Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
E’ SPINTO DA UNA PARTE DI FORZA ITALIA, MA HA AVUTO PIÙ DI UNO SCREZIO CON GIORGIA MELONI, AI TEMPI DELLA BATTAGLIA PER LE COMUNALI DI ROMA. I DUE DA ALLORA SI DETESTANO… PER LA ZARINA DI BERLUSCONI SI POTREBBE PROSPETTARE L’INCARICO DI MINISTRA DELLA FAMIGLIA OPPURE UN “RUOLO DI RILIEVO” IN PARLAMENTO
Mentre continua il toto-nomi per il governo, la Corte di Cassazione ha terminato i controlli e oggi consegnerà al Parlamento la lista definitiva degli eletti. La prima seduta è convocata per giovedì.
Entro lunedì dovrebbero dunque essere indicati i nomi dei presidenti delle due Camere. Ma nel gioco delle richieste, dei veti e delle compensazioni, è ancora impasse. Ieri negli alleati era circolato il sospetto che Giorgia Meloni volesse applicare la «regola del tre»: tre ministeri politici per Lega e FI e il resto tecnici. Ipotesi smentita e il chiarimento è rimandato a un incontro a breve tra i leader.
Certo, la richiesta di Meloni di candidati al governo con curriculum e spessore istituzionale al di sopra delle polemiche resta. I più recalcitranti ad accettare compromessi sono tutt’ oggi Matteo Salvini e Licia Ronzulli. Il leader della Lega ieri ha ripetuto che non ci sono veti per lui al Viminale ma riottenere quell’incarico che gli valse l’accusa di sequestro di persona nei confronti dei migranti che non voleva far sbarcare appare comunque escluso.
La corsa a due rimane tra il suo ex capo di gabinetto Matteo Piantedosi e Giulia Bongiorno; per Salvini da FdI si parla del ministero dell’Agricoltura e delle Infrastrutture.
A tenere sotto scacco la composizione del governo c’è poi il caso Ronzulli. Per lei, fedelissima di Silvio Berlusconi, il Cavaliere ha chiesto il ministero della Salute. Ruolo per il quale, secondo FdI, non avrebbe lo standing.
E così, dopo il nome di Alberto Zangrillo, che ha rifiutato, spunta all’interno di FI, che le correnti interne rendono un mare in tempesta, un evergreen azzurro: Guido Bertolaso. Medico, non solo tecnico, dovrebbe però far dimenticare a Giorgia Meloni gli screzi avuti ai tempi della battaglia per il Campidoglio.
L’alternativa potrebbe essere il presidente della Croce Rossa Francesco Rocca. Per Ronzulli, che aspira ad essere anche capodelegazione FI al governo, si potrebbe prospettare l’incarico di ministra della Famiglia, che la Lega però vorrebbe mantenere e che in FdI reclama Lavinia Mennuni. Oppure un ruolo di rilievo in Parlamento.
Capo delegazione dovrebbe essere Anna Maria Bernini, se oltre al ruolo di ministra dell’Istruzione avrà quello, ipotizzato, di vicepremier. Alla Farnesina dovrebbe arrivare l’ex presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, mentre per la Difesa rimangono in corsa Guido Crosetto e Adolfo Urso.
Ma lo scontro in queste ore si concentra anche sulla casella di presidente del Senato, seconda carica dello Stato. Roberto Calderoli, vicepresidente dai tempi del senatur, tra i più esperti di regolamento, la rivendica per la Lega. Ma FdI insiste per assicurarla al cofondatore Ignazio La Russa.
Ci sono dei precedenti: ai tempi dei governi Berlusconi Fi la tenne per sé, prima affidandola a Marcello Pera e poi a Renato Schifani.
Si contropropone alla Lega la presidenza della Camera per Riccardo Molinari o, in alternativa, Giancarlo Giorgetti. Per Maurizio Lupi (Noi Moderati) si parla del ministero per i Rapporti con il Parlamento. Resta il rebus Economia, da spacchettare forse dopo la finanziaria: dopo il no di Panetta, Maurizio Leo e Guido Crosetto.
Maurizio Gasparri sarebbe invece il candidato azzurro designato alla presidenza della regione Lazio.
