Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
L’EX MAGISTRATO È GARANTISTA E LIBERALE E NELLE SUE PRIME USCITE HA PARLATO DI DEPENALIZZAZIONE, FACENDO VENIRE UN MEZZO COLPO A SALVINI E ALLA MELONI… POI NORDIO CONSIDERA L’ERGASTOLO OSTATIVO INACCETTABILE (E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO INDISPENSABILE)
Se c’è frizione, i diretti interessati lo hanno nascosto benissimo. Ma agli addetti ai lavori è evidentissimo che la rotta del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, non è esattamente quella di Giorgia Meloni e nemmeno, forse, di Matteo Salvini. Il ministro è di un garantismo e liberalismo adamantino, finora era lontanissimo dalla politica, poco incline al compromesso.
Le sue prime uscite vertevano sulla depenalizzazione. «La velocizzazione della giustizia passa attraverso una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati», ha scandito uscendo dal Quirinale subito dopo il giuramento.
Una depenalizzazione che in filigrana mostra l’ambizione di varare un nuovo Codice penale liberale e garantista a suo nome, buttando via il Codice Rocco che risale al fascismo. Peccato che a fatica questi propositi si incastrino con le dichiarazioni della presidente del Consiglio al Senato, due giorni fa: «Non sono convinta – ha detto Meloni rispondendo alla senatrice Ilaria Cucchi – che la soluzione al sovraffollamento carcerario, come è stato fatto negli ultimi anni, debba essere quella di depenalizzare».
Sullo sfondo, c’è un altro scoglio che creerà inevitabili problemi alla navigazione dell’uno o dell’altra: l’ergastolo ostativo, ovvero quell’ergastolo per mafiosi o terroristi che non permette di uscire vivi da una cella.
Un problema molto serio e di enorme portata simbolica. L’ergastolo ostativo è inaccettabile per il garantista Nordio. «Un’eresia contraria alla Costituzione», lo definì nel libro di Claudio Cerasa, Le catene della destra. Resta invece indispensabile per Meloni: «Saremo d’accordo – ha replicato in Senato ai grillini, giustizialisti più di lei – sul cercare strade comuni per difendere uno degli istituti più efficaci nella lotta alla mafia, che nacque proprio negli anni delle stragi di mafia. Un istituto che rischiamo di perdere e che credo insieme si debba cercare di difendere».
Proprio il carcere, o meglio come scontare le pene, sarà il vero punto di dissidio. Il partito di Giorgia Meloni ha un Dna diverso da quello di Nordio. FdI ha un approccio più severo, rigido, giustizialista. Così come la Lega, peraltro. Il disegno è aumentare le carceri e i detenuti, non il contrario.
Nordio la vede diversamente, anche se concede molto all’altra visione. «Nel nostro programma – ha spiegato ieri a una cerimonia della polizia penitenziaria – c’è il potenziamento delle strutture edilizie e delle risorse umane. Occorre costruire nuove carceri e migliorare quelle esistenti. Migliorare anche il trattamento economico degli agenti, che lavorano in condizioni davvero difficili».
Detto ciò, «il delitto non deve restare impunito, ma non deve essere condannato un innocente. La pena deve essere certa ed eseguita.
Non significa pena crudele e cattiva, ma che tende a rieducare il condannato, o almeno a non farlo diventare peggiore di quando è entrato in carcere». Ad avviso del ministro, in definitiva, e qui si sono drizzate molte orecchie nel destra-centro, «la certezza della pena non significa solo carcere».
La domanