Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
“NON CI FOSSILIZZIAMO SU QUOTA 100″….PUR DI PARTECIPARE ALLA SPARTIZIONE DEL BOTTINO DEL RECOVERY TRA POCO SI IMBARCHEREBBE PURE SU UNA NAVE DELLE ONG
“Non ho frequentazioni assidue con il Pd ma le avremo”, così Matteo Salvini in un’intervista a Radio24 all’indomani delle consultazioni tra la Lega e Mario Draghi, incaricato da Mattarella di formare un nuovo governo. Dopo il colloquio con l’ex presidente della Bce il leader del Carroccio ha annunciato la disponibilità ad appoggiare il futuro esecutivo “senza porre veti”.
Salvini vorrebbe “lasciare agli altri le etichette”. “Fascista, comunista, europeista, io sono una persona pragmatica e concreta. Noi siamo mani, piedi, cuore e cervello in Europa”
L’ex ministro dell’Interno ha dichiarato poi di non essere interessato a guidare nuovamente un dicastero, anche se da Via Bellerio fanno sapere che far parte dell’esecutivo con Salvini ministro sarebbe una condizione per appoggiare l’ex presidente della Bce.
“L’anno appena cominciato sarà economicamente e socialmente molto difficile. Il 31 marzo c’è lo sblocco dei licenziamenti e tanti imprenditori saranno costretti a rinunciare a qualche collaboratore, quindi toccare Quota 100 e alzare l’età pensionabile in un anno come questo, o il prossimo, mi sembrerebbe un errore clamoroso. Questo non significa che Quota 100 sarà una questione non negoziabile. Ci siederemo al tavolo con il professor Draghi e ne parleremo”, ha concluso.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
TEMI DIFFICILMENTE DIGERIBILI PER IL CARROCCIO
Nella bozza del programma che il Partito democratico porterà domani al secondo giro di consultazioni con Mario Draghi ci sono tutti i presupposti perchè l’ingresso della Lega in una eventuale maggioranza possa risultare più complicata del previsto.
Le prime macroaree trattate nel documento, che Open è in grado di anticipare, riguardano Europa, Salute e Lavoro.
Ma è già dal quarto punto, quello relativo a una riforma fiscale, che i Dem propongono la prima trappola per il Carroccio: «Introduzione di un sistema fiscale più progressivo, per alleggerire il carico sui ceti medio-bassi e scoraggiare la rendita; la nostra proposta prevede di passare dall’attuale sistema a più scaglioni a un sistema ad aliquote continue», si legge nella bozza. Un modello che, per i sostenitori della flat tax, è inaccettabile.
C’è un capitolo del programma che, però, si presenta come un attacco diretto alla Lega: l’immigrazione. «Quando nacque il governo Conte, negli accordi presi, il Partito Democratico volle con forza inserire la modifica dei decreti voluti dall’allora Ministro degli interni Salvini, da noi considerati al contempo disumani e insicuri. Non fu quello un vezzo ma una battaglia di civiltà per noi imprescindibile. Quei decreti erano demagogici e avversi allo spirito con cui l’Italia Repubblicana si è collocata storicamente nel contesto italiano ed europeo», si legge.
E ancora: «Avevano come scopo non dichiarato quello di rendere impossibile, di fatto, la protezione internazionale per decine di migliaia di persone in fuga da carestie e guerre, con l’aggravante che molte persone venivano espulse dalle strutture e dai percorsi di accoglienza, diventando così degli “invisibili”.
A ciò si sommava la chiara carica simbolica di quei decreti: il migrante era l’invasore da respingere, sacrificando a tale scopo l’umanità e il diritto».
Una sferzata che incrina le possibilità di dialogo con la Lega per la formazione dell’esecutivo Draghi. Ponendo nell’agenda, tra l’altro, il tema della cittadinanza: il Pd chiede a Draghi l’«approvazione in via definitiva del disegno di legge sullo Ius Culturae». Cose, però, di competenza più parlamentare che di governo.
Non mancano alcuni passaggi che rievocano le differenze politiche tra i due partiti. Nella bozza, i Dem citano più volte l’elemento del sovranismo per rimarcare una precisa scelta di campo: «Bisogna contrastare ogni disegno sovranista e ogni tendenza negazionista».
E ancora: «Contrastare così ogni deriva sovranista, anacronistica e condannata dalla storia». Infine, un altro punto di contrasto — qualora Draghi decidesse di accogliere le richieste del Pd e includerle nel programma di governo — sarebbe la legge Zan. Nel capitolo dedicato al welfare e al terzo settore, la bozza recita: «Auspichiamo la rapida approvazione della legge contro omolesbobitransfobia, misoginia e abilismo».
