Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
LE FAMIGLIE SONO ALLE PRESE CON LE BOLLETTE ALLE STELLE E LE PRIME DUE PRIORITÀ DEL GOVERNO MELONI SONO IL TETTO DEI CONTANTI E IL LIBERI TUTTI PER I NO-VAX
Non si può dire che le due prime «priorità» del governo siano state scelte con oculatezza. È difficile spiegare che il tema dell’aumento del tetto dei contanti sia uno degli argomenti in cima ai pensieri dell’opinione pubblica. Il modo in cui la Lega lo ha agitato, risucchiando nella polemica la premier Giorgia Meloni, rappresenta probabilmente un assaggio di quanto può accadere. E pazienza se si delinea un compromesso che dimezza le cifre iniziali. È comunque un segno di confusione.
La seconda «priorità» riguarda l’attacco arrivato dal governo di destra-centro al modo in cui è stata gestita la pandemia del Covid. L’ipotesi di creare una commissione d’inchiesta per capire che cosa sia successo sembra fatta per colpire gli avversari politici. Ma c’è da dubitare, visti i precedenti di gran parte di organismi parlamentari del genere, che produca una verità.
Dire tra l’altro che la gestione è stata un disastro potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Intanto, una delle emergenze più tragiche, in fatto di contagi, si è verificata in Regioni a guida del centrodestra come la Lombardia. Puntare il dito contro la «limitazione delle libertà fondamentali» per combattere la pandemia rischia di tirare addosso alla nuova maggioranza l’accusa di strizzare l’occhio ai movimenti che si sono opposti alle vaccinazioni.
Oltretutto, è un tema che divide sia le opposizioni, sia la coalizione guidata da Meloni: anche perché non esiste certezza che l’infezione sia vinta del tutto. Un vicepresidente della Camera, il berlusconiano Giorgio Mulé, redarguisce il neo ministro della Sanità che vuole cancellare le multe agli ultracinquantenni contrari a farsi vaccinare. «Amnistia, non amnesia», precisa. Sebbene appoggi l’idea di non pubblicare più bollettini considerati ansiogeni, Mulé puntella le sue riserve con le parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella.
«Come ha ricordato Mattarella, è solo grazie ai vaccini se si sono evitati migliaia di morti in più». Ma il presidente della Repubblica è andato oltre, raccomandando «responsabilità e precauzione» per proteggere «i più fragili e i più anziani». Il pericolo di deviare l’attenzione dalle vere questioni dirimenti, e di essere tentati dalla propaganda, insomma, è palpabile.
Eppure, tra pochi giorni Meloni sarà a Bruxelles per discutere con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, le prospettive del piano per la ripresa. Anche su questo, il tentativo di alleati come la Lega di insistere su uno scostamento del bilancio può complicare il negoziato. Non ci sono margini e la premier l’ha già ribadito. E ieri ha chiamato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per confermagli l’appoggio totale dell’Italia. Ma i distinguo sono in agguato.
(da Il Corriere della Sera)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
LA LEGGE DI BILANCIO VARRÀ PIÙ DI 20 MILIARDI DI EURO, MA IL GROSSO SERVIRÀ PER COMBATTERE L’INFLAZIONE, LA MINA DELLE PENSIONI DA DISINNESCARE
Un po’ più di spesa. Un po’ di tagli, soprattutto ai bonus edilizi. Molta prudenza sulle pensioni, una nuova tassa sugli extraprofitti delle aziende energetiche. C’è una donna che Giorgia Meloni a Palazzo Chigi non intende imitare: Liz Truss. La premier italiana non vuole far la fine della collega inglese, travolta dai mercati 44 giorni dopo aver varcato il portone di Downing Street.
Così, per evitare di alimentare le aspettative dei partiti e le fughe di notizie, ieri ha fatto trapelare quel che intende fare coi conti pubblici del terzo Paese più indebitato del mondo sviluppato. Il deficit l’anno prossimo salirà, ma di poco: dal 3,9 per cento ereditato dal governo Draghi al 4,5.
«Il limite massimo prima di entrare nella zona di rischio», commenta un grosso investitore internazionale. Nemmeno dieci miliardi di spesa aggiuntiva rispetto ai numeri del governo precedente, il minimo necessario a evitare la recessione. Il calendario lo ha deciso due giorni fa in una riunione con il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti e quello degli Affari europei Raffaele Fitto: entro una settimana presenterà la relazione al Parlamento su come intende spendere l’extradeficit di quest’ anno, a metà novembre il governo approverà un decreto per confermare gli sconti a famiglie e imprese, subito dopo ci sarà la bozza della legge Finanziaria, da approvare a tempo di record entro la fine dell’anno.
