Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
GIORGIA MELONI POTREBBE DECIDERE DI FARE IL GOVERNO CON LEGA, I CENTRISTI DI LUPI E CESA E L’APPOGGIO DI RENZI…IN ALTERNATIVA UN GOVERNO DI MINORANZA. IN CASO DI MANCATA FIDUCIA, VOTO SULLA LEGGE FINANZIARIA (DI FATTO GIÀ SCRITTA DA DRAGHI) E SI TORNA AL VOTO AD APRILE
Da un lato c’è Matteo Salvini che, vedendo Forza Italia spaccata e Berlusconi in pieno delirio senile-confusionale, si pone come unico possibile alleato “stabile” di Fratelli d’Italia. Da questa sua convinzione, alza l’asticella, pone condizioni, evoca scostamenti di bilancio e riforme visionarie (e costosissime): dalla Flat Tax al sistema pensionistico.
Poi c’è Berlusconi con le sue arlecchinate. Un giorno si auto-nomina consigliere della Meloni; poi ricorda che il compagno di Giorgia, Andrea Giambruno, è un suo “dipendente” (cosa tra l’altro falsa, visto che formalmente l’amministratore delegato di Mediaset è Pier Silvio, a cui fa fare la figura del cartonato).
Il Banana è riuscito a far girare le palle al Colle quando, uscendo da Montecitorio, ha esibito la lista dei ministri: uno sgarbo non solo a Giorgia ma soprattutto a Mattarella, che i ministri li dovrà nominare
L’azione di disturbo del Cav, nei confronti di Giorgia Meloni, non ha limiti: ha imposto Alessandro Cattaneo e Licia Ronzulli come capigruppo, a garanzia di una guerriglia parlamentare contro il governo
Ha storto il naso davanti all’ipotesi di Carlo Nordio al ministero della Giustizia sostenendo di aver trovato l’accordo sulla sua adorata Maria Elisabetta Alberti Casellati
Il Quirinale è ovviamente preoccupatissimo. Ha già raccomandato all’entourage di Giorgia Meloni di presentarsi con un governo solido, coeso, con ministri ineccepibili anche dal punto di vista morale. Un monito così non può che mettere in crisi.
La presidente di Fratelli d’Italia spera in un aiuto di Mattarella nella scelta dei ministri: un’alzata di sopracciglio, un sussurro, una vibrazione di labbro. Qualcosa che indirizzi il carro con tutti i buoi.
Il presidente della Repubblica, però, ha le mani legati: seguirà la prassi, nei limiti di quanto previsto dalla Costituzione. Non userà la sua moral suasion. Come farà la Meloni a uscire dal cul de sac in cui i suoi alleati vogliono infilarla a tutti i costi?
Anche perché le beghe di tinello sono poca cosa rispetto alle grandi questioni internazionali che, una volta a palazzo Chigi, dovrà affrontare.
Il 15-16 novembre ci sarà il G20 a Bali, quello in cui probabilmente incroceranno il grugno Biden e Putin per la prima volta dallo scoppio della guerra in Ucraina. E lei, Giorgia Meloni from Garbatella, sarà lì a rappresentare l’Italia tra lo scetticismo e la diffidenza degli altri capi di Stato e di governo. In quel contesto avere al proprio fianco Tajani, ciambellano di Berlusconi amico di Putin, sarebbe l’ennesimo autogol.
Giorgia finirebbe isolata a sgranocchiare crackers, aspettando impazientemente la fine del forum.
Anche per questo ha ripreso quota l’ipotesi di portare alla Farnesina l’ambasciatore Giampiero Massolo. L’ex capo del Dis, atlantista di ferro e molto conosciuto negli ambienti che contano, sarebbe il passepartout perfetto per introdurre Meloni alle cancellerie internazionali.
Se il tentativo di azzoppare la sua leadership continuasse fino alla sfinimento, Giorgia Meloni potrebbe decidere di fare il governo con la Lega, i centristi di Lupi (tra i primi a criticare il Cav per le parole su Putin) e Cesa e l’appoggio di Italia viva (Calenda che farebbe a quel punto?).