(da Open)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
L’EX CAPO DELLA PROTEZIONE CIVILE, IL DIRIGENTE DEL CREDITO SPORTIVO E IL GENERALE DEI CARABINIERI
La pista numero uno è sempre quella che porta al richiestissimo Bertolaso. A capo della campagna vaccinale in Lombardia, potrebbe finire a occuparsi dell’operazione anti-Covid a livello nazionale.
Il centrodestra non è quindi sicuro che alla fine Bertolaso sia nelle condizioni di rispondere alla chiamata di Lega e Forza Italia.
Tira un sospiro di sollievo Giorgia Meloni. Già , perchè la leader di Fratelli d’Italia è da sempre convinta che il candidato giusto sia un altro. Non più Francesco Rocca, rimasto al timone della Croce Rossa, ma Andrea Abodi.
“Può essere il Malagò di centrodestra”, si continua a ripetere nelle riunioni della coalizione. L’etichetta non pare entusiasmare troppo il diretto interessato, ma serve a ribadire il concetto: “Abodi può essere il volto giusto per riprendere il Campidoglio e per guidarlo districandosi tra le insidie delle partecipate”. In più il dirigente, 60 anni, è romano. Che non guasta mai.
Lo stesso vale per Giovanni Nistri, 64enne ex comandante generale dei carabinieri. Oltre alla carriera militare, dalla sua ha l’esperienza maturata da commissario straordinario e direttore generale del progetto Grande Pompei.
In quel ruolo si è trovato a gestire bandi milionari e cantieri, con gli occhi dei pm e dell’Anac sempre addosso. Una palestra che tornerebbe più che utile in caso di candidatura a sindaco. Il profilo del generale (dato per interessato alla missione) è stato vagliato con molta attenzione dal centrodestra.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
NELLE CARTE DELL’INCHIESTA DI GRATTERI L’AFFIDAMENTO AL “BRACCIO IMPRENDITORIALE” DELLE COSCHE CROTONESI PER CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO… INCHIESTA CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO DELL’ASSESSORE REGIONALE DEL CENTRODESTRA
La Regione Calabria ha comprato mascherine, tute e altri dispositivi di protezione individuale da un’impresa legata alla ‘ndrangheta.
L’inchiesta “Basso profilo”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, conferma come l’emergenza Covid-19 sia ormai diventata un business per la criminalità organizzata e per le aziende riconducibili alle cosche mafiose.
È quanto emerge dalle carte inserite nel fascicolo dell’indagine coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno che, nelle settimane scorse, hanno perquisito l’abitazione del segretario nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa e hanno chiesto e ottenuto dal gip l’arresto dell’assessore regionale al bilancio Francesco Talarico.
L’impresa Antinfortunistica Gallo (di proprietà di Antonio Gallo, ritenuto il “braccio imprenditoriale” delle cosche crotonesi) “in occasione dell’emergenza Covid ha ricevuto affidamenti diretti per la fornitura di dispositivi di protezione individuale da enti pubblici e partecipate”. La notizia è stata pubblicata dalla Gazzetta del Sud che ha riportato il contenuto di un’informativa della Dia sulle relazioni periodiche redatte dall’amministratore giudiziario della società , il commercialista Gregorio Tassoni, nominato dal Tribunale nel luglio 2019
La società di Gallo era finita nel mirino della prefettura e da allora, per poter continuare a lavorare, l’imprenditore arrestato per ‘ndrangheta aveva chiesto di poter accedere alla procedura del controllo giudiziario. Ciò ha comportato che, ogni due mesi, l’amministratore Tassoni doveva verificare i conti dell’azienda e trasmettere una propria relazione alla prefettura e al Tribunale.
In quella del 4 giugno scorso, il commercialista scriveva che “la situazione economica al 31 marzo 2020, denota un notevole incremento dei ricavi dovuto alla vendita di dispositivi diÌ€ protezione individuale, oggetto principale dell’attività aziendale, richiesti per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19”.
Tra i clienti della società di Gallo c’è proprio la Regione Calabria che è l’ente che ha speso di più per avere mascherine e dpi dall’imprenditore finito al centro dell’operazione “Basso profilo”: ben 113mila euro per un acquisto con procedura d’urgenza, quindi senza appalto pubblico.