Per definire numeri più precisi la Meloni attenderà i dati Istat di fine mese, il 31. Lunedì ci sarà un consiglio dei ministri, ma avrà all’ordine del giorno una sola decisione: la nomina dei sottosegretari. Giovedì sarà a Bruxelles per incontrare chi comanda in Europa: le presidenti della Commissione e del Parlamento Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, subito dopo quello del Consiglio Charles Michel.
La gran parte delle risorse a disposizione – circa i due terzi – servirà a combattere l’inflazione. «Troveremo le risorse anche con una nuova e più efficace norma sugli extraprofitti e utilizzando l’extragettito» ereditato da Draghi, spiega a La Stampa il ministro dello Sviluppo Adolfo Urso. E’ un segnale della continuità con il governo Draghi: fu lui, ormai dimissionario, a lasciare a Meloni il compito di riscrivere una norma aggirata da molti colossi dell’energia.
«Una linea di comunicazione che abbiamo sempre voluto e non si è mai interrotta», ammette Urso. Meloni sarà costretta a prendere altre decisioni che Draghi non ha potuto o voluto prendere. La prima: tagliare la spesa per i bonus edilizi cari e al reddito di cittadinanza cari ai Cinque Stelle. La seconda: trovare un accordo con Matteo Salvini sulle pensioni
Senza una nuova norma, il primo gennaio tornerebbe in vigore la legge Fornero, che innalzerebbe immediatamente l’età pensionabile a 67 anni. Salvini è pronto alle barricate perché non accada, e così nei palazzi si sta studiando la soluzione meno costosa possibile. Una delle ipotesi è la conferma delle attuali regole (64 anni e 38 di contributi) ma con un correttivo: uno sconto contributivo per favorire la permanenza al lavoro dei sessantatreenni.
La manovra varrà certamente più di venti miliardi di euro, «il minimo necessario ad affrontare le conseguenze della guerra», ammette una fonte di governo.
Per Meloni il tema delle pensioni è il più scivoloso di tutti, perché su quello si gioca il giudizio degli investitori e la tranquillità dell’alleato leghista.
La decisione di due giorni fa della Banca centrale europea di innalzare i tassi di 75 punti base non lascia molto scampo: di qui in poi piazzare i titoli pubblici sui mercati sarà costoso come non avveniva da anni. Allo stesso tempo non può nemmeno dare agli italiani l’impressione di restare ferma a guardare l’arrivo della tempesta.
E così i tecnici stanno valutando altre spese anticicliche: la ripetizione del bonus da 150 euro concesso a novembre, un taglio dell’Iva su alcuni beni primari, una norma per evitare le conseguenze del mancato pagamento delle bollette a chi dimostrerà di non poter sostenere i maggiori costi, spesso triplicati da un anno all’altro. A Palazzo Chigi garantiscono anche che ci saranno le risorse per ritoccare ancora i contributi in busta paga delle imprese.
La decisione di non sbracare sul deficit costringerà in ogni caso alla Meloni di imporre qualche nuova tassa. La nuova imposta sugli extraprofitti è ancora ferma alle ipotesi di un mese fa: la trasformazione in un’addizionale Irap, oppure l’innalzamento dell’attuale modello di prelievo al 25 per cento.
Ci sarà anche una tassa verde per le grandi società di distribuzione (leggasi Amazon) che utilizzano mezzi inquinanti per la consegna della merce acquistata. Della proposta di legge per aumentare a diecimila euro il tetto all’uso dei contanti è rimasto già poco: nella migliore delle ipotesi salirà dagli attuali duemila a cinquemila.
(da La Stampa)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
TUTTI GLI UOMINI DEL “PRESIDENTE”
Diciamo la verità. L’avvio col botto della legislatura iniziata con il testacoda del centrodestra causa pizzini dell’ex capobranco e oggi novello Picconatore Silvio Berlusconi, ci avevano già convinti a disdire l’abbonamento a Netflix: gli esercizi da trapezista di Giorgia Meloni per mettere insieme la nuova squadra di governo sono la plastica certezza che il meglio deve ancora venire, che altri lampi illumineranno il futuro dopo l’Instagram quirinalizio di Anna Maria Bernini, neo ministra dell’Università che Adesso Giura! (du-du-du) sulle note di Ambra Angiolini.
E che Gennaro Sangiuliano designato alla Cultura dovrà sudare sette camicie per accreditare il nuovo corso di questa destra che al momento è la conferma conforme del già noto.
