Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
IERI GLI SI È ACCESA LA LAMPADINA SUL MINISTERO DELLA FAMIGLIA E DELLA NATALITÀ, IN PASSATO PROPOSE UN MINISTERO DEL DIGITALE, A MILANO UN MINISTERO DEL MARE, IN SICILIA UN MINISTERO DELLA MONTAGNA
Abbiamo un problema: la formazione del nuovo governo è molto distante dal compimento, e andrebbe anche bene, poiché Giorgia Meloni ancora non ha ricevuto l’incarico di formarlo, se non fosse che la premier in pectore vorrebbe tanto, quando le capiterà, arrivare al Quirinale coi compiti fatti e solo da correggere. Il problema, più precisamente, e che ci sono pochi ministeri e molti aspiranti.
Siccome non si possono eliminare gli aspiranti, la soluzione è di moltiplicare i ministeri. Il creativo più proficuo naturalmente è lui, il nostro brioso Matteo Salvini.
Si alza alla mattina e mentre tuffa il frollino nel latte gli viene in mente un ministero nuovo. Ieri gli si è accesa la lampadina sul ministero della Famiglia e della Natalità, e va benissimo, bellissimo ministero, cruciale e senza nessuna ironia. Un paio di giorni fa gli si era accesa la lampadina sul ministero delle Disabilità e santo cielo, capiti un accidente a chi ha da eccepire.
A un certo punto propose un ministero del Digitale, però da istituire a Milano, esattamente come ha proposto un ministero del Mare, ma da istituire in Sicilia. Non mi addentrerei nei dettagli, per non perdermi in una selva oscura, ma ricordo di quando Salvini voleva tanto un ministero della Montagna, da affidare a Mauro Corona.
Il ministero del Mare e il ministero della Montagna, ok, ma perché niente ministero della Collina?
E non scordiamoci della volta in cui invocò il ministero del Cibo: non l’ha mai avuto ma, visto il girovita pizza e nutella, per me è ministro ad honorem.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
TRA CHI AUSPICA ““UNA RISPOSTA? UN GRANDE MISSILE NUCLEARE SU KIEV” E CHI RITIENE CHE “: “MEDVEDEV E CO. DEVONO GUARDARE AI PONTI SUL VOLGA E SULLO YENISEI. È ORA DI COMANDARE LA RITIRATA”
Dopo le esplosioni che, all’alba questa mattina, hanno devastato e fatto crollare una carreggiata del ponte di Crimea, e danneggiato l’altra in maniera che non sarà facile riparare a breve, i canali telegram militari russi o pro Russia già fervono di commenti, alcuni dei quali annunciano una ritorsione imminente e terribile.
«Se non otterremo una risposta equa per ciò che è accaduto oggi, una risposta sotto forma di un grande missile nucleare del cazzo su Kiev, se non accadrà oggi, tra due settimane saremo in guerra in Crimea, ricordate le mie parole», chiede uno di questi canali, che in passato si è dimostrato in possesso di informazioni su ciò che avveniva sul campo di battaglia in Ucraina (non ovviamente sulle scelte dell’alto comando o del General Staff).
Ma come spesso accade è Igor Girkin – l’uomo di Malofeev nel Donbass nel 2014, oggi un commentatore ultranazionalista molto critico (a dire poco) con le debolezze militari dell’azione dell’esercito russo – a far capire quali sono i sentimenti di quella comunità nazionalista, e assolutamente pro guerra, che però sta da tempo scuotendo l’inefficacia o l’inettitudine del comando generale e del Ministero della Difesa russo.
«Ecco un secondo esempio di “conseguenze catastrofiche” – scrive Girkin riferendosi sarcasticamente alle minacce di Medvedev dei giorni scorsi -. Medvedev e co. devono guardare ai ponti sul Volga e sullo Yenisei. Ci sono anche abbastanza condutture. È ora di comandare la ritirata».
Mai si era spinto a tanto: chiedere che la Russia abbandoni le postazioni in Ucraina, non più difendibili, se non con un bagno di sangue russo. Girkin è estremamente acre anche con la mobilitazione, e è chiaro che sta parlando, non si sa se per conto di Konstantin Malofeev e Evgheny Prigozhin, due dei suoi referenti principali, addirittura ai comandi di Mosca: «Ora non dovete preoccuparvi di inviare poliziotti al fronte. C’è un gran bisogno di loro sul fronte interno. Chi sorveglierà i ponti e perquisirà le auto? Cherchez la femme».
