Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DEL TG LA7 RIBADISCE LA SUA DECISIONE
“Mi onoro di non aver mai ospitato nel tg che dirigo nessun esponente dei no vax”.
In un post sul suo profilo Facebook, il direttore del Tg La7 Enrico Mentana si inserisce nel dibattito che si fa sempre più pressante, con l’aumentare del numero di contagi e delle percentuali di riempimento delle terapie intensive, sull’opportunità di dare voce nei programmi informativi a chi osteggia la verità con complotti e teorie antiscientifiche.
“A chi mi dice che così impongo una dittatura informativa – prosegue Mentana – o una censura alle opinioni scomode, rispondo che adotto la stessa linea rispetto ai negazionisti dell’Olocausto, ai cospirazionisti dell’11 settembre, ai terrapiattisti, a chi non crede allo sbarco sulla luna e a chiunque sostiene posizioni controfattuali, come sono quelle di chi associa i vaccini al 5G o alla sostituzione etnica, al Grande Reset, a Soros e Gates o scempiaggini varie”.
Ne ha per tutti, li accomuna tutti sotto un grande ombrello, quello dei creduloni da tastiera, fomentati da post raccattati online o spacciati da sedicenti guru manipolatori. “Per me mettere a confronto uno scienziato e uno stregone, sul Covid come su qualsiasi altra materia che riguardi la salute collettiva, non è informazione, come allestire un faccia a faccia tra chi lotta contro la mafia e chi dice che non esiste, tra chi è per la parità tra uomo e donna e chi è contro, tra chi vuole la democrazia e chi sostiene la dittatura”.
Una presa di posizione forte, che va in controtendenza rispetto alla maggior parte dei programmi di prima serata, alcuni dei quali appartenenti alla sua stessa rete, che hanno spesso mandato in onda discorsi dalla dubbia attendibilità e fenomeni nati con questa pandemia come Fabio Tuiach e Beatrice Silenzi.
Sul tema si era esposta anche Milena Gabanelli, che a Dimartedì ospite di Giovanni Floris ha dichiarato: “Io penso sia sbagliato dare troppa ribalta ad esempio a queste manifestazioni dove spaccano vetrine e incendiano auto, penso che vogliano proprio quello e non dovremmo darglielo. Non bisogna dare troppo spazio a chi dice che la terra è piatta, se non come nota di colore”.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
IL MEA CULPA IN TV
Pasquale Bacco aveva coniato l’espressione “nel vaccino c’è l’acqua di fogna”, diventata famosa quando il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri aveva firmato la prefazione del suo libro scritto a quattro mani con Angelo Giorgianni.
Da medico, Bacco agitava le piazze dei no vax, saliva sui palchi aizzando le folle di negazionisti nel pieno della pandemia. Una volta un suo discorso pronunciato a margine del Dpcm che disponeva la chiusura delle attività, in cui sosteneva che “il Covid non ha ucciso nessuno”, fece andare su tutte le furie un cameraman mandato da una tv locale a seguire l’evento, che aveva da poco perso un amico.
Oggi, però, si pente. Oggi finalmente anche per lui il Covid esiste e il vaccino è l’unica soluzione. Ospite di Massimo Giletti a Non è l’arena, su La7, nella puntata di ieri mercoledì 1 dicembre, il medico legale ha ammonito i no vax, ai quali un tempo forniva argomenti per opporsi alla scienza: “La situazione nelle terapie intensive è più drammatica di quella che si vede, oggi il virus colpisce soprattutto i giovani sani. Mi sento in colpa, non possiamo andare sui palchi e dire di baciarsi e abbracciarsi. In questo momento il virus è pericolosissimo”.
Ha invitato quindi chi decide di continuare a protestare a seguire le regole e tutte le norme di protezione come mascherine e distanziamento. Il “mea culpa” è di quelli radicali: “Mi autoaccuso, facevo parte di una fazione, criminali come Castellino e Fiore vanno sui palchi. La maggior parte dei no vax non sentendosi ascoltati trovano protezione in questi criminali”.
Il racconto di Pasquale Bacco si fa anche toccante quando spiega le conseguenze della sua decisione di abbandonare la “barca” dei complottisti: “Sono stato minacciato di morte perché ho abbandonato la linea dei no vax, sono pericolosi, usano un metodo mafioso e strumentalizzano le persone”.
