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DURO ARTICOLO DEL “GUARDIAN” CONTRO LA MELONI: “RICORDI CUPI CON UNA LORO VITTORIA DEMOCRAZIA A RISCHIO”

Agosto 15th, 2022 Riccardo Fucile

“TROPPI DIRIGENTI INDULGONO IN UN APERTO RAZZISMO”

La fiamma non è stata spenta e nemmeno le polemiche, alimentate dalla campagna elettorale. E arrivate fino a Londra, dove il quotidiano britannico The Guardian dedica a Giorgia Meloni e alla sua possibile vittoria alle elezioni un lungo e preoccupato articolo.
«Non sarà fascista. Ma evoca ricordi cupi del passato dell’Italia – si legge – una sua vittoria alle elezioni sarebbe una minaccia per la democrazia in tutta Europa».
Poi un rapido identikit a beneficio dei lettori inglesi, spiegando che Meloni è «a capo del partito di estrema destra e populista Fratelli d’Italia”e che è troppo semplice pensare di poter recidere certi legami a parole: «Mentre Meloni nega ufficialmente qualsiasi legame con il fascismo, la base del suo partito contiene molte persone spesso definite in modo pittoresco come “nostalgici” del regime di Mussolini – scrive il quotidiano britannico – I consiglieri del partito della Meloni sono stati spesso visti fare il “saluto romano”, lodare Mussolini e indulgere in un aperto razzismo».
Quindi, è il ragionamento che fanno oltremanica, «è chiaro che l’idea che “Mussolini ha fatto un sacco di cose buone”, guadagnerà ulteriore credito con Meloni come primo ministro». Insomma, vista da Londra, la fiamma è il problema minore, perché il rischio è che «una delle nazioni centrali dell’Eurozona sarà governata da una coalizione di centrodestra largamente euroscettica e anti-immigrati».
(da La Stampa)

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LA DIRETTRICE D’ORCHESTRA BEATRICE VENEZI DICE NO ALLA MELONI

Agosto 15th, 2022 Riccardo Fucile

SUDOKU CANDIDATURE: CON FORZA ITALIA CORRERANNO ZANGRILLO, LOTITO E L’EX CALCIATORE GIUSEPPE INCOCCIATI, PER LA LEGA IN CAMPO L’EX PALLAVOLISTA LUIGI MASTRANGELO, LA MAGLIE, FORSE LA CONDUTTRICE TV HOARA BORSELLI E LA GIORNALISTA ANNALISA CHIRICO… SUPERSFIDE A SENATO ROMA 1 TRA EMMA BONINO PER IL CENTROSINISTRA E CARLO CALENDA, A MILANO, COTTARELLI VS TREMONTI

