Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
“IL PNRR È UN’OCCASIONE UNICA PER IL RILANCIO DELL’ITALIA E LA SUA PIENA ATTUAZIONE È FONDAMENTALE PER LA NOSTRA CREDIBILITÀ. DOBBIAMO MANTENERE GLI IMPEGNI PRESI”
“Spetta al prossimo governo continuare il lavoro di attuazione” del Pnrr “e sono certo che sarà svolto con la stessa forza ed efficacia. Non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”.
Così il premier Mario Draghi, in un passaggio del suo intervento a Palazzo Chigi con i ministri e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli sul piano nazionale di ripresa e resilienza.
“L’attività tecnica delle vostre amministrazioni può e deve proseguire con la stessa solerzia. Ricordo che, proprio per garantire la continuità nell’attuazione del Pnrr, è stato deciso di creare, nella Presidenza del Consiglio e in ciascun Ministero, uffici dedicati al Pnrr che saranno operativi fino al 2026”.
“Nella Cabina di Regia dello scorso dicembre, avevo chiesto il massimo sforzo per continuare a portare avanti il piano. Il Pnrr è un’occasione unica per il rilancio dell’Italia, per il superamento delle diseguaglianze territoriali, di genere e generazionali che gravano sul Paese. La sua piena attuazione è fondamentale per la nostra credibilità verso i cittadini e i partner internazionali. Dobbiamo mantenere gli impegni presi e, per farlo, c’è bisogno del sostegno di tutti. Voglio ringraziare in particolare gli enti territoriali – i Comuni e le Regioni – per il lavoro che svolgono quotidianamente accanto all’amministrazione centrale”.
“Grazie al vostro lavoro – si è rivolto il presidente del Consiglio ai presenti -, oggi possiamo dirci pienamente soddisfatti dei risultati raggiunti. Il Pnrr ha un modo molto semplice e trasparente per valutare a che punto è la sua realizzazione: il numero di obiettivi e traguardi raggiunti alla fine di ciascun semestre. Dal raggiungimento di questi obiettivi, e da nient’altro, dipende il disborso delle risorse europee. Nel primo semestre del 2022, l’Italia ha raggiunto ancora una volta tutti gli obiettivi del Pnrr, come ha accertato la Commissione Europea la scorsa settimana. L’Italia potrà ricevere altri 21 miliardi di euro, dopo i 45,9 miliardi ricevuti negli scorsi mesi. Non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi”.
“Non ci sono ritardi nell’attuazione del Pnrr: se ce ne fossero, la Commissione non verserebbe i soldi” aggiunge.
“Per quanto riguarda il secondo semestre – ha illustrato il presidente del Consiglio – l’attuazione procede più velocemente dei nostri cronoprogrammi originari. Le elezioni e l’imminente cambio di governo hanno richiesto uno sforzo supplementare, per fare in modo che il nuovo esecutivo – qualunque esso sia – possa ripartire da una posizione il più avanzata possibile. Ad oggi, sono già stati conseguiti 21 dei 55 obiettivi e traguardi previsti per la fine dell’anno, e ci aspettiamo di raggiungerne 29 entro la fine del mese”.
(da Adnkronos)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
CREPE SEMPRE PIU’ PROFONDE NEI GRUPPI CHE LO STOSTENGONO
Mentre le truppe russe continuano a perdere terreno in Ucraina, in particolare nell’area di Kharkiv, l’annuncio della mobilitazione militare parziale da parte del presidente Putin potrebbe avere un impatto molto più significativo nel contesto interno russo piuttosto che sul campo di battaglia.
Ne sono convinti Kateryna Stepanenko, Karolina Hird, Katherine Lawlor, Riley Bailey, Grace Mappes e Frederick W. Kagan, del The Institute for the Study of War che hanno spiegato perché quello che sta succedendo in Ucraina potrebbe mettere a rischio il regime dello zar.
Ebbene, fonti ucraine hanno osservato che la mobilitazione parziale non è una grave minaccia nel breve periodo perché la controffensiva di Kiev si sta muovendo più velocemente rispetto ai possibili effetti che la mobilitazione stessa potrebbe generare.