In alternativa, potrebbe andare allo scontro frontale con l’aula, proponendo un governo di minoranza. In caso di mancata fiducia, si procederebbe con il voto sulla legge finanziaria (di fatto già scritta da Draghi, quindi passerebbe col voto di Azione e Pd) per poi tornare al voto ad aprile.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
PARTECIPA A RIUNIONI DI PARTITO, ESTERNA SU OGNI ARGOMENTO, QUALCUNO GLI SPIEGHI IL SUO RUOLO ISTITUZIONALE
Nel giorno dell’elezione a presidente del Senato, prendendo il testimone da Liliana Segre, Ignazio La Russa ha detto: “Quando sono chiamato ad assolvere un ruolo sopra le parti, posso assicurarvi che lo faccio con assoluta dedizione”. Un modo per provare a fugare i dubbi, di chi lo considera una figura troppo divisiva, per ricoprire la seconda carica dello Stato
E però, da quando giovedì 13 ottobre è stato eletto al vertice di palazzo Madama, Ignazio La Russa ha fatto poco o niente per allontanare da sé i sospetti.
Ha esternato su ogni argomento, dai litigi tra gli alleati alla lista dei ministri; ha bollato come “fake”, senza fondamento, le foto degli appunti di Silvio Berlusconi, con le critiche a Giorgia Meloni. Soprattutto, ha continuato a partecipare alle riunioni di partito, dove si decidono gli equilibri del prossimo governo, in barba al ruolo terzo, che la sua nuova carica richiederebbe.
Martedì 18 ottobre La Russa, per due volte nel corso della giornata, ha lasciato il Senato e con scorta al seguito ha raggiunto la Camera, dove è rimasto per diverse ore negli uffici di Fratelli d’Italia. In almeno uno dei due casi, ha incontrato Giorgia Meloni. Il giorno prima, lunedì 17 ottobre, il presidente del Senato ha preso parte al briefing dei vertici di FdI nella sede del partito in via della Scrofa, dopo l’incontro fra Meloni e Silvio Berlusconi.
Non possiamo sapere di cosa abbiano parlato La Russa e la leader FdI, ma qualche sospetto è legittimo, dato che siamo nei giorni in cui si sta completando la squadra del probabile prossimo governo di centrodestra. Di certo, è quantomeno irrituale che un neoeletto presidente del Senato partecipi a riunioni di partito, poche ore dopo essersi spogliato della casacca della propria parte, per indossare gli abiti istituzionali.
“Se La Russa ha partecipato a riunioni politiche ha sbagliato. Dal Presidente del Senato mi aspetto il rispetto del principio di terzietà”, ha detto a Fanpage.it la capogruppo del Pd al Senato, Simona Malpezzi. E ha rincarato il senatore dem Francesco Boccia: “Mi auguro che presto le alte cariche dello Stato possano occuparsi a tempo pieno di rappresentare le istituzioni e l’unità nazionale”. La Russa dal canto suo ha replicato: “Io devo essere terzo nell’esercizio delle mie funzioni, poi se voglio andare alle riunioni politiche, vado”.
A far discutere, però, non è solo la presenza di La Russa ai vertici di Fratelli d’Italia, ma anche le sue prese di posizione, nei primi giorni di presidenza. Il neo presidente del Senato ha etichettato come “false”, le immagini catturate dal fotografo Alessandro Serranò, degli appunti di Silvio Berlusconi, nell’aula del Senato, in cui si elencavano una serie di critiche a Giorgia Meloni. Le foto in realtà erano assolutamente autentiche, tanto che è servito un incontro tra Giorgia e il Cavaliere, per chiudere il caso.
O ancora, quando è esploso l’affaire del ritratto di Mussolini esposto in una mostra fotografica al Ministero dello Sviluppo Economico, La Russa ha voluto dire la sua, con una frase destinata a far discutere: “C’è anche al ministero della Difesa, c’è scritto il nome anche al Foro Italico. Che facciamo cancel culture anche noi?”.
In queste giornate convulse, poi, non si contano da parte di La Russa dichiarazioni sul toto ministri o sugli scontri interni alla maggioranza e nemmeno attacchi all’opposizione.