L’unico ente, invece, a fare l’acquisto tramite trattativa Mepa è stata l’Agenzia delle Dogane (per 9282,50 euro). Tutti gli altri, invece, hanno proceduto all’acquisto di mascherine e altri tipi di dpi con “ordine diretto emergenza Covid-19”.
A proposito di dispositivi di protezione individuale, nella stessa informativa della Dia, gli investigatori segnalano alla Procura che mentre la ditta Infortunistica Gallo era sottoposta alla procedura del controllo giudiziario, nel maggio 2019 l’imprenditore arrestato ha costituito una nuova società della quale era amministratore e socio unico: la AG Sales Agents Srls con 2900 euro di capitale sociale interamente versato e sede legale a Roma. “La suddetta Srls — scrive la Dia nella nota trasmessa al sostituto procuratore Paolo Sirleo — risulta operante nel campo della fornitura di dpi”.
La pandemia è stata, quindi, un business per Antonio Gallo. Il tutto mentre con la sua azienda, nonostante la procedura del controllo giudiziario, continuava a “intrattenere rapporti commerciali con le società risultate essere ‘cartiere’, asseverate al sistema fraudolento”, emerso nell’inchiesta della Dda.
Le relazioni del commercialista nominato dal Tribunale, infatti, secondo gli inquirenti, cristallizzano il “perdurare dell’ipotizzato fraudolento comportamento con la conduzione di un sistema illecito dedito alla creazione di indebiti crediti di imposta”.
Il sistema è sempre lo stesso: “Infatti, — si legge nell’informativa — se da un lato vi eÌ€ un rapporto commerciale con la pubblica amministrazione, che genera indubbiamente un debito di imposta, dall’altro viene simulato un rapporto economico con le cosiddette cartiere per la generazione di un credito di imposta”. Non è un caso che l’azienda che ha fornito mascherine alla Regione Calabria e a molti altri enti pubblici al 4 giugno 2020 vantava un credito Iva con l’erario di oltre 68mila euro. Poco più di un mese prima, la Dda aveva già chiesto al gip l’arresto di Antonio Gallo e dell’assessore regionale al bilancio Francesco Talarico dell’Udc
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
“NON SERVE ULTERIORE PRECARIETA'”
Dopo l’incarico assegnato a Mario Draghi, il segretario della Cgil Maurizio Landini chiede di partecipare alla costruzione, e detta la sua linea a difesa dei lavoratori.
“Il mondo del lavoro non è che ci ha guadagnato in questi anni… Il mondo del lavoro deve vedere un vantaggio dalla riforma fiscale, con progressività e lotta all’evasione. Patrimoniale? Siamo per una riforma complessiva. Ma se qualcuno mi viene a ripropormi la flat tax deve esser chiaro che noi non siamo d’accordo, non siamo disponibili a pagare tre volte, quelli che lavorano sono quelli che si sono fatti il mazzo e hanno permesso di uscire dalla pandemia. Vogliamo riconosciuti dei diritti, non ulteriore precarietà “.
“In un Paese che deve investire 300 miliardi, che non ha una politica industriale, che ha un sistema pensionistico da riformare, cosa ho da perdere più di quello che ho già perso?”, chiede retoricamente Landini.
“Lo statuto dei lavoratori è già stato manomesso, serve un nuovo Statuto. Io rivendico un cambiamento. Non ho una preoccupazione di cosa taglierà Draghi, ma voglio essere coinvolto per partecipare allo sviluppo e alla rinascita del Paese. Non c’è certo da tagliare sul mondo del lavoro”, ha concluso Landini.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
“LA SUA CONVERSIONE ALL’EUROPA E’ SOLO STRUMENTALE, GOVERNO IMPOSSIBILE CON LA LEGA”
Enrico Rossi boccia l’ingresso della Lega nel governo.
L’ex presidente della Toscana, esponente del Pd (attualmente è commissario del Pd umbro), articola questa sua convinzione in un lungo post domenicale su Facebook in cui spiega: “A mio avviso, non è credibile che questa coesione sia possibile con l’ingresso della Lega nella maggioranza” e riassume così la strategia della Lega: “La svolta europeista e responsabile di Salvini, avvenuta come un’illuminazione improvvisa nel giro di poche ore, non è certo ispirata, come lui dice, ai governi di unità nazionale voluti da Togliatti nel dopoguerra – scrive Enrico Rossi – nè al moderatismo democristiano di Santa Dorotea. Ben altra era la profondità e il travaglio dei personaggi di quelle vicende che il solo richiamarle e paragonarle all’oggi offende la verità storica e il normale senso del pudore.Piuttosto, la giravolta di Salvini sembra spinta dalla volontà dei gruppi forti del nord del Paese di avere più garanzie politiche di partecipazione alla divisione di una quantità grande di risorse come quella dei fondi europei”.
