si asterrà ancora.
La Lega deciderà dopo aver incontrato Draghi
“Parlamentari, economisti e tecnici della Lega sono al lavoro in queste ore in vista del voto sul Recovery Fund previsto per domani sera. La Lega, che si astenne sul documento in commissione ai tempi del governo Conte, attende l’incontro col professor Draghi previsto per domani prima di prendere la decisione definitiva”.
E’ quanto trapela da fonti della Lega di Bruxelles. “Se invece dell’austerity praticata in passato si passasse ad una fase di investimenti, di crescita e di rilancio economico, senza aumento di tasse ma liberando energie e risorse in ambito pubblico e privato, lo scenario cambierebbe completamente”, sottolineano le stesse fonti leghiste.
Il futuro politico di Mario Draghi, unito al suo passato da presidente della Banca centrale europea, hanno innescato uno scontro interno al gruppo Identità e democrazia (Id) al Parlamento europeo, la compagine che tiene assieme i tedeschi di Alternative fur Deutschland e gli italiani della Lega. Jorg Meuthen, vice presidente del gruppo parlamentare ed esponente dell’Afd, venerdì scorso ha accusato il premier incaricato di essere “il grande maestro in materia di debiti” al quale “si affida” lo Stato italiano per “rendere felici gli italiani con i tanti miliardi” che dovrebbero arrivare con il Recovery fund.
Draghi è “l’uomo che ci ha portato una politica della Bce completamente sbagliata, responsabile dell’eccesso incontrollato di denaro nell’eurozona”, ha attaccato il sovranista tedesco. “Dovrebbe ora essere il grande salvatore dell’Italia? Questo è uno scherzo, anche se molto brutto, di cui i tedeschi, che devono pagare in larga misura l’intero conto, non potranno ridere”, ha rincarato.
“Non è il momento delle polemiche”, ha risposto oggi Marco Zanni, presidente del gruppo Id ed eurodeputato della Lega.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
ZANNI (LEGA) CONTRO MEUTHEN (AFD), LEGHISTI AL’ANGOLO NEL GRUPPO EUROPEO… SI PREPARA AL SI’ AL RECOVERY DOPO ESSSERSI ASTENUTI IN PASSATO
Un primo effetto della svolta di Matteo Salvini a sostegno di ‘Mario Draghi premier’ è che volano stracci tra i sovranisti all’Europarlamento.
Il leghista Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e democrazia, attacca il suo vice, Jorg Meuthen dell’ultradestra tedesca Afd, proprio per difendere l’ex governatore della Bce.
E’ solo la punta dell’iceberg di un terremoto politico che potrebbe portare la Lega a lasciare il gruppo di Identità e Democrazia e magari a rischiare una scissione per tentare un’adesione molto complicata al Ppe, col rischio di restare senza gruppo politico all’Eurocamera. Intanto domani in plenaria c’è un primo test su questo tentativo di svolta europeista da parte del Carroccio.
Domani, nelle stesse ore in cui Salvini si recherà da Mario Draghi per il secondo giro di consultazioni per la formazione del governo, la plenaria dell’Europarlamento voterà per l’approvazione definitiva del regolamento della ‘Recovery and resilience facility’, la parte del recovery fund che da sola contiene 672,5 miliardi di euro, di cui 312,5 mld di sussidi, 360 mld di prestiti.
A metà gennaio, in Commissione, gli eurodeputati leghisti si sono astenuti sul provvedimento, come Fratelli d’Italia, che conferma l’astensione anche in plenaria. Ora, si apprende, la delegazione del Carroccio è immersa in una riflessione per niente semplice, come per niente semplice è questo tentativo di svolta europeista.
L’11 gennaio scorso, la scelta della Lega di astenersi sulla governance della parte più cospicua del piano anti-crisi europeo scatenò un acceso scontro con gli ex alleati di governo pentastellati – che votarono a favore come faranno in aula domani – oltre che con il Pd, pure a favore.
In una nota congiunta, il presidente del gruppo sovranista di ‘Identità e democrazia’ Marco Zanni e l’eurodeputato Antonio Maria Rinaldi attaccarono la scelta Dem e del M5s sostenendo che il regolamento approvato contiene regole di “austerità e tasse”, in altre parole “condizionalità ” imprescindibili.
Ma domani l’atteggiamento potrebbe essere diverso, ora che Matteo Salvini ha cambiato rotta, virando a tutto gas verso il governo Draghi.