Però, per Bacco, non bisogna sbattere la porta in faccia a tutti gli scettici: “Bisogna ascoltarli. Dobbiamo uscire insieme da questa storia. Isoliamo quella parte di no vax, negazionista del virus, veramente inascoltabile. Ma dall’altra parte pure i media e i ‘si vax’ devono cominciare a dare attenzione alle perplessità sul vaccino di una parte della popolazione, che non è giusto non ascoltare”.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
CHI VA A PALAZZO CHIGI
Il grande favorito per il Quirinale resta lui, Mario Draghi. Anche se i partiti, tirandolo
per la giacchetta, vorrebbero che restasse a Palazzo Chigi il più a lungo possibile: ad invocare le elezioni anticipate pare sia rimasta soltanto la leader di FdI Giorgia Meloni.
A mettere pepe all’attuale situazione, che ricorda l’accerchiamento indiano del generale Custer nella battaglia di Little Big Horn, un retroscena interessantissimo (il superlativo fa d’uopo) pubblicato su “La Repubblica”.
Stando ad una confidenza del ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, il presidente del consiglio starebbe lavorando al trasloco: al suo posto come premier un uomo di fiducia, ecco chi.
“L’episodio è recente. Lo riferiscono fonti diplomatiche di Roma. Raccontano che nel corso di un vertice internazionale il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si sarebbe lasciato andare a una confidenza con alcuni interlocutori, a loro volta diplomatici”, esordisce Tommaso Ciriaco su “La Repubblica”. Secondo quanto riportato dal grillino, Mario Draghi starebbe lavorando ad una staffetta con «Mr. Alexa», alias Daniele Franco.
L’attuale premier andrebbe al Quirinale, il ministro dell’Economia passerebbe a Palazzo Chigi. “Sempre secondo la confidenza ai diplomatici, l’obiettivo del responsabile del Tesoro sarebbe quello di traghettare il governo quantomeno fino a settembre del 2022. Obiettivo minimo, visto che la legislatura scade la primavera dell’anno successivo”, aggiunge Ciriaco.
Non deve stupire che Di Maio voglia tranquillizzare gli altri Paesi sulla “stato di salute” della nostra democrazia.
E Franco sta prendendo confidenza con i leader europei: il ministro sarà alla commemorazione di Valéry Giscard d’Estaing, a cui saranno presenti ovviamente Emmanuel Macron, ma anche le principali istituzioni europee da Ursula von der Leyen a Charles Michel, passando per David Sassoli. Una presenza quella di Franco che ha un significato piuttosto profondo: la sua presenza rappresenta il legame di fiducia col premier.
L’ipotesi di Draghi al Quirinale e di Franco a Palazzo Chigi però porta con sé non poche complicazioni: il Pd resterebbe isolato.
Non è difficile intuire che con uno scenario del genere l’appoggio di Matteo Salvini al governo verrebbe meno poco dopo. Il leader della Lega potrebbe infatti decidere di lasciare la già “sfilacciata” maggioranza per rendere più salda l’alleanza con Giorgia Meloni, che resta la favorita nei sondaggi.
Un’incognita resta il M5s: potrebbe sostenere un’ipotesi simile? Ma soprattutto Daniele Franco sarebbe in grado di tenere saldamente le redini dell’esecutivo? A gestire i malumori dei partiti come ha fatto il civil servant per eccellenza finora? Senza considerare il fatto più importante di tutti: non siamo fuori dalla pandemia.
Lo stesso Ciriaco su «La Repubblica» condisce il retroscena con un’altra importante notizia. Matteo Salvini che ha appena annullato la missione a Varsavia. Un gesto che lascerebbe intuire l’egemonia della linea “giorgettiana”.