La scadenza è domenica prossima: sei giorni e, finalmente, il rebus candidature sarà sciolto. Detto che i leader – Berlusconi, Meloni, Salvini, Letta, Di Maio, Renzi, Calenda – correranno tutti, chi alla Camera chi al Senato, i partiti sono sostanzialmente ancora in piene bagarre da trattative. Per cui i nomi di oggi possono uscire dalle liste domani, per non parlare poi dei collegi: al momento nulla è definitivo.
Fronte centrodestra
Berlusconi corre al Senato nel collegio di Monza. Scontate le riconferme del suo inner circle: Fascina, Gasparri, Casellati, Ronzulli. In aggiunta si fanno i nomi di Paolo Zangrillo, Claudio Lotito e dell’ex calciatore Giuseppe Incocciati
Per la Lega, a parte Salvini, ricandidatura per i big: Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Massimiliano Romeo, Massimo Garavaglia, Claudio Durigon. Le altre candidature: Maria Giovanna Maglie, Simonetta Matone, Antonio Angelucci, Barbara Saltamartini, Giulia Buongiorno, l’ex pallavolista Luigi Mastrangelo, forse la conduttrice tv Hoara Borselli e la giornalista Annalisa Chirico.
Per FdI, c’è la riconferma degli uscenti – fra cui Lollobrigida, Rampelli, Augello, Rauti, Fazzolari, Donzelli, La Russa, Santanchè – l’ingresso di quasi tutti i vari capi dei dipartimenti del partito, di alcuni consiglieri comunali, come Andrea De Priamo, e regionali come Chiara Colosimo. Ha invece smentito la candidatura la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi.
Per la componente centrista, girano i nomi di Andrea Causin e Pierantonio Zanettin, per Brugnaro; per Toti quelli di Gaetano Quagliariello e Marco Marin.
Fronte centrosinistra
Sull’altro versante, quello di centrosinistra, pare definitiva la scelta di Paolo Ciani (Pd) per il collegio Camera 1 di Roma. Per il Senato 1 di Roma la scelta del centrosinistra dovrebbe cadere su Emma Bonino. Ieri i Dem dovevano chiudere l’accordo sui nomi, ma la decisione è slittata a oggi in una riunione della Direzione. A Napoli Senato dovrebbe andare Annamaria Furlan.
Sempre in Campania, Conte vorrebbe sfidare Di Maio a Pomigliano. L’uscente ministro della Salute, Roberto Speranza, potrebbe andare a Firenze, Andrea Marcucci a Pisa. Nelle liste Dem dovrebbero rientrare Susanna Camusso (Lombardia), Michela Di Biase, Patrizia Prestipino, Monica Cirinnà (Lazio), i dimaiani Vincenzo Spadafora (Campania), Laura Castelli (Piemonte) e Lucia Azzolina a Biella o in Sicilia. Toscana blindata per uno fra Fratoianni e Bonelli.
Fronte Terzo polo
Il Terzo Polo dovrebbe schierare Gabriele Albertini a Milano, Maria Elena Boschi a Roma, Teresa Bellanova in Puglia, Elena Bonetti a Mantova. Per i 5Stelle occorrerà attendere la votazione sulle parlamentarie, ma si fa il nome del giudice Cafiero De Raho e di Antonio Vassallo, figlio del sindaco pescatore assassinato nel 2010. In Sinistra italiana, sicuri Ilaria Cucchi e Aboubakar Soumahoro. A Latina, per Italia sovrana e popolare, c’è Gina Lollobrigida.
Le super sfide
Si preannunciano battaglie interessanti a Roma e Milano. Camera Roma 1 dovrebbe vedere contrapposti un calendiano ancora non deciso, Paolo Ciani del Pd e un forzista per il centrodestra. Senato Roma 1 vedrà Emma Bonino per il centrosinistra contro Carlo Calenda, più il candidato del centrodestra. A Milano, sfida pesante fra Carlo Cottarelli per il centrosinistra e Giulio Tremonti per il centrodestra.
(da agenzie)

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LA MELONI CHE PARLA DI RINEGOZIARE IL PNRR RISCHIA DI BUTTARE TUTTO PER ARIA

Agosto 15th, 2022 Riccardo Fucile

CON IL SECONDO DEBITO PUBBLICO E LA DECADENZA INDUSTRIALE DEL NOSTRO PAESE, DOBBIAMO RISPETTARE IL CRONOPROGRAMMA UE PER RICEVERE I FONDI DEL RECOVERY PLAN