Insomma, per ora sembra che il neo presidente del Senato non abbia compreso i limiti e le funzioni del nuovo ruolo, ma sia rimasto ancora con la mentre alla scorsa legislatura, quando dai banchi dell’opposizione di palazzo Madama – tra la lettura di una pagina della Gazzetta dello Sport e l’altra – si distingueva per gli interventi stonati e le contestazioni. Qualcuno dovrebbe avvertirlo, che ora per lui le cose sono cambiate.
(da Fanpage)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
IL GRUPPO DI FORZA ITALIA POTREBBE VOTARE IN DISSENSO CON LA MAGGIORANZA SU ALCUNI PROVVEDIMENTI IN CUI I NUMERI SONO BALLERINI, IN PRATICA IL CLASSICO VIETNAM PARLAMENTARE
Qualcuno lo chiama risarcimento, qualcun altro rivincita. Comunque sia, la notizia della nomina per acclamazione di Licia Ronzulli capogruppo di Forza Italia al Senato è uno degli argomenti destinati a far discutere e non è detto che il famigerato “caso Ronzulli” sia definitivamente chiuso.
Lei, la fedele custode dei segreti del Cavaliere, la pugliese di talento che il leader avrebbe voluto alla guida di un ministero di peso, ha già spiegato in una nota che in realtà «non è mai esistito alcun caso Ronzulli» e che semmai ci fosse stato ora non esiste più perché «da figlia di un carabiniere» ha imparato da suo padre «che ha servito il Paese nell’Arma per tanti anni, che servire la Patria è il primo dovere di ogni cittadino e prima di tutto di chi ha responsabilità pubbliche».
Dunque Licia, su cui Giorgia Meloni aveva posto il veto nel dream team che ha in mente per il governo, si deve consolare con un ruolo che non sarà ministeriale, ma ha comunque il suo perché, tanto più che – il suo omologo Alessandro Cattaneo, scelto per la Camera, non ce ne voglia – non si concretizza solo nel tenere a bada la pattuglia di forzisti a Palazzo Madama, ma pure nel governare le delicate dinamiche della coalizione laddove sono più a rischio, al Senato appunto.
In questa veste, notano le vecchie malefiche volpi del palazzo, Ronzulli potrebbe perfino mettere a segno una sorta di vendetta nei confronti di colei che l’ha esclusa, ad esempio facendo votare il gruppo di Fi in dissenso con la maggioranza in alcuni provvedimenti in cui i numeri sono ballerini, in pratica il classico Vietnam parlamentare.
Fantapolitica? A sentire la diretta interessata pare proprio di sì, visto che subito dopo l’acclamazione all’unanimità, la neosenatrice, che succede ad Anna Maria Bernini, si è detta molto soddisfatta e desiderosa di stoppare le polemiche per lavorare in armonia con i colleghi. «Dobbiamo dare risposte agli italiani, il governo deve partire in fretta», ha dichiarato la senatrice ai cronisti, specificando che «non è mai stato un problema per me diventare ministro o meno, voi avete un po’ contribuito a farlo diventare un problema. Questo è un incarico che mi gratifica tantissimo».
Nel pomeriggio Ronzulli è andata negli uffici di Fratelli d’Italia con gli altri capigruppo, ma non ha visto la premier in pectore. «Ho sentito la Meloni, i rapporti erano buoni prima e lo sono adesso. Non c’è stato bisogno di ricucire nulla», ha tagliato corto.
Oggi i partiti saranno chiamati alla prova dell’Aula con il voto sui vicepresidenti delle Camere, ma stavolta il problema sembra più essere dalle parti del centrosinistra, con il Terzo Polo e Pd ai ferri cortissimi. Intanto la fedelissima porta a casa un incarico prestigioso e, nonostante i rumors della vigilia, nessun senatore ha osato contestare la sua nomina, arrivata sul far del giorno e ufficializzata con tanto di lettera firmata da Berlusconi che ha anche voluto essere presente in Senato per blindarla. «Conosco la senatrice Ronzulli da 30 anni è brava in tutto quello che ha fatto e sarà brava anche in questo ruolo», ha detto il Cav intervenendo alla riunione del gruppo. Forse ha un po’ esagerato con gli anni, ma questo è un altro discorso..