Se il piatto da portata non è il Futurismo, Gentile, Croce e Prezzolini da tenere insieme a Gramsci, ma la retorica del sovranismo anche alimentare in cui l’italica mela cotogna spernacchia l’ananàs – pardòn – l’ananasso.
Ma chi sono i campioni di Giorgia M.? Vecchi amici, parenti stretti, fidatissimi sodali: gli altri sono amici si fa per dire di B., ma non proprio quelli che avrebbe voluto e già il pensiero corre alle Mare Carfagna, alle Maria Stella Gelmini e ai Renato Brunetta un tempo fedelissimi al capo e poi illuminati sulla via di Mario Draghi.
E Matteo Salvini? Ha dovuto digerire il niet che gli ha precluso la strada del Viminale per via dei processi ancora pendenti da quando ne era stato inquilino, ma il contentino della casacca da vice a Palazzo Chigi lo vive già come una camicia di forza: si è già messo a fare il premier ombra ribadendo di riffa o di raffa che di migranti si occuperà lui e non il ministro dell’Interno vero, il prefetto Matteo Piantedosi e che sempre lui metterà bocca sui dossier economici più scottanti dalle pensioni alle tasse.
In compenso come ministro delle Infrastrutture Salvini ha già indicato come priorità il Ponte sullo stretto di Messina, per la gioia del senatùr Umberto Bossi che già pensa di farlo interdire.
L’altro ministro leghista Roberto Calderoli dopo essere stato trombato da Ignazio La Russa per la presidenza del Senato vorrebbe portare a casa almeno l’autonomia ché Zaia è una pentola a pressione, ma è marcato a vista dal ministro del Sud Nello Musumeci già governatore sicilianissimo.
Chi manca? C’è Eugenia Roccella la sanfedista (il copyright è di Marco Travaglio) promossa ministra della Famiglia e della natalità e le Pari opportunità ma non per tutti.
E in quota Lega, Alessandra Locatelli piazzata alla disabilità dopo essersi guadagnata la fama di “sceriffa” per gli attacchi a clochard, moschee e ong e Giuseppe Valditara designato ministro dell’Istruzione e come lei finito già nel tritacarne delle polemiche per i suoi scritti su sovranismo, immigrati e decadenza dell’impero romano.
Ci sono i tecnici d’area come Orazio Schillaci alla Sanità messo in squadra per evitare che Berlusconi potesse rivendicarla per le competenze della sua Licia Ronzulli un tempo caposala.
Eppoi ci sono i nostalgici mai pentiti e pure un monarchico, Antonio Tajani, piazzato agli Esteri: Emanuele Filiberto per non sbagliare, è tornato a reclamare i gioielli di Casa Savoia.
Fortuna che Tajani ha ben altre grane, primo tra tutti il suo Re Sole Silvio e i suoi rapporti di amorosi sensi con Vladimir Putin consumati a suon di lettere dolcissime e scambi alcolici – vodka e lambrusco sulla tratta Mosca Arcore – rivelati a ridosso della nomina del forzista alla Farnesina e che in un colpo hanno fatto imbizzarrire Washington-Nato-Bruxelles-Partito popolare europeo.
E che dire di Paolo Zangrillo? È stato ministro dell’Ambiente giusto il tempo di un amen, complice un errore di trascrizione della lista dei ministri squadernata da Giorgia Meloni che poi l’ha spedito alla Pubblica amministrazione assegnata inizialmente al commercialista Gilberto Pichetto Fratin. Che però pure lui ne capisce il giusto anzi niente, ma poco male: c’è già l’ex ministro Roberto Cingolani che il neopremier ha assunto pro bono come consulente.
A salvare la baracca della compagine forzista Maria Elisabetta Alberti Casellati che da seconda carica dello Stato, con ambizioni di diventare la prima, si è dovuta accontentare del ministero senza portafoglio alle Riforme. Dovendo cedere la Giustizia a Carlo Nordio che quest’estate, provocando un vespaio e qualche imbarazzo a Meloni, si era detto favorevole a ripristinare quell’immunità parlamentare abolita sull’onda di Mani Pulite.
Da ministro s’è già fatto più cauto: ha giurato che di piallare la legge Severino ora, mentre Berlusconi è sotto processo per il caso Ruby ter, non se ne parla. Vedremo, ma intanto il cuore di Silvio sanguina.
Anche perché il suo ritorno in Senato è stata una Caporetto: ha fatto a cazzotti con la Meloni tentando di sabotare l’elezione di Ignazio La Russa alla presidenza del Senato e ne è uscito malconcio grazie al soccorso dell’opposizione che lo ha votato “a sua insaputa” nonostante la lunga militanza missina e i busti duceschi.
