Destra di Popolo.net

LA RUSSIA STA DEPREDANDO GLI OSPEDALI DI CHERSON

Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile

I VEICOLI DELLE TRUPPE DI MOSCA SPARISCONO DALL’AEROPORTO

I russi starebbero depredando gli ospedali della regione occupata di Cherson. Lo denuncia il report del mattino dello Stato Maggiore delle forze armate ucraine, come riferisce Unian.
Attrezzature mediche e medicinali, secondo il report, stanno venendo portati via dalle strutture sanitarie. «Ai medici che si rifiutano di essere evacuati è vietato entrare negli ospedali, anche per prendere i loro effetti personali», prosegue lo Stato Maggiore, aggiungendo che nella località di Beryslav gli occupanti lasciano le uniformi e indossano abiti civili trasferendosi in abitazioni private.
Non è l’unico aggiornamento che proviene dal territorio: tutti i veicoli delle truppe russe all’aeroporto internazionale di Chornobayivka sarebbero stati rimossi. Lo denuncia il ricercatore tecnologico di Osint Tim Ehart, pubblicando le immagini satellitari: l’equipaggiamento russo non appare più.
In quella che è stata tra le prime località a cadere sotto il controllo russo dopo l’inizio della guerra, l’evacuazione dei civili sarebbe completata. Lo hanno annunciato le forze dell’ordine russe. Nelle ultime settimane, hanno sollecitato i residenti di Cherson a oltrepassare il fiume Dniepr per avvicinarsi al sud della Russia. In una settimana, almeno 70 mila persone avrebbero lasciato le loro case. Nel frattempo, le forze ucraine si stanno avvicinando da est e sud.
(da agenzie)

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IL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEI MEDICI E LE NUOVE NORMATIVE COVID: “SU MASCHERINE E MEDICI NO VAX DECIDEREMO NOI”

Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile

“LA PANDEMIA NON E’ FINITA”

Assieme ai ministri, cambiano le norme in materia di Coronavirus. Il ministero della Salute, adesso guidato da Orazio Schillaci, starebbe già lavorando su modifiche significative alla prassi per gestire (o prevenire) il contagio, dal reintegro dei medici No Vax all’abolizione dell’obbligo di mascherina in ospedali ed Rsa, passando per l’interruzione del bollettino quotidiano sull’andamento della pandemia.
Modifiche che non sembrano spaventare il presidente dell‘Ordine dei medici, Filippo Anelli: «Era giusto mandare un messaggio di ritorno alla normalità», esordisce in un’intervista rilasciata alla Stampa. «Ma», aggiunge, «questo non significa che ognuno potrà fare come gli pare. Perché i direttori delle Asl e i medici del lavoro potranno adottare caso per caso le misure di sicurezza».
«La pandemia non è ancora finita»
Non bisogna infatti commettere l’errore di pensare, prosegue, «che la pandemia sia finita e che ognuno può fare quello che vuole». Anelli ricorda anche che «presidi di tutela della salute pubblica, come le mascherine o l’obbligo di vaccinazione, possono essere adottati dai dg delle Asl e dai medici del lavoro competenti caso per caso. Così come previsto dalla legge 81 del 2008». E non si dice spaventato per il ritorno dei medici non vaccinati. Con la mascherina Ffp2 e i dovuti accorgimenti, ritiene che possano avvicinarsi anche ai pazienti a rischio.
Per ridurre le liste d’attesa occorrono più risorse
Rispetto alle mascherine, però, puntualizza che nonostante indossarle non sarà più obbligatorio, rimane «fortemente raccomandato». Specialmente nelle Rsa e nei reparti di oncologia. «Per accelerare il ritorno alla normalità finisce la fase delle regole decise per tutti a livello centrale, che nelle singole strutture i dirigenti e i medici del lavoro potranno però continuare a far rispettare. E sono certo che nella maggioranza dei casi così sarà». Soprattutto, prosegue, «mi auguro solo che non essendoci più una regola nazionale nessuno si senta in diritto di infrangere le regole che verranno adottate nelle singole strutture o reparti».
Rispetto all’indicazione prioritaria, da parte di Schillaci e Mattarella, di tagliare le liste d’attesa allungatesi con il Covid, Anelli ricorda che ci sarebbe bisogno di «più risorse dei 500 milioni messi in campo dal precedente esecutivo. Facendo accordi con i medici pubblici e il privato convenzionato per implementare l’offerta di prestazioni». Ma, conclude, «occorre fare presto»: «stiamo vedendo prime diagnosi infauste di cancro come non ne avevamo mai viste».
(da agenzie)

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GLI ITALIANI SONO SALITI SUL CARRO DELLA MELONI. MA TRA QUANTO SCENDERANNO?

Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile

SONDAGGIO IPSOS-PAGNONCELLI: FDI SFIORA IL 30%. AL 18,8%, IL M5S AL 16%. FORZA ITALIA SCENDE AL 6,1%, LA LEGA ALL’8%

Gli ultimi due anni e mezzo sono stati all’insegna di un diffuso senso di concordia favorito prima dall’emergenza sanitaria e poi dal governo di (quasi) unità nazionale che hanno contribuito ad attenuare la conflittualità politica e a garantire la pace sociale.
La campagna elettorale e il voto del 25 settembre hanno posto fine a questo clima, sancendo il ritorno ad una accesa contrapposizione tra i partiti e gli elettorati in uno scenario che è diventato quadripolare. Non stupisce quindi che le opinioni sul nuovo governo e su Giorgia Meloni siano meno trasversali e più polarizzate rispetto a quelle riguardanti il suo predecessore e il governo uscente.
I giudizi positivi prevalgono di poco su quelli negativi per il neonato esecutivo (42% contro 40%) e in misura superiore per la premier (44% contro 38%); l’indice di gradimento – calcolato come sempre mettendo in relazione le valutazioni positive e quelle negative, escludendo coloro che non esprimono un giudizio – risulta pari a 51 per il governo e a 54 per la presidente del Consiglio (il sondaggio è stato condotto dopo il suo discorso programmatico alle Camere).
Sono dati che denotano un’apertura di credito anche da parte di una quota minoritaria ma non trascurabile di elettori che non hanno votato per i partiti della maggioranza.
Il fattore astensione
Bisogna tener conto, infatti, che il centrodestra si è imposto con il 43,8% dei consensi (12,3 milioni di elettori) ma, tenuto conto del livello-record di astensione (16,7 milioni di elettori hanno disertato le urne e a questi si sommano 1,3 milioni di schede bianche o nulle) e dei voti ottenuti dai partiti dell’opposizione, la coalizione vincente rappresenta il 26,7% del totale degli elettori.
In altri termini: la maggioranza nelle urne è minoranza nel Paese. In questo contesto non era affatto scontato per Meloni ottenere un giudizio positivo dal 23% degli elettori del centrosinistra, dal 27% dei pentastellati e dal 29% degli astensionisti, il che fa salire il suo gradimento ben oltre il livello del bacino elettorale della coalizione vincente.
A Palazzo Chigi
Rispetto ai premier precedenti, Giorgia Meloni ottiene valori sostanzialmente in linea con chi ha guidato esecutivi molto caratterizzati politicamente (Prodi II, Berlusconi IV, Conte II) ma inferiori nel confronto con i presidenti dal profilo tecnico/istituzionale (Monti e Draghi) e con coloro che hanno guidato esecutivi di (più o meno) larghe intese (Letta e Renzi).
A fronte dell’apertura di credito, tuttavia, i giudizi sulla squadra di governo sono più negativi (42%) che positivi (38%), presumibilmente per la presenza di 11 ministri che avevano già fatto parte di precedenti esecutivi di centrodestra. Da notare che tra gli elettori di Fratelli d’Italia il 20% si esprime negativamente e tra quelli degli alleati il dissenso sale al 23%, a conferma del fatto che la scelta di chi mettere a capo dei dicasteri non è mai indolore e provoca diversi malumori tra gli alleati.
I pronostici§Quanto i pronostici sull’azione del governo, il sondaggio fa emergere luci e ombre, infatti considerando otto diverse aree di intervento, per due di queste la previsione è di un miglioramento (controllo dell’immigrazione e politiche fiscali), per altre due gli ottimisti e i pessimisti di dividono a metà (ripresa economica/tenuta del Pil e rapporto dell’Italia con l’Unione Europea) e per le altre quattro prevalgono coloro che si aspettano un peggioramento (politiche ambientali, coesione e pace sociale, riduzione delle diseguaglianze e sostegno alle fasce sociali più deboli, rafforzamento dei diritti civili)