“Alla domanda sul Quirinale il titolare dello Sviluppo economico lancia un altro segnale. La domanda è sempre la stessa: con il balletto ‘Draghi sì, Draghi no’ al Colle non si rischia di spezzare la corda? ‘Dipende dalla qualità della corda’, è la replica”, riferisce il giornalista. Non dimentichiamoci che è stato Giancarlo Giorgetti (GG per gli amici) settimane fa a dire sulla partita del Quirinale: “Draghi potrebbe guidare il convoglio anche dal Colle”
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
LE CARTE DELL’INCHIESTA
Che il Covid fosse un disastro per molti e un affare per pochi è evidenza diventata lampante dopo le inchieste della procura di Roma sull’ex socio di Giuseppe Conte – l’avvocato Luca Di Donna – e soprattutto su Mario Benotti, l’ex giornalista della Rai capace di incassare 12 milioni per mediare una compravendita di mascherine dalla Cina per conto della struttura commissariale al tempo guidata da Domenico Arcuri.
In pochi, però, sanno che pure politici ed ex deputati sono finiti di recente nel mirino della magistratura per aver fatto (o provato a fare) business con mascherine anti-coronavirus e apparecchi medicali assortiti, termometri compresi.
Domani ha scoperto che la procura di Forlì sta indagando da mesi su Gianluca Pini, ex onorevole di lungo corso della Lega e per anni vicinissimo al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, di cui è stato socio in affari fino a poco tempo fa.
Pini è finito sotto la lente d’ingrandimento della procura e dell’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia perché proprietario di una piccola srl di Fusignano (a 30 chilometri da Ravenna), la Codice, specializzata in commercio all’ingrosso di bevande, ma ora coinvolta in un’inchiesta sull’importazione di mascherine. Un’indagine in cui gli inquirenti ipotizzano reati gravi come la corruzione, la frode, il falso ideologico e la turbativa d’asta.
«Non ho notizie in tal senso» dice Pini «Ma nel caso sarei tranquillissimo: ho svolto i miei affari rispettando tutte le leggi».
DAI BAR AL COVID
La storia è complessa. Il leghista, storico segretario del Carroccio in Emilia-Romagna dal 1999 al 2015 e onorevole dal 2006 al 2018, è tornato a fare l’imprenditore a tempo pieno da due anni, da quando non è riuscito ad ottenere la ricandidatura per un posto in parlamento. Tra i leader indiscussi della vecchia corrente di Roberto Maroni (si autodefinisce ancora oggi un “barbaro sognante”), Pini ha da sempre pessimi rapporti con Matteo Salvini, che ha preferito candidare un suo fedelissimo al posto del maroniano.
Aspettando tempi migliori Pini, attraverso la Codice e la Golden Choise è tornato al suo vecchio amore: tecnologo alimentare, si è buttato nella ristorazione, aprendo a Forlì locali e bar come “Ruggine” e “Ginetto”, nome che viene dalla crasi tra il gin tonic e il nome del suo cane
Gli affari vanno bene, ma a inizio del 2020 l’arrivo del virus e i lockdown azzerano di colpo i profitti del gruppo gastronomico, che il leghista ha creato insieme alla compagna Paola Ragazzini e al fratello Alessandro.
Il superfederalista, che nel 2016 organizzò la visita di Salvini e Giorgetti al parlamento israeliano, di fronte alla crisi non rimane però con le mani in mano. Capisce che può riciclarsi alla grande e fare un bel po’ di soldi comprando e vendendo mascherine per il pubblico e il privato.
LA SVOLTA MEDICA
Pini non ha mai lavorato nel settore medico, («non sapevo nemmeno come fosse fatta una mascherina», ci dice) ma un mese dallo scoppio della pandemia con la sua Codice riesce a piazzare il primo colpo: l’Ausl Romagna – senza un bando di gara – gira alla piccola srl della ristorazione un contratto che può fruttare al leghista fino a 6,3 milioni di euro. «Finora ho incassato solo tre milioni», chiarisce.
Secondo il racconto dell’imprenditore, non è lui ha proporre l’affare. Ma è l’ente sanitario allora guidato da Marcello Tonini, dirigente nominato dal presidente Stefano Bonaccini, a chiedere aiuto al ristoratore ex deputato e alla Codice, nonostante fosse una società con un capitale sociale di soli 10mila euro.
Com’è possibile? «Innanzitutto ricordo che ho cambiato subite il codice Ateco della srl, che ha così potuto operare anche nel settore dell’import-export internazionale di prodotti sanitari» dice Pini a Domani.