Per marcare il terreno la Lega per la presidenza della Camera ha invece imposto Lorenzo Fontana ultracattolico filoputiniano e soprattutto uomo di fiducia di Matteo Salvini che invece si è visto imporre da Meloni al Mef Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio ma pure fidato ministro draghiano: una scelta quella della presidente del Consiglio che sa fare di necessità virtù, quasi obbligatoria intanto per ragioni di continuità, ma soprattutto per mancanza di grandi alternative dato il diniego di tecnici come Fabio Panetta di entrare a far parte di un governo più che di centrodestra di destracentro.
Dove a fare la parte del leone sono i ministri di Fratelli d’Italia oltre che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo che Meloni ha riservato al magistrato a lungo prestato alla politica, Alfredo Mantovano. In una delle caselle di maggior peso, data l’attribuzione del dossier Pnrr, Raffaele Fitto che attende che la Cassazione si pronunci sull’accusa di falso ideologico che gli è valsa la condanna a risarcire il danno morale provocato alla regione Puglia di cui un tempo fu presidente. Altri sono inseguiti dall’ombra del conflitto di interessi che è aleggiato sul neoministro dello Sviluppo inizialmente in predicato di assumere l’incarico alla Difesa, Adolfo Urso per via delle consulenze alle aziende in affari con Teheran della società oggi ceduta al figlio su cui era stato già messo sulla graticola all’epoca della sua nomina alla guida del Copasir, il comitato sulla sicurezza della Repubblica.
Guido Crosetto designato alla Difesa per allontanare ogni sospetto ha messo in liquidazione le società e dismesso gli incarichi cercando di recidere i solidi legami con l’industria delle armi e dell’aerospazio. Pure la regina del Twiga Daniela Santanchè, nuovo ministro del Turismo, è già un caso per via delle deleghe alle concessioni balneari che potrebbero riguardare anche lo stabilimento balneare a Marina di Pietrasanta in cui è in affari con Flavio Briatore. Per finire con la titolare del Lavoro, la tecnica d’area Marina Calderone: il 21 ottobre Rosario De Luca ha lasciato il cda dell’Inps, istituto vigilato dal ministero ora guidato da sua moglie già presidente del Consiglio dell’ordine dei consulenti del Lavoro.
Francesco Lollobrigida, come stranoto cognato di Giorgia Meloni è invece stato nominato ministro alla Sovranità alimentare
Quanto che la promozione del cognato, nipote della Lollo nazionale si è resa necessaria per via dei «delicati equilibri» con gli alleati. Esattamente come accaduto per Luca Ciriani, reclutato in corsa per la casella delicatissima dei rapporti per il Parlamento, su cui M. si è voluta blindare.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
VIETATO DISSENTIRE DAL REGIME
È stata dichiarata un “agente straniero” Natalia Sindeva, la direttrice generale di Dojd, uno dei pochi media indipendenti russi, che già da mesi viveva in esilio.
Sono stati denunciati anche altri due giornalisti del gruppo. I nomi di Natalia Sindeeva, Vladimir Romenskii e Ekaterina Kotrikadze compaiono nell’elenco aggiornato delle personalità classificate come «agenti stranieri» pubblicato dal Ministero della Giustizia russo. La loro inclusione nella lista è ufficialmente giustificata dall«esercizio di attività politiche».
Critico nei confronti del Cremlino, Dojd (pioggia in russo) è stato bloccato all’inizio di marzo in seguito all’offensiva russa in Ucraina, ampiamente condannata dai suoi giornalisti.
Da allora Dojd trasmette in esilio dalla Lettonia, Paese confinante con la Russia che ha ospitato diversi media russi liberi. Secondo l’elenco pubblicato venerdì dal ministero della Giustizia russo, anche gli avvocati Mikhail Beniach e lo youtuber Ivan Yakovina sono stati dichiarati «agenti stranieri».
Dall’inizio dell’offensiva in Ucraina, la Russia ha registrato un giro di vite senza precedenti. Le autorità hanno introdotto una legge che prevede fino a 15 anni di carcere per qualsiasi pubblicazione di informazioni sull’esercito che le autorità ritengono false.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
UNA SPIRALE CHE RISCHIA DI FRENARE I CONSUMI E CAUSARE UNO CHOC ALL’ECONOMIA: AD OTTOBRE IL CARRELLO DELLA SPESA È PIÙ CARO DEL 12,7%
Ad ottobre il carrello della spesa diventa più caro del 12,7%, ai massimi dal 1983. Lo rivela l’Istituto nazionale di statistica che, nello stesso mese, registra un incremento dell’inflazione dell’11,9% su base annua, ai massimi dal 1984. Su base mensile, invece, l’incremento si ferma al 3,5%. Ad alimentare la fiammata dei prezzi sono i prodotti energetici con un boom del 73% su base annua e del 51% rispetto al mese di settembre.