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
GIORGIA HA ACCOMPAGNATO LA DECISIONE CON UN MESSAGGIO DI FUOCO CONTRO LE “GOLE PROFONDE”: “NON VI RENDETE CONTO DI QUANTO SIA DANNOSO E INAUDITO QUEL CHE AVETE FATTO USCIRE”
“Giorgia Meloni ha abbandonato il gruppo”. Tanta è stata la rabbia della
leader, l’altro giorno, per la fuga di notizie dall’esecutivo di Fratelli d’Italia che ha deciso di lasciare il gruppo WhatsApp di cui fanno parte i parlamentari. Una mossa accompagnata da un messaggio di fuoco contro le presunte gole profonde che hanno spifferato il contenuto della riunione ai giornalisti. “Non vi rendete conto di quanto sia dannoso e inaudito quel che avete fatto uscire”.
Come si sa, mercoledì durante la riunione dei vertici del partito è trapelata la frase della premier in pectore sul “fallimento” della trattativa di Mario Draghi a Bruxelles in vista del vertice del 20 e il 21 ottobre. Parole che hanno fatto scoppiare un caso con Palazzo Chigi, non smentite però dalla diretta interessata.
Nella chat degli eletti di FdI in questa legislatura, Meloni interveniva con frequenza per dettare anche la linea politico-comunicativa sui temi su cui battere. L’abbandono del gruppo è stato accolto con molto stupore da diversi parlamentari, come “un comprensibile scatto di nervi in un momento non facile”.
“Formalmente però il gruppo WhatsApp è destinato a morire e chi non è stato rieletto ne era già uscito”, provano a gettare acqua sul fuoco i pompieri meloniani. Lunedì ci sarà la riunione dei nuovi eletti e dunque se ne creerà un altro nuovo e con molti più componenti. Ne farà parte anche la capa?
(da il Foglio)
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Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
LA LEADER E’ GIA’ SOMMERSA DI CRITICHE DAI SUOI ELETTORI SOVRANISTI
«Da “Io sono Giorgia” a “Io sono Draghi Bis” il passo è stato breve…brevissimo». Un commento su Twitter riportato oggi da Il Fatto Quotidiano basta per intuire l’umore generale che serpeggia tra i seguaci di Giorgia Meloni.
Già contrariati da quella che è considerata una “draghizzazione” per nulla gradita. Fin dal giorno successivo alle elezioni la premier in pectore ha mantenuto un profilo basso e moderato.
Mettendo subito in chiaro di voler costruire un governo di alto profilo con ministri tecnici, sulla falsariga di quello precedente. E di voler mantenere saldo il legame con l’Unione europea.
Un atteggiamento che è stato visto dai sostenitori storici della leader di Fratelli d’Italia come un voltafaccia rispetto alle promesse fatte all’opposizione e durante la campagna elettorale.
A irritare particolarmente i suoi seguaci il tweet che Meloni ha pubblicato la sera del 5 ottobre, in cui chiedeva una risposta europea alla crisi energetica («Una sfida europea che come tale deve essere affrontata»), allineandosi a quando detto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Il post è stato sommerso da migliaia di critiche, insulti e sberleffi. La delusione di molti è palpabile: «Dovevi distruggerli Giorgia, non unirti a loro!», «Non dirmi che sei già diventata schiava europea, mi fai rimpiangere il voto», «Non è ancora al governo e ha già deluso», «Ti abbiamo votato per dare una svolta contro l’Europa mafiosa, non per continuare ad esserne succubi», «Dalle tue dichiarazioni mi sembra di ravvisare un asservimento. Hai tolto la maschera, mai più voto utile», «Neanche una settimana e ha già tradito gran parte del suo elettorato in una sola frase. Abbiamo firmato un assegno in bianco con Bruxelles grazie a Draghi, senza alcuna garanzia da parte dell’Europa di solidarietà per gli effetti delle sanzioni e Giorgia Meloni già si è venduta».
E ancora: «Ti sei già adattata alla politica europeista? Non dovevamo essere un Paese sovrano?». «Non doveva finire la pacchia?», è il tono della maggior parte dei commenti.