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
UNO SPAZIO PER EVENTUALI TRANSFUGHI DA FORZA ITALIA
La prima mossa è stata tecnica. Ieri al Senato si è costituito il gruppo “Maie – Noi Moderati – Civici d’Italia” grazie a una deroga dei regolamenti parlamentari per costituire un gruppo autonomo e alla sponda tattica di Fratelli d’Italia, che per l’operazione ha prestato tre dei suoi senatori.
I Moderati di Maurizio Lupi, infatti, hanno eletto solo i due senatori Antonio De Poli e Michaela Biancofiore e a loro si sono aggiunti i meloniani Giorgio Salvitti, Giovanna Petrenga, Antonio Guidi e l’eletto all’estero Mario Alejandro Borghese, perché per costituire un gruppo servono almeno 6 senatori.
Costituire un gruppo ha numerosi risvolti utili per chi ha gestito l’operazione: uffici, strutture e posizioni da reclamare nella costituzione delle strutture parlamentari.
De Poli, infatti, verrà eletto anche questore del Senato: nomina utile per arginare ogni potenziale scontro interno al centrodestra in parlamento.
In questo modo Meloni ha preparato uno spazio per i futuri transfughi da Forza Italia,
Del resto, ci sono nomine, ministeri e incarichi in ballo e la rottura sempre più evidente tra FI e Fratelli d’Italia preoccupa non poco i parlamentari eletti.
Ora che il contenitore è stato creato, il secondo passo è capire chi di Forza Italia guaderà in direzione del nuovo gruppo dei moderati, che come aggettivo piace sicuramente a molti di loro.
Mossa analoga è in corso anche alla Camera, dove si è costituita la componente dei Moderati e si sta lavorando a una deroga per ottenere la costituzione di un gruppo autonomo. Gli eletti sono 7, compreso il capo politico Maurizio Lupi, ma il regolamento non è stato modificato con il taglio dei parlamentari e dunque ne servono 20 per costituire un gruppo.
Il primo a spostarsi è Calogero Pisano, che da FdI va ai Moderati.
Anche la deroga non è scontata perchè esistono dei requisiti tecnici, per questo servirebbero i buoni uffici del neo-presidente leghista, Lorenzo Fontana e dunque anche un accordo della Lega all’iniziativa in campo per dare una sponda di emergenza al governo.
Un precedente che potrebbe venire in aiuto è quello della legislatura 2013, quando proprio Fratelli d’Italia costituì un gruppo con 9 deputati
E’ probabile, in ogni caso, che anche alla Camera FdI debba mandare qualche suo deputato in soccorso, per arrivare a un congruo numero di eletti per costituire il gruppo.
Esiste anche una seconda strada su cui Meloni si sta muovendo: al Senato esiste un altro gruppo piuttosto numeroso ed è quello delle Autonomie, che conta 7 senatori.
L’altoatesina dell’Svp, Julia Unterberger, è stata rieletta presidente, gli altri componenti sono Meinhard Durnwalder anche lui dell’Svp, Luigi Spagnolli e Pietro Patton eletti in alleanza con il Pd in Trentino Alto Adige e Dafne Musolino in Sicilia con la lista di Cateno de Luca. A loro si sono aggiunti Pier Ferdinando Casini e i senatori a vita Giorgio Napolitano ed Elena Cattaneo.
Per ora il gruppo ha dichiarato che si colloca all’opposizione del governo che sta per nascere, ma i primi segnali diversi arrivano dal gruppo bolzanino dell’Svp, dove si sta facendo più forte la voce di una astensione al primo voto di fiducia. «Nessun veto», sarebbe la linea altoatesina, che con il tempo potrebbe anche diventare un prezioso appoggio a palazzo Madama, dove i voti servono di più e che Meloni sarebbe disposta a ricompensare.
A capitalizzare sul colpo di coda inconsulto di Berlusconi è il sempiterno leader dei moderati, Maurizio Lupi. Per lui un ministero è praticamente certo, nonostante il magrissimo risultato elettorale del 0,9 per cento e la sua abilità nel muoversi in parlamento gli ha permesso di approfittare della confusione tra i partiti maggiori.