I media di stato russi sanno che la battaglia si combatte prevalentemente su Telegram, e sono impegnati in queste ore a gestire l’evento dal punto di vista della fondamentale comunicazione su questi channels nei quali è possibile trovare tutti i pezzi del puzzle, strategico e mediatico. «I viaggi attraverso il ponte di Crimea saranno bloccati fino al 31 ottobre», comunicano i canali telegram dei media di stato russi.
Ma quasi nessuno crede che a novembre le cose saranno ripristinate, dopo un colpo del genere. Una cosa interessante è che i video dell’esplosione sono stati condivisi proprio da canali telegram russi ufficiali, segno che una cosa del genere è impossibile da nascondere, e Vladimir Putin potrebbe trovarsi di fronte al più allarmante dei dilemmi, che abbiamo riferito all’inizio: quella tra chi gli chiede di rilanciare e colpire Kyiv, e quella che ormai pensa l’unica cosa razionale sarebbe una ritirata gestita.
La comprensione della dinamica delle esplosioni diventa fondamentali anche dal punto di vista della possibile reazione russa. Secondo il generale americano in pensione Mick Ryan, per far cadere una campata di ponte come questa ci vorrebbe un bel po’ di esplosivo e un buon progetto di demolizione.
I ponti più difficili da abbattere sono quelli in cemento armato come questo: «La quantità di esplosivo necessaria sarebbe superiore a quella che potrebbe trasportare un paio di uomini delle forze armate. Alcuni camion o missili/bombe sarebbero sufficienti, se puntati nei punti giusti della campata del ponte».
Il crollo parziale del ponte di Kerch non blocca tecnicamente i rifornimenti alla Crimea (ci sono le barche e la rotta che passa da nord, quindi da Melitopol), ma questo significa che la tenuta di Melitopol diventa fondamentale per i russi. E non sarebbe più così facile se cedesse Kherson.
Paradossalmente, anche Ryan espone un concetto affine a Girkin, e cioè che questo colpo espone la vulnerabilità di altri obiettivi russi: «Questo sarebbe il momento in cui l’istruttore militare dovrebbe chiedere: “Allora, quale pensiamo possa essere il prossimo obiettivo operativo per gli ucraini?”. Per questo motivo, potremmo assistere a ridispiegamenti russi nel sud, che sveleranno altre debolezze e opportunità per l’Ucraina».
Sul telegram russo si stanno diffondendo ovviamente diverse voci, difficili per ora da verificare, ma che spiegano un altro problema della infowar, esasperato dall’attacco al ponte di Kerch. Una di queste è che siano iniziati razionamenti di beni in Crimea.
È dovuto intervenire, sempre su telegram, il consigliere del capo della Crimea Oleg Kryuchkov per negare le restrizioni alla vendita di merci: «Le informazioni sulla restrizione della vendita di merci in Crimea non corrispondono alla realtà. Ulteriori chiarimenti seguiranno a breve».
Forse il commento più esplicito nell’invocare una drammatica reazione militare è quello di Margarita Simonyan, la direttrice di RT, che ebbe un ruolo cruciale nella propaganda della costruzione del Ponte. L’infrastruttura simbolo dell’annessione illegale della Crimea alla Russia nel 2014 era stata inaugurata il 16 maggio 2018, il collegamento ferroviario era stato finito il 18 dicembre 2019 e fu inaugurato da Vladimir Putin in persona il 23 dicembre 2019. La propaganda si scatenò. «La Crimea è nostra!».
I lavori miliardari furono svolti dalle aziende di Arkady Rotenberg, l’oligarca creato da Putin, il vecchio amico dei suoi allenamenti di judo, Simonyan fece da madrina mediatica. Ora la direttrice di RT si limita a postare un commento di un solo carattere sull’esplosione del ponte: «E?». Come a dire: e adesso come reagiamo? Evidentemente, lei si aspetta un contrattacco micidiale. E torniamo alle righe con cui abbiamo iniziato.