Da notare che su quasi tutti i temi presi in esame, all’incirca uno su cinque sospende il giudizio in attesa di vedere i risultati e una quota analoga mostra disincanto, nella convinzione che le cose rimarranno invariate.
I pronostici sulla durata del governo sono senza dubbio influenzati dalle tensioni all’interno della maggioranza che si sono manifestate in occasione dell’elezione del presidente del Senato e della scelta dei ministri: un italiano su quattro (27%) prevede che l’esecutivo durerà per l’intera legislatura, il 10% per tre o quattro anni, il 20% per un paio d’anni mentre il 18% ritiene che avrà vita breve.
I partiti e i leader
Da ultimo gli orientamenti di voto e il gradimento dei leader. Il risultato elettorale ha confermato il famoso aforisma di Ennio Flaiano secondo il quale «gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso dei vincitori»: FdI vede aumentare di 3,8 punti il consenso rispetto al risultato ottenuto nelle urne, sfiorando il 30%; a seguire il Pd con il 18,8% (in flessione di 0,3%), il M5S con il 16% (+0,6%), la Lega con l’8% e il Terzo polo con il 7,1% (entrami in flessione di qualche decimale), quindi Forza Italia che fa registrare il calo più rilevante (perde 2 punti) attestandosi al 6,1%.
Nel complesso il centrodestra grazie alla crescita di FdI e, in misura minore, di Noi moderati (+0,2), aumenta di 1,2% passando dal 43,8% al 45% ed incrementando il vantaggio sul centrosinistra che cala di 0,7% (da 26,1% a 25,4%).
Tra i leader, escludendo Giorgia Meloni che nel nuovo ruolo ha visto aumentare il gradimento di quasi 20 punti rispetto a fine luglio, si registra una forte crescita dell’apprezzamento per Conte (+5), che guida la graduatoria, e Lupi (+3), mentre Letta fa segnare il calo più significativo (-7) seguito da Berlusconi e Calenda (entrambi -5) e Fratoianni (-3).
La «luna di miele»
In un contesto caratterizzato da un’opposizione assai divisa, l’aumento del consenso per il centrodestra e per Giorgia Meloni denota la forte aspettativa di porre rimedio a problemi complessi e urgenti, a partire da quelli economici (inflazione e costo dell’energia in primis ) e sociali (diseguaglianze crescenti e rischio povertà) che hanno determinato una crescente domanda di protezione da parte di famiglie e imprese in difficoltà.
Ci si chiede quanto durerà la «luna di miele» che solitamente accompagna i governi nella fase iniziale della loro vita.
Molto dipenderà dalla capacità di intervenire sulle emergenze e dall’attuazione delle riforme previste dal Pnrr, ma le incognite sono soprattutto due: innanzitutto la capacità di mantenere la pace sociale, aspetto tutt’ altro che scontato dopo l’esperienza di governo di unità nazionale; è un problema di risorse economiche e di vincoli di bilancio, nonché di metodo (disponibilità a coinvolgere le parti sociali e non solo). In secondo luogo, la coesione della maggioranza: quest’ ultimo da sempre risulta l’aspetto che maggiormente si riflette sull’apprezzamento del governo, a prescindere dal colore politico. A tale proposito, la crescita del consenso di FdI e di Giorgia Meloni a scapito degli alleati potrebbe rappresentare una seria minaccia.
Nando Pagnoncelli
(da il “Corriere della Sera)