Il capo dell’intelligence ucraina Kyrylo Budanov ha persino affermato che la mobilitazione in Russia è un “regalo” all’Ucraina perché il Cremlino si trova in un “vicolo cieco”, intrappolato tra i suoi fallimenti e la sua determinazione a mantenere ciò che ha conquistato.
Le controversie che circondano la mobilitazione parziale mal eseguita, insieme alle significative sconfitte russe nell’oblast di Kharkiv e a Lyman, hanno intensificato le lotte intestine a Mosca.
L’ISW (The Institute for the Study of War) ha identificato tre fazioni principali nell’attuale spazio nazionalista russo: i “milblogger” e corrispondenti di guerra, gli ex ufficiali e veterani russi o per procura, e alcuni dei siloviki, persone con basi di potere significative e proprie forze.
Putin, secondo gli esperti, ha bisogno di mantenere il sostegno di tutte e tre queste fazioni per sostenere il suo sforzo bellico.
Un esempio di cosa sta succedendo tra i gruppi che sostengono lo zar è rappresentato dalle critiche avanzate dai cosiddetti siloviki, guidati dal leader ceceno Ramzan Kadyrov e dal finanziere del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin, nei confronti di Alexander Lapin, comandante del distretto militare centrale russo, considerato il responsabile della disfatta di Lyman, ma anche nei confronti del Ministero della Difesa guidato da Sergey Shoigu.
Putin, secondo gli esperti, si troverebbe ora in un dilemma.
Non può rischiare di farsi nemico il duo Kadyrov-Prigozhin, poiché ha un disperato bisogno delle forze cecene del primo e dei mercenari del secondo per combattere in Ucraina. Ma non può neanche prendere provvedimenti contro il Ministero della Difesa, che rappresenta la base istituzionale per eseguire l’ordine di mobilitazione e continuare la guerra.
Tutto questo potrebbe, dunque, influenzare la stabilità del regime di Putin, se non sarà in grado di mettere d’accordo i suoi alleati interni. Il leader del Cremlino, secondo gli esperti, non può permettersi di perdere il sostegno di nessuno di questi gruppi, né può soddisfarli tutti mentre la guerra va avanti e le truppe russe continuano a subire perdite.
Gli shock delle sconfitte di Kharkiv e Lyman, alimentati dalla mobilitazione parziale e dalla sua cattiva gestione, hanno esposto queste crepe sempre più profonde all’interno della compagine di Putin alla vista di tutta la popolazione. E potrebbero anche iniziare a diffondere l’idea che Putin non abbia il pieno controllo della propria base.
Le ramificazioni di un tale sviluppo per il suo regime sono difficili da prevedere.
(da Fanpage)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
FAZZOLARI, BRACCIO DESTRO DELLA LEADER, DOVREBBE FINIRE A PALAZZO CHIGI, COME SOTTOSEGRETARIO… CROSETTO ALLO SVILUPPO ECONOMICO, FITTO AGLI AFFARI EUROPEI… DANIELA SANTANCHÈ POTREBBE CONTENDERE IL TURISMO CON LA LEGA, MENTRE ADOLFO URSO POTREBBE ANDARE ALLA DIFESA
La mossa della Lega, che chiede 5 ministeri (Interno, Infrastrutture, Turismo, Disabilità, Affari regionali), riapre i giochi nel centrodestra sulla spartizione dei posti. Se in tutto i dicasteri fossero 18 e se Forza Italia ne prendesse quattro questo significherebbe che Giorgia Meloni avrebbe per se stessa e il suo partito una decina di opzioni, compresi i tecnici di area a cui sta pensando.
Il fatto che la Lega reclami gli Interni non solo per le deleghe ma direttamente per Matteo Salvini — come affermano sia Giancarlo Giorgetti che Riccardo Molinari — potrebbe in realtà essere anche una richiesta tattica: chiedere gli Interni per Salvini per poi puntare su altro. In questa cornice i ministri papabili per la Lega potrebbero essere, oltre a Salvini, Gian Marco Centinaio (Agricoltura), Edoardo Rixi (Infrastrutture), Erika Stefani, che potrebbe tornare allo stesso incarico ricoperto nel primo governo Conte (Affari regionali).