Ma c’è anche chi non sembra essere particolarmente sorpreso: «Sapevo che sarebbe finita così…per questo non ti ho votata». «Lo sapevo che saresti diventata lo scendiletto europeo, avevi già dato chiari segnali». «Ancora non avete formato il nuovo governo, ma le disattese verso i vostri elettori cominciano ad arrivare copiose. Molto contento di non avervi votato», recitano alcuni tweet.
Lo slancio europeistaAi commenti di chi è seriamente deluso si mescola l’ironia di altri utenti e il paragone con Enrico Letta, ma soprattutto con Mario Draghi, è inevitabile: «Il direttore della comunicazione l’hai ereditato da Draghi e lo dividi con Letta?», «Sono sicuro che Letta non l’avrebbe detto meglio», «Letta, esci da questo corpo», «Ormai parli come una piddina fatta e finita», «Un’europeista all’improvviso…», sono alcune delle risposte. E ancora: «Draghi, sei tu?», «Da Io sono Giorgia a Io sono Draghi bis il passo è stato breve. Non potete essere europeisti quando avete da mendicare soldi e antieuropeisti quando ci sono da rispettare regole. Siamo a livello circo», «Ricordati che non ti abbiamo votata per fare il Draghi 2», «Mario restituisci subito l’account a Giorgia», scherza qualcuno.
ll paragone con la Lega
Cè già chi profetizza che la metamorfosi europeista costerà cara alla Meloni sul piano elettorale: «Farai fare a Fratelli d’Italia la fine che Salvini ha fatto fare alla Lega», «Vuoi provare la stessa ebrezza della Lega?», «Lei durerà come un gatto in tangenziale», «Goditi adesso il 26%, perché se continui così non lo vedrai più», «Avanti così, al prossimo giro torna al 4%».
Ma se c’è chi è deluso, c’è anche chi spera che la svolta sia solo uno stratagemma per tranquillizzare le cancellerie europee, un “copione” da recitare in questa fase di transizione: «Dimmi che al giuramento uscirai con un bellissimo “Era tutta scena” e un eloquente dito medio. Pensavo fossi tu l’elemento di rottura, non di continuità».
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
“SENZA DI LORO SERVIZI A RISCHIO, IL NUOVO GOVERNO APRA GLI OCCHI”
Melito di Napoli è tra i comuni italiani con il maggior numero di
percettori del reddito di cittadinanza. 2200 famiglie (circa 8000 persone su 38000 abitanti) arrivano alla fine del mese grazie alla misura di sostegno. In pratica 1 cittadino su 5.
Ma questo comune a nord di Napoli, che ha un’amministrazione di centrodestra, ha anche un altro primato, quello di essere tra i primi (e i pochi) a impiegare i percettori per lavori utili alla comunità.
“Ogni giorno a Melito 150 percettori lavorano per il Comune – ci spiega il sindaco Luciano Mottola – abbiamo fatto partire una serie di progetti che li impiegano in diverse mansioni, lo spazzamento delle strade, la vigilanza all’esterno delle scuole, la manutenzione del verde pubblico o lavorano negli uffici comunali. Ci garantiscono servizi che altrimenti non sarei in grado di garantire alla cittadinanza”.
Il primo cittadino è stato eletto con il supporto di Fratelli d’Italia, attualmente nel parlamentino melitese un assessore e 5 consiglieri comunali sono in quota Fratelli d’Italia ed è insolito, soprattutto dopo che la vittoria del centrodestra alle recenti elezioni politiche ha reso incerta la sorte del rdc, che la misura simbolo del Movimento 5 Stelle abbia in un sindaco di centrodestra uno maggiori dei sostenitori.
“Non sono un sindaco di centrodestra che sostiene il reddito – precisa Mottola – è una misura fatta da altri ma che oggi esiste ed in effetti ha contribuito a dare dignità a molte persone, chi pensa di abolirlo dovrebbe interfacciarsi prima con le realtà territoriali e magari prendere spunto da queste realtà come Melito in cui il reddito di cittadinanza funziona ed è una risorsa. Cancellarlo creerebbe problemi di natura economica, sociale e psicologica – prosegue il primo cittadino – per questo sono sicuro che il nuovo Governo non possa pensare a un’abolizione ma piuttosto a una modifica e una reale conversione per garantire il lavoro”.