Poi aggiunge una considerazione: “Invece, per quanto riguarda il suggeritore politico, è assai probabile che a consigliare in Capitano, che solo pochi mesi fa chiedeva pieni poteri, sia stato il suocero Verdini (Denis Verdini, padre di Francesca legata sentimentalmente al leader della Lega), lo stesso che aveva indotto Berlusconi al patto del Nazareno.E dunque? Per valutare l’inopportunità di fare un governo con la Lega sufficiente verificare la congruità e la possibilità di raccordare i programmi tra forze politiche come Pd, Leu ma anche M5stelle, che con la Lega dovrebbero concorrere a sostenere Draghi”.
(da Globalist)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
“HA VOTATO CONTRO IL RECOVERY E ORA VUOLE AVERE VOCE IN CAPITOLO NELLA RIPARTIZIONE DEI FONDI”
“Non c’è dubbio che è una novità : Salvini ha dato ragione al Pd, non ci siamo scostati noi. Tutti possono riconoscere che l’idea di risolvere i problemi distruggendo l’Europa era fallimentare. Si apre una fase nuova, non c’è dubbio: vedremo le coerenze”. Lo dice Nicola Zingaretti, segretario del Pd, a Mezz’ora in più su Rai3. “Ho visto scricchiolare il progetto politico per cui il nuovo era un attacco alle democrazie occidentali e la morte dell’Europa”, aggiunge.
“Quello di Draghi è un profilo che si è messo al servizio di una possibile rinascita italiana. Gli chiederemo di produrre fatti concreti. Siamo per creare lavoro, è una priorità assoluta. Poi una riforma fiscale all’insegna della progressività , della giustizia, della sburocratizzazione, senza la furbizia dei condoni”, ha aggiunto Zingaretti.
“Fra qualche settimana o mese voteranno milioni di italiani. Ogni città deciderà per sè, ma noi portiamo sul territorio alleanze civiche competitive ovunque. Uno spirito unitario penso che porterà a una grande vittoria delle elezioni amministrative”.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
APPELLO DELLE ONG PER RENDERE PUBBLICI I BREVETTI
I 50 Paesi più ricchi del mondo hanno acquistato il 60% delle dosi disponibili di Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Se non si aumentano i produttori, a farne le spese saranno le aree in via di sviluppo
Il nazionalismo dei vaccini danneggia tutti e non protegge nessuno. Si intitola così un intervento firmato da Tedros Adhanom Ghebreyesus, numero uno dell’Organizzazione mondiale della sanità , uscito su Foreign Policy lo scorso 2 febbraio.
Il comportamento delle grandi aziende farmaceutiche — su tutte Pfizer, Moderna e AstraZeneca — sta sollevando un dibattito di tiratura internazionale sul modo in cui stiamo partecipando alla corsa verso l’immunità di gregge contro il Coronavirus. Nonostante i finanziamenti per i vaccini anti Covid siano pubblici, i brevetti per la loro produzione restano privati.
Così facendo, la coperta vaccinale rischia di rimanere troppo corta: a farne le spese sarebbero, à§a va sans dire, i Paesi in via di sviluppo. Oltre alla questione morale, a dover essere indagata è quella relativa all’efficacia del metodo: secretare le licenze è davvero la strada giusta per immunizzare la maggior parte della popolazione mondiale? Secondo molte Ong e organizzazioni civili, la risposta è no.
I numeri delle Big Three
Come ha sottolineato l’Oxfam — la confederazione internazionale di organizzazioni non profit che lavora per ridurre la povertà a livello globale — affidare solo alle tre aziende di Big Pharma (quelle, cioè, che hanno già visto approvato il siero) l’attuale produzione delle dosi, non è la strategia migliore per raggiungere l’obiettivo.
Secondo quanto dichiarato da Pfizer, Moderna e AstraZeneca, queste tre case farmaceutiche da sole hanno in programma di produrre entro la fine dell’anno dosi sufficienti per vaccinare circa un terzo della popolazione mondiale.
In realtà , però, le proporzioni ci restituiscono un quadro ben diverso: poichè i paesi ricchi hanno acquistato molte più dosi di quante non ne servano per vaccinare i loro abitanti, la cifra reale della popolazione mondiale coperta è molto inferiore.