«I dirigenti apicali di Bonaccini non c’entrano nulla. Un venerdì, mentre ero a guardare la tv, preoccupato per la chiusura delle mie attività, mi ha telefonato un vecchio compagno di scuola che oggi lavora proprio alla Ausl Romagna. Si ricordava che, prima di diventare deputato, facevo trading di alimenti sui mercati asiatici. Mi chiese se potevo provare a trovare mascherine per il suo ente sanitario, perché erano disperati. Io ho ancora buoni contatti in effetti, e trovai subito chi poteva vendere dispositivi a buon prezzo».
Sul perché decise di trasformarsi in mediatore, Pini dice: «Fui io stesso a suggerire all’Ausl che sarebbe stato meglio che li contattassero direttamente loro, perché se avessi intermediato io la compravendita ci sarebbero state polemiche, in quanto fino a poco tempo fa ero persona politicamente esposta. Replicarono che l’Ausl avevano tentato acquisti in Cina ed a Hong Kong senza successo, e che stavolta preferivano che il buyer fosse una società del territorio. Cioè la mia Codice. È andata così, glielo assicuro».
Pini chiarisce anche che i milioni di mascherine importate, una volta giunte in Italia, sono «stati preventivamente validate dall’Ausl. Non solo: le importazioni sono state sottoposte a rigidissime verifiche da parte dell’antifrode dell’Agenzia delle dogane, risultando pienamente conformi e regolari».
Per la cronaca, Pini conosce bene il numero uno delle Dogane e dei Monopoli Marcello Minenna: a Domani risulta che l’ex deputato leghista sia stato visto almeno una volta nella sede centrale dell’ente negli scorsi mesi, e che Pini abbia dato qualche consiglio al direttore dell’agenzia anche sul nome da dare alla “Casa dell’anti-contraffazione”, un museo del falso inaugurato lo scorso giugno nella romana Piazza Mastai. All’evento era presente, oltre una mezza dozzina di ministri, anche il Giorgetti, che Pini dice essere solo un suo vecchio amico: «Ci scambiamo consigli in assoluta amicizia, non sono il suo segretario-ombra come sostiene malignamente qualcuno. Credo solo che lui sia una delle poche teste pensanti della Lega. Dire come fa lei che lui è il braccio destro di Salvini mi fa ridere, è perfino offensivo per Giancarlo. Lo stimo molto, e credo che il giudizio sia ricambiato».
Mai stato, sottolinea, a eventi pubblici con lui da quando è diventato ministro dello Sviluppo: «Al massimo ci vediamo insieme qualche partita della nostra squadra del cuore, il Southampton».
Anche i rapporti tra Pini e Minenna sono stretti, ma l’imprenditore leghista nega che abbia mai chiesto favori per sdoganare mascherine cinesi o altri apparecchi. «Lo conosco fin da quando era in Consob, è vero, ma non mi pare che sulle certificazioni e suoi controlli Minenna abbia un ruolo operativo. Non gli ho mai sollecitato nulla comunque, e sono andato a trovarlo in sede a Roma solo una volta, quando avevo una mezz’oretta libera».
Come mai un alto dirigente pubblico incontri un imprenditore ex politico discutendo di anticontraffazione resta un mistero, così come non è chiaro come mai Pini abbia provato a importare anche una partita di termometri dall’estero.
Il leghista è secco: «I termometri non me li ha chiesti l’Ausl Romagna, ma un amico che gestisce la distribuzione in farmacia» spiega «Ho importato un centinaio di campioni che però ho verificato non essere conformi, e così li ho fatti distruggere: tutto qui, non ci sono arcani».
BONIFICI E MILIONI
Ora, non sappiamo se l’indagine di Forlì che indaga a vario titolo per corruzione e truffa sia incentrata anche sulle mascherine inviate alla Ausl Romagna dalla Codice. Dalle mura della procura, infatti, e da quelle degli uffici della squadra mobile non filtra nulla. Di certo però gli inquirenti hanno sentito come persone informate sui fatti alcuni dipendenti delle Dogane. E hanno messo sotto il microscopio altri affari in cui risulta coinvolta la società di Pini. Che tra aprile e luglio 2020 ha ordinato e ricevuto bonifici da centinaia di migliaia di euro anche da ditte che, con l’arrivo della pandemia, hanno cominciato a dedicarsi improvvisamente anche alla compravendita di dispositivi di protezione.