In queste ore, la delegazione leghista sta discutendo il da farsi. I 29 voti degli eletti della Lega all’Europarlamento non sono determinanti, il regolamento verrà approvato con una solida maggioranza.
Ma una nuova astensione verrebbe notata in Italia e soprattutto a Bruxelles e non sarebbe un buon viatico per il nuovo percorso politico verso il Ppe. Perchè è evidente che la nuova collocazione politica in Italia non si concilia con la presenza della Lega nel gruppo dei sovranisti a Bruxelles, la stessa famiglia politica dell’arci-nemica di Draghi Marine Le Pen, principale alleata di Salvini nella campagna elettorale per le europee 2019.
Alla vigilia del test di domani, un primo assaggio della nuova situazione politica lo si ha oggi con lo scontro diretto tra Zanni e Meuthen. Il leader del partito tedesco di ultra-destra ‘Alternative fà¼r Deutschland’ attacca Draghi e la scelta della Lega di sostenere il suo governo. L’ex governatore, dice Meuthen, è “responsabile della spesa senza controlli della Bce”, “la Germania pagherà il conto”.
Secca la replica di Zanni, presidente di tutto il gruppo sovranista ‘Identità e democrazia’: “Questo non è il momento delle polemiche, ma di lavorare per il bene dell’Italia e degli italiani. Se qualcuno all’estero critica il professor Draghi per aver difeso l’economia, il lavoro e la pace sociale europea – quindi anche italiana – e non solo gli interessi tedeschi, questa per noi non sarebbe un’accusa, ma un titolo di merito”.
Non era mai accaduto prima che nel gruppo sovranista volassero gli stracci. Draghi produce questo effetto.
Ma nella Lega non la pensano tutti come Zanni. Vincenzo Sofo, tra gli eurodeputati del Carroccio forse il più vicino alla ‘famiglia Le Pen’ per ragioni anche personali (fidanzato della nipote Marion), non è d’accordo sul sostegno all’ex governatore della Bce. “Ci troviamo di fronte a una operazione simile a quella di Monti – dice – anche Draghi è un premier imposto dall’alto, con una delega in bianco, che neanche deve cercarsi una maggioranza, visto che quasi tutti si stanno offrendo senza esitazioni”. Il rischio, continua Sofo, è che la Lega “possa finire in una trappola, dopo aver dato questa ampia disponibilità al premier incaricato”.
(da Huffingtonpost”)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
GLI ITALIANI ASPETTANO DI CONOSCERE COME INTENDE AFFRONTARE PANDEMIA E VACCINAZIONI, NON COME RECUPERARE 15 GIORNI DI SCUOLA QUANDO NON SAPPIAMO SE E COME USCIREMO DAI CONTAGI
Recuperare i mesi di didattica in presenza persi a causa della pandemia e lavorare perchè alla ripresa dell’anno scolastico a settembre sia tutto pronto, senza classi prive dei docenti. Queste, secondo quanto illustrato dai gruppi consultati oggi dal presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, le due direttrici su cui intende muoversi l’ex governatore della Bce che ha posto la scuola “tra le priorità ” del nuovo governo, da affrontare subito.
“Draghi ritiene che ci sia un oggettivo disagio che gli studenti e le studentesse d’Italia hanno vissuto in questi mesi, un disagio di apprendimento ma anche psicologico. Quindi c’è un ragionamento da fare su come si può organizzare questo sostegno agli studenti e il recupero dei mesi persi”, ha riferito al termine del colloquio con la componente di Centro democratico della Camera, Alessandro Fusacchia. “Draghi ha condiviso un primo ragionamento su interventi strutturali che hanno a che fare con il calendario scolastico e con il prepararsi per tempo alla ripartenza a settembre”, ha aggiunto.
Dunque, riferiscono diversi gruppi ‘minori’ consultati oggi, per il premier incaricato tra le prime azioni da mettere in campo ci sarebbe una rimodulazione del calendario scolastico dell’anno in corso, per far recuperare agli studenti il tempo perduto, ma anche una programmazione dettagliata, da avviare subito, per la ripresa a settembre, prevedendo anche l’assunzione di docenti per evitare l’annoso problema della ‘cattedre vacanti’, con classi che riprendono le lezioni a settembre senza avere i docenti assegnati.
Draghi avrebbe ricordato che a inizio anno scolastico c’erano 10 mila cattedre vacanti, una situazione cui va trovata una soluzione al più presto.
