Agosto 1st, 2022 Riccardo Fucile
L’AREA DI CENTRO PUÒ SUPERARE IL 10% MA C’E’ TROPPA VANITA’ DA PARTE DI ALCUNI PERSONAGGI”
«Il centro rischia di essere un’incompiuta». È leggermente rammaricata la voce di Clemente Mastella, sindaco di Benevento, leader di “Noi di centro”, quando commenta le evoluzioni in quel virtuale polo alternativo al centrodestra e al centrosinistra che, però, pare non si riesca a fare.
Il cantiere non ingrana.
«Purtroppo è così. È diventato un cantiere che non finisce mai, come la cattedrale di Barcellona».
Motivo?
«La vanità di alcuni personaggi che dovevano essere i “costituenti” del centro. Vedo solo logiche partitiche di piccolo cabotaggio. Laddove questi piccoli interessi di bottega e alcune vanità di troppo dovessero essere messe da parte, ancora ritengo con il mio naso politico, che ha quasi sempre funzionato, che quest’ area di centro può superare agevolmente il 10%».
Il Pd, che ha chiuso definitivamente con il Movimento 5 Stelle, sta promuovendo un’interlocuzione con Renzi e Calenda. Come la vede?
«Vedo alti e bassi in questa cosa. Io faccio l’osservatore né attento né distratto. C’è un principio base: la partita te la puoi giocare con una squadra di 11 componenti. Ma se invece vai in campo con metà giocatori, e qualcuno magari pure azzoppato, poi vince l’altra squadra. Calenda, che a giorni alterni è insofferente alla logica di sinistra, e non accetta di essere nell’ambito di una collocazione più estesa, sa molto bene che da solo prende più voti. Ma da solo prende anche meno seggi, per via delle legge elettorale».
Letta aveva scommesso tutto sull’alleanza del M5S. Però poi il progetto è tramontato e il segretario Pd si è trovato in mezzo al guado. Come se ne esce?
«Innanzitutto, se io fossi Letta, utilizzerei al meglio, per competere nei collegi, le potenzialità che ci sono sul campo. Guardando non da Roma, dove spesso gli effetti ottici riproducono le cose in maniera non fedele. Ma facendo riferimento alle realtà locali. La territorialità, che è stata dimenticata anche con leggi elettorali assurde, è l’unico elemento che può fare la differenza, soprattutto al Senato. Accadde nel 1994 e nel 2006».
Letta agognava ad uno “schema Prodi” aggiornato. Come vede, ora, la sua leadership?
«La rottura con i 5Stelle non è colpa sua, ma se non mette assieme tutti, e perde, il giorno dopo è un ex segretario. Deve tenere insieme tutti, simpatici, meno simpatici. In questo modo, nessuno potrebbe imputargli nulla».
Letta ha coniato uno slogan, “gli occhi della tigre”. Gli si addice?
«Le tigri sono animali in via di estinzione, quindi di occhi della tigre in giro non se ne vendono più tanti. Comunque, la tigre deve fare la tigre sempre, sia quando ha fame, sia quando non he ha».
“Noi di centro” che farà?
«Al momento andiamo da soli. Ci giochiamo la partita dove possiamo giocarla. A partire dalla mia provincia (Benevento n.d.r) poi Caserta, la Puglia…»
La legge elettorale, però, spinge per un’alleanza. Non rischia di essere una corsa persa in partenza?
«Non devo far eleggere 50 deputati, ma giocare una partita. In modo che tra qualche anno si dica: “Nel 2022 c’erano alcuni democristiani, orgogliosi di esserlo, che guardavano con serenità a quel che poteva accadere promuovendo le istanze dei territori”. Saremo una tribù democristiana. D’altronde, anche il Papa, in Canada, ha sottolineato l’importanza delle tribù. A parte le battute, quello che accade accade, io comunque non sarò candidato, rimango Sindaco rispettando l’impegno con i miei cittadini».
(da Libero)
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Agosto 1st, 2022 Riccardo Fucile
ALLA FINE NON PRENDERA’ NEANCHE UN PARLAMENTARE NEI COLLEGI UNINOMINALI MA SOLO NELLA QUOTA PROPORZIONALE
In attesa dell’incontro con Enrico Letta, Carlo Calenda prosegue nell’organizzazione del
futuro di Azione. Perché il suo obiettivo, come spiega Stefano Cappellini su La Repubblica, sembra essere ben delineato: creare un terzo polo centrista da mettere al centro della contesa tra Letta e Meloni.
Niente destra, niente sinistra (in tutte le sue sfaccettature): un punto mediano che potrebbe anche coinvolgere Matteo Renzi (che ha già detto di esser pronto a correre da solo, ma potrebbe essere stuzzicato dall’idea di convergere finalmente al centro dopo anni in cui ha tentato di portare il Pd, quando era segretario, in quella direzione).
Il leader di Azione ritiene alla sua portata un 10 per cento in caso di volata solitaria e sostiene che una parte consistente di questo consenso sarebbe sottratta al centrodestra e in particolare a Forza Italia.
Dunque, è il ragionamento, il danno di una corsa separata sarebbe temperato o compensato dai voti che Meloni e Salvini non si ritroverebbero più in pancia.
Insomma, un terzo polo centrista che potrebbe sottrarre voti al centrodestra (ai moderati del centrodestra) indebolendo il possibile successo politico del trio Meloni-Salvini-Berlusconi.