Tra i soggetti finiti nel mirino dei pm di Forlì e di Bologna c’è la Top Defender srl di Gianluca Fiore («non è un amico, ma un avventore del mio bar», chiosa Pini) e di una misteriosa donna di nazionalità ceca, Zuzana Miczkova («mi pare sia la segretaria di Fiore»). La sconosciuta Fi.da Obchod (riconducibile anche questa alla Miczkova e alla rumena Mihaela Atomei), che risulta essere localizzata nella Repubblica Ceca. E una terza società intestata ai fratelli Bruno e Giorgio Ciuccoli, dal 1976 specializzata in autotrasporti ma trasformatasi – nell’aprile 2020 – anche lei in buyer di Dpi.
Proprio dalla srl dei Ciuccoli (suoi conti correnti dell’azienda può operare anche Fiore) la Codice di Pini incassa la bellezza di 970mila euro tra aprile e luglio 2020. In pratica, l’amico di Giorgetti ricava in poche settimane circa 4 milioni di euro, sommando l’affare con la Ausl Romagna e altri business paralleli. «Ho venduto ai Ciuccoli mascherine cinesi, ma – come è scritto anche negli atti doganali – il destinatario finale era la Corofar». Ossia una grande cooperativa di farmacie territoriali, presieduta da Pier Luigi Zuccari.
Proprio quest’ultimo potrebbe essere il «vero dominus» della Top Defender, che ha come cliente principale la Codice di Pini. Come mai questo sospetto?
Perché «Zuccari è delegato ad operare» segnalano ancora dall’antiriciclaggio «sul conto corrente privato intestato alla cittadina ceca Miczkova», la “segretaria” citata da Pini ma socia della Top Defender. Zuccari in Emilia-Romagna non è un impresario qualsiasi: gran capo della coop Corofar (la sede di Forlì è stato l’hub vaccinale del vaccino Pfizer) è pure membro del cda di Federfarma.Co, azienda che rappresenta 26 cooperative e società di farmacisti sparse su tutto il territorio nazionale, che rappresentano il 35 per cento dell’intero fatturato della distribuzione intermedia dei farmaci.
Il nome della Corofar qualche mese fa è spuntato anche in un decreto della procura forlivese che ordinava il sequestro di alcune partite di mascherine distribuite dalla cooperativa, ma Zuccari gettò al tempo acqua sul fuoco, sostenendo che la mancata conformità dei prodotti cinesi era frutto solo di un «inconcepibile» errore burocratico. Anche i suoi amici sostengono che il suo nome sia finito nelle carte dell’antiriciclaggio per «errore».
Vedremo se i magistrati indagheranno ancora sugli affari di Pini e sul turbinio di bonifici a cinque zeri tra società ceche e romagnole, se i reati ipotizzati cambieranno oppure se l’indagine verrà archiviata in tempi brevi senza formalizzare accuse a nessuno. Come già accaduto, ricorda Pini, a un processo per millantato credito che il leghista ha dovuto affrontare anni fa: condannato in primo grado a due anni di carcere, «la mia pena è stata poi cancellata in appello».
Ma al netto dei rilievi penali tutti ancora da dimostrare, quello che colpisce è come sia possibile che un ex politico impegnato in ristobar sia riuscito dal giorno alla notte a fatturare milioni con l’emergenza Covid.
Non solo: il leghista antisalviniano mentre importava mascherine era contemporaneamente in affari anche con Giorgetti in persona. Non nella srl delle bevande Covid al centro dell’inchiesta forlivese, ma nella Saints Group. Una società informatica ed elettronica di cui – come raccontò Report ipotizzando il rischio di conflitti di interesse – il ministro era socio paritario con Pini e tal Enzo Pellizzaro.
«Giorgetti non c’entra nulla con i miei affari con le mascherine, e con la Saints Group non ha più nulla a che fare da anni» dice Pini «Io posso avere in società chi mi pare, e non ci sono conflitti di interesse: a marzo del 2020 c’era il Conte II, Giorgetti era all’opposizione, né poteva decideva della sanità dell’Emilia Romagna o incidere sulla sanità nazionale».