Sulla questione è intervenuto Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: “Ci sono 800mila posti di insegnamento e oltre 200mila sono scoperti. Bisognerebbe assumere oltre 200mila docenti ”
Sull’ipotesi di prolungamento dell’anno scolastico sottolinea: “se si tratta di un prolungamento relativamente contenuto si può fare, ricordo che il mondo della scuola sta lavorando da settembre, non si può proseguire ad libitum”.
(da agenzie)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
LE QUINTE COLONNE RENZIANE RIMASTE NEL PD PUNTANO A UN CAMBIO DI SEGRETERIA
Non ha altra scelta, Nicola Zingaretti. Il congresso che aveva annunciato già un anno fa, dopo la non scontata vittoria alle regionali in Emilia Romagna ma poi impedito dall’esplosione della pandemia, si terrà probabilmente nella tarda primavera.
Fra tre-quattro mesi, a patto che il virus lo consenta. Il tempo di far salpare il governo Draghi e organizzare le assise democratiche in piena sicurezza.
Resta solo da capire con quale formula: se cioè si aprirà solo una larga discussione tematica per definire, insieme ai circoli e ai territori, la linea di un partito sempre più proiettato verso un’alleanza organica con 5S e Leu; oppure si opterà per il classico percorso a tesi e candidati contrapposti, da concludere con le primarie e l’elezione di un nuovo segretario. La prima preferita dalla maggioranza, l’altra caldeggiata dalla minoranza: due spinte destinate inevitabilmente a scontrarsi.
Perchè una cosa è certa: il mandato di Zingaretti scade tra due anni e lui non ha alcuna intenzione di dimettersi. Circostanza che complica non poco i piani degli avversari interni, decisi a ottenere un congresso vero per espugnare il Nazareno e magari piazzarci Stefano Bonaccini, il teorico del rientro a “casa” di Renzi dopo il fallimento di Italia viva.
Questo però non significa far finta di nulla: sa bene, il segretario, che dal giorno del suo insediamento alla guida del Pd (4 marzo 2019) è cambiato il mondo.
Nel mezzo sono nati e caduti due governi di segno contrario, sono state consumate due scissioni: quella di Calenda, dopo i renziani. Conosce a memoria le critiche di chi – innanzitutto Base riformista, la corrente di Guerini e Lotti – gli contesta una pessima gestione della crisi giallorossa: quell’ultimatum “o Conte o voto” che doveva fungere da ciambella di salvataggio della coalizione e s’è invece rivelata un’arma spuntata.
Perciò ha deciso di accelerare, Zingaretti: di assecondare chi, anche fra i suoi, lo esorta a dare una risposta immediata ai crescenti malumori prima che deflagrino.
Anticipata ieri dagli schermi di Rai3: “Appena finita questa fase”, ha spiegato Zingaretti a In mezz’ora, “porrò il tema di come andare avanti: serve una discussione politica vera sull’identità e il profilo del Pd”.
Con un avvertimento, però: “Spero che nessuno voglia rimettere indietro l’orologio”, tornare cioè a quel partito isolato e senza prospettive che nel 2018, con Renzi segretario, subì la più grave sconfitta della sua storia. Perchè – è il ragionamento che si fa al Nazareno – se oggi il centrosinistra è tornato competitivo, può cioè offrire all’esecutivo Draghi un solido ancoraggio e puntare a sconfiggere la destra alle imminenti amministrative, è proprio in virtù dell’alleanza con i Cinquestelle. Senza i quali il campo progressista avrebbe scarse chance di successo.
Un’apertura che Base riformista intende come l’inizio di un percorso per cambiare guida al partito. “Bene Zingaretti, un’apertura anticipata del congresso mi pare opportuna, visto che l’ultimo si è svolto un’era geologica fa”, esulta Andrea Romano. “Allora eravamo all’opposizione del governo Lega-M5s”, per cui “dopo le esperienze dell’esecutivo Pd-M5s e del nascente Draghi I, è giusto che una comunità come il Pd rifletta sul profilo programmatico e sulla propria identità alla luce di questi rivolgimenti”.