(da La Stampa)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
IL GENERALE GRAZIANO RIFIUTA LA DIFESA, IN PISTA PORTOLANO… SPUNTA BERNABE’ ALLA TRANSIZIONE ECOLOGICA
“La mia indisponibilità è definitiva”. Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele e medico di Berlusconi, si tira fuori dalla corsa per il ruolo di ministro della Salute del governo Meloni.
Il suo nome circolava da giorni, ma Zangrillo nega di voler accettare e lancia un assist all’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso.
Un nome tecnico aiuterebbe a sciogliere uno dei nodi più ingarbugliati per la leader di Fratelli d’Italia, dal momento che per sostituire Roberto Speranza da Forza Italia è stata avanzata la candidatura di Licia Ronzulli, che poco piace a Giorgia Meloni.
Ma ecco il toto-ministri dell’esecutivo FdI-Lega-FI. Una lista in continuo aggiornamento, dal momento che solo giovedì 13 si entrerà nel vivo, con la scelta dei presidenti delle Camere, primo tassello – non facile – da comporre per la nuova maggioranza.
Salute
Il nome di Zangrillo circolava da un pò fra i papabili per la Sanità e il medico è stato contattato da chi è impegnato in questi giorni nel difficile compito di far incastrare tutte le caselle in vista della formazione del prossimo esecutivo. Ma all’Adnkronos Zangrillo consegna un no che sembra non ammettere ripensamenti: “La mia indisponibilità a ricoprire il ruolo prestigioso di ministro della Salute è definitiva – assicura il prorettore dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano – e scaturisce dal profondo amore per la mia professione di clinico e professore universitario, ruoli che non voglio abbandonare”. Zangrillo si mette dunque da parte ma sottolinea che “chi sta decidendo è dotato della saggezza necessaria per fare la scelta giusta”. Aggiunge anche di essere pronto a un ruolo di consulenza: “Laddove fosse richiesto – aggiunge il medico personale di Berlusconi – sarò felicissimo di fornire tutto il mio personale supporto all’azione del nuovo ministro della Salute”.
“Il Paese ha bisogno di saggezza, visione e competenza per iniziare un programma politico sanitario illuminato”, aggiunge.
E alla domanda se all’identikit possa rispondere l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, risponde: “Il totonomi è il modo migliore per bruciare candidature serie. Ma Guido, oltre a essere un caro amico, ha tutte le caratteristiche per svolgere al meglio questo ruolo”. In ogni caso, “chi sta decidendo ha la saggezza necessaria per fare la scelta giusta”.
In pista c’è anche Francesco Rocca, presidente della Croce rossa. Mentre sembra accantonata l’idea di affidare l’incarico a Licia Ronzulli, parlamentare di Forza Italia, molto vicina al Cavaliere.
Difesa
Il generale di corpo d’armata Luciano Portolano potrebbe andare alla Difesa. Tra le ipotesi spuntate ieri c’era anche quella di Claudio Graziano, già capo del comitato militare Ue e oggi presidente di Fincantieri, ma Graziano smentisce di essere interessato a fare il ministro e assicura di non aver avuto interlocuzioni in tal senso. Ad ogni modo resta aperta anche l’ipotesi di un profilo più politico, con l’attuale capo del Copasir Adolfo Urso o il deputato di FdI Fabio Rampelli.
Esteri
Per gli Esteri crescono le quotazioni del coordinatore di FdI Antonio Tajani. Ma in campo c’è anche il nome di Elisabetta Belloni, capo dei Servizi.
Economia
Dopo il no irremovibile di Fabio Panetta, la corsa alla postazione chiave dell’Economia nel futuro governo Meloni nelle ultime ore sembra diventata un derby fra Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli. Il primo sedette nell’ufficio di via XX settembre fra il 2004 e il 2005, nell’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Grilli ha ricoperto lo stesso incarico con Monti, fra il 2012 e il 2013.
Transizione ecologica e Sviluppo economico
Per la Transizione ecologica ha preso a girare il nome dell’ex amministratore delegato di Eni Franco Bernabè. Non tramonta l’ipotesi di una conferma di Roberto Cingolani, magari come commissario per l’Energia. Ma la delega Energia potrebbe essere anche assegnata al nuovo ministro dello Sviluppo economico, un incarico che potrebbe andare a un politico.