Intanto Ignazio La Russa riporta su un binario meno polemico il tema della presenza di eventuali tecnici nell’esecutivo: «Sarà un numero piccolo o medio piccolo, certamente non grande». La Russa stesso è candidato a diventare presidente del Senato, ma nelle ultime ore sembra rafforzarsi la possibilità che Meloni conceda entrambe le Camere agli alleati: la presidenza di Montecitorio alla Lega, che la reclama, forse per Giancarlo Giorgetti, e quella di Palazzo Madama a FI, che potrebbe schierare Anna Maria Bernini.
La pattuglia di azzurri aspiranti al tavolo della presidenza del Consiglio resta più o meno invariata: oltre ad Antonio Tajani, che è sempre in corsa per un ministero di peso, gli Esteri o la Difesa, c’è Licia Ronzulli, già europarlamentare, Paolo Barelli e Alessandro Cattaneo. Se per Tajani è certo che si tratterà di uno dei ministeri chiave del governo, fra i cinque che vengono condivisi con il capo dello Stato, per gli altri le possibili deleghe sono ballerine e incrociano in alcuni casi (le Infrastrutture ad esempio, con Cattaneo) le aspirazioni degli alleati leghisti.
Sulla rappresentanza di Fratelli d’Italia l’unica certezza è il posto di Giorgia Meloni, per paradosso. Giovanbattista Fazzolari, braccio destro della leader, dovrebbe finire a Palazzo Chigi. Guido Crosetto potrebbe avere le deleghe del Mise, che potrebbero appesantirsi con il ritorno delle competenze del Commercio Estero dalla Farnesina e del digitale dall’Innovazione. Raffaele Fitto, che guida il gruppo dei Conservatori a Bruxelles, potrebbe essere il responsabile degli Affari europei. Daniela Santanchè potrebbe contendersi il Turismo con la Lega, mentre Adolfo Urso potrebbe andare alla Difesa o avere la delega di Palazzo Chigi per il controllo sugli apparati di sicurezza.
Per la Salute, come profili tecnici, circolano i nomi del medico Guido Rasi, già direttore dell’Ema, di Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa e di Andrea Mandelli (Fofi), che è anche deputato uscente di FI.
C’è anche il problema di non sguarnire la maggioranza al Senato, dove ha solo 15 parlamentari di vantaggio, chiamando troppi senatori al governo. Infine ci sarà una nutrita pattuglia di esponenti di FdI nei posti di sottogoverno, tutti provenienti dai dipartimenti del partito: Marcello Gemmato alla Sanità, Galeazzo Bignami al Mise, Gianluca Caramanna al Turismo, Andrea Delmastro Delle Vedove alla Giustizia.
(da Il Corriere della Sera)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
MOODY’S MINACCIA DI TAGLIARE IL GIUDIZIO SUL NOSTRO PAESE SE “DOVESSIMO ANTICIPARE UN INDEBOLIMENTO DELLE PROSPETTIVE DI CRESCITA PER LA MANCATA ATTUAZIONE DELLE RIFORME”… È UN CHIARO MESSAGGIO ALLA MELONI
Moody’s sceglie la formula più diretta per lanciare l’avvertimento alla nuova maggioranza: «probabilmente declasseremo il rating dell’Italia se dovessimo anticipare un indebolimento delle prospettive di crescita per la mancata attuazione delle riforme» collegate al Pnrr. E nel caso di Moody’s, va ricordato, un downgrade porterebbe il debito italiano nell’area del “non investment grade” (junk), che chiude gli acquisti dei titoli italiani da parte di molti investitori istituzionali.
