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IL DIRETTORE DELL’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO: “DOSE UNICA? MEGLIO DI NO”

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

MAGRINI: “MEGLIO DARE LA DOPPIA DOSE AL NUMERO GIUSTO DI PERSONE PIUTTOSTO CHE UNA SOLA AL DOPPIO DI PERSONE”

Il tema è sul tavolo dell’Aifa e del Consiglio Superiore di Sanità : è percorribile la strategia di somministrare una sola dose a tutti, ritardando il richiamo, come si fa in Gran Bretagna? ”È una strategia possibile quella di favorire una vaccinazione più rapida, anche se non ottimale, del doppio di persone” dice Nicola Magrini, direttore dell’Agenzia italiana del farmaco in un’intervista al Corriere della Sera, precisando che “la scelta finale spetterà  al Governo”.
La sua idea è che certamente è “meglio indossare due scarpe buone che una sola malandata”, la situazione di oggi in Italia è “meno grave” di quella che portò i britannici a cambiare strategia, e in generale “credo sia meglio dare la doppia dose al numero giusto di persone piuttosto che una sola al doppio di persone”.
Altro tema, il vaccino russo. “Sputnik ha dati interessanti, ma andrà  approvato prima dall’Ema, come Unione Europea. Se l’Italia volesse fare una decretazione d’urgenza per saltare questo passaggio, è una scelta politica, non tecnica” dice Magrini.
“Sulla rivista Lancet sono stati pubblicati risultati molto interessanti cui si è aggiunto il parere positivo e isolato di un gruppo dello Spallanzani, che di fatto però non aggiunge nulla , anzi crea qualche dissonanza. Sputnik andrà  approvato e soprattutto validato con una visita ispettiva sulla qualità  di produzione dall’Ema. I contatti sono stati avviati, ma il dossier per la registrazione non ancora consegnato”, sottolinea.
“In base allo studio su Lancet è un preparato che potremmo definire ottimo, nuovo e intelligente, con risultati di efficacia eccellenti. Altrettanto non è per quanto riguarda la trasparenza di accesso ai dati che deve essere completa. Le autorità  regolatorie inoltre richiedono una documentazione aggiuntiva sulla qualità  e la sicurezza. Solo dopo aver avuto tutte queste prove di affidabilità  l’Ue darà  il via libera e così anche noi”, risponde Magrini. “Se un singolo stato decide di aprire questo fronte emergenziale dipende dalla politica a livello nazionale. Io rappresento una agenzia tecnica sia per il livello nazionale che europeo”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL FLOP DEI VACCINI RACCONTA L’INCOMPIUTEZZA DELL’UE: SENZA UN DECISORE NON SI VINCE E L’EUROPA NON CE L’HA