Trasporti e Natalità
Salvini vuole per la Lega il ministero dei Trasporti, per Edoardo Rixi o per sé, se come quasi inevitabile dovrà rinunciare alla poltrona di ministro dell’Interno. Altro ministero ‘prenotato’ dal Carroccio è quello della Famiglia e Natalità: si fanno le ipotesi del vice-segretario Lorenzo Fontana, che ha già indossato i galloni di ministro della Famiglia nel Conte I, e la ministra per le Disabilità in carica, Erika Stefani (la Disabilità verrebbe incorporata alle altre deleghe). Più defilata Simona Baldassarre, eurodeputata leghista e responsabile del dipartimento Famiglia del partito, paladina pro life e grande oppositrice del ddl Zan.
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
STA RACCOGLIENDO RIFIUTI IN SERIE DA PARTE DEI “MIGLIORI” CHE PRIMA DELLE ELEZIONI CRITICAVA
Sarebbe troppo facile parlare di nemesi della poltrona a leggere dei cortesi rifiuti in serie che sta ricevendo Giorgia Meloni nel suo tentativo di appioppare le poltrone migliori ad alcuni dei cosiddetti Migliori (il banchiere centrale Flavio Panetta, Roberto Cingolani in Transizione esistenziale e, perfino, il portavoce che non si porta più tanto).
Perché fu sullo stigma della poltronite acuta, declinata nelle forme più deprecabili e popolane (la cupidigia del potere, le terga attaccate col Vinavil, l’esibizione cafona di scorte e sirene) che “Io sono Giorgia” raccoglieva gli applausi più crepitanti e i selfie più appassionati.
Quando, ah bei tempi!, girava per i mercati rionali sulle nuvole incantate del suo quattro e rotti per cento e di un’opposizione libera e felice. Poltrone, poltronite, poltronari, espressioni che gli costavano le occhiatacce di Lilli Gruber che detesta il gergo della qualunque (come anche “giornaloni” e “prebende”, ne tengano conto i neofiti). Ma che spaccavano, eccome, nella narrazione indignata della piccola Fiammiferaia.
Poi, è accaduto che in un frattempo, piuttosto breve, intercorso tra quel circa 4% e vista su Palazzo Chigi, la politica abbia dovuto per forza sottomettersi a un bagno di sobrietà per non essere bersagliata come casta. Scomparse le auto blu (o mimetizzate da station wagon modello weekend in famiglia), scoraggiato l’abuso da portaborse (soprattutto se signorine arrembanti munite di blog), le poltrone e sofà ministeriali conservano un forte appeal solo tra chi è in crisi di autostima (o da prestazione), tipo Matteo Salvini.
Oppure, nel secondo mercato della politica quello, con tutto il rispetto, delle Licie Ronzulli che quando mai gli ricapita.
Se si guarda più in su “c’è quello che gratta gratta non si fida, c’è quello che ha paura di sporcarsi, c’è quello che guadagna troppo e sta bene così…” (Il Foglio). Ma c’è soprattutto la montagna di problemi che già non fa dormire la notte la premier in pectore, figuriamoci i comprimari. Perché governare l’Italia è diventata una rogna tale che, quasi quasi, il Pd dovrebbe incoronarlo a vita Enrico Letta.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
E’ L’UNICO COLLEGAMENTO TRA LA PENISOLA E LA RUSSIA, ORA SONO BLOCCATI I RIFORNIMENTI AL FRONTE
Con i suoi 18,1 chilometri di lunghezza è il ponte più lungo d’Europa. La struttura è rimasta gravemente danneggiata nella notte a causa dell’esplosione di alcuni serbatoi di carburante su un treno merci che, secondo Mosca, sarebbe dovuta a un camion-bomba.
La sua progettazione è cominciata nel 2014, subito dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. Il ponte stradale è stato inaugurato il 16 maggio 2018 alla presenza del presidente Vladimir Putin, che ha guidato personalmente un camion alla testa di una colonna di automezzi utilizzati per la costruzione, mentre il primo treno passeggeri lo ha attraversato il 25 dicembre 2019 e l’apertura ai convogli merci è scattata il 30 giugno 2020.