La caduta del governo irresponsabilmente provocata da chi ha tolto la fiducia a Draghi apre la discussione sul destino del Piano nazionale di ripresa e resilienza e sui suoi 191,5 miliardi di euro col rischio di perderli e su cosa possa rimetterci l’Italia.
Nel parere del Consiglio d’Europa sul programma di stabilità dell’Italia la seconda raccomandazione riguarda il Piano deciso dal Consiglio il 13 luglio 2021: il raggiungimento di target semestrali, l’Italia ne ha 527 fino al 31 dicembre 2026, necessari per ottenere le risorse del semestre successivo.
Se i governi non condividono il cronoprogramma o disapprovano le riforme previste o non realizzano gli obiettivi assegnati si rischia che le risorse non siano erogate come previsto dal regolamento europeo 2021/241 . Non “imposizione” dell’Europa, ma ciò che abbiamo deliberato e concordato.
Con Draghi gli impegni sono stati rispettati e i fondi sono stati versati. Se si cambia la linea si aprono scenari diversi. Questa e non altro è la c.d. inesistente e solo pragmatica “agenda Draghi”.
Sciogliendo le Camere Mattarella ha detto che il Pnrr rientra negli “affari correnti” del governo fino alle elezioni. I dossier più importanti: il disegno di legge annuale per la concorrenza molto divisivo tra i partiti; la delega per il riordino degli Irccs; i decreti attuativi in materia di giustizia e processo tributario; le modifiche al codice della proprietà industriale; la delega al governo per la riforma fiscale, approvata dalla Camera e in commissione Finanze del Senato
Sino a ottobre saremo senza governo e Parlamento. I disegni di legge decadono con lo sciogliersi delle Camere e con la nuova legislatura si ricomincia da zero. Difficile immaginare di raggiungere le scadenze entro dicembre 22.
Col nuovo governo l’Italia dovrà dimostrare di riprendere il ritmo della tabella di marcia precedente. Prevedibile che il nuovo Parlamento si insedi entro 20 giorni e che prima di novembre non ci sia un nuovo esecutivo per cui è probabile che non sia rispettata la scadenza di dicembreper raggiungere i 55 obiettivi del secondo semestre, per la difficoltà di presentare e approvare leggi e decreti e perché i nuovi ministri prima di gennaio 2023 difficilmente saranno in grado di guidare una macchina complessa.
Il Piano non si fermerà nei prossimi mesi grazie alla governance predisposta nel Dl 77 del 2021per cui le strutture tecniche di gestione insediate a Palazzo Chigi e al MEF non sono soggette a spoils system rimanendo in carica sino a dicembre 2026. Ma senza l’ impulso degli organi politici molte scadenze previste per il 2022 non potranno quasi essere rispettate.
Per il Pnrr italiano ma per il futuro dell’Europa sono ipotizzabili scenari diversi. Tutto può procedere senza grandi problemi, con qualche ritardo senza che nulla cambi nella sostanza generale del Piano col solo rischio di non essere in linea con gli impegni di dicembre e slittamento concordato per rientrare nell’andamento concordato.
Ipotesi B, il nuovo governo vuole negoziare un “nuovo Pnrr”; i tempi si dilaterebbero dovendosi esprimere Parlamento europeo, Commissione e Consiglio innescando o meno un precedente col rischio di perdita di risorse perché entro il 2026 è d’obbligo rendicontare il Recovery .
Bene che vada rispetto al percorso di revisione potremmo beneficiarne solo in parte.
Terzo scenario preoccupante per chi ha a cuore gli interessi del paese e uno stabile inserimento nell’Unione europea necessario per dare un futuro migliore ai cittadini italiani ed europei: contrapposizione tra Italia e Commissione Ue e rottura del contratto con l’Ue, che potrebbe chiedere indietro le risorse assegnate all’Italia.
La linea politica pro-Europa e pro Pnrr o meno inciderà sul Piano e sulla sua attuazione. Giorgia Meloni in occasione dell’evento “Pnrr: priorità e futuro dell’Italia” del 19 maggio ha consigliato a Mario Draghi “di recarsi alla Commissione europea per chiedere una revisione degli obiettivi del Pnrr, che devono essere concentrati sulle conseguenze della crisi”. Il presidente del Veneto Zaia ha detto a sua volta che “bisogna anche rivedere le regole del Pnrr. Il Piano è nato con determinati intendimenti in un contesto storico di pochi mesi fa, radicalmente diverso da quello di oggi”.
Ipotesi che rischiano di essere slogan elettorali più che percorsi concretizzabili salvo che non si voglia buttare tutto per aria compresi i cocci. Pragmaticamente il commissario europeo Paolo Gentiloni a giugno davanti ai giovani imprenditori ha detto “chi propone di rifare il Piano sbaglia” perché si rischierebbe di apparire poco seri e non si avrebbe “alcuna possibilità di riproporre questo metodo – debito comune, obiettivi comuni – nei prossimi anni”.
Gli elettori è bene che sappiano. Se il Piano non funziona si rischia che a Bruxelles venga accantonata l’idea del Recovery Fund e altre iniziative finanziate da debito comune europeo e la possibilità di renderlo permanente, rimanendo quindi solo una esperienza irripetibile e nemmeno colta dal nostro paese .
Dobbiamo anche prender coscienza dell’altissimo debito pubblico e della decadenza industriale del Paese . Lo scenario che rischiamo è una probabile richiesta dell’Italia di fare altro debito, addossandolo alle future generazioni, per fare la flat tax, quota 41 e altro assistenzialismo. Next Generation EU aveva altro intento: fare dell’Italia un Paese civile come il resto d’Europa e a misura di giovani.
Nello schema bipolare il voto riguarda la democrazia parlamentare rappresentativa e la democrazia autoritaria e in tale ambito la salvaguardia dei principi della costituzione repubblicana e l’ideale di una pacifica e prospera Federazione europea.
(da Huffpost)