Ma Areadem, la corrente che fa capo a Dario Franceschini, dà l’altolà : “Come Pd dovremo discutere nei prossimi mesi sulla nuova situazione, ma il congresso è previsto tra due anni. Adesso è bene concentrarsi sul governo e sulla sua azione, facendo in modo che le nostre proposte vivano in questa fase “, avverte Franco Mirabelli, vicecapogruppo al Senato. “Abbiamo sì bisogno di un tagliando ma non credo che siamo di fronte ad una situazione fallimentare: il Pd nel 2019 era un partito totalmente ininfluente sul piano istituzionale, oggi no. La discussione da fare, quindi, non si risolve per forza con un congresso: decideremo insieme con il Segretario le modalità del nostro dibattito interno, ma non vorrei che si confondessero i piani”.
(da La Repubblica”)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
MOLTO DIPENDERA’ DA COME SARA’ POSTO IL QUESITO MA DAI TERRITORI LA SENSAZIONE CHE NON PROMETTE NULLA DI BUONO PER I GOVERNISTI
Alla fine si è scelto il male minore puntando tutto sulla capacità di persuasione che ha da sempre il Garante Beppe Grillo. Il voto sulla piattaforma Rousseau, per decidere se appoggiare o meno il governo guidato da Mario Draghi, si terrà tra mercoledì 10 e giovedì 11 febbraio, prima che il premier incaricato torni al Colle per sciogliere la riserva.
Contenere la fronda, se non ci fosse stata la consultazione degli iscritti, sarebbe stato complicato. “Li avremmo autorizzati alla scissione e anche con un’ottima ragione”, dice un deputato che da quando si è aperta la crisi è tiene in mano il pallottoliere per capire, come dicono in gergo i grillini, “quanti ne perdiamo a Palazzo Madama”.
Al contrario, con il sondaggio su Rousseau, si spera in ambienti M5s che anche i ribelli possano rimettersi al volere della maggioranza: “Almeno ne recuperiamo un po’”. Ammesso che la maggioranza degli iscritti al blog segua le indicazioni del fondatore che si sta spendendo, tanto da essere arrivato a Roma, per la nascita del nuovo esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce.
Chi è constantemente in contatto con i territori sostiene che questo sondaggio non prometta nulla di buono. Il quesito sul quale esprimersi non è ancora apparso sul blog. Lo si conoscerà nelle “prossime ore”.
Come è noto, spesso, è stata la domanda stessa ad influenzare profondamente l’esito della votazione e qualcosa del genere potrebbe succedere anche questa volta. Nonostante questo cresce la paura che Alessandro Di Battista, il più combattivo di tutti, che già si è collocato all’opposizione, possa avere la meglio e far saltare l’intera operazione Draghi.
Il voto online è previsto da mercoledì 10 febbraio 2021 alle ore 13 di giovedì 11 febbraio 2021. La notizia è contenuta in un breve post sul Blog delle Stelle. Non è ancora noto a quale tipo di quesito dovrà rispondere la base dei 5 stelle. Per votare, però, bisognerà essere iscritti “da almeno sei mesi, con documento certificato”.
La votazione comincerà dunque dopo la fine del secondo giro di consultazioni del premier incaricato (i 5 stelle saranno ricevuto martedì), e proseguirà per 24 ore: bisognerà capire se nel frattempo Draghi sarà già salito al Quirinale per sciogliere la riserva.
(da agenzie)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA: ANCHE I GILET ARANCIONI VOGLIONO STARE NEL GOVERNO CON DRAGHI
A dirlo in una conferenza stampa di presentazione della manifestazione prevista a Milano sabato prossimo è il generale Antonio Pappalardo, che chiede un incontro all’ex presidente della Bce: “Draghi ha preparazione professionale, è un uomo che ha ricoperto incarichi in cui ha ottenuto risultati. Dobbiamo ammetterlo: Draghi ha operato bene dove ha operato, per quali interessi non lo sappiamo ma non possiamo metterlo al livello di un Di Maio”. Insomma, neanche i quelli che volevano arrestare tutti i politici possono resistere alla fascinazione del tredicesimo apostolo e sono pronti a sostenerlo, magari contro “i politicanti” che faranno parte del suo governo.
Perchè senza il voto dei politici Draghi non andrebbe da nessuna parte. Ma per Pappalardo questo è un dettaglio
(da agenzie)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
L’IPOTESI DI TASSARE I GRANDI PATRIMONI COME SUGGERITO DALLA CORTE DEI CONTI SPARISCE NEL NULLA
Se ne parla in tutto il mondo ma in Italia non si può quasi nominare. La tassa sulle grandi ricchezze è forse l’unico tabù rimasto nel dibattito politico italiano, che ormai ha sdoganato di tutto, dal cannoneggiamento dei barconi dei migranti, alla distribuzione dei vaccini in base alla ricchezza delle regioni.