È vero che la Saints Group è del tutto estranea all’inchiesta di Forlì, ma in realtà Giorgetti si è sfilato dalla start up solo a giugno 2020, quando ha deciso di donare le sue quote a una sua parente stretta. Che ha poi controllato il 32 per cento della Saint Group fino ad aprile del 2021, quando – forse perché Giorgetti era diventato ministro del governo Draghi ha prevalso la questione di opportunità – ha ceduto tutte le quote a Pini.
Non sono chiari i motivi per i quali il potente numero due della Lega abbia deciso di investire in una srl specializzata in app e in brevetti informatici, ma di sicuro i giri vorticosi di denaro che passano sui conti correnti del suo ex socio rischiano di causargli quantomeno qualche imbarazzo.
Dall’entourage di Giorgetti spiegano che il numero due di Salvini «ha chiuso ogni rapporto con Pini da quando è diventato ministro», e che della vicenda delle mascherine «non sapeva nulla».
Anche i rapporti tra il ministro e Minenna si sarebbero assai «raffreddati», anche a causa delle inchieste di Domani sul direttore dell’agenzia, indagato per abuso d’ufficio e falso dalla procura di Roma.
«Dispiace però che si facciano accostamenti tra persone e vicende che non c’entrano nulla» concludono dal ministero. «Dei business di Pini il ministro Giorgetti non era a conoscenza di alcun dettaglio, e con lui è entrato in società perché affascinato da un progetto informatico che lo intrigava e da cui è uscito tempo addietro».
(da Domani)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
NON VOGLIONO CHE I GIORNALISTI POSSANO RACCONTARE QUELLO CHE STA ACCADENDO, TIPICO DA REGIME
Andrzej Duda, presidente della Polonia, ha ratificato un disegno di legge che ha
imposto un divieto di accesso nell’area di confine a giornalisti e operatori di organizzazioni non governative.
Per entrare nella zona sarà necessario ottenere un permesso dalle Guardia di frontiera che potrà accordarlo “a sua discrezione”.
Dietro questa decisione ci sarebbero ‘motivi di sicurezza’, come ha detto il ministro dell’Interno Mariusz Kaminski, ma in realtà si tratta di una misura per impedire ai giornalisti di raccontare cosa sta succedendo al confine.
Rispetto all’area designata dallo stato d’emergenza, il nuovo provvedimento comprende più villaggi, ben 183, ed è profonda tre chilometri. Ieri, secondo la polizia, sono stati registrati 134 tentativi di accesso irregolare.
Il garante per i diritti umani della Polonia ha contestato la legge, sostenendo che vieta il diritto all’informazione esercitato dei media e più in generale la libertà di movimento costituzionalmente riconosciuta, permettendo al ministero dell’Interno limitazioni a tempo indeterminato.
Le organizzazioni non governative hanno richiamato l’allarme sulla crisi umanitaria, dal momento che i profughi sono per lo più accampati all’aperto e in questi giorni sono in corso nevicate. Al confine, da novembre sarebbero arrivati oltre 5.000 migranti dalla Bielorussia secondo il governo polacco. Varsavia accusa Minsk di aver intenzionalmente facilitato la concessione dei visti dal Medio Oriente con l’obiettivo di fare pressioni sull’Unione Europea.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
IL PAESE ORGANIZZATORE HA DEI GROSSI PROBLEMI SUI DIRITTI CIVILI
Puoi essere omosessuale, ma non farlo vedere al mondo.
È questa la sintesi del pensiero espresso da Nasser al Khater, il direttore esecutivo dell’organizzazione per il prossimo Campionato Mondiale di Calcio in Qatar del 2022, nella sua intervista alla CNN.
Il manager, Ceo della società incaricata dei preparativi e dello svolgimento della massima competizione per Nazionali, ha provato a smentire il problema di diritti umani (e civili) palesi all’interno dei confini del Paese Mediorientale e poi si è lasciato andare in un suggerimento alquanto paradossale.
“Gli omosessuali possono venire in Qatar come qualsiasi altro tifoso e possono comportarsi come qualsiasi altra persona – ha detto il capo dell’organizzazione dei prossimi Mondiali di calcio – . Quel che dico, semplicemente, è che dal punto di vista della percezione dell’affettività in pubblico, la nostra è una società conservatrice. Sappiamo che il Mondiale è un possibile palcoscenico per proteste su questi temi, ma non siamo preoccupati”. Insomma: potete essere quel che volete, ma dovete tenervelo per voi.