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UN FISCO PER L’ESTATE, LE MIRABOLANTI PROMESSE ELETTORALI RUOTANO TUTTE ATTORNO ALLA PROMESSA DI MENO TASSE PER TUTTI

Agosto 15th, 2022 Riccardo Fucile

MANCA PERÒ LA RISPOSTA ALLA DOMANDA “CHI PAGA?” NESSUNO SPIEGA COME INTENDE FINANZIARLE….CI PENSERA’ LA REALTA’, A OTTOBRE, QUANDO NON CI SARA’ IL GAS E AVREMO L’INFLAZIONE ALLE STELLE, A RIPORTARE TUTTI SULLA TERRA

È una corsa a chi promette di più. Proposte dettagliate quando si tratta di spiegare chi e come pagherà meno tasse.
Del tutto assenti o fumose quando bisognerebbe invece spiegare i costi delle singole misure e, soprattutto, come si intende finanziarle.
Insomma, manca la risposta alla domanda «chi paga?» le per le mirabolanti promesse elettorali in campo fiscale. Questo il problema principale che si riscontra nei programmi che i vari partiti o schieramenti hanno già presentato o stanno elaborando in vista del voto del 25 settembre.
È interessante notare come emergano trasversalmente alcune direzioni di marcia: dalle misure per incentivare le assunzioni di giovani e donne al taglio del prelievo sul lavoro — segno che esso è ritenuto da tutti troppo alto— anche se il centrodestra sembra privilegiare autonomi e partite Iva (flat tax), nel senso che si partirebbe da loro, mentre il centrosinistra i lavoratori dipendenti (cuneo fiscale).
La flat tax del centrodestra
La flat tax, ovvero un’aliquota unica di prelievo, è al centro delle proposte fiscali del centrodestra. Fino a pochi giorni fa ogni forza politica la declinava in modo diverso. Poi nel programma comune sottoscritto da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati, si è raggiunto un accordo, necessariamente più generico.
Si propone che sulla flat tax attuale (15% per le partite Iva con ricavi fino a 65mila euro) il tetto salga a 100mila euro. Inoltre, si parla di «flat tax incrementale»: cioè dell’applicazione della tassa piatta sull’«incremento di reddito rispetto alle annualità precedenti, con la prospettiva di un ulteriore ampliamento per famiglie e imprese».
Per esempio, se si dichiarano 50 mila euro rispetto ai 40 mila dichiarati in precedenza, sui 10 mila euro si pagherebbe non la normale Irpef (il 35% in questo caso) ma la flat tax. Questa riforma si applicherebbe, «in prospettiva», a tutti i contribuenti. Si prevede anche la «progressiva introduzione del quoziente familiare».
Le altre proposte sono: un nuovo «saldo e stralcio» sulle cartelle esattoriali; misure per le imprese all’insegna del «chi più assume, meno paga»; «conto unico fiscale» per compensare crediti e debiti per la Pa; taglio dell’Iva su beni energetici, di prima necessità e per l’infanzia; detassazione del welfare aziendale; decontribuzione sulle assunzioni di donne, giovani e disabili; «salvaguardia delle situazioni in essere» sui bonus edilizi.
Il cuneo del centrosinistra
Nel centrosinistra, a oggi, non c’è un programma comune. Il Pd punta sul taglio dell’Irpef sui redditi medio-bassi. Centrale è la proposta di aumentare gli stipendi netti «fino a una mensilità in più», con l’introduzione di una franchigia di mille euro sui contributi Inps a carico dei lavoratori (senza conseguenze sulla pensione).
Si propone anche una tassazione agevolata per il secondo percettore di reddito in famiglia, per agevolare il lavoro femminile. Per i giovani: totale decontribuzione delle assunzioni stabili degli under 35 e una dote di 10 mila euro, al compimento dei 18 anni e sulla base dell’Isee, per le spese relative a casa, istruzione e all’avvio di un’attività lavorativa.