Tregua finita
L’indicazione, secca, arriva in tarda mattinata, piuttosto inaspettata nei tempi e nei toni. Solo venerdì scorso, 30 settembre, l’agenzia ha evitato di aggiornare il giudizio sul debito italiano, come previsto dal calendario, per evitare un raddoppio a stretto giro del colpo lanciato a inizio agosto con l’abbassamento dell’outlook da stabile a negativo. Ma la tregua è durata poco, e promette di essere l’antipasto di una stagione dei rating complessa che nelle prossime settimane vedrà il giudizio di tutte le principali agenzie. Si parte il 21 ottobre con S&P Global Ratings
La crescita del debito
Sarebbero inoltre negativi per il rating, secondo Moody’s, “segnali di una probabile crescita del debito in modo significativo, sia a causa di prospettive di crescita sostanzialmente più deboli, sia a causa di un aumento dei costi da interessi o di un deciso allentamento fiscale”. Politiche fiscali e/o economiche che dovessero indebolire il sentiment del mercato e causassero l’aumento dei livelli di indebitamento nel medio termine porterebbero anch’esse a pressioni al ribasso dei rating.
(da Il Sole24ore)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
IL CAPITONE E IL CAV SPINGONO PER ANDARE TUTTI INSIEME PER “CONTROLLARE” LE MOSSE DELLA MELONI… “GIORGIA ANDREBBE PIÙ VOLENTIERI DA SOLA AL COLLE, IL RISCHIO DI COLPI DI TESTA DI SALVINI E BERLUSCONI C’È”
Dopo due ore di riunione sul bloc-notes di Matteo Salvini ci sono cinque punti: Interno, Infrastrutture, Giustizia, Agricoltura e Affari Regionali. È la lista della spesa con cui il segretario del Carroccio si presenterà nei prossimi giorni dalla presidente del Consiglio in pectore Giorgia Meloni. Con tanto di timbro ufficiale del partito perché il consiglio federale della Lega ieri pomeriggio ha dato al segretario “pieno mandato a trattare con gli alleati” per arrivare a “un governo politico e all’altezza delle aspettative
Il consiglio federale della Lega però è servito a Salvini per alzare la posta sul governo.
Tant’ è vero che nel corso della riunione il punto principale è stato proprio il Viminale che da settimane il leghista rivendica per sé. Un problema per Meloni che non vuole dare quel ruolo a un imputato per sequestro di persona e che non passerebbe il vaglio del Quirinale. Ma il segretario del Carroccio non ci sta.
Un concetto ribadito anche da Giancarlo Giorgetti che fuori dalla Camera definisce Salvini “il candidato naturale” per il Viminale, Riccardo Molinari la “figura più idonea”.
Restano però anche le altre richieste. Per ogni ministero chiesto, Salvini ha in mente un nome leghista: Giulia Bongiorno alla Giustizia, Gian Marco Centinaio all’Agricoltura, Edoardo Rixi alle Infrastrutture e Erika Stefani agli Affari Regionali.
Nella coalizione, però, si sta presentando la questione di come presentarsi alle consultazioni con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Meloni ha spiegato che i leader del centrodestra andranno “ragionevolmente insieme” al Quirinale facendo sapere di “non averne ancora parlato con gli alleati”.
Di fatto però si sta consumando già uno scontro sotterraneo: Salvini e Berlusconi spingono per andare tutti insieme per “controllare” le mosse di Meloni, la leader di FdI non potrà che accettare visto che in passato si è sempre fatto così. Eppure un dirigente meloniano dice: “Giorgia andrebbe più volentieri da sola al Colle, il rischio di colpi di testa di Salvini e Berlusconi c’è”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
“I RUSSI NON SONO STUPIDI”
L’ex ufficiale dell’esercito lancia una dura accusa sulle pagine del sito indipendente russo Moscow Times, accusando il ministero della Difesa di continuare a mentire sull’andamento della guerra in Ucraina
«Dobbiamo smetterla di mentire sulla situazione al fronte». A dirlo è il presidente della Commissione Difesa della Duma, Andrey Kartapolov, citato dal Moscow Times. Altrimenti il rischio – a suo avviso – è che perdano di credibilità.