Intanto tra i percettori della misura di sostegno c’è preoccupazione. “Prima lavoravo 10 ore al giorno per 150 euro a settimana – ci dice un percettore – se eliminano il reddito qua esplode una bomba sociale, non credo che si azzarderanno”.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
PERSINO LA FECCIA DI MERCENARI COMINCIA A PENSARE A COME USCIRNE INDENNI
Corpi stesi gli uni accanto agli altri prima di essere sepolti in una fossa comune. Sono le immagini di cui è entrata in possesso la Cnn e che, oltre alle vittime ucraine dei mercenari del Gruppo Wagner, mostrano anche le condizioni nelle quali l’elite mercenaria russa si trova a combattere sul campo ucraino: senza giubbotti anti proiettili e senza elmetti, con una dotazione insufficiente e praticamente esaurita di granate e munizioni. Questo a dispetto della propaganda – come conferma all’emittente americana Marat Gabidullin, un ex comandante Wagner, un tempo a capo di 95 mercenari in Siria e che adesso ha chiesto asilo all’Europa – che ha fatto della dotazione militare avveniristica, composta da armi pesanti e persino elicotteri, un cavallo di battaglia per attrarre nuove reclute nel gruppo militare privato.
Il video e l’intervista all’ex comandante del Wagner gettano dunque una nuova luce, più fosca, sul gruppo mercenario, che, quanto ad armi e e successi sul campo, non se la passerebbe meglio dell’esercito ufficiale di Mosca.
Gabidullin infatti lamenta una carenza organizzativa che si traduce in molte perdite anche per il suo ex gruppo militare.
Wagner, dichiara, ha “problemi di approvvigionamento e di morale”, anche perché potrebbe essere accusato di crimini di guerra, come già successo alle truppe regolari russe. Insomma, la notorietà globale di cui per molti anni ha goduto il gruppo di assalto “fuori dagli schemi” russo, sembra essere ora in crisi e le crepe nell’elite mercenaria stanno venendo fuori assieme ai contraccolpi all’”operazione militare speciale” di Putin in Ucraina provenienti dalla controffensiva di Kiev e all’annuncio di una “mobilitazione parziale” per i coscritti che ha spinto più di 200.000 cittadini russi a fuggire nei paesi vicini.
Gabidullin tuttavia riconosce a Wagner un ruolo fondamentale sul campo ucraino, dal momento che la gestione diretta della guerra da parte del Cremlino “è caduta nel caos”. Una tesi confermata anche dal ministro della Difesa di Kiev Oleksiy Reznikov, che alla Galileus Web ha detto che le truppe Wagner sono state dispiegate nelle “missioni più difficili e importanti”, svolgendo un ruolo chiave nelle vittorie russe a Mariupol e Kherson.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
DRAGHI RESTA LEADER PIU’ GRADITO
Il sondaggio condotto da Demos nei giorni scorsi conferma i principali
risultati delle elezioni, che si sono svolte il 25 settembre. In particolare, rileva il calo del PD e, al tempo stesso, la risalita del M5S.
Il dato più evidente e importante, comunque, è costituito dal “primato” dei Fratelli d’Italia, guidati da Giorgia Meloni. Che, arrivano al 26,4%. Pochi decimali in più rispetto alle elezioni politiche, ma 22 punti oltre il risultato ottenuto nel 2018. Quando erano una piccola formazione di Destra. Mentre oggi il loro elettorato si è allargato verso il Centro-Destra e, in piccola misura, anche verso il Centro.
Il crollo della Lega
Una tendenza uguale e contraria, rispetto alla Lega, che è scesa, o meglio, crollata, appena sotto l’8%. Riducendosi a metà, rispetto alle Politiche. E a meno di un quarto, rispetto alle Europee, quando avevano superato il 34%.
Sull’altro versante, il PD scivola sotto il 18%, mentre le altre forze politiche (Azione e IV, Europa Verde, Sin. Italiana e +Europa) mantengono il loro peso elettorale o crescono di poco.
Azione e Italia Viva, in particolare, si confermano al 7,8%. Mentre il M5S cresce ancora, fino al 16,8%. Insieme alle forze politiche di quest’area il PD potrebbe disegnare un “campo” di Centro-Sinistra effettivamente “largo” e, quindi competitivo con il Centro-Destra. Tuttavia, le distanze fra questi partiti, anzitutto fra M5S e PD, restano “larghe”.