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

LA SUA BUSSOLA NON E’ LA SOVRANITA’ MA LA BUROCRAZIA

Il flop dei vaccini in Europa non è colpa di una funzionaria incompetente, come va ripetendo in tv Roberto Burioni. Ma è il frutto di una debolezza politica che non avrebbe potuto avere altro esito. E che racconta l’incompiutezza dell’Unione, il limite di una governance pattizia, il suo inguaribile declinare l’autonomia in burocrazia.
Con il rischio adesso di tornare a innaffiare il sovranismo, che pure sembrava rinsecchirsi. Perchè si fa presto a dire che, a problemi globali, occorrono risposte globali, se poi scopri che una statualità  efficiente, come Gran Bretagna o Israele, dà  punti a un gigante di ventisette capitali.
Senza una sola big pharma in grado di produrre vaccini. E senza la forza per battere i pugni sul tavolo e dire: qui non c’è proprietà  intellettuale che tenga, siamo di fronte a una catastrofe della specie umana e tutti hanno il diritto di utilizzare la ricerca di uno solo.
Possiamo continuare a celebrare il mito dell’unità  europea di fronte al dramma della pandemia e fingere di non vedere che cos’è accaduto. Oppure possiamo ammettere che la convergenza politica delle cancellerie non è bastata a impedire che si replicassero con le big pharma gli errori commessi per due decenni con le big tech.
Che la politica industriale ha rinunciato a promuovere e a sviluppare, e la politica fiscale ha rinunciato a tassare e a regolare.
L’Europa ha scoraggiato il mercato e disarmato la sovranità , lasciando che la negoziatrice dei vaccini, Sandra Gallina, facesse slalom tra i vincoli imposti da 27 paesi.
Che premevano per estendere la platea dei produttori, acquistare i vaccini al prezzo più basso e imputare i costi di un eventuale fallimento della ricerca alle imprese farmaceutiche. Il contrario dell’autonomia decisionale delle autorità  americana e britannica, che hanno trattato con una discrezionalità  ampia, potendo scegliere uno o più contraenti e pagare prezzi più alti pur di salvare vite umane, ricevendo così le fiale prima, e rinunciando a procedure di verifica scientifica astrattamente coerenti, ma implausibili di fronte alla necessità  di far presto.
Il risultato è il 28 per cento di immunizzati oltre la Manica, il 22 oltre l’Atlantico e solo il 6 nel Vecchio Continente.
L’Europa ha escluso la leva dei prezzi. Per impedire che qualcuno potesse pagare di più, saltando la fila. Dimenticava che in un modo o nell’altro c’è sempre qualcuno che la fila la salta.
Ha pensato di distribuire le dosi come avrebbe fatto l’Unione sovietica, ma senza essere l’Unione sovietica. Perchè il centralismo sanitario, fondato sul monopolio della mano pubblica, non si è rivelato una politica forte, ma un’organizzazione elefantiaca e inefficiente.
Quando Biden ha chiamato al capezzale di un’America malata i detentori dei brevetti, gli impegni con Bruxelles sono degradati a promesse scadute, senza conseguenze per gli inadempienti.
L’Europa figlia di un’ispirazione liberale, tecnocratica e giuridicista, ha esibito tutti i limiti di una sovranità  incompiuta. Al netto delle migliori intenzioni delle cancellerie, ha mostrato la sua difficoltà  di percepirsi come potenza, al tempo in cui la geopolitica torna a essere confronto tra potenze dotate di massa critica.
E qui sembra avere conferma la censura che Carl Schmitt muoveva quasi un secolo fa al pensiero liberale: quella di disconoscere la categoria della sovranità , poichè è acefala la sua idea dell’ordinamento e dello Stato. Risale sempre a una norma fondamentale, ma mai a un decisore ultimo.
Senza un decisore non si affronta e non si vince oggi una pandemia, domani una crisi ambientale, o una sfida militare. Senza un decisore si dipende dalle procedure di un ente regolatore, l’Agenzia europea per il farmaco, che gli stati nazionali sorpassano.
Gli americani danno l’ok al siero di AstraZeneca con un mese d’anticipo, gli inglesi li seguono a ruota grazie ai trials organizzati in parallelo, l’Ungheria sdogana qualunque vaccino che sia stato già  somministrato ad almeno un milione di persone. Bruxelles arranca tra i paletti degli enti di regolazione.
Dimostrando ancora una volta che la sua bussola non è la sovranità  ma la burocrazia. E assiste inerme all’evidenza che, di fronte all’emergenza, ogni produttore favorisce il suo governo.
Per questo il flop è consustanziale alla struttura intergovernativa della sovranità  europea. I mesi che verranno saranno l’ultima chance per rimetterla in discussione, per far sì che essa non si riduca al potere di fare le leggi, ma evolva nel potere di assumere le decisioni migliori per il benessere dei cittadini.
L’esperienza di oltre un decennio di cooperazione flessibile e non vincolante tra gli Stati membri dimostra il suo fallimento di fronte all’urgenza e agli effetti asimmetrici delle grandi crisi. “Abbiamo bisogno di un’Europa per tutto ciò che è essenziale, per tutto quello che le nazioni non possono fare”, aveva detto Draghi, con le parole di Jean Monnet, ricevendo due anni fa una laurea honoris causa all’università  di Bologna.
Ha sottinteso lo stesso appello nel suo primo discorso al Consiglio europeo, censurando la performance della strategia vaccinale.
Non vuol dire sognare un’irraggiungibile Unione federale, ma dividere la sovranità  – come suggeriva già  qualche anno fa Sergio Fabbrini nel suo libro “Sdoppiamento” – tra un’Europa che ha la potestà  politica di decidere sulle grandi questioni strategiche e l’autonomia delle nazioni in tutto ciò che resta.
O si dà  questo scatto, o si soccombe alle crisi, rinunciando a capirne le ragioni. E continuando a raccontarle con le accuse di un virologo eccentrico a una riservata tecnocrate. Che ha l’unica colpa di aver obbedito a un sistema di regole tecnicamente ineccepibili. Ma buone per arrivare ultimi.