Non a caso è stato lui il primo, ieri, a intervenire polemicamente sulle parole di Berlusconi, dicendo di trovare «inopportuno fare passi avanti sulla lista del ministri e anche irrispettoso dal punto di vista istituzionale. La sintesi la farà Giorgia Meloni» e allontanando ogni ipotesi di filo-putinismo nel centrodestra.
Un’uscita che si può leggere anche come un messaggio ai compagni di viaggio di Forza Italia, sempre più a disagio dopo la settimana di scontro con FdI.
L’operazione dei Moderati potrebbe attirare forze anche dal Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, già in rotta di collisione tra loro. Nel gruppo, infatti, sono presenti anche le ex ministre azzurre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, uscite dopo un ventennio di FI proprio in rottura con Ronzulli.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
“LE SANZIONI SONO EFFICACI E VISIBILI E SI RAFFORZERANNO COL PASSARE DEL TEMPO PERCHÉ ALCUNE SONO DI BREVE TERMINE MA ALTRE DI MEDIO E LUNGO TERMINE”
Le sanzioni non sono un boomerang per l’Ue ma “sono efficaci” e “visibili” e si rafforzeranno “col passare del tempo perché alcune sono di breve termine ma altre di medio e lungo termine”.
Lo ha detto un portavoce della Commissione Europea al briefing quotidiano rispondendo ad una domanda sulle affermazioni di esponenti politici italiani sugli effetti delle sanzioni.
Ieri il presidente della Camera Lorenzo Fontana invitato a “fare attenzione alle sanzioni: potrebbero essere un boomerang”.
L’ambasciatore russo in Italia Sergey Razov non si aspetta un cambiamento significativo della condotta di Roma verso Mosca con l’avvento del nuovo governo. In un’intervista alla Tass, Razov ha affermato che “finora è stata delineata una linea per la continuazione del sostegno all’Ucraina e il rispetto delle sanzioni anti-russe. Certo, speriamo nel buon senso”
“La vittoria della coalizione di centrodestra alle recenti elezioni in Italia e le prime dichiarazioni pubbliche dei leader del nuovo governo attualmente in formazione, ovviamente, meritano attenzione e richiedono ulteriori analisi”
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
UNA DITTA DI CASORIA APPLICA LO SCONTO DI 650 EURO PER CHI NE VOGLIA APPROFITTARE
A Napoli hanno già anticipato un (eventuale) provvedimento del prossimo Governo: il bonus funerale. Ben 650 euro che si detraggono direttamente dal costo della funzione per il “caro estinto”: quindi senza alcun passaggio burocratico, il che dovrebbe essere garanzia di successo a differenza invece di quanto avvenuto finora – ad esempio – per il “bonus facciate”.
Il grande cartellone pubblicitario di una ditta di Casoria – popolosa città alle porte del capoluogo partenopeo – specifica però che il “trattamento di favore” si applica solo per funerali con famiglie economicamente sotto la soglia dei 30mila euro certificati con ISEE. E poteva mai mancare un po’ di sana scaramanzia napoletana? Macchè.
Ecco troneggiare un cornetto rosso anti-jella: perché la pubblicità è l’anima del commercio, ma non deve certo portare sfiga alle anime terrene. «Siamo vicini alle famiglie», ammicca infatti lo slogan, a metà strada tra il rattristato e il solidale.
Infine, il colpo di teatro. Scritta piccola, ma di grande valore: il bonus funerale non vale solo per i residenti di Casoria ma “per tutti i Comuni”. Come non approfittarne?
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
“SE SI ARRENDEVANO, IN UNA SETTIMANA ERA TUTTO FINITO”… CAOS NEL GOVERNO, I PARLAMENTARI DI FORZA ITALIA HANNO APPLAUDITO, SONO COMPLICI
Attacchi a Volodymyr Zelensky. Tra gli applausi dei deputati di Forza Italia. Un nuovo audio di Silvio Berlusconi scuote la maggioranza di destra, alla vigilia delle consultazioni al Quirinale. Le parole dell’ex premier sono state pronunciate ieri, durante l’assemblea dei parlamentari forzisti a Montecitorio.