Stando ai dati dell’Oms, i paesi ricchi — che ospitano appena il 16% della popolazione mondiale — hanno acquistato oltre il 60% della fornitura complessiva dei vaccini. E mentre questi Paesi mirano a vaccinare il 70% della loro popolazione entro l’estate (Ursula von der Leyen dixit), il piano Covax fatica ad arrivare a una fornitura che garantisca almeno una copertura del 20% della restante popolazione mondiale entro la fine dell’anno
Molti miliardi pubblici, pochi accordi
I clienti preferiti di Big Pharma sono i Paesi che possono avanzare la migliore offerta. Solo AstraZeneca per ora ha stretto abbastanza accordi con le aree in via di sviluppo, mentre le restanti due si sono organizzate principalmente con i Paesi ricchi (Usa, Ue, Regno Unito, Emirati Arabi).
In un comunicato dell’ottobre 2020, Moderna aveva annunciato di non essere intenzionata a citare in giudizio i concorrenti che produrranno vaccini basati sulla tecnologia mRNA durante il periodo dell’emergenza. Attualmente, però, non ha stilato accordi con nessun altro produttore. Nemmeno con la danese Bavarian Nordic, rimasta inascoltata dopo che la scorsa settimana si era offerta di produrre 240 milioni di dosi nella sua fabbrica.
L’unica ad essersi mossa è stata Pfizer, che ha allargato la produzione anche a Sanofi — dopo che la distribuzione della casa farmaceutica francese e del suo partner britannico GlaxoSmithKlin è stata rimandata alla fine del 2021. Sanofi produrrà 125 milioni di dosi del vaccino BioNTech, ma, come sottolineato dall’Oxfam, è solo «una goccia nell’oceano» rispetto alla scala del bisogno. Molto probabilmente, infatti, l’aumento produttivo andrà a beneficio solo dei paesi appartenenti all’Unione europea.
Su quanti siano i finanziamenti pubblici in gioco non si hanno dati certi: secondo Bloomberg, Big Pharma ha ricevuto oltre 20 miliardi di dollari solo dall’Unione europea, e per Lois Chingandu, direttrice dell’Ong Frontline AIDS, ci sono in ballo in totale 100 miliardi di dollari. Inoltre, sempre secondo Chingandu, in un solo anno Pfizer, Moderna e AstraZeneca sono destinate a registrare entrate economiche del valore pari a oltre 30 miliardi di dollari.
I dati sui vaccini nei paesi più poveri
A monitorare la situazione è la People’s Vaccine Alliance, una coalizione di organizzazioni no profit unite nella volontà di rendere un bene veramente pubblico il prodotto finanziato con i soldi dei contribuenti. Secondo un report stilato già a dicembre — cioè prima ancora del V-Day europeo — se non si abbandona la strada dei brevetti e dei profitti sulla pandemia, in molti Paesi in via di sviluppo solo una persona su 10 riceverà la dose. Il 90% della popolazione più povera, quindi, rimarrà senza copertura vaccinale contro il Coronavirus nel 2021.
Guardando le percentuali raccolte dal tracker di Bloomberg, al 6 febbraio solo il 4% delle vaccinazioni totali è stato effettuato nei paesi in via di sviluppo (la maggior parte in India, grazie all’attività del Serum Institute in collaborazione con AstraZeneca e Novavax). Tra i paesi più poveri del mondo, solo la Guinea è riuscita a vaccinare un numero pari a 55 persone. «I paesi ricchi hanno acquistato dosi sufficienti per vaccinare le loro popolazioni tre volte — scrivono dall’Oxfam- , lasciando i paesi in via di sviluppo a competere per gli avanzi».
Per quanto riguarda l’Africa in generale, il progetto Covax ha assicurato al continente almeno 600 milioni di dosi entro la fine del 2021. Secondo il presidente sudafricano e dell’Unione Africana, Cyril Ramaphosa, il numero sarà sufficiente solo per vaccinare gli operatori sanitari. Ma non serve arrivare troppo lontano per notare il «fallimento morale catastrofico»: l’Ue non è riuscita a inviare nemmeno alcune dosi simboliche ai suoi aspiranti Stati membri nei Balcani. Un vuoto che, molto probabilmente, verrà colmato dai produttori cinesi e russi, come già accaduto in Asia, in America Latina, in Turchia e nello stesso continente africano. A oggi, sono più di 20 i Paesi ad aver firmato accordi con Pechino.