E questa strategia supererebbe qualsiasi tipo di dibattito con il PD sui collegi uninominali e potrebbe portare a un’alleanza post-elettorale. E di tutto questo se ne parlerà in un faccia a faccia tra Calenda e Letta. Anche perché il 22 agosto, data di consegna delle liste elettorali, si avvicina. E al voto del 25 settembre mancano meno di due mesi.
(da agenzie)
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Agosto 1st, 2022 Riccardo Fucile
CALENDA VUOLE DETTARE LE REGOLE, LETTA FA UN ACCORATO APPELLO ALL’UNITA’
È il giorno dell’incontro, probabilmente decisivo, per la trattativa aperta nel centrosinistra al fine di creare una coalizione tra l’area moderata guidata dal leader di Azione, Carlo Calenda, e il Pd di Enrico Letta.
Ma l’ottimismo per un accordo si assottiglia di ora in ora e le posizioni tra i due leader sembrano allontanarsi: da un lato il segretario dem che mira a un patto tra i progressisti il più ampio possibile, per contrastare Meloni; dall’altro il numero uno di Azione che rimane convinto su un punto: il successo di Giorgia Meloni potrà comunque essere assottigliato grazie alla forte affermazione di un fronte centrista autonomo.
Le condizioni di Calenda
Sono elencati in una lettera che il leader di Azione ha inviato, insieme al segretario di +Europa Benedetto Della Vedova, al segretario Pd i punti per porre condizioni su candidature e temi e sui quali attende una risposta prima di decidere se correre in solitaria o allearsi ai dem.
No a candidati che creano imbarazzo. Nessun voto di Azione e +Europa “può andare a persone che non hanno votato la fiducia a Draghi, che sostengono la necessità di abbandonare quella agenda o che hanno inventato partiti all’ultimo secondo”, si legge nel primo punto della lettera, dove viene anche specificato che, se c’è da parte del Pd la volontà di candidare comunque questi nomi, lo faccia “non negli uninominali, ma nel proporzionale”.
Calenda su questo punto è chiaro: “Mai e poi mai posso chiedere ai miei elettori di votare per Di Maio, Fratoianni o Bonelli, questo Letta non può chiedermelo, sarebbe un suicidio per me e anche un danno per la coalizione, perché i voti che perderei finirebbero tutti dall’altra parte”. Una condizione che Calenda si impegna da parte sua a rispettare: “Ho già detto a Carfagna e Gelmini che, in caso di accordo con il Pd, non potrebbero essere candidate in un collegio, perché vent’anni di scontri non si cancellano in una settimana e non sarebbe serio chiedere a un elettore del Pd di votare per loro”.
Quindi niente convergenze di voti su candidati che potrebbero creare imbarazzo negli elettori: ognuna delle forze in campo elegge i suoi.
Omogeneità di programma.
Un’altra condizione su cui Calenda ritiene indispensabile trovare la quadra riguarda i programmi. “Una cosa è avere programmi diversi, altra è non avere alcuna omogeneità” scrive il leader di Azione che chiede a Letta una risposta chiara su “infrastrutture energetiche, revisione (non abolizione) del reddito di cittadinanza, politiche fiscali e di bilancio”. Su questi punti occorre trovare punti di compatibilità.
In attesa di risposte a queste domande, Calenda continua a valutare l’ipotesi di correre in proprio, convinto di poter raggiungere (con Renzi) il 10 per cento dei consensi, che sarebbero sottratti a Forza Italia.
Le convinzioni di Letta
È un ‘appello accorato’ quello che il leader Pd ha lanciato nelle ultime ore a Calenda, cercando di scongiurare l’ipotesi della formazione di un terzo polo che, dice Letta, favorirebbe solo la destra. Il segretario Dem punta a una coalizione il più ampia possibile, per raccogliere anche i voti dei moderati di Fi. “Il pareggio non è contemplato. O vince l’Europa del Next generation Eu, della speranza e del coraggio o vince l’Europa dei nazionalismi, di Orbán, di Marine Le Pen. Non ci sono terze vie. Per questo dico che la scelta è tra noi e Meloni”, ha detto più volte.
Quindi torna a mettere in campo tutta la “generosità” e la volontà di “unire, le porte sono aperte”, continua a ripetere. Sulle alleanze “noi non mettiamo veti, chiediamo a tutti di avere questo spirito. Il nostro sforzo non è quello di spingere per prendere l’1% in più ma quello di vincere le elezioni e dare agli italiani un governo di progresso che sia in grado di continuare lo sforzo importante che Draghi ha fatto” ha ribadito Letta. “Mi sento di fare un appello veramente accorato: in questo momento stiamo mettendo tutto il nostro impegno per convincere tutti quelli che vogliono e possono far parte della nostra alleanza di esserci, non mettiamo veti, abbiamo un atteggiamento costruttivo.Faccio un appello accorato che rivolgo in modo convinto e senza secondi fini e sperando venga ascoltato: siamo disponibili con la generosità tipica del Pd”. E per fugare dubbi di candidature indesiderate, ha smentito che Di Maio sarà candidato a Modena, così come ha fugato ogni dubbio sul fatto che ci siano stati contatti con i fuoriusciti dal Movimento 5 stelle o con Roberto Fico.
(da agenzie)
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