Fanno parte dello stesso intervento in cui il Cavaliere aveva svelato di essersi scambiato “lettere dolcissime” e bottiglie di alcolici con Vladimir Putin, con cui “ho riallacciato i rapporti”. Stavolta, il discorso di Berlusconi appena reso noto, sempre da La Presse, riguarda direttamente l’Ucraina. “Io non vedo come possano mettersi a un tavolo di mediazione Putin e Zelensky. Perché non c’è nessun modo possibile. Zelensky, secondo me… lasciamo perdere, non posso dirlo…”, si sente dire dal leader azzurro. Subito dopo scatta l’applauso dei suoi.
Berlusconi fornisce la sua versione sullo scoppio della guerra in Ucraina: “Sapete com’è avvenuta la cosa della Russia? Anche su questo vi prego, però, il massimo riserbo. Promettete? La cosa è andata così: nel 2014 a Minsk, in Bielorussia, si firma un accordo tra l’Ucraina e le due neocostituite repubbliche del Donbass per un accordo di pace senza che nessuno attaccasse l’altro. L’Ucraina butta al diavolo questo trattato un anno dopo e comincia ad attaccare le frontiere delle due repubbliche. Le due repubbliche subiscono vittime tra i militari che arrivano, mi si dice, a 5-6-7mila morti”.
La colpa, a sentire Berlusconi, sarebbe del presidente ucraino: “Arriva Zelensky, triplica gli attacchi alle due repubbliche. I morti diventano (…). Disperate, le due repubbliche mandano una delegazione a Mosca e finalmente riescono a parlare con Putin. Dicono: ‘Vladimir non sappiamo che fare, difendici tu’. Lui – aggiunge – è contrario a qualsiasi iniziativa, resiste, subisce una pressione forte da tutta la Russia. E allora si decide a inventare una operazione speciale: le truppe dovevano entrare in Ucraina, in una settimana raggiungere Kiev, deporre il governo in carica, Zelensky eccetera, e mettere un governo già scelto dalla minoranza ucraina di persone per bene e di buon senso, un’altra settimana per tornare indietro. È entrato in Ucraina e si è trovato di fronte a una situazione imprevista e imprevedibile di resistenza da parte degli ucraini, che hanno cominciato dal terzo giorno a ricevere soldi e armi dall’Occidente. E la guerra, invece di essere una operazione di due settimane, è diventata una guerra di duecento e rotti anni. Quindi, questa è la situazione della guerra in Ucraina”.
Questa parte dell’intervento ricorda la frase pronunciata alla fine della campagna elettorale da Berlusconi, ospite di Porta a Porta: “Putin doveva solo sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky”. “Riferivo parole di altri”, si giustificò poi il presidente di FI.
Attacchi ai leader Ue e Usa
Nello stesso file audio, Berlusconi attacca i leader di Europa e Usa: “Quello che è un altro rischio, un altro pericolo che tutti noi abbiamo: oggi, purtroppo, nel mondo occidentale, non ci sono leader, non ci sono in Europa e negli Stati Uniti d’America. Non vi dico le cose che so ma leader veri non ce ne sono. Posso farvi sorridere? L’unico vero leader sono io…”.
Nell’ultimo passaggio, Berlusconi invoca un “intervento forte”: “La guerra condotta in Ucraina è la strage dei soldati e dei cittadini ucraini. Se lui diceva ‘Non attacco più’, finiva tutto. Quindi se non c’è un intervento forte, questa guerra non finisce”, ha concluso.
Le reazioni
“Le dichiarazioni di Berlusconi sono gravissime, incompatibili con il posizionamento dell’Italia e dell’Europa. Sono parole che pongono il nostro Paese fuori dalle scelte europee e occidentali e che minano alla base la credibilità del possibile nuovo esecutivo. Ogni governo che nasce in Europa oggi deve scegliere se stare con Putin o stare con l’Ucraina e con l’Unione Europa. Il governo Meloni sta nascendo sotto il segno della peggiore ambiguità”, è la reazione del segretaio del Pd Enrico Letta.