Ma si spende di più per la casa, l’abbigliamento, i mobili, i trasporti. E naturalmente per i beni alimentari (+13,5% rispetto allo stesso periodo di un anno fa e un +8,6% ad ottobre). Cosi l’inflazione acquisita per il 2022 si attesta a +8,0% per l’indice generale e a +3,7% per la componente di fondo.
Più cari tutti i prodotti alimentari con un aumento dei prezzi su base annua del 13,8%. I rincari più consistenti sono stati registrati da riso (+30,6%), farina e altri cereali (+23,7%). In forte aumento anche oli e grassi (+22.7%) e le verdure (203%). Il prezzo di latte, uova e formaggi aumenta del 16,2%, quello della carne del 1°,2%, mentre il costo del pesce e dei prodotti ittici segna un +9,8%.
Aumenta anche la frutta (+6.6%), lo zucchero, confetture, miele e cioccolato (+12,3%) e le acque minerali, le bevande analcoliche. i succhi di frutta e verdura (+12,9%). Per bevande alcoliche e tabacchi, il rincaro è stato invece meno consistente (+2,3%). «Sono per lo più i beni energetici, sia quelli regolamentati sia quelli non regolamentati, a spiegare la straordinaria accelerazione dell’inflazione di ottobre – ha commentato Istat – con i prezzi dei Beni alimentari (sia lavorati sia non lavorati) che continuano anch’essi ad accelerare, in un quadro di tensioni inflazionistiche che attraversano quasi tutti i comparti merceologici; frenano solo i Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona +12,7%.
E’ necessario risalire a giugno 1983 (quando registrarono una variazione tendenziale del +13,0%) per trovare una crescita deí prezzi del carrello della spesa, su base annua, superiore a quella di ottobre e a marzo 1984 per un tendenziale dell’indice generale Nic pari a +11,9%».
Sul fronte dell’inflazione, si passa di male in peggio, con i prezzi che ad ottobre continuano l’allarmante corsa al rialzo raggiungendo un nuovo record dal 1984» hanno spiegato dal Codacons. Per l’associazione dei consumatori l’inflazione è una stangata record per le tasche degli italiani, con un aumento medio della spesa per fami-glia da 3.655 euro lo per gli alimentari (+133% ad ottobre. su base annua) un nucleo si ritrova a spendere in media +752 euro su base annua» hanno precisato gli esperti del Codacons.
«Il governo deve intervenire immediatamente», ha dichiarato Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. «Non si può attendere il varo della manovra per aiutare le famiglie. Urge un provvedimento retroattivo sulle bollette della luce di questo trimestre. ad esempio annullando l’Iva del 10%, serve aumentare subito il reddito disponibile di chi guadagna meno di 35 mila euro come ha fatto Draghi con il bonus di 200 euro, ma, vista l’inflazione di oggi, quadruplicando l’importo a 800 euro.
Vanno anche detassate tutte le tredicesime, se non si vuole un Natale in bianco», ha concluso Dona. Di opinione analoga anche Assoutenti, sia pure con stime sugli aumenti di spesa più contenuti rispetto al Codacons: «II dato più terrificante e senza dubbio quello sugli alimentari, i cui prezzi ad ottobre aumentano del 13,5% – spiega il presidente Furio Truzzi – Questo significa che una fa-miglia con due figli solo per mangiare si ritrova a spendere 1.011 euro in più su base annua a causa dei rincari registrati nel comparto».
Intanto l’Istat certifica che i salari sono fermi: fra gennaio e settembre, la retribuzione oraria media è cresciuta di appena l’1%. Si tratta dell’aumento più consistente rispetto a quello registrato nello stesso periodo 2021 (0,6%). L’aumento tendenziale è stato dell’1,5% per i dipendenti dell’industria, dello 0.6% per i servizi privati e dell’ 1,5% per i lavoratori della Pubblica amministra-zione.