Il primo a prendere in considerazione la costruzione del ponte fu nel 1903 lo zar Nicola II abbandonandola però poco dopo per lo scoppio della guerra russo-giapponese e poi della prima guerra mondiale. Durante la seconda guerra mondiale il regime nazista pensò di realizzarlo all’inizio del 1943 al fine di agevolare l’invasione tedesca del Caucaso settentrionale. Adolf Hitler ne ordinò la costruzione in sei mesi. I lavori ebbero inizio ad aprile ma nel settembre successivo gli attacchi sovietici sulla testa del ponte costrinsero al ritiro i tedeschi, che fecero saltare in aria le parti già completate.
Il ponte è stato realizzato quasi interamente con campate da 54,2 metri fino a 64,2 tranne nella parte centrale del canale di Kerch dove, per consentire il passaggio delle navi, sono stati realizzati due archi di 227 metri di lunghezza e 45 metri di altezza tali da consentire il passaggio di imbarcazioni fino a 185 metri di lunghezza e 35 di altezza. L’opera è costata circa 3 miliardi di dollari e fino alla sua costruzione i collegamenti all’interno dello stretto di Kerch erano effettuati solamente via traghetto. Pertanto si tratta di un’infrastruttura altamente strategica per la Russia.
Il problema logistico
La velocità con cui Mosca ha annunciato di voler ripristinare l’infrastruttura dipende dai problemi logistici che derivano dal suo danneggiamento.
Senza il ponte sullo stretto di Kerch, infatti, si allunga di centinaia di chilometri la catena d’approvvigionamento delle truppe russe in Crimea e verso la linea di Kherson. Il ministero dei Trasporti ha annunciato che l’operatività della linea ferroviaria dovrebbe essere ripristinata entro le 20 dopo aver condotto la “valutazione delle condizioni” della tenuta di quella parte del ponte.
Si tratta della parte del ponte più importante per l’esercito russo, perché è da lì che passano armi, munizioni, mezzi, combustibile e rifornimenti diretti al fronte.
Sarà molto più complicata e lunga, invece, la ricostruzione della sede stradale venuta giù per due campate. Una sola corsia, quella non danneggiata, è stata riaperta alcune ore dopo l’esplosione. Nel frattempo, come si nota da Marine Traffic, è fermo anche il traffico navale tra il mar Nero e il mar d’Azov con una lunga coda in attesa su entrambi i fronti.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
L’ARTISTA DI FAMA INTERNAZIONALE: “VISTO IL TITOLO SAPEVO SAREPPE SUCCESSO, MA MI DISPIACE PER ROMA”… IN ITALIA NON SIAMO NEANCHE IN GRADO DI PROTEGGERE UN’OPERA D’ARTE DALLA TEPPA RAZZISTA (COMPLIMENTI AI CHI DOVEVA PROVVEDERE)
Un’opera di Jago, scultore di fama internazionale, è stata vandalizzata e ridotta in pezzi, tanto che la polizia l’ha rimossa da ponte Sant’Angelo. Si chiama “Sono pronto al flagello” e rappresenta un naufrago disteso su un fianco: “Visto il titolo sapevo sarebbe successo – commenta tra l’ironico e l’amareggiato l’artista – mi dispiace per Roma però”.
“Evidentemente qualcuno non ha gradito il messaggio”, aggiunge Tommaso Zijno, assistente dello scultore. La statua in marmo italiano, oltre ad essere un’opera d’arte, ha infatti un alto valore simbolico: prima di arrivare nel cuore di Roma ha viaggiato sulla nave dell’Ong Sos Mediterranee insieme all’equipaggio e alle persone salvate dal mare.
Un viaggio da Marsiglia a Siracusa dove è stata recuperata e portata allo Stadio Olimpico in collaborazione con Sport e Salute e Lega serie A per lanciare un messaggio contro il razzismo. Infine, una volta ricevuti i permessi dal Comune di Roma, è stata collocata nel mezzo di Ponte Sant’Angelo dove doveva rimanere fino al 5 novembre.
Ma gli atti di vandalismo si sono succeduti uno dietro l’altro: è stata spostata, alcune parti come una mano e un piede sono state rotte. Fino all’altro ieri quando l’opera non c’era più e sembra sia stata scaraventata dal ponte, finita non si sa dove.