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IL PRIMO ATTO DI CROSETTO DA MINISTRO? MINACCIARE UNA QUERELA AI GIORNALISTI

Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile

BONELLI (VERDI) RILANCIA: “UN LOBBISTA DELLE ARMI NON PUO’ FARE IL MINISTRO DELLA DIFESA”

Appena era stato reso noto che Giorgia Meloni avesse scelto come ministro della Difesa Guido Crosetto, si erano subito sollevate nei suoi confronti accuse su vari potenziali conflitti d’interesse in corso.
Fino alla nomina di ministro, infatti, il coordinatore nazionale di FdI e fedelissimo di Meloni è stato presidente di AIAD, un’importante associazione di categoria che racchiude quasi 200 aziende nel settore della difesa e delle armi.
Oggi a mettere la vicenda di nuovo al centro del dibattito è stato il quotidiano Domani, che ha pubblicato nei giorni scorsi alcune notizie relative a sostanziosi contratti di consulenza stipulati dal neo-ministro con le aziende di armi, dai quali Crosetto avrebbe guadagnato svariati milioni di euro nel corso degli anni.
Il nodo è chiaro: il ruolo istituzionale che ricopre impone al nuovo ministro di avere a che fare proprio con quelle aziende. Il che potrebbe di certo influenzare le sue decisioni sulla scelta delle aziende a cui appaltare le varie forniture.
Proprio a seguito di queste accuse, sollevate in primis dal quotidiano Domani, Crosetto ha ribadito come non vi sia alcun conflitto di interessi in corso e, anzi, ha minacciato querele e ha definito le condanne in sede civile e penale “l’unico metodo che direttori, editori e giornalisti possano intendere, di fronte alla diffamazione”.
Quando Crosetto diceva: “Inopportuno fare il ministro della Difesa dato il mio lavoro”
Di fronte alle minacce di querela del ministro, si è scatenata la reazione di Twitter, con molti utenti che hanno riportato alla memoria il momento in cui Crosetto, due mesi fa, a chi gli chiedeva se sarebbe stato il prossimo ministro della Difesa, rispondeva a Tpi: “Io sono l’ultimo dei problemi. Mi sembrerebbe inopportuno dato il mio lavoro”.
Da qui, l’ironia di Twitter: “Crosetto minaccia querela a chiunque sostenga la presenza di un conflitto di interessi? Quindi adesso si auto-querela?”, il tenore dei cinguettii degli utenti.
Sulla questione è intervenuto pure il leader dei Verdi e deputato dell’Alleanza verdi e sinistra Angelo Bonelli, che ha presentato una modifica alla legge Frattini sul conflitto di interessi che costringerebbe alle dimissioni il ministro della Difesa Guido Crosetto. “Ritengo che la vicenda del ministero della Difesa a Crosetto, che ha curato gli interessi dell’industria militare percependo da loro redditi elevatissimi sia chiara: un lobbista delle armi non può fare il ministro della Difesa”, ha affermato Bonelli.
(da agenzie)

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QUANDO LA TOPPA È PEGGIO DEL BUCO: IL CLAMOROSO DIETROFRONT DELLA MELONI SUL “SIGNOR PRESIDENTE DEL CONSIGLIO”

Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile

DOPO UNA GIORNATA DI POLEMICHE PER LA CIRCOLARE DI PALAZZO CHIGI CHE INVITA A CHIAMARE MELONI “IL SIGNOR PRESIDENTE DEL CONSIGLIO”, ARRIVA LA CORREZIONE CHE TOGLIE “SIGNOR”, E LASCIA “IL PRESIDENTE”