(da “Huffingtonpost”)

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IACOPO MELIO HA VINTO LA SUA BATTAGLIA: E’ TORNATO NEGATIVO AL COVID

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

L’INFLUENCER CHE HA LAVORATO TANTO SUL TEMA DELLA DISABILITA’ ERA RICOVERATO DA TEMPO

E ora si torna al lavoro. È questo il primo pensiero di Iacopo Melio negativo al coronavirus: dopo 18 giorni del primo ricovero e 27 del secondo, il blogger e influencer che si è battuto a lungo sui temi legati alla disabilità  e che, grazie a questa sua attività  di pubblica utilità , è diventato anche consigliere regionale in Toscana, è uscito dall’ospedale San Giuseppe di Empoli, dove è stato seguito dal personale sanitario.
Iacopo Melio ha scelto Facebook, il social network che maggiormente lo ha aiutato nella sua battaglia per i diritti dei disabili, per annunciare ai suoi followers la buona notizia.
Il periodo di ricovero per coronavirus è stato difficilissimo da gestire. Lo stesso consigliere regionale toscano ha evidenziato i principali problemi: la ridotta capacità  respiratoria, il fatto di essere tornato a una alimentazione fatta di omogeneizzati e maionese, la perdita di peso.
«Questo non significa che sia tutto finito, anzi — ha detto -: ho sconfitto il virus, ma non i suoi effetti e tutto ciò che ha lasciato. Perchè il bastardo ti cambia, nel corpo e nella testa, e l’unica cosa certa è che non si torna più come prima».
Adesso, il primo pensiero di Iacopo Melio è recuperare il tempo perduto: rendere questa esperienza un qualcosa su cui poter lavorare e portare una testimonianza, come sempre dalla parte dei più deboli.
Inevitabile il ringraziamento nei confronti del personale sanitario che è stato vicino a Iacopo Melio in tutto questo periodo: «La resistenza, per me — ha detto -, oggi ha il colore dei loro sorrisi coperti, che non si vedono ma sai che ci sono».
Nell’ultimo periodo, nonostante il ricovero, Iacopo Melio ha comunque voluto portare avanti le sue battaglie di sempre: qualche settimana fa, ad esempio, aveva risposto a tono a Matteo Salvini che aveva chiesto un’azione di buon senso nei confronti di un disabile che era stato multato per aver disobbedito alle disposizioni anti-coronavirus. Inoltre, ha scritto diverse testimonianze per Repubblica, mettendo a disposizione dei suoi lettori uno spazio per capire come si affronta il tema della disabilità  nel corso di una pandemia.

(da agenzie)