Su questo sfregio a un’opera artistica (e al suo messaggio), ora indagano le forze dell’ordine che questa mattina hanno portato via la statua.
“Adesso l’obiettivo è ripristinarla e riportarla sotto Castel Sant’Angelo in accordo con il primo municipio” aggiunge Zijno che ricorda anche che la statua, alla fine del suo viaggio, sarà messa all’asta e il ricavato andrà proprio a Sos Mediterranee
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
ENNESIMO EPISODIO CHE DENUNCIA LO SCONCIO DEI TASSISTI CHE VIOLANO LA LEGGE VIGENTE… MA CI VUOLE TANTO A REVOCARGLI LA LICENZA?
Ema Stokholma, pseudonimo di Morwenn Moguerou, è una conduttrice radiofonica, conduttrice televisiva e scrittrice e sarà tra i partecipanti della diciassettesima edizione del programma televisivo Ballando con le stelle, in onda su Rai 1.
Venerdì sera ha documentato sui social uno scambio avuto con un tassista che non voleva accettare il pagamento con la carta di credito.
Stokholma ha documentato attraverso le Storie pubblicate sul suo account Instagram quanto le è accaduto venerdì sera a Roma. «Situazione taxi Roma. Un’ora per trovarne uno. Arrivo a casa e chiedo di pagare con il POS», scrive Stokholma.
Quando Stokholma ha detto di voler pagare con la carta di credito, il tassista le ha lasciato intendere che se avesse saputo prima che non avrebbe pagato in contanti, probabilmente non avrebbe preso la corsa. Nelle Storie si ascoltano alcune frasi dello scambio avvenuto tra il tassista e Stokholma.
Il primo si rivolge in modo scontroso a Stokholma, mostrandosi subito indispettito a causa della modalità di pagamento che per legge deve accettare: «Domani vado a fare la spesa con i pezzi di carta» dice, riferendosi probabilmente alle ricevute delle transazioni eseguite tramite POS.
Stokholma risponde: «Come deve pagare una persona? Sono comunque soldi». In una delle Storie, Stokholma scrive: «22 euro e 50 per essere trattati pesci in faccia. Grazie Roma».
Stokholma ha sottolineato che il POS è obbligatorio dal 30 giugno 2022 e ha sostenuto che «solo quando ho detto che stavo riprendendo tutto quello che era successo con lo smartphone mi ha fatto la ricevuta».
Non sarebbe la prima volta che Stokhoma ha dovuto affrontare situazioni simili. Come spiega nelle Storie di Instagram pubblicate ieri, solo la settimana prima le sarebbe accaduto qualcosa di simile, anche il quel caso a Roma. «Un tassista senza POS mi ha lasciato in mezzo alla strada vicino allo stadio senza neanche numero civico nelle vicinanze. Ho il video anche di quello», scrive Stokhoma.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE: “DOBBIAMO MISCELARE IL LAVORO ALLO SPIRITO”
Brunello Cucinelli, stilista, imprenditore e fondatore dell’azienda Brunello Cucinelli Spa, è intervenuto alla prima edizione del Pianeta Terra Festival a Lucca, curata da Editori Laterza con il contributo e il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca.
«Dobbiamo miscelare il lavoro allo spirito, la tecnologia all’umanesimo. Non possiamo far lavorare le persone davanti a un muro perché se guardano fuori producono meno. Se lavoriamo 12 o 13 ore, secondo me per il 30% di questo tempo non combiniamo niente. Invece, dobbiamo lavorare massimo 7 ore, mentre l’altro tempo lo dedichiamo a noi stessi e alla nostra anima», ha detto Cucinelli.
Cucinelli ha parlato poi dell’artigianato, un settore a suo avviso poco tutelato. Cucinelli sostiene che gli artigiani siano stati privati, soprattutto nel corso degli ultimi anni, di dignità economica e morale: «Ad alcuni lavori abbiamo tolto dignità, prima morale e poi economica. Invece dobbiamo ad esempio riportare all’artigianato la nobiltà del lavoro. Ricordiamoci che siamo i più grandi manifatturieri al mondo. I padri hanno trasmesso ai figli l’obbligo di aver paura, abbiamo tolto la speranza. Se invece togli la paura e metti la speranza il mondo è diverso», ha detto a riguardo.