Chiamatemi «il signor presidente». Anzi no, «il signor è troppo», basta «il presidente». No, nemmeno così. Facciamola semplice: chiamatemi Giorgia, io sono Giorgia.
C’è confusione nel vocabolario di palazzo Chigi che ieri si è lanciato a cento all’ora sulle montagne russe del lessico politico. Con una serie di note ufficiali il governo ha voluto mettere nero su bianco la scelta di Giorgia Meloni di usare il genere maschile.
Chiamatela «il Signor Presidente del Consiglio», si leggeva in una comunicazione inviata a tutti i ministeri (anche le maiuscole sono del governo). Poi, la correzione che sbianchetta il «signor»: «Il Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, chiede che l’appellativo da utilizzare nelle comunicazioni istituzionali sia “Il Presidente del Consiglio dei Ministri”» .§Ironia sui social e polemiche politiche fioccano immediate. «Con il nuovo corso, Palazzo Chigi affronta la principale emergenza del Paese. Bene», scrive su Twitter l’ex ministro Andrea Orlando. «Sissignora!» , commenta sarcastico Giuseppe Conte. A fine giornata, su Facebook, è Meloni a precisare ulteriormente: «Per come la vedo io, potete chiamarmi come credete, anche Giorgia».
La scelta del maschile non è una novità. Da anni Meloni firma i suoi comunicati e le sue dichiarazioni come «il presidente di Fratelli d’Italia» o «il leader di FdI». Ora che è arrivata al governo non intende cambiare registro, né genere. Nel primo pomeriggio di ieri una comunicazione inviata «a tutti i ministeri» dal neo segretario generale di palazzo Chigi Carlo Deodato fa notizia: «L’appellativo da utilizzare per il Presidente del Consiglio dei Ministri è: “Il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, On. Giorgia Meloni”» . È ufficiale: la prima donna presidente del Consiglio della storia della Repubblica italiana vuole l’articolo «il».
«Il signor» fa rumore. Troppo ghiotto per lasciarlo lì.
«Rispettiamo la scelta di Meloni di cambiare genere senza intervento chirurgico, che rientra nelle richieste delle persone Transgender, che le chiediamo pertanto di sostenere – dice Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay – ci auguriamo che la sua non sia una scelta conservatrice di ruoli maschili».
Chiara Appendino, ex sindaca di Torino e deputata dei Cinquestelle fa psicologia: «Io inizio a pensare che Il Signor Presidente sia ossessionata. Anzi, ossessionato».
Quando Meloni si è presentata alla Camera per chiedere la fiducia, il vicepresidente di Montecitorio Fabio Rampelli (di FdI, non un avversario) la chiamò «la presidente del Consiglio», poi si corresse. Il tema è sentito. Ieri, durante una conferenza stampa, Rampelli spiegava che «si era soliti far prevalere la definizione istituzionale accompagnandola con “signor” o’ “signora” e lasciando immodificato» il titolo.
Insomma, «come capita nelle professioni: io sono architetto, se dici a una collega donna “architetta” almeno fino a qualche mese fa ti metteva due dita dentro agli occhi, perché sembrava una diminutio… Quindi “signora architetto”, la funzione è architetto».
Passa qualche ora e da palazzo Chigi scelgono di cancellare quel «signor» che in mattinata, invece, piaceva.
Quella «formula», spiegano, è «indicata come la più corretta dall’Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze. Tuttavia, il Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, chiede che l’appellativo da utilizzare nelle comunicazioni istituzionali sia “Il Presidente del Consiglio dei Ministri”».
La toppa è peggio del buco. «E io che pensavo che la priorità di palazzo Chigi fosse il carobollette», dice Nicola Fratoianni (Si).
«Per me può pure usare l’asterisco», quasi profetizzava qualche giorno fa in Senato Matteo Renzi.
In serata altro ottovolante. Meloni scrive su Facebook: «Leggo che il principale tema di discussione di oggi sarebbe su circolari burocratiche interne, più o meno sbagliate, attorno al grande tema di come definire la prima donna Presidente del Consiglio. Fate pure. Io mi sto occupando di bollette, tasse, lavoro, certezza della pena, manovra di bilancio. Per come la vedo io, potete chiamarmi come credete, anche Giorgia».
Peccato che la polemica l’abbia scatenata lei.
(da La Stampa)

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“CONTINUO A VEDERLI MENTRE ANNEGANO”: IL DRAMMATICO RACCONTO DI RAGAZZO DI 22 ANNI NAUFRAGO A LAMPEDUSA

Ottobre 29th, 2022 Riccardo Fucile

MA PER QUALCUNO LA PRIORITA’ E’ FARE LA GUERRA ALLE ONG E LASCIARLI AFFOGARE AL LARGO DELLA LIBIA

È la terribile testimonianza di un ragazzo di 22 anni sopravvissuto al naufragio avvenuto tre giorni fa al largo delle coste di Lampedusa. Il giovane, originario della Costa d’Avorio, viaggiava a bordo di un barchino salpato dalle coste tunisine con 26 migranti, 22 dei quali sono riusciti a raggiungere Lampedusa; gli altri quattro, tre uomini e una donna, sono annegati davanti ai suoi occhi. L’immagine di quelle persone inghiottite dalle onde adesso lo perseguita.
Il 22enne ivoriano, ancora sotto choc, è uno degli ospiti dell’hotspot dell’isola. A garantirgli supporto psicologico, fra i padiglioni della struttura, il team di Medici Senza Frontiere, composto dal referente medico Marina Castellano, dalla psicologa Carmen Ventura e dalla mediatrice culturale Fella Boudjemai che è di origini algerine.
“Le storie sono tantissime, tutte drammatiche – spiega all’Ansa Marina Castellano, mentre è in partenza da Lampedusa per tornare a Roccella Jonica, altro fronte dell’immigrazione -. Sia il giovane della Costa d’Avorio che un altro ragazzo che era sul barcone che ha preso fuoco e dove sono morti ustionati due bambini di 10 mesi e un anno, ci hanno detto che non riescono a cancellare dalla loro mente quelle scene terribili. Una circostanza comune a tutti i superstiti di un naufragio: continuano a vedere annegare coloro che, fino a pochi momenti prima, erano seduti accanto a loro. E sono amici, parenti, figli, come è successo in questi ultimi giorni. Non possiamo più permettere che accadano queste tragedie”.
(da Fanpage)

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