Tassare i ricchi invece è “osceno”, ossia, riprendendo una certa etimologia della parola, che dev’essere tenuto “fuori scena”, non mostrato in pubblico.
L’ultimo esempio lo abbiamo avuto venerdì scorso. Nella mattinata il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino ha la malaugurata idea, durante il suo intervento alla Camera, di definire “auspicabile” una patrimoniale.
Nel tardo pomeriggio, spaventato dal senso delle sue parole, arriva la precisazione: ” La Corte dei Conti non ha proposto alcuna patrimoniale. Semplicemente ritiene preferibile una riorganizzazione delle imposte patrimoniali esistenti (IMU, Imposta di bollo sui valori finanziari, Ivie sugli immobili esteri, Ivafe sulle attività finanziarie all’estero, ecc.) e, in particolare, di quelle che riguardano i patrimoni immobiliari”.
Il Corriere della Sera relega quindi la notizia in un trafiletto a pagina 34. Ma a guardare gli altri quotidiani è davvero grasso che cola.
Colonnina a pag 24 per Repubblica, per spiegare bene che la Corte non ha affatto proposto la patrimoniale.
La Stampa la risolve così: “L’accenno alla patrimoniale scatena la politica” e poi qualche riga per spiegare che la Corte dei Conti non voleva intendere che servirebbe una tassa del genere.
Idem il Sole 24 Ore che confonde un po’ le acque e rircorda che bisognerebbe invece rivedere i valori catastali della prima abitazione.
Insomma di tasse sulle grandi ricchezze non si può parlare. Famiglia Agnelli (la cui holding Exor è domiciliata fiscalmente in Olanda) e soci di Confindustria, proprietari di Repubblica, Stampa e Sole 24 Ore, sarebbero peraltro tra i pochi che dovrebbero forse mettere mano al portafogli.
Il dibattitto su cosa abbia voluto o non voluto intendere il presidente della Corte diventa alla fine quasi stucchevole. Quello colpisce è la reazione isterica che si scatena ogni volta che si tocca l’argomento
Intanto questa mattina sul Financial Times, quotidiano di riferimento della finanza internazionale, compare l’ennesimo contributo sull’argomento.
Il finanziere Tim Bond scrive “in Gran Bretagna e Stati Uniti c’è una cosa molto semplice da fare in questa fase di emergenza sanitaria: una tassa sulla ricchezza”.
Bond ricorda come il provvedimento sia anche popolare: negli Usa un sondaggio di Reuters/Ipsos ha mostrato come il 64% dei cittadini sia a favore di questa soluzione. Del resto negli ultimi decenni in tutto il mondo occidentale, Italia compresa, si è assistito a un rimodellamento dei sistemi fiscali in senso molto favorevole ai ceti più abbienti.
Il sistema del prelievo è così drammaticamente sbilanciato a danno dei lavoratori dipendenti e della classe media. Benefici per l’economia? Nessuno come ha recentemente documentato una ricerca della London School of Economics.
“Se non ora quando?” si è chiesto di recente uno dei capi economisti della banca mondiale Jim Brumby ricordando come un prelievo sulle grandi ricchezze consentirebbe di aggredire molti degli squilibri che in questo momento affliggono l’economia globale.
Di tassa sulle ricchezze si discute ormai apertamente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania, in Sud Africa, Argentina, Francia, Spagna. La consigliano Ocse e Fondo monetario internazionale. Ma in Italia no.
Qui è dura a morire l’erronea idea che patrimoniale significhi più tasse per tutti. Pensarla così fa molto comodo ai pochi che dovrebbero versare qualcosa in più all’erario. E’ vero esattamente l’opposto, chiedere un maggior contributo a chi dispone di più risorse consentirebbe di alleggerire il carico fiscale sugli altri.