Gli aumenti tendenziali più consistenti sono stati quelli dei ministeri (+9„3%), delle farmacie private (+3,9%) e dei Militari-Difesa (+3,8%). Praticamente zero incrementi per il commercio, credito e assicurazioni, energia e petroli ed energia elettrica e gas.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
IL LIBERI TUTTI SUL COVID, LE LITI PER LE STANZE E PER LE POLTRONE E IL TETTO DEL CONTANTE SONO SOLO L’INIZIO… A BREVE PARTIRÀ L’ASSALTO ALLA DILIGENZA DI LEGA E FORZA ITALIA
Non è solo il ruolo, anche la stanza fa status. E allora quali saranno le stanze dei vice premier a palazzo Chigi? Perché all’ombra della contesa sui posti di viceministro e sottosegretario, rischia di consumarsi un braccio di ferro sulla collocazione di Salvini e Tajani nello storico edificio di piazza Colonna. La struttura di FdI – poco prima che Meloni assumesse l’incarico – si era occupata della logistica, immaginando di riservare alla presidente del Consiglio e al suo staff l’intero piano nobile di Palazzo Chigi.
Ma anche i vicepremier hanno diritto ad avere spazi adeguati per le loro squadre, che comprendono persino un capo di gabinetto aggiuntivo, come prescrive la legge. È da vedere come si sistemeranno.
In ogni caso la dislocazione ha una valenza politica, se è vero che ai suoi tempi Bossi disse a Berlusconi di volere l’ufficio «accanto a quello di Gianni Letta».
La vertenza sulle stanze del potere si aggiunge a quella sulle poltrone da distribuire nel governo e in Parlamento.
La trattativa è la causa delle fibrillazioni nell’alleanza, dove – per dirla con uno dei leader – «qualunque tema viene usato per divaricarsi»: sono tensioni destinate a scemare a breve con il meccanismo delle compensazioni.
Piuttosto sarà sui nodi programmatici che si misurerà la compattezza della maggioranza. E già si notano le prime faglie, anche all’interno dei partiti. La gestione del Covid ha fatto emergere la distanza tra Meloni (e Salvini) e quel pezzo di Forza Italia (da Ronzulli a Mulè) che già nella fase acuta della pandemia appoggiò la scelta del green pass.
Condivisa dai centristi.
E come sul virus, anche sul tetto massimo del contante si registrano delle differenze, per quanto il tema abbia sempre unito il centrodestra. La misura anticipata dalla premier è un segnale rivolto ai lavoratori autonomi e alle partite Iva, perché – come spiega un ministro – in vista di una Finanziaria senza margini di scostamento e in attesa di sbloccare i fondi europei, «non possiamo restare ancorati alle logiche dei governi di sinistra.
Piuttosto non dovremo commettere errori sui conti pubblici, per non provocare la reazione dell’Europa e dei mercati». Solo che l’annuncio da parte della Lega ha provocato l’altro ieri un contrasto (il primo) tra Salvini e Giorgetti: è vero che i due ne avevano parlato durante la riunione di partito il giorno prima, ma il ministro dell’Economia non era stato informato della presentazione della proposta in Parlamento.Ed è rimasto spiazzato.
Proprio le iniziative del capo del Carroccio sono monitorate dai fedelissimi di Meloni, che osservano la «ricerca spasmodica di visibilità» dell’alleato. Ieri Salvini ha parlato del ponte sullo Stretto come fosse pronto a farlo, e soprattutto il ministro Calderoli ha accelerato sulla riforma dell’Autonomia: una «tempistica velocizzata», anche troppo secondo FdI, visto il «dossier complesso».
Un punto che preoccupa invece i centristi è l’approccio della premier alla modifica del reddito di cittadinanza, su cui Meloni si trova al fianco persino il governatore campano pd De Luca, favorevole anche all’innalzamento del tetto del contante. Ma la riforma del reddito – secondo Noi moderati – deve essere accompagnata dall’apertura di cantieri, «sennò ci ritroveremo la gente in piazza».
Mentre sui progetti a medio-lungo termine ci sarà tempo di discutere, sul terzo decreto Aiuti bisognerà fare in fretta. Per evitare fughe in avanti in Parlamento, è stato chiesto ai gruppi di maggioranza di non presentare emendamenti in attesa di quelli del governo. E non è ancora arrivata la Finanziaria: «Sarà un problema», sospirano nell’esecutivo.
Ma l’assalto alla diligenza sarebbe inutile: non c’è un euro e chi ci proverà dovrà fare i conti con il ferreo controllo di Palazzo Chigi. Che secondo il disegno centralistico di Meloni avrà anche su questa materia un ruolo di regia: è già stata indicativa la scelta dell’esperto di finanza pubblica Gaetano Caputi – ex «Tremonti boy» – come capo di gabinetto. Così il primato della premier si estenderebbe dalle stanze di piazza Colonna fino a quelle di via XX Settembre. D’altronde – secondo un suo ministro – «l’Economia ha una visione ragionieristica, mentre tocca a palazzo Chigi avere una visione politica». Ecco la novità del governo figlio delle urne.