«Ora il nemico è sulla nostra terra», ha detto spiegano come tutti i villaggi a confine con la regione di Belgorod sarebbero quasi del tutto distrutti.
«Lo apprendiamo da chiunque, dai governatori e dai corrispondenti militari. Ma i rapporti del ministero della Difesa non cambiano. La gente lo sa. La nostra gente non è stupida e vede che non vogliono dirle nemmeno una parte della verità», ha detto.
Kartapolov ha prestato servizio alla Federazione russa anche come viceministro della Difesa dal 2018 a 2021.
Non è il primo deputato della Duma a dare questa versione dei fatti e ad allertare su un possibile sistema di menzogne di Mosca sulla guerra in corso.
Nei giorni scorsi il deputato Andrey Gurulyov, nonché ex vice comandante del distretto militare meridionale della Russia, ha annunciato in diretta tv che vi sarebbe una mistificazione della realtà, in particolare su Lyman, conquistata da Kiev. Proprio mentre denunciava questo sistema di bugie Gurulyov è stato disconnesso dalla trasmissione televisiva.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
SUL BRACCIO IL SIMBOLO RUNICO DELLE SS TEDESCHE
Un tatuaggio posto sul suo avambraccio, con un simbolo tipico di formazioni di stampo neonazista. Ma tutto a sua insaputa.
Tre giorni fa, la Lega ha scelto e nominato il suo nuovo segretario a Bologna. La scelta del Carroccio è ricaduta sulla figura di Cristiano Di Martino, volto storico del partito a livello locale.
Ovviamente tutto ciò ha catalizzato l’attenzione sulla sua figura, con la lente di ingrandimento finita sul suo braccio e su quel simbolo runico utilizzato dalle SS tedesche (e ora vietato in Germania). Ma lui dice di aver fatto quel tattoo quando era molto giovane, perché appassionato di Thor.
Portato come vessillo dalle SS tedesche protagoniste di rastrellamenti e barbare uccisioni.
Ma Cristiano Di Martino sostiene di non conoscere il significato di quel simbolo runico:
“Quando ho fatto quel tatuaggio, a 16 anni, neanche sapevo cos’era Terza Posizione. Sono sempre stato appassionato di fumetti, mi piace Thor. Ci sono in giro segretari con la croce celtica e io devo essere messo in croce per un tatuaggio dell’86? A volte in gioventù si fanno cose che magari nel corso degli anni si potevano fare in maniera diversa, ma non ho mai avuto nulla a che spartire con certi mondi”.
Dunque, ha deciso di marchiare la propria pelle con un simbolo runico di ispirazione nazista e poi ripreso da un movimento neofascista italiano. Ma lui pensava fosse il fumetto di Thor.
(da NextQuotidiano)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
I RIBELLI, SOPRATTUTTO IN LOMBARDIA, SONO SEMPRE PIÙ NUMEROSI… UFFICIALMENTE, TUTTI DICONO CHE IL “CAPITONE” NON SI TOCCA, MA LA SUA LEADERSHIP È AZZOPPATA
Il sasso lanciato da Umberto Bossi nello stagno della «Lega per Salvini premier», nonostante il silenzio ostentato dallo stesso Matteo Salvini sul tema, comincia a produrre i primi cerchi.
Si è visto ieri al Pirellone, sede del Consiglio regionale lombardo, dove in mattinata è comparso Paolo Grimoldi, ex segretario della Lega lombarda, ex parlamentare ma soprattutto uno dei due scout (l’altro è l’europarlamentare Angelo Ciocca) scelti dal Senatùr per portare avanti il progetto del «Comitato Nord».
Felpa grigia e camicia sbottonata in stile gazebo, mentre attorno a lui c’era chi aggiustava nel taschino il foulard verde che dopo i messaggi di Bossi sembra essere tornato improvvisamente di moda, Grimoldi ha ripetuto i concetti espressi nei giorni scorsi: la Lega deve riscoprire il suo core business, la questione settentrionale.