Un concetto espresso alla CNN e ribadito anche nell’intervista rilasciata al The Indipendent. Niente baci sugli spalti, niente gesti di affetto.
Nulla di questo si potrà fare all’interno degli impianti che ospiteranno le partite del Mondiale in Qatar 2022. Perché la società qatariota è molto “conservatrice”, dice lo stesso al Khater, e quindi si vogliono evitare problemi di qualsiasi tipo.
E un messaggio analogo è stato “inviato” anche a Joshua Cavallo, il calciatore australiano che solo qualche settimana fa ha fatto il suo coming out, diventando il primo giocatore professionista dichiaratamente omosessuale.
Il centrocampista dell’Adelaide United aveva detto di avere timore (qualora fosse convocato dal suo cittì) ad andare a giocare il suo primo Mondiale in un Paese Arabo. E Nasser al Khater gli risponde direttamente, utilizzando lo stesso concetto: “Sarebbe il benvenuto in Qatar, nessuno è insicuro da noi. Ma vanno evitate pubbliche manifestazioni d’affetto, che sono disapprovate. E’ l’unica indicazione da rispettare, per il resto tutti possono vivere la propria vita”.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
MERKEL: “MAGARI FOSSIMO NELLA SITUAZIONE DELL’ITALIA”
Un lockdown di fatto per i non vaccinati, con l’estensione del 2G al commercio al
dettaglio su base federale, e la riduzione dei contatti.
È una delle decisioni più rilevanti del pacchetto varato dall’ultima conferenza Stato-Regioni, annunciato da Angela Merkel in conferenza stampa a Berlino. “La cultura e il tempo libero a livello nazionale saranno aperti solo a coloro che sono stati vaccinati o guariti”, ha affermato Merkel, aggiungendo che la stessa regola si applicherà anche per l’ingresso nei negozi non essenziali.
“La quarta ondata deve essere spezzata”, ha affermato la cancelliera dopo le deliberazioni dei governi federale e statali. Occorre un “atto di solidarietà nazionale”, ha proseguito, sottolineando che in alcuni ospedali la situazione è al limite e i pazienti devono essere trasferiti. “Mi sentirei meglio se fossimo in una situazione come quella dell’Italia”, ha aggiunto a proposito dell’incidenza dei contagi.
Quanto all’obbligatorietà del vaccino anti-Covid, il Paese avvierà un dibattito parlamentare. Nel caso di esito positivo, l’obbligatorietà potrebbe essere introdotta dal mese di febbraio.
Il cancelliere tedesco in pectore, Olaf Scholz, ha espresso soddisfazione per la decisione, affermando di essere molto fiducioso che la misura incontrerà sostegno e passerà.
Un ottimismo legato anche all’apertura arrivata stamattina del leader dei liberali Christian Lindner, che si è detto favorevole all’obbligo parlando con la Bild. “Lo dico chiaramente, la direzione nella quale vado io è quella dell’obbligo di vaccino”, ha detto il capo dell’FDP, destinato alla casella delle Finanze del prossimo esecutivo.
Tra le altre misure c’è il divieto di vendere e acquistare fuochi d’artificio per la notte di San Silvestro. La misura – già adottata lo scorso anno – ha il fine di non caricare ulteriormente il sistema sanitario già sotto pressione per la pandemia.
Nel Paese è calata leggermente per il terzo giorno consecutivo l’incidenza dei casi Covid, dopo che a novembre erano stati registrati continuamente picchi. L’incidenza cumulativa si è attestata a 439,2 nuovi contagi ogni 100mila abitanti, rispetto ai 442,9 di ieri e ai 154,5 di un mese fa. I dati sono quelli aggiornati dal Robert Koch Institute (RKI), l’istituto di riferimento nel Paese.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
ESSENDO DI ORIGINE STRANIERA NON POTRA’ GODERE DEL SUPPORTO DEI FAN SOVRANISTI … IN QUESTO CASO LA PACCA SUL SEDERE SARA’ UN REATO GRAVISSIMO E NON CREERA’ GRUPPI FB “AMICI DI ANDREA”
Un 28enne è stato arrestato dai carabinieri per aver palpeggiato per strada una 18enne. È successo nel tardo pomeriggio di martedì a Perugia. La ragazza stava camminando da sola su un marciapiede.