All’interno di un più ampio ripensamento del sistema fiscale italiano è un tipo di prelievo che potrebbe favorire una maggiore progressività . E in questa fase di piena emergenza sarebbe utile per alleggerire la pressione sulle finanze pubbliche che devono sostenere settori produttivi e lavoratori. A lanciare il tema ci ha provato qualche settimana fa anche la Banca d’Italia. Nessuna risposta.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 8th, 2021 Riccardo Fucile
IL LEGAME TRA COVID E SPOSTAMENTI: NELLE ZONE ROSSE E ARANCIONI LA PANDEMIA CAUSA MENO CONTAGI
Quanto pesino le varianti sulla curva del contagio non si sa perchè “in Italia si sta lavorando ancora di fortuna, mappando i tamponi positivi circa cento volte meno di quanto si sta facendo in altri Paesi europei” – la soglia di riferimento sul piano internazionale è 5%, due settimane fa noi eravamo sullo 0.05%. Di certo c’è il pericolo che abbiamo davanti: una ripresa rapida degli spostamenti può compromettere tutti i progressi che abbiamo fatto negli ultimi due mesi. Rischio tutt’altro che improbabile, con diciotto Regioni da oggi in zona gialla e la voglia di ritorno alla normalità testimoniata anche dalle strade e dai ristoranti affollati nell’ultimo fine settimana.
“È già accaduto a metà dicembre”, sottolinea Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale e autore di un’indagine sul legame tra la diffusione del virus e la mobilità degli italiani, misurata sulla frequenza con cui le persone hanno utilizzato bus, tram e metro.
I risultati sono ben visibili dal grafico in cui Villa ha sintetizzato le evidenze del suo lavoro. Partendo dalla riduzione dell’80%, rispetto allo stesso periodo del 2019, seguita al lockdown, e dalla rapida risalita, fino ad attestarsi al -20%, con l’allentamento delle restrizioni e l’arrivo della bella stagione.
E nella seconda ondata? Dal grafico sono ben visibili gli effetti dei divieti disposti con il Dpcm 24 ottobre e con l’istituzione, poco dopo, delle cosiddette “zone colorate” il 3 novembre.
A metà del mese, con l’entrata in zona rossa di 7 su 21 tra Regioni e Province Autonome, la mobilità si era ridotta di circa il 50% rispetto allo stesso periodo del 2019.
“Anche in questo caso, sia pure in maniera più graduale, l’effetto sulla trasmissione virale e sui decessi è stato netto”, spiega il ricercatore dell’Ispi. Tuttavia, il rapido rilassamento delle misure già dal 6 dicembre – nessuna Regione in zona rossa, 12 in zona gialla – e poi più decisamente il 13 dicembre -16 Regioni in zona gialla – aveva provocato quello che Villa definisce un “miniboom” prenatalizio nella mobilità degli italiani, compensato dal calo registrato a Natale e Capodanno dopo l’istituzione delle zone rosse.
“Stretta provvidenziale, quella di Natale – commenta Villa – perchè è servita a evitare che la situazione precipitasse nella prima parte di gennaio”.
Ma verso la fine del mese scorso la mobilità degli italiani è tornata a crescere, sembra rapidamente. Insomma, come risulta piuttosto evidente dall’indagine, “zona rossa e arancione riducono la trasmissione del virus, la zona gialla no perchè aumenta la mobilità delle persone”.
E quindi ora c’è il rischio che con una ripresa rapida della mobilità “tutti i progressi che abbiamo fatto negli ultimi due mesi si perdano”, avverte il ricercatore.
Nel tentativo di trovare un equilibrio tra tutela della salute e necessità di salvaguardare l’economia, per Villa, “ci stiamo rilassando troppo”. In un momento in cui ci si trova a dover fare i conti con le varianti, “sulle quali si indaga ancora molto poco e che se non individuate potrebbero causare un rapido e repentino picco dei contagi”.
Come è avvenuto nel Regno Unito che per la variante inglese in meno di due mesi ha registrato, rispetto all’Italia, un incremento di 15000 morti. Finora le cose non sono andate così male, ma “continuiamo a inseguire il virus ed è difficile pensare che l’Italia, a differenza di quanto sta accadendo in altri Paesi, sia esente dalle conseguenze delle varianti. Nè, per ora si può fare affidamento sugli effetti benefici della vaccinazione”.
“Al momento – puntualizza il ricercatore dell’Ispi – abbiamo vaccinato un numero di persone che ci permette di abbassare il numero dei morti previsti solo del 2%”.
Troppo poco per segnare l’inversione di tendenza necessaria a far abbassare la curva del contagio. Ora ancora troppo alta e gravata dal rischio di risalire.
E allora cosa si deve fare? “Tenere altissima l’attenzione – risponde Villa – rispettare i divieti anche se si è in zona gialla e cercare di ridurre quanto più possibile la mobilità . O vanificheremo i progressi fatti”.
(da agenzie)
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