Ma soprattutto Grimoldi si è confrontato con il gruppo sempre più numeroso dei consiglieri lumbard che ormai chiede apertamente la celebrazione dei congressi e la fine della gestione commissariale che ha caratterizzato il partito negli anni del Covid. Inutile dire che il cattivo risultato delle politiche, il gelo calato fra il presidente Attilio Fontana e la vice-presidente Letizia Moratti (ormai sempre più determinata a candidarsi comunque vada a finire con il centrodestra) e la paura che andando avanti così le «cadreghe» leghiste diminuiranno sensibilmente anche in Regione, sta facendo agitare anche i più cauti.
Il calcolo spannometrico degli aderenti alla richiesta di un congresso arriva a circa il 70% dei 32 eletti in Lombardia. E fra questi almeno la metà sarebbe pronta a entrare nel «Comitato Nord». «Viviamo in una Lega di rappresentanti nominati e non eletti. Ora basta» rincara la dose Grimoldi. Mentre Toni Iwobi, anche lui ex parlamentare, bresciano, aggiunge: «Vogliamo incentivare la democrazia interna».
Messaggi che sembrano trovare terreno fertile. «Io penso che il congresso lombardo non vada posticipato a causa delle regionali, ma semmai anticipato – conferma il pavese Roberto Mura, che per l’occasione ha riesumato una cravatta padana di qualche legislatura fa -. Fissiamo la data, per quanto mi riguarda prima è meglio è.
Le regole? Non è difficile: basta affittare un palazzetto e aprire le porte a tutti i militanti. È un problema di metodo.
Matteo Salvini resta dov’ è, ma al livello sotto bisogna iniziare a discutere altrimenti la Lega rischia di scoppiare». Idem Max Bastoni: «Sono leghista dal 1991. Vogliamo il bene della Lega. Quindi, deve essere assolutamente sereno Salvini come tutte le persone che operano all’interno della Lega».
Per Gianmarco Senna, invece, «abbiamo commesso errori ed è giusto ammetterlo. Qualcuno ha il coraggio di portare avanti certe istanze per salvaguardare il patrimonio della Lega».
A microfoni spenti, però, più d’uno ammette che adesso bisognerà vedere come reagirà la segreteria federale. In questi giorni la priorità è il governo, ma la questione di come gestire il bubbone interno è comunque urgente. La prima ipotesi, quella di espellere i ribelli, sarebbe stata scartata dallo stesso Salvini. Anche perché potrebbe provocare reazioni ancora più incontrollabili.
La seconda prevede invece di temporeggiare convocando i congressi provinciali e trattando sui territori con i capipopolo più arrabbiati, attività nella quale si starebbe già spendendo il commissario lombardo Fabrizio Cecchetti. Il primo banco di prova sarà Bergamo, con il congresso provinciale si del 20 novembre. Il «Comitato Nord», nel frattempo, è pronto a darsi una struttura più articolata che contempla anche un «coordinamento di sindaci e amministratori locali».
(da la Stampa)
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Ottobre 5th, 2022 Riccardo Fucile
IL RITRATTO DI LICIA RONZULLI: IL CAVALIERE HA INGAGGIATO PER LEI UNA BATTAGLIA DURISSIMA. OBIETTIVO: IL MINISTERO DELLA SALUTE O, IN SUBORDINE, QUELLO DELL’ISTRUZIONE… D’ALTRONDE, SE UNA CUOCA POTEVA GOVERNARE L’UNIONE SOVIETICA (MA POI NON ACCADDE), VUOI CHE UNA LAUREATA IN INFERMIERISTICA NON POSSA GUIDARE IL MINISTERO
La gaffe di fine agosto sul rigassificatore di Piombino («estrae gas nazionale») fu da far tremare i polsi, ma in fondo si sa che Twitter è spesso teatro di sparate scomposte e scivoloni grotteschi.
Per Licia Ronzulli sono altre le cose che contano: carattere, pragmatismo e fedeltà alla causa, che poi significa fedeltà assoluta al Cavaliere
L’etichetta giornalistica di “badante”, ruolo ereditato dal duo Mariarosaria Rossi–Francesca Pascale ed esercitato in tandem affiatato con Marta Fascina, non può esaurire il racconto circa la senatrice forzista.