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
IN AMERICA PRIMA O POI CI SCAPPA IL MORTO
«Non sarei sorpresa se prima delle elezioni si arrivasse all’assassinio di un deputato o di un senatore: siamo passati dalle minacce telefoniche alla violenza fisica».
Qualche giorno fa l’ennesimo allarme per il clima di violenza politica ormai diffuso negli Stati Uniti è venuto dalla senatrice repubblicana Susan Collins dopo che finestre della sua casa nella tranquilla Bangor, una cittadina del Maine, erano state sfondate a sassate da vandali politici.
A Seattle, davanti all’abitazione di Pramila Jayapal, la parlamentare che presiede il caucus dei deputati della sinistra liberal, si è presentato un uomo che, ostentando armi da guerra, ha urlato insulti e minacce. E Alexandria Ocasio Cortez, bandiera della sinistra radicale, bersagliata da minacce di tutti i tipi, ha dovuto fare ricorso a una scorta che la segue 24 ore su 24 e spesso dorme in luoghi diversi.
Il marito di Nancy Pelosi preso a martellate nell’abitazione della speaker della Camera, a San Francisco, è solo l’ultimo – e più clamoroso – spruzzo di un’onda che cresce da tempo. Ad attaccare, come nelle stragi scolastiche, sono spesso persone ossessionate, fuori di testa. Ma il problema è il clima che si è creato e che le spinge ad agire.
I sondaggi dicono che l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, anziché funzionare da choc salutare per la democrazia Usa, con gli americani che, arrivati sull’orlo del baratro, vedono i rischi e si ritraggono, ha aumentato la sfiducia nelle istituzioni di molti cittadini e «normalizzato» il ricorso alla violenza politica.
Contro tutte le evidenze, certificate da funzionari degli Stati e da magistrati in gran parte conservatori, Donald Trump è riuscito a convincere la maggioranza dei repubblicani che le elezioni del 2020 sono state truccate: alla Casa Bianca c’è un usurpatore.
Da qui le minacce di violenza politica – sempre presenti in un Paese che ha ucciso presidenti e leader delle lotte per i diritti civili, ma da tempo ridotte a fattore marginale – sono diventate allarme quotidiano su due fronti. Il primo è quello dei politici sotto tiro: la polizia di Capitol Hill, responsabile per la sicurezza del Congresso, nel 2021 ha ricevuto quasi diecimila denunce di minacce ai parlamentari, dieci volte quelle dell’anno prima.
E nel 2022 non va meglio.
Molti deputati e senatori vengono scortati quando girano per Washington o vanno all’aeroporto, ma è difficile proteggerli nelle loro case sparpagliate nei quartieri residenziali di città in ogni angolo d’America. Tanto più che in molti Stati è lecito andare in giro (e anche manifestare davanti alla casa di un politico) mostrando le proprie armi semiautomatiche.
I fattori che spingono verso la violenza sono tanti ma è innegabile che il principale sia la retorica incendiaria di Trump, non solo con la diffusione della bugia delle elezioni rubate, ma anche con minacce specifiche: un mese fa, attaccando il capo dei senatori repubblicani Mitch McConnell che aveva approvato un provvedimento economico contro il suo parere, l’ex presidente ha scritto, a caratteri cubitali sulla sua piattaforma Truth Social che McConnell ha un DEATH WISH , un desiderio di morte. Il secondo fronte, meno visibile perché polverizzato a livello locale ma forse ancor più allarmante, è quello delle minacce a scrutatori e responsabili dei sistemi elettorali dei singoli distretti e alle loro famiglie.
Nella sola Pennsylvania i capi degli uffici elettorali di 50 delle 67 contee si sono dimessi per le minacce ricevute. I rischi per il sistema elettorale americano nel voto di mid-term dell’8 novembre, ma soprattutto nelle presidenziali 2024, sono evidenti. Sindaci, polizie locali e Fbi hanno lanciato innumerevoli allarmi.
Secondo un recente ed esteso sondaggio della University of California (novemila interviste in tutti gli Stati dell’Unione) il 20 per cento degli americani considera la violenza politica giustificata se cambia le cose. Interessante, qui, la motivazione: violenza ammessa se consente di «difendere lo stile di vita americano basato sulle tradizioni dell’Europa occidentale». Per quasi 60 milioni di adulti americani, insomma, la difesa dell’American way of life viene anche prima della difesa della democrazia.