Solo in India esistono almeno altri 20 produttori che, se avessero la licenza e fossero in possesso del know-how, sarebbero in grado di realizzare e distribuire i vaccini, arricchendo enormemente la somma di dosi prodotte e distribuibili in diverse parti del mondo. Secondo i dati dell’Unicef, solo il 43% della capacità dichiarata di produzione nel mondo è attualmente in funzione per produrre i vaccini approvati.
(da Open)
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Febbraio 7th, 2021 Riccardo Fucile
SCOPPIANO LE CONTRADDIZIONI: MENTRE SALVINI SI TRAVESTE DA EUROPEISTA, L’AMICO MEUTHEN CRITICA IL CAPO DEL GOVERNO DOVE VUOLE ENTRARE LA LEGA
Uno “scherzo” di cattivo gusto che alla fine “saranno i contribuenti tedeschi a pagare”. Il leader dell’ultradestra tedesca Jorg Meuthen ha accolto con palese irritazione la notizia dell’incarico affidato a Mario Draghi per formare il nuovo governo in Italia.
In Germania l’ex presidente della Banca Centrale Europea non ha mai riscosso particolari simpatie durante il suo mandato all’Eurotower e di certo non ne riscuoterà molte ore, quanto meno tra le file di Alternative fà¼r Deutschland.
Il leader del partito che già dai tempi della Bce definiva il banchiere “becchino dei risparmiatori tedeschi” pare non digerire Draghi nemmeno nella sua nuova veste di presidente del Consiglio.
La ragione di tanto malumore è il Recovery Fund, il fondo europeo che vede l’Italia tra i principali beneficiari per circa 200 miliardi (incluse le risorse che dovranno poi essere restituite).
“In Italia pensano di usare il Recovery Fund per sostituire i sistemi di riscaldamento”, scrive su Facebook Meuthen, riferendosi in maniera un po’ dozzinale al Superbonus edilizio al 110%. Una misura che, secondo l’eurodeputato tedesco, consentirà agli italiani che hanno una casa di proprietà di rifarsi impianti e caldaie a carico esclusivo dello Stato italiano, per questo “pagato in ultima analisi in misura considerevole dal contribuente tedesco! Che orgia di spesa senza senso, tutta a carico del Nord Europa e in particolare della Germania”.
Meuthen non è mai stato entusiasta del Recovery Fund che definisce un “trasferimento di ricchezza” dai Paesi del Nord a quelli dell’Europa meridionale, all’Italia in particolare “dove è risaputo che i cittadini detengono un patrimonio in media di gran lunga superiore” rispetto a quello dei cittadini tedeschi.
Non contenti però di questo “regalo”, gli italiani ora si affidano anche “al grande maestro dell’indebitamento, Mario Draghi”, ora chiamato a “costituire un nuovo governo e poi accontentare gli italiani” con i tanti miliardi pronti da spendere.
Si tratta dell’uomo “che ci ha condotto alla politica completamente errata della Banca Centrale Europea e che ha inondato l’eurozona di una mole eccessiva di denaro. Si tratta di uno scherzo, ma molto brutto del quale i tedeschi, che in misura considerevole saranno chiamati a pagare il conto, alla fine non potranno ridere”, attacca Meuthen.
Se l’incarico da premier irrita non poco il leader di AfD, di certo non lo rassicurerà sapere che il suo principale alleato in Europa si candida a far parte della nuova maggioranza.
L’apertura di Matteo Salvini a Draghi, forse persino preludio del suo ingresso nella squadra dell’esecutivo, rischia di mostrare ancora una volta tutte le contraddizioni insite nell’alleanza tra i partiti sovranisti al Parlamento Europeo.
Per un Meuthen molto critico, c’è infatti un Salvini che quasi tradisce entusiasmo per il nascituro Governo, ostentando disinteresse per chi nota la sua improvvisa svolta europeista.
La ragione è che da qui ad aprile si dovrà scrivere la versione definitiva del Recovery Plan italiano, e anche se in questa legislatura non dovranno essere spesi tutti i miliardi a disposizione di certo bisognerà programmare l’allocazione delle risorse, scegliere i progetti e i cantieri, definire commissari e cronoprogrammi. A quel tavolo è meglio esserci: “Preferisco essere nella stanza in cui si decide su quei soldi, i 209 miliardi del Recovery Fund, ”, ha detto Salvini.
Con buona pace dell’alleato europeo Meuthen.
(da “Huffingtonpost”)
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