C’è da dire, però, che lei vive le mansioni da fidatissima factotum di Silvio Berlusconi con grande zelo e attenzione: quando serve, sorregge fisicamente il Cav nelle sue apparizioni pubbliche, gli parla con premura all’orecchio, apparecchia i capannelli di giornalisti durante le interviste doorstep collettive ed è pronta a regolare persino la distanza dei microfoni dalla bocca del presidentissimo. Non le sfugge nulla: ha pure in mano l’agenda del leader e dunque, già solo per questo, detiene un potere enorme.
Gli scontri con la Gelmini e quella battuta sullo Xanax
Ma non basta. La non meglio precisata “dirigente”, come viene qualificata sulla navicella parlamentare della legislatura appena finita, ha avuto e mantiene anche il pallino degli indirizzi strategici del partito, in sintonia con il leader operativo, Antonio Tajani. Non a caso sin dal 2021 è stata designata quale cinghia di trasmissione tra Forza Italia e gli alleati.
I due bastioni del “leghismo azzurro”, Ronzulli e Tajani, tengono saldamente in mano le chiavi di Fi, tanto che le ex ministre berlusconiane Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, ma anche Renato Brunetta, dopo lunghe tensioni interne hanno infine gettato la spugna e mollato il partito. Secondo i maligni, più per colpa del cerchio magico che di Berlusconi in persona.
Epici gli scontri tra Ronzulli e Gelmini, con la prima che una volta apostrofò “MaryStar”: «Vai a piagnucolare da un’altra parte e prenditi uno Xanax». L’ex titolare dell’Istruzione non tollerava che il Cavaliere, nel maggio 2022, avesse nominato la fida Licia commissario di Fi nella “sua” Lombardia e quando effettivamente sbatté la porta per migrare verso i lidi calendiani, Ronzulli la bollò: «Gelmini cerca solo una poltrona più comoda».
E pensare che nel 2009 al contrario ammetteva: «Della Gelmini mi è piaciuto molto il coraggio con cui ha affrontato la questione della riforma scolastica». Un’era geologica fa. Diverso invece è stato l’atteggiamento nei confronti di Carfagna, che in Forza Italia si era sempre mossa in modo più felpato. Ronzulli salutò infatti con fair play il suo addio: «Peccato, stava facendo bene come ministra».
Un posto alla Salute? Troppo rigorista su restrizioni e vaccini
Adesso il Cavaliere, che sa essere riconoscente come pochi, sta facendo di tutto per ricompensare questa 47enne milanese e milanista dallo sguardo penetrante e dal carattere di ferro. Lei lo ripaga con parole spericolate: «Berlusconi è punto di riferimento dell’Occidente». E si appresta a iniziare la sua seconda legislatura consecutiva in Senato (dopo un primo tentativo fallito nel 2008) con ambizioni inedite.
L’ex premier di Arcore ha ingaggiato per lei una battaglia durissima addirittura con il capo del governo in pectore, Giorgia Meloni. Obiettivo: il ministero della Salute o, in subordine, quello dell’Istruzione. Una gatta da pelare non da poco, tra le tante, per la leader di Fdi, dato che in Forza Italia sono convinti che Ronzulli, da ex infermiera, sia il profilo giusto per guidare il dicastero che sovrintende al Sistema sanitario nazionale.
D’altronde, se una cuoca poteva governare l’Unione sovietica (ma poi non accadde), vuoi che una laureata in infermieristica non possa guidare il ministero di Roberto Speranza? Peccato che Ronzulli nei frangenti più duri della pandemia si sia segnalata per un approccio particolarmente rigorista su restrizioni e vaccini anti-Covid (suo un disegno di legge per rendere obbligatoria l’immunizzazione del personale sanitario): una posizione che le ha procurato pesanti minacce da parte dei no vax, che stride non poco con il programma odierno sulla salute di Fratelli d’Italia e, più in generale, con l’approccio del duo Meloni-Salvini su green pass e limitazioni da virus.