La dote sarà finanziata con l’aumento dell’imposta su successioni e donazioni oltre i 5 milioni di euro. Per le imprese si propone il superamento dell’Irap e la rimodulazione dell’Ires.
Per artigiani, Pmi e professionisti si pensa all’autoliquidazione mensile delle imposte al posto del saldo-acconto.
Sul versante fisco «verde»: revisione e la stabilizzazione degli incentivi per la rigenerazione energetica e sismica degli edifici e l’estensione del piano «Transizione 4.0» agli investimenti green; l’introduzione di una premialità fiscale per le imprese a elevato rating Esg (ambientale, sociale e di governance); la progressiva riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente. Sul fronte della lotta all’evasione: potenziamento della tracciabilità dei pagamenti.
La detassazione del centro
Azione di Carlo Calenda e Italia viva di Matteo Renzi hanno annunciato che presenteranno il loro programma comune giovedì. Sul fisco le posizioni di partenza sono molto vicine.
Azione propone di spostare la tassazione dal lavoro alle transazioni digitali, tagliando di 2 punti di Pil (36 miliardi) l’Irap e l’Irpef sui redditi medio bassi. Inoltre, i giovani fino a 25 anni dovrebbero pagare zero tasse e quelli tra 26 e 30 anni tasse dimezzate, secondo il partito di Calenda. Che propone inoltre il potenziamento dell’assegno unico sui figli a carico, voluto dalla ministra Elena Bonetti di Italia viva.
Anche il partito di Renzi vuole arrivare al superamento dell’Irap per le imprese, come del resto è previsto dal disegno di legge delega di riforma del fisco del quale è relatore Luigi Marattin, economista di Italia viva. Tra le proposte anche l’abbattimento dell’Ires per i primi 5 anni per le aziende che si fondono, così da incentivarne la crescita.
Completano il programma di Italia viva: la riforma dell’Iva su due aliquote più una fascia di esenzione per i beni di prima necessità; la revisione dell’Irpef su tre aliquote con una maxi-deduzione decrescente al crescere del reddito e la possibilità di pagare la stessa imposta con il telefonino, per avere un fisco sempre più digitalizzato. Per finanziare le riforme, Italia viva propone, tra l’altro, di eliminare il reddito di cittadinanza per chi è abile al lavoro.
Il cashback dei 5 Stelle
Superbonus e cashback sono le due creature fiscali dei 5 Stelle in questa legislatura, che quel che resta del Movimento, guidato ora da Giuseppe Conte, vuole potenziare nella prossima.Il Superbonus è l’agevolazione del 110% sui lavori di efficientamento energetico e di messa in sicurezza sismica degli edifici.
Lo sconto fiscale, secondo le norme attuali, spetta fino al 31 dicembre 2022 per gli interventi effettuati da persone fisiche sugli edifici unifamiliari, a condizione che al 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30%. Termini più lunghi sono previsti per Iacp e condomini. I 5 Stelle vogliono rendere strutturali il Superbonus e il meccanismo di cessione dei crediti fiscali, largamente utilizzato proprio con i bonus edilizi.
Il cashback, nato per facilitare i pagamenti con carta di credito e bancomat e poi soppresso, viene riproposto dal Movimento con una novità: l’«introduzione di un meccanismo che permetta l’immediato accredito sul conto corrente delle spese detraibili sostenute con strumenti elettronici». Per esempio il 19% delle spese per farmaci tornerebbe immediatamente sul conto, al momento dell’acquisto fatto in farmacia con il bancomat o la carta di credito.
Tra le altre proposte dei 5 Stelle: la cancellazione dell’Irap; «il taglio del cuneo fiscale per imprese e lavoratori», per aumentare il netto in busta paga; «maxirateizzazione delle cartelle esattoriali»
(da agenzie)