Così, l’area a cui si rivolge Giorgia Meloni appare maggioritaria.
La fiducia nei suoi confronti, d’altronde, è cresciuta sensibilmente, nell’ultimo mese e ha raggiunto il 53%: 12 punti in più, rispetto a un mese fa. Inoltre, 10 punti sopra a Giuseppe Conte, 20 più di Silvio Berlusconi ed Emma Bonino, 22 più di Matteo Salvini. In calo più limitato rispetto al suo partito.
Tutti gli altri leader considerati dall’indagine mostrano livelli di consenso più ridotti. Calenda, Renzi, Fratoianni. E soprattutto Enrico Letta. Il segretario del PD, infatti, oggi è “apprezzato” dal 25% dei cittadini (intervistati). Quasi 10 punti in meno di un mese fa. Una tendenza parallela al suo partito, che spiega come, di fronte agli elettori, soprattutto del PD, una responsabilità significativa del calo di consensi venga attribuita al segretario. Al “capo”.
D’altra parte, la “personalizzazione dei partiti” è, ormai, una tendenza consolidata. Come di-mostra, in direzione uguale e contraria, il grado di fiducia verso i FdI e Giorgia Meloni. Perché, agli occhi degli elettori, il partito ha il volto del Capo. E ciò è un problema per le forze politiche che hanno radici e identità fondate nella storia e sul territorio. Come il PD, appunto. Erede dei partiti di massa della Prima Repubblica.
Mario Draghi leader più gradito
È, invece, molto significativo come, anche in questo sondaggio di Demos, il leader più apprezzato si confermi il Presidente del Consiglio Mario Draghi. Nonostante le critiche che si levano fra coloro che pensano di aggiornare le gerarchie di governo. Un’opinione comprensibile, ma non accolta dalla maggioranza dei cittadini.
Mario Draghi, infatti, cala di qualche punto, ma resta ancora il leader più gradito. Stimato da una larga maggioranza degli italiani: 63%, 10 punti in più di Giorgia Meloni. A maggior ragione e in maggior misura rispetto a tutti gli altri. Per questa ragione e, non a caso, nella stessa misura, la maggioranza dei cittadini dà un giudizio positivo nei confronti del governo presieduto da Draghi: il 63%, 10 punti in più rispetto a chi apprezza l’idea di un nuovo governo guidato da Giorgia Meloni.
Si tratta di un consenso analogo alla fiducia verso il Presidente Sergio Mattarella. D’altronde il legame fra i due Presidenti è stretto. Fin dalla nomina di Draghi, sostenuta con forza da Mattarella. E, per la stessa ragione, non stupisce che l’atteggiamento più tiepido si osservi nella base del Centro-Destra. E soprattutto dei FdI. Che vedono nel Presidente non solo un garante, ma un “limite”. Ai cambiamenti che intendono attuare, anche in ambito istituzionale.
Il governo Meloni durerà poco
Tuttavia, è significativo come solo un terzo, fra i cittadini, ritenga che un eventuale e probabile governo di Centro-Destra, guidato da Giorgia Meloni, possa durare fino al termine della legislatura. Mentre la maggioranza immagina un’investitura a tempo determinato. Un anno o poco più. Per i problemi “interni” al Centro-Destra. Ed “esterni”, di fronte all’Europa.
Una democrazia incerta
Nell’insieme, si delinea una democrazia incerta. Attraversata da un limitato grado di fiducia verso il Parlamento e verso i partiti. D’altra parte, gli stessi FdI hanno vinto queste elezioni e guideranno il governo con il voto di un quarto degli italiani. Nel 2018, il M5S aveva ottenuto il 32%. A dimostrazione del sentimento scettico verso la politica e i partiti, che persiste. E si riproduce attraverso canali diversi, da un’elezione all’altra, alimentando la fluidità del voto.
È un indice della sfiducia verso le istituzioni “rappresentative”. E verso i “rappresentanti” politici. Segnali di una democrazia incerta. Nel presente e sul futuro.