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
“LA VERA EMERGENZA E’ LA CAMPAGNA VACCINALE: BISOGNA INCREMENTARLA”
Dopo la presa di posizione del presidente dell’Ordine dei medici, Filippo Anelli, anche Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed (il principale sindacato dei medici ospedalieri, ndr) invita alla cautela sul Coronavirus, e a non abbandonare in tronco l’uso delle mascherine Ffp2 soprattutto negli ospedali e nelle Rsa.
«L’epidemia da Covid-19 non è finita, anche se al momento la pressione ospedaliera è sotto controllo. Per questo, abbassare la guardia, ipotizzando di abolire l’obbligo delle mascherine negli ospedali sarebbe un rischio che non possiamo correre, anche perché proprio negli ospedali ci sono i soggetti più fragili e più a rischio», ha spiegato Di Silverio.
E il segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri lancia invece un richiamo: «Non vorremmo rischiare di tornare potenziali untori seppur inconsapevoli. La vera emergenza è la campagna vaccinale: bisogna incrementarla».
E anche Andrea Bottega, segretario nazionale del sindacato degli infermieri Nursind, è della stessa idea del presidente dell’Ordine dei Medici Anelli e del segretario di Anaao. «La mascherina è uno dei presidi principali e fondamentali per contrastare la diffusione del virus Sars-CoV-2, ovviamente insieme alla vaccinazione», ha dichiarato Bottega. «Penso che possano essere eliminate le restrizioni per i medici non vaccinati e rispetto anche a una revisione della quarantena, però – precisa il segretario di Nusind – le mascherine e le vaccinazioni hanno un ruolo cruciale e siamo contrari fermamente a eliminare l’obbligo di mascherine negli ospedale e Rsa». E il segretario di Nursind conclude: «Come infermieri daremo indicazioni a continuare a usare le mascherine negli ospedali».
(da agenzie)
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Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile
COLORO CHE HANNO FATTO REGOLARMENTE TUTTE LE DOSI DI VACCINO, MAGARI PRENDENDOSI ANCHE IL VIRUS, RIVENDICANO IL LORO DIRITTO DI NON ENTRARE IN CONTATTO CON CHI IL VACCINO NON L’HA FATTO
L’alt di Mattarella alla svolta del governo in materia di Covid configura, se non proprio uno scontro, una prima dichiarata divergenza tra il Quirinale e Palazzo Chigi.
E anche tra Meloni e Forza Italia, che ha preso le distanze. Il ministro della Sanità, che ha cancellato tutte le precauzioni, anche negli ospedali, ha agito sicuramente in accordo con Meloni.
E la piena libertà per i No Vax, compreso l’annullamento delle multe, è una promessa mantenuta di Fratelli d’Italia e Lega verso coloro che subirono il Green Pass come emarginazione.
Siccome il «liberi tutti» deciso da Schillaci si porta dietro una sorta di criminalizzazione degli scienziati che indussero il governo alla cautela, il Capo dello Stato è intervenuto per evitare che la scelta di accelerare la completa normalizzazione nell’epoca post-Covid diffonda l’idea che tutto quel che è stato fatto in passato sia stato un errore, perdipiù consapevole.
Ma mentre il ritorno alla normalità a questo punto è condivisibile, nel momento in cui l’infezione, pur avendo ancora alti tassi di diffusione, non è quasi più letale (lo è in un numero limitato di casi, più o meno come l’influenza), quel che il Capo dello Stato ha cercato di frenare è l’ipotesi di un completo capovolgimento del quadro.
Ammesso e non concesso che i No Vax abbiano subito un’emarginazione ingiustificata, o non sempre giustificata, resta da capire cosa intenda fare il governo per coloro che hanno fatto regolarmente tutte le dosi di vaccino, magari prendendosi anche il virus, seppure in forma lieve, e rivendichino il loro diritto di non entrare in contatto con chi il vaccino non l’ha fatto, lo ha rifiutato e ha trasformato il proprio rifiuto in un caso politico.
Si tratta, a ben vedere, di contemperare il diritto di una maggioranza con quello di una minoranza. Oltre che di scoraggiare la campagna stagionale di vaccinazione alla quale, in presenza del cambio di atteggiamento del governo, molti saranno spinti a non aderire. Insomma una questione complessa, su cui Meloni avrebbe fatto bene a riflettere prima di dare il via alla svolta, per accontentare quella parte dell’elettorato No Vax che si era riconosciuta in lei e Salvini. E dall’indomani del 25 settembre si aspettava la frettolosa «riabilitazione» decisa da Schillaci.
(da La Stampa)
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