Si è occupata di famiglia, diritti della donna e politiche sociali
Tant’è, il Cav sembra pronto a tutto per difenderne l’ingresso nel governo. E Ronzulli pare non volersi accontentare di un ministero minore come quello delle Pari opportunità, che pure sarebbe il settore di cui più si è occupata a livello istituzionale assieme a famiglia e politiche sociali, nonostante sul cv abbia una specializzazione in management ospedaliero.
Nella XVIII legislatura, infatti, oltre al ruolo di vice capogruppo di Fi al Senato, la “badante” ha ottenuto la poltrona di presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza. E durante la sua legislatura all’Europarlamento, dal 2009 al 2014, ha lavorato in commissione Diritti della donna e uguaglianza di genere e nella sottocommissione per i Diritti dell’Uomo. Ma soprattutto è rimasta celebre la foto in cui lei, nell’aula di Strasburgo, vota stringendo al seno la figlia Vittoria ancora in fasce.
Coinvolta nelle inchieste sul bunga bunga, ma poi archiviata
In verità, è da tanto che Berlusconi si preoccupa delle sorti della fedelissima: quando lei rimase senza seggio, non rieletta alle Europee del 2014, e Roberto Maroni era governatore della Lombardia, l’ex premier non mancò di fare pressioni perché le si trovasse un’adeguata sistemazione in Regione.
Dopotutto, sono quelli gli anni in cui Ronzulli aiutò Silvio persino nella trattativa, poi fallita, per la vendita di quote del Milan all’imprenditore thailandese Bee Taechaubol. Nello stesso periodo, esattamente alla fine del 2015, l’ex parlamentare tirò un sospiro di sollievo per l’archiviazione della sua posizione nell’inchiesta sul cosiddetto Ruby ter, il filone connesso alle false testimonianze delle Olgettine invitate alle «cene eleganti». Ronzulli ha sempre cercato di difendere se stessa e Berlusconi: dalle intercettazioni del Cavaliere con l’imprenditore Giampiero Tarantini emerse il ruolo organizzativo e “logistico” della futura senatrice per le serate a Villa Certosa.
Lo stesso presidente di Fi diceva: «Lei è qui a farmi da segretaria». Ma la voce della stessa Ronzulli risultò registrata mentre, al telefono con Nicole Minetti, si dava da fare per le feste del 2010, quelle del bunga bunga ad Arcore e non più in Sardegna. In ogni caso, dapprima negò di essere mai stata da Berlusconi a Villa Certosa per i festini dell’estate 2008, poi ammise di esserci andata sempre in compagnia del marito e di aver soltanto aiutato il Cavaliere ad accogliere gli invitati importanti. Ai giudici, sotto giuramento, raccontò invece la versione delle mere «cene eleganti», rischiò di essere indagata per falsa testimonianza, ma poi venne appunto archiviata.
È stata dirigente all’Irccs Galeazzi di Milano e nel cda di Fiera Milano
Insomma, Ronzulli è una che sa cosa vuole e sa come ottenerlo. Veloce, intuitiva: ha scalato le gerarchie e ha preso definitivamente il posto della Rossi nel 2016, quando Berlusconi recuperò dopo un delicato intervento chirurgico al cuore.
Tuttavia, si era resa già molto utile sin dal 2009, dopo il famoso incidente della statuina del Duomo scagliata in faccia all’ex premier. Nel suo passato professionale da segnalare un ruolo da dirigente all’Irccs Galeazzi di Milano, una poltrona da vicepresidente e consigliere indipendente nel consiglio di amministrazione di Fiera Milano e l’impegno da volontaria per i bambini del Bangladesh. Girò voce fosse stata anche la fisioterapista di Berlusconi, ma lei smentì seccamente. Ora è pronta a giurare da ministra: dalle cene eleganti al ricevimento al Quirinale è un bel salto, non c’è che dire.
(da tag43.it)
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