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RANKING UNIVERSITA’: NELLE PRIME 100 NEMMENO UN’ITALIANA

Agosto 15th, 2022 Riccardo Fucile

E’ IL PEGGIOR RISULTATO TRA I PAESI DEL G7… E POI CI CHIEDIAMO PERCHE’ I MIGLIORI CERVELLI VANNO ALL’ESTERO

Prima Harvard, seconda Stanford.
Secondo la classifica delle migliori università al mondo le posizioni più alte sono ancora ricoperte dalle università statunitensi.
L’Europa arriva solo al quarto posto, con l’University of Cambridge, nel Regno Unito, e torna ancora al settimo posto con Oxford, sempre Regno Unito.
Per l’Italia bisogna avere un po’ di pazienza e cominciare a scorrere la classifica pagina dopo pagina. Il ranking infatti definisce delle posizioni precise solo nei primi 100 posti, poi si limita a indicare una fascia.
La classifica è stata compilata dalla Jiao Tong University di Shanghai e riguarda le migliori 500 università del mondo. Tra i criteri considerati per compilarla ci sono i riconoscimenti accademici in termini di paper pubblicati e citazioni ricevute ma anche i premi Nobel e le performance sul numero di iscritti.
Tra le italiane quella che raggiunge il posizionamento più alto è La Sapienza di Roma. La sua posizione è fissata nella fascia tra il 101° posto e il 150°. Seguono la Statale di Milano, l’Università di Padova e l’Università di Pisa, tutte nella fascia tra il 151° e il 200° posto. Scorrendo ancora in avanti si trovano altre quattro università nella fascia dal 201° al 300° posto: il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna, l’Università Federico II di Napoli e l’Università di Torino.
È il risultato peggiore tra i Paesi del G7. Al netto di Stati Uniti e Regno Unito, il Canada può contare sulla University of Toronto, al 22° posto, la Francia invece ha la Paris-Saclay al 16° posto, la Germania la Technical University of Munich al 56° posto e il Giappone la University of Tokyo al 24° posto.
(da agenzie)

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FIORI D’ARANCIO PER DAVIDE CASALEGGIO CHE CONVOLA A NOZZE CON ENRICA SABATINI, LA LADY ROUSSEAU

Agosto 15th, 2022 Riccardo Fucile

I DUE SI SONO SPOSATI SU UNA SPIAGGIA IN ABRUZZO, TERRA NATALE DELLA SPOSA, E HANNO SCELTO IL 14 AGOSTO, GIORNO DEL COMPLEANNO DI GIANROBERTO CASALEGGIO

Mentre il Movimento 5 Stelle affronta una difficile campagna elettorale, tra scissioni e rinnovamento delle liste, Davide Casaleggio, il propietario della Casaleggio associati, ed Enrica Sabatini si sono sposati.
Hanno deciso di festeggiare su una spiaggia in Abruzzo, terra natale della sposa, che è socia dell’associazione Rousseau ed ex consigliera comunale M5S a Pescara.
E hanno scelto il 14 agosto, il giorno in cui nacque Gianroberto, il fondatore del Movimento 5 Stelle e padre dello sposo, scomparso nel 2016 a sessantotto anni. Il clou della festa: i 100 palloncini bianchi lanciati in aria da Davide, Enrica e i loro ospiti, tra cui spiccavano i due rossi dei loro figli, i gemellini Riccardo ed Alessandro in ricordo proprio del nonno.
Un anno fa, dopo il divorzio tra l’M5S e l’associazione Rousseau, Davide Casaleggio ha lasciato il Movimento.
(da agenzie)

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