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RENZI DEVE DIMETTERSI DAL BOARD DEL FONDO SAUDITA

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

IL REGIME, LA PROMESSA SPOSA E I DIRITTI NEGATI

Matteo Renzi deve dimettersi dal board del FII Institute. In verità  non avrebbe mai dovuto accettare l’incarico da 80 mila dollari all’anno nell’istituto creato per decreto dell’anziano Re Salman di Arabia.
Il FII Institute è nato dopo l’uccisione di Jamal Khashoggi. Teoricamente è un think tank che dovrebbe produrre eventi e idee per migliorare il futuro. In realtà  serve a migliorare l’immagine del regime, acciaccata dall’omicidio del 2 ottobre 2018. Dopo la pubblicazione del rapporto Usa sull’assassinio di Khashoggi, Renzi dovrebbe scrivere due e-mail.
La prima al FII per dimettersi dal board. La seconda ad Amnesty International per donare i soldi incassati.
Nel rapporto dell’intelligence Usa, svelato dal presidente Joe Biden, si legge che “il principe regnante Mohammed bin Salman ha ordinato l’operazione di Istanbul per rapire o uccidere Jamal Khashoggi”.
In realtà  quel rapporto di 4 pagine aggiunge poco a quel che sapevamo già . I fatti sono gli stessi ricostruiti con gli audio e i video della Polizia turca nel rapporto dell’ispettrice speciale dell’Onu Agnes Callamard. Bastava guardare il documentario The Dissident per capire tutto: Khashoggi è stato attirato in una trappola al Consolato di Istanbul e un’operazione simile era inconcepibile senza un via libera. La novità  è che gli Usa mettono nero su bianco le accuse contro il principe MbS un mese dopo il duetto di Renzi con lui al Future Investment Initiative a Riyadh.
Secondo la Polizia turca il corpo di Khashoggi sarebbe stato smembrato con una sega elettrica, trasportato a casa del console saudita e bruciato in un pozzetto riempito con una ventina di chili di carne bovina comprata in un ristorante del centro per confondere gli odori e far sparire il Dna.
Quindi Renzi non deve dimettersi da FII per Biden, ma per Hatice Cengiz. La 39enne turca avrebbe sposato Khashoggi. Mancava solo un documento e, solo per questa ragione d’amore, Khashoggi ha accettato il rischio di entrare in ambasciata il 18 ottobre 2018. Tutto era pronto per il matrimonio e lei attendeva fuori sperando di vedere uscire Jamal sorridente con il foglio. Invece dentro quell’edificio lo stavano facendo letteralmente a pezzi.
Hatice non parlava una parola di inglese. Ora lo ha imparato perchè da due anni porta in giro per il mondo la sua battaglia per convincere i potenti come Renzi a far giustizia per Jamal.
Anche Renzi cerca di migliorare il suo inglese ma poi lo usa per i salamelecchi a MbS sul Rinascimento saudita. Quando abbiamo chiesto a Hatice Cengiz un commento, lei ha replicato solo: “La storia giudicherà  chi loda il regime”.
Se Renzi lascerà  il FII, perderà  le relazioni, gli 80 mila dollari all’anno e i voli executive pagati. Chissà  se migliorerà  il giudizio della storia. Certamente quello di Hatice. E non è poco.
Renzi deve dimettersi anche per rispetto agli uomini e alle donne recluse nelle carceri saudite perchè hanno osato dire quel che pensavano sul regime. Per i fratelli e gli amici di Omar Abdul Aziz, il 30enne vlogger in esilio, amico di Khashoggi, protagonista con la Cengiz del film The Dissident.
Dovrebbe dimettersi per rispetto a Loujain al-Hathloul, l’attivista che ha pagato con 1.001 giorni di prigione la sua battaglia per i diritti delle donne. Rilasciata il 18 febbraio scorso, sostiene di avere subito torture. Renzi dovrebbe donare poi gli 80 mila dollari a Amnesty perchè lui è libero di dire quel che pensa e loro no.
Il problema è che Renzi usa la sua libertà  di parola per lodare il mercato del lavoro saudita. Proprio quello che per Amnesty è la prima ragione di violazione dei diritti umani in Arabia da parte delle imprese internazionali. Renzi poi dovrebbe dimettersi per tutelare l’onore degli italiani. L’ex sindaco di Firenze non può dire a davanti a MbS e al mondo che in Arabia intravede il neo-rinascimento.
Infine Renzi dovrebbe lasciare FII anche per rispetto di sè stesso. L’ex premier fa vanto della sua cultura cattolica e scout. Quante volte avrà  spiegato ai suoi figli che non si sta dalla parte dei forti ma si sostengono le ragioni dei deboli? Quante volte avrà  predicato che si aiuta la vittima anche se il carnefice è ricco, munifico e potente?
Se poi tutto questo non basta, almeno Renzi lasci per un suo interesse personale. Se vuole correre per il ruolo di Segretario Generale della Nato deve smarcarsi dal ruolo di paggio di MbS. A Biden non farà  piacere la nomina dell’amico del mandante di un rapimento o di un omicidio.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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DI BATTISTA CONTRO RENZI: “E’ UN LOBBISTA, SI DIMETTA DAL SENATO”

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

“SERVE UNA LEGGE SUL CONFLITTO DI INTERESSI”