Sulla stessa linea anche Carlo Calenda di Azione: “Le parole di Berlusconi confermano che FI è un partito inaffidabile e chiaramente schierato con la Russia. Il Ppe dovrebbe prendere posizione e Antonio Tajani non dovrebbe diventare ministro degli Esteri. Meloni non ha una maggioranza con cui poter governare”.
(da agenzie)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
POSSONO FARE FALLIRE DONNA GIORGIA: SILVIO FLIRTANDO CON PUTIN, LICIA RONZULLI CON L’OSTRUZIONISMO… CON LEI E TAJANI IL CAVALIERE PUO’ VARARE UNA FORZA ITALIA DI LOTTA E DI GOVERNO
Hanno le chiavi di Palazzo Chigi: sono gli unici che possono fare fallire Giorgia Meloni. Silvio Berlusconi con la Russia: “Ho riallacciato i rapporti con Putin. Mi ha regalato 20 bottiglie di vodka e io 20 di lambrusco”. Licia Ronzulli con l’ostruzionismo. Per metà partito è Giovanna d’Arco per l’altra metà è una strega.
Un deputato di FI: “E’ la nostra Maddalena”. La odiano tutti, la amano tutti. Di nascosto: “E’ la migliore a distruggere”. Viso a viso: “Licia sei la nostra presidente”. Per volere del capo, del Cav., da ieri cumula due cariche: è capogruppo al Senato ma anche capo del Cln anti Meloni.
Lunedì sera, a Villa Grande, raccontano che Antonio Tajani abbia iniziato a rimproverarla al che Silvio Berlusconi ha allungato la mano: “Adesso ti devi fermare”. E’ lei che tiene il fazzoletto di Silvio Cristo. La Maddalena indossa il fazzolettone rosso come Ferruccio Parri.
Per suo volere, il volere di Licia Ronzulli, Alessandro Cattaneo è stato indicato capogruppo alla Camera. Berlusconi: “L’hanno trattata in maniera indegna”. Ronzulli: “Questi giorni sono stati più faticosi di un parto”.
Giorgia Meloni non ha ancora compreso con chi ha a che fare.
Ieri mattina, entrando al Senato, il Cav. che stava per annunciare la nomina di Ronzulli a capogruppo ha dichiarato ai giornalisti: “Licia è molto più di una capogruppo”. Si dice, e chi lo dice c’era, che durante le regionali in Campania un dirigente di FI osò scavalcarla e parlare direttamente con Berlusconi. Il giorno seguente apprese dai giornali che il candidato non era più lui.
Le capitò, tempo dopo, di incontrare Licia, la “Maddalena”. Lei lo guardò con la stessa smorfietta, quella della Lola di “Cavalleria rusticana”, la stessa smorfietta che aveva l’altro giorno al Senato, e lo ammonì così: “Cosa credevi di fare?”.
Paolo Barelli, un altro tajaneo, all’assemblea di Forza Italia, per eleggere Cattaneo, capogruppo alla Camera, non si è presentato. La Maddalena: “Voglio credere che aveva un impegno”. Cosa è accaduto in questa famiglia? Tajani che si è speso come un padre e che si prendeva gli sputi di tutti quelli che gli dicevano: “Antonio, agisci, fermala, ferma Licia”, manca poco e lo sequestrano come nelle “Conseguenza dell’amore” di Sorrentino. C’è stato un momento fatale. Un giorno è stato visto entrare da Giorgia Meloni senza avere il permesso della Maddalena e del Cav. Da allora, chi sta con Licia dice che “il 25 settembre di Tajani corrisponde al suo 8 settembre”.