Dopo aver subito la molestia è rimasta attonita, si è bloccata. Istintivamente ha cercato con gli occhi un passante, qualcuno che potesse aiutarla.
Il molestatore è stato fermato da un passante intervenuto in soccorso della giovane e da alcuni militari che si trovavano nelle vicinanze.
È stato portato nella caserma di via Ruggia con l’accusa di violenza sessuale. La vittima è una studentessa fuori sede. I carabinieri l’hanno tranquillizzata, raccolto la denuncia ed informata della presenza dei centri anti violenza e della possibilità di poter parlare con personale specializzato.
Una vicenda che arriva pochi giorni dopo quella della giornalista di Toscana Tv, Greta Beccaglia, palpeggiata in diretta video da un tifoso della Fiorentina all’uscita dallo stadio. La partita tra i Viola e l’Empoli era finita da poco. Il video ha sollevato un’ondata di indignazione.
(da agenzie)
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Dicembre 2nd, 2021 Riccardo Fucile
“VENITE AL PRONTO SOCCORSO? VI CURERO’, MA SENZA PARLARVI, MI FATE SCHIFO”… PIOVONO CENTINAIA DI APPROVAZIONI SUL SUO POST
Se le parole sono importanti, il primario del Pronto soccorso dell’Azienda ospedali
riuniti Marche Nord di Pesaro, Umberto Gnudi, le ha scelte con cura per renderle definitive: «No vax, io vi disprezzo. Venite al Pronto soccorso? Vi curerò, ma senza parlarvi. Mi fate schifo».
Termini forti, lapidari e diretti a contrassegnare una misura non più colma, ma tracimata, che traccia una linea di demarcazione tra prima e dopo.
Una reazione che si sovrappone, combaciandovi perfettamente, a quella, solo di poche settimane fa, del collega Amedeo Giorgetti, medico di base di Recanati che alla porta del suo studio aveva fissato un cartello inequivocabile: «Se credete che il vaccino sia una pericolosa arma in mano alle multinazionali, siete pregati di cambiare ambulatorio».
Avrebbe poi spiegato ai media tallonatori di averlo scritto in un momento di rabbia nei confronti dei pazienti no vax che aveva curato e portato a guarigione, la stessa rabbia di cui ora è imbevuto il dottor Gnudi che ha affidato alla sua pagina social uno sfogo accorato e immediatamente condiviso, corredato da un’immagine liberatoria di una Mafalda con urlo muto al vento
«Sui social cerco di essere il più possibile politicamente corretto – scrive il responsabile dell’Emergenza urgenza del San Salvatore – ma adesso non posso più farlo. All’ennesimo caso di no vax positivo (anziano con figli no vax, strafottente cinquantenne “tanto a me non capita”, trentenne palestrato “con questo fisico non ho paura di niente”) che vuol dire più lavoro e più rischio per noi sanitari stremati, ma soprattutto meno risorse e posti letto per tutti gli altri malati, vittime innocenti di cieca stupidità, ho perso la pazienza. Non voglio più avere a che fare con voi. Siete tra i miei “amici” di Facebook? Vi prego, se vi è rimasta una briciola di dignità, cancellatevi. Altrimenti, appena me ne accorgo, lo farò io. Venite in Pronto soccorso malati? Vi curerò, è il mio lavoro, ma senza parlarvi. Sappiate che vi disprezzo. Non è questione di libertà di pensiero, ma di rispetto per la comunità. Non ne avete, non ne meritate. Avrete le mie cure al meglio che posso, come sempre. Ma sappiate che mi fate schifo».
Gnudi è lo stesso medico che poco tempo fa aveva mobilitato la categoria in uno sciopero simbolico per l’ennesima aggressione che aveva dovuto subire al Pronto soccorso durante un turno notturno.
In poche ore ieri sera il suo post, estremo quanto netto, ha bruciato like e condivisioni: centinaia di apprezzamenti, decine di rimbalzi sulle piattaforme, un diluvio di commenti. Dichiarazioni destinate a fare tendenza ancora prima che dibattere. Il solco, forse, grazie a un Giorgetti prima e uno Gnudi ora, è diventata una trincea di battaglia.
(da agenzie)
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