“Matteo Renzi riceve soldi da un fondo saudita e adesso deve dimettersi, punto”. Per l’ex deputato M5S Alessandro Di Battista, recentemente uscito ufficialmente dal Movimento, non c’è alternativa. “Non è un politico, è un lobbista di se stesso”.
Renzi è tornato nel mirino dopo la visita in Arabia Saudita e la partecipazione alla Davos del Deserto in un panel con Mohammed bin Salman a seguito del rapporto della Cia che individua proprio nel principe ereditario il mandante dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi.
Secondo Di Battista, “in qualsiasi paese del mondo, Renzi si sarebbe dovuto già  dimettere, perchè c’è di mezzo la sicurezza nazionale. Il rapporto della Cia conferma ciò che tutti già  sapevano e che era già  noto quando il senatore si recava in Arabia Saudita”.
Il caso, prosegue ancora Dibba, “dimostra che è assolutamente prioritaria una legge sul conflitto di interessi che impedisca ai politici in carica di prendere soldi da enti esteri e che eviti la commistione tra banche e mondi finanziari in una fase così delicata, che si presta alla speculazione. E poi c’è il tema delle porte girevoli tra la politica e le aziende. Due ex ministri del Governo Gentiloni, prima Padoan e ora Minniti, sono passati dall’essere deputati a incarichi per imprese attive nei settori di cui si occupavano da ministri. È tutto a norma di legge, ma in un paese normale non dovrebbe accadere”.

(da agenzie)

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E SE C’ERO DORMIVO

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

LA “VARIANTE ITALIANA” STA COLPENDO QUASI TUTTI I NOSTRI MIGLIORI GIURISTI: QUELLO CHE FA IL TREDICESIMO APOSTOLO VA SEMPRE BENE

Una pandemia di encefalite letargica, detta Variante Italiana, sta colpendo i nostri migliori giuristi. L’altro giorno erano tutti eccitati perchè finalmente “si torna alla Costituzione”, ”articolo 92”: ministri e sottosegretari li nomina il presidente della Repubblica su indicazione del premier, senza passare per i partiti brutti, sporchi e cattivi.
Ora, visti i nomi e soprattutto le facce, dicono che Mattarella e Draghi non c’entrano nulla: quelli volano alto, mica si occupano di queste miserie, han fatto tutto i partiti brutti, sporchi e cattivi (del resto, spiega Milan di Radio Confindustria, viceministri e sottosegretari non servono). Ohibò: e il ritorno alla Costituzione? E l’articolo 92?
Nel 1994 Scalfaro depennò Previti da ministro della Giustizia di B. perchè era l’avvocato di B. E nel 2018 Mattarella rimandò a casa Conte perchè aveva indicato all’Economia il prof. Savona, noto kamikaze delle brigate No Euro.
Un giurista degno di questo nome gli domanderebbe ora come mai abbia accettato Sisto, avvocato di B., alla Giustizia e Moles, rappresentante del padrone del primo gruppo editoriale italiano, all’Editoria. Purtroppo non se n’è trovato uno sveglio.
Martedì fonti del governo annunciavano all’Ansa il “superamento dei Dpcm”, strumenti tipici della famigerata tirannide contiana, per “coinvolgere il Parlamento nei provvedimenti anti-Covid” con più democratici “decreti legge”.
Sollievo e giubilo fra i giuristi di scuola Cassese. Ma due giorni dopo ecco il primo Dpcm di Draghi, che conferma e inasprisce quelli del deposto tiranno: neppure mezzo Cassese che stigmatizzasse quel rigurgito di dittatura.
Draghi ne approfittava subito per cambiare il capo della Protezione civile per gestire i vaccini, all’insaputa di ministri (incluso quello della Salute), Parlamento e cittadini.
Per molto meno, fino a un mese fa si sarebbe strillato al “favore delle tenebre”. Ma la Variante Italiana non aveva ancora colpito i nostri giuristi.
Nè i giornalisti che intervistavano un giorno sì e l’altro pure l’Innominabile, sdegnato con Conte e Di Maio che trattavano con Haftar per liberare i pescatori.
Ora che l’amico Biden accusa Bin Salman di aver fatto uccidere e disossare Khashoggi, potrebbero domandargli se si dimette dalla fondazione, restituisce gli 80 mila dollari insanguinati e ha cambiato idea sul Rinascimento Saudita.
Invece tutto tace: le cronache dei giornaloni sul rapporto della Cia, lontanissime dalle pagine politiche, non fanno alcun cenno al Rignanese.
Ma qui l’encefalite letargica non c’entra. È che i giornaloni italovivi (tutti) non hanno capito che il Bin Salman di Biden è lo stesso di Lawrenzi d’Arabia: sospettano un’omonimia.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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INIZIATO A ROMA IL VERTICE IN GRAN SEGRETO SUL FUTURO DEL M5S: FACCIA A FACCIA TRA I BIG E GRILLO, C’E’ ANCHE CONTE