Un senatore di FI, rigorosamente anonimo, difende la Maddalena: “Attira i fulmini. Licia è vicina al sole e chi è vicino al sole si brucia. Ma chi è vicino al sole emana luce pura”. Berlusconi per lei ha cambiato registro. Al Senato parlava come Beppe Fenoglio: “Non siamo un paese democratico. Per questo serve una svolta sulla giustizia”. Pretende Maria Elisabetta Casellati ministro della Giustizia, mal che vada deve andare a fare la vice del Csm. Se non ci va lei, ci deve andare Fiammetta Modena sempre di FI. Si scrive spesso che il Cav. abbia perso, si scrive, ma sentite cosa ha ricordato, ieri, alla Meloni: “Con Meloni non c’è mai stata distanza. Il suo uomo lavora a Mediaset”.
E lei, in privato: “Una uscita di cattivo gusto”. E così insomma pure le gaffe, i presunti scivoloni, diventano armi da brandire contro la leader di FdI – una di cui dice: “Le ho chiesto tre ministeri, mi ha riso in faccia” – e chi la spinge a lanciare l’opa su FI. Anche l’audio del Cav. che abbiamo citato all’inizio di questo pezzo. Si maligna che dopo questa riverenza a Putin il futuro di Tajani alla Farnesina sia incerto. Berlusconi è così. Se tutto va bene avrà un partito al governo (Tajani, Pichetto, Bernini) e un altro che resiste come i partigiani nelle Langhe.
Tajani, che basta guardarlo in viso, non sarebbe capace di fare male neppure a un gatto, viene adesso accostato al noto inquisitore domenicano: “E’ Bernardo Gui”. Ronzulli per chi vuole bene a Tajani è invece la “strega”. Forza Italia è la nostra Benevento. Si bruciano corpi.
(da il Foglio)
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Ottobre 19th, 2022 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE IERI HA DATO VOCE ALL’ANIMA DURA DEL SUO PARTITO, GUIDATA DAI NUOVI CAPIGRUPPO RONZULLI E CATTANEO. PAROLA D’ORDINE: ‘COMPENSAZIONE’
Al netto del quasi-incidente internazionale sullo scambio di doni con Putin, che ha richiesto una lunga serie di smentite formali, lo show di Berlusconi di ieri pomeriggio tra Senato e Camera ha dato voce all’anima dura del suo partito, guidata dai nuovi capigruppo Ronzulli e Cattaneo e scontenta – lo ha detto lo stesso Cav – per la distribuzione dei collegi uninominali che ha portato la Lega, con gli stessi voti, più o meno, di Forza Italia, ad avere una ventina di parlamentari in più e la Presidenza della Camera per Fontana.
Parola d’ordine: “compensazione”, in termini di posti al governo e soprattutto del ministero di Giustizia che Berlusconi vorrebbe assegnato all’ex-Presidente del Senato Casellati, quando sa bene che nell’incontro di ieri con Meloni si è concordato di scegliere Nordio.
La lunga intervista per strada davanti alle telecamere aveva chiaramente come primo scopo quello di capovolgere l’immagine di sottomissione uscita dalla visita del Cavaliere in via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia, lunedì. Di qui il ritorno in scena, le immancabili barzellette, la lista dei ministri di Forza Italia, gli accenni non proprio eleganti al fatto che il compagno di Meloni lavora a Mediaset, e la conferma, appunto, del nuovo ruolo di Casellati come Guardasigilli.
Ma siccome Berlusconi sa bene di aver concordato che sarà Nordio a insediarsi nel ministero di via Arenula (cosa che del resto La Russa gli ha subito ricordato), si può immaginare che la sua uscita, se non proprio mirata a riaprire la trattativa, avesse altri obiettivi: consolidare gli altri posti già ottenuti e trovare un modo di far avere a uno dei suoi le Telecomunicazioni, attualmente inserite nel ministero dello Sviluppo economico assegnato a Crosetto, uno dei fondatori di Fratelli d’Italia, che dovrebbe spogliarsi delle deleghe in materia per assegnarle a un uomo del Cav.
Tenere aperta la trattativa avrebbe come conseguenza l’allungamento dei tempi che prevedono, dopo due giorni di consultazioni, l’incarico a Meloni venerdì sera. Ma tutto lascia pensare che quello di ieri sia stato lo show di una vecchia star che aveva bisogno di risentire il brivido del palcoscenico e le luci puntate addosso, consapevole che i giochi sono fatti e si possono spostare solo le virgole.
(da La Stampa)
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