(da agenzie)
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Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
“BUON COMPLEANNO, MR. PUTIN, QUESTO E’ SOLO L’INIZIO”
Il ponte di Kerch, che collega la Crimea all’Ucraina, è andato a fuoco nelle prime ore del mattino di oggi, 8 ottobre 2022. Non ci sono vittime. Un filmato pubblicato dal canale Telegram Combat Footage mostra le fiamme e ipotizza che sia stato colpito due volte. Ma per ora è mistero sulle cause.
La Russia ha parlato di un camion-bomba che sarebbe stato fatto esplodere sul ponte, provocando i danni che si vedono nel video.
Altre ipotesi parlano di razzi o missili che avrebbero colpito due volte l’infrastruttura.
Di certo c’è che l’amministrazione russa della Crimea accusa l’Ucraina. Il capo dell’Assemblea di Crimea Vladimir Konstantinov ha definito l’accaduto come un colpo di stato da parte di «teppisti ucraini». A Mosca il presidente Vladimir Putin ha disposto l’avvio di un’indagine governativa per risalire all’origine di quanto accaduto.
La rivendicazione del consigliere di Zelensky
Di certo c’è che poco dopo che la notizia aveva cominciato a circolare il consigliere del presidente Zelensky Mykhaylo Podoliak ha pubblicato su Twitter un messaggio che ha l’aria di una rivendicazione.
«Crimea, il ponte, l’inizio. Tutto ciò che è illegale deve essere distrutto, tutto ciò che è stato rubato deve essere restituito all’Ucraina, tutto ciò che appartiene all’occupazione russa deve essere espulso», ha scritto Podolyak.
E il tweet, commenta il Guardian, «sembra suggerire la responsabilità di Kiev» nell’incendio di questa mattina. Secondo le autorità russe il camion sarebbe esploso sulla parte del ponte riservata al traffico automobilistico. Provocando l’incendio di serbatoi di carburante di un treno diretto in Crimea.
«Sono parzialmente crollate – secondo quanto confermato – due campate del ponte stradale». Il Comitato investigativo russo ha aperto un procedimento penale sull’incendio che oggi ha distrutto parzialmente il ponte di Crimea. «Il Dipartimento Investigativo Principale del Comitato Investigativo ha aperto un caso penale per l’incidente sul ponte di Crimea – si legge in un comunicato -. Gli esperti del Centro forense si stanno recando sul posto su ordine del presidente del Comitato Investigativo». Che indaga per terrorismo. Intanto le fiamme sono state spente. Le autorità della Crimea hanno detto che un servizio di traghetti sostituirà il ponte finché non sarà riparato.
Le parole del presidente
Quello della Crimea è un doppio ponte, sia stradale che ferroviario. È lungo 18 chilometri ed è il ponte più lungo della Russia e dell’Europa. Attraversa lo stretto di Ker’, antico Bosforo Cimmerio per i greci, collegamento fra il Mar Nero dal Mar d’Azov che separa la penisola di Ker’ ad ovest dalla penisola di Taman’ ad est.
La costruzione è cominciata nel 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. Il 18 dicembre del 2019 è stato inaugurato proprio da Putin. Il sito bielorusso d’opposizione Nexta ricorda che entrare nel ponte non è facilissimo. Perché ci sono le apparecchiature radiotecniche d’ispezione ST-6035 che rilevano anche la presenza di esplosivi.
Ma proprio stanotte Zelensky aveva parlato della penisola nel suo consueto discorso notturno alla nazione: «Verrà sicuramente il giorno in cui riferiremo anche dei successi militari nella regione di Zaporizhzhia, in quelle aree che sono ancora controllate dai russi. Verrà il giorno in cui parleremo anche della liberazione della Crimea. Questa prospettiva è ovvia». E ancora: «C’è ancora molto da sopportare, molto da fare, sia per gli ucraini che per i nostri partner, per tutti coloro che apprezzano la libertà e il diritto internazionale».
Cosa può fare la Russia
Adesso la Russia può reagire al colpo che l’Ucraina ha praticamente rivendicato. Sempre tenendo presente che la Crimea è considerata territorio russo esattamente come dovrebbero esserlo, ai fini del diritto di Mosca, le zone annesse tramite referendum. E che nel frattempo Kiev ha in parte riconquistato.
(da agenzie)
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