Febbraio 28th, 2021 Riccardo Fucile

LA RIUNIONE E’ INZIATA IN TARDA MATTINATA, BOCCHE CUCITE… ECCO LE MOSSE PER PERMETTERGLI DI FAR CAMBIARE PELLE AL M5S

Alla fine il vertice tra i big del Movimento 5 Stelle si terrà . Quello in programma oggi sarà  un incontro a porte chiuse con il fondatore Beppe Grillo per uscire dal pantano in cui è piombato il partito dopo la crisi di governo, tra espulsioni, pendenze legali e un nuovo capitolo all’interno dell’altrimenti improbabile compagine del nuovo governo Draghi.
Sull’appuntamento era calata una coltre di silenzio, dopo la rabbia del garante per la fuga di notizie che lo avevano preceduto.
La riunione si sta tenendo all’hotel Forum di Roma, mentre le prime indiscrezioni raccontavano che si sarebbe svolta in videoconferenza con il fondatore del Movimento collegato dalla Toscana. Grillo invece è arrivato all’hotel bardato con un casco simile a quello di un palombaro.
Oltre a Grillo, c’è anche l’ex premier Giuseppe Conte — vero protagonista dell’appuntamento — insieme all’ex capo politico Luigi Di Maio, l’attuale reggente Vito Crimi, il presidente della Camera Roberto Fico, Paola Taverna, Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro e i capigruppo a Camera e Senato Ettore Licheri e Davide Crippa. Davide Casaleggio, pure invitato, avrebbe altri impegni.
E lo stesso Grillo, in questi giorni, secondo più ricostruzioni, sarebbe stato molto prodigo di telefonate per sedare i mal di pancia dopo la nomina della squadra di sottosegretari e sottosegretarie del governo Draghi. Ma su tavolo resta il futuro di un Movimento spaccato, orfano di Alessandro Di Battista, su cui pendono cause legali e che ha all’attivo un’emorragia di ben 36 espulsioni, spesso eccellenti, che non hanno votato la fiducia al nuovo esecutivo di Mario Draghi.
Un futuro fatto prima di tutto di modifiche al famoso Statuto del Movimento, con l’introduzione di un direttorio di cinque persone al posto del capo politico, ma anche — scrive ancora il Corriere — l’ipotesi di introdurre la figura di un presidente M5S con ampie deleghe e co-adiuvato dai vice.
Per permettere a Giuseppe Conte, non iscritto al M5s, di correre per queste figure apicali, in ogni caso, basterebbe anche una modifica al regolamento. Di certo, se l’operazione dovesse andare in porto, la modifica potrebbe essere data in pasto all’approvazione di Rousseau: un voto che diventerebbe un test sull’effettivo gradimento dell’ex premier e avvocato del popolo tra i grillini.
Conte ha sempre portato a casa sondaggi lusinghieri, negli ultimi tempi: inevitabile contare su un suo effetto pacificatore nella bufera che ha travolto il Movimento che fu, ma anche contare su un suo potenziale di allargamento delle simpatie elettorali.
«Sono convinto, ora più che mai, che la sua figura debba essere centrale nel progetto di rilancio del M5s e io sono pronto a essere al suo fianco anche in questa fase. Coraggio», dice Stefano Buffagni.
E Casaleggio? «Esistono sempre soluzioni diverse a quelle che abbiamo utilizzato fino ad oggi: Rousseau sta costruendo un processo di de- centralizzazione per dare agli attivisti sempre più strumenti per autodeterminarsi e incidere sulla vita politica», dice il presidente dell’Associazione Rousseau. Senza nominare il Movimento.

(da agenzie)

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