Cucinelli ha aggiunto una riflessione sul legame tra studio e successo nel lavoro: «Il 60% degli esseri umani che hanno avuto successo non hanno studiato quasi niente: io non dico di fare così, ma c’è una intelligenza di anima e una di studio che si devono miscelare».
Infine, Cucinelli ha concluso sostenendo che la tecnologia abbia un potere spropositato rispetto all’essere umano: «Abbiamo vissuto un trentennio di tecnologia, abbiamo provato a governare l’essere umano solo con la scienza. E non è possibile, ci vogliono scienza e anima. E questo non vale solo per le imprese, ma per tutti noi».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Ottobre 8th, 2022 Riccardo Fucile
LE ELEZIONI COMUNALI DEL 2020 ERANO STATE TRASFORMATE IN UN SUK DI “INGERENZE ILLECITE, FAVORITISMI, ASSUNZIONI”
Tra l’estate e l’autunno del 2020, quando l’Italia intera, ma soprattutto il Mezzogiorno, aveva già dovuto fare tragicamente i conti con una sanità disastrata e inadeguata ad affrontare una emergenza come la pandemia da Covid 19, in Basilicata un gruppo di amministratori locali utilizzava quella sanità come terreno sul quale scambiare favori politico-elettorali. Voti in cambio di assunzioni, trasferimenti, incarichi.
È questo ciò che emerge dalla lettura delle 375 pagine dell’ordinanza con la quale il gip di Potenza ha parzialmente accolto le richieste della Procura disponendo l’arresto del capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale Francesco Piro e del sindaco di Lagonegro Maria Di Lascio.
Piro è al centro di quasi tutti gli episodi oggetto di indagine. È uno che lascia intendere di avere amicizie nella criminalità organizzata calabrese. In una intercettazione lo si sente dire a un amico: «Mia moglie è di Rosarno, io basta che mando un messaggio: “Potete venire”. Poi me ne vado in galera come Cristo comanda». È lui il principale sponsor della lista Insieme con Maria Di Lascio , e si impegna per costruirle una squadra vincente. Lo dice in una conversazione del 10 agosto intercettata dagli inquirenti. «In questo momento per me è primario Lagonegro.
Dal 21 settembre (il giorno successivo alle elezioni comunali del 2020, ndr ) e per i prossimi cinque anni non me ne fotterà più niente».
L’attenzione per le sorti politiche della cittadina in cima alla Valle del Noce hanno un motivo preciso: «Oltre alla gestione dei posti in sanità, emergono gli interessi relativi al progetto per la realizzazione del nuovo ospedale di Lagonegro, con annesse questioni dell’affidamento dei lavori, gestione del bar, esproprio dei terreni per la realizzazione del parcheggio», scrive il gip.
E aggiunge: «Risulta dalle indagini che le condotte compendiate nei capi di imputazione non costituiscono episodi isolati e relativi a una situazione contingente (ossia l’elezione del sindaco di Lagonegro nel 2020) ma al contrario sono manifestazione di un sistema, di un modus operandi strutturale da parte dei politici coinvolti. Per convincere ogni possibile candidato c’è sempre una offerta mirata.
All’ortopedico Luigi Alagia, per esempio, Piro prospetta il primariato dell’unità operativa dell’ospedale di Lagonegro. E sa di poter contare sull’appoggio del direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Giuseppe Spera, che ha preso il posto di Massimo Barresi, manager non allineato e fatto fuori dopo una guerra di carte bollate sulla quale lo stesso Piro interviene cercando di condizionare il lavoro dell’avvocato della Regione che assiste Barresi. E poi c’è il presidente della giunta regionale Vito Bardi.
Una raccomandazione in favore di un aspirante finanziere (Bardi fu vicecomandante generale), un ruolo nel siluramento di Barresi e quattro tamponi molecolari in un mese, tra marzo e aprile 2020 senza alcun sintomo di Covid. Stessa cosa anche assessori e manager della sanità. «Come fossero beni in loro privata disponibilità – scrive il gip – mentre si trattava di beni pubblici disponibili sul territorio nazionale e in Basilicata in misura ridotta e in numero limitato e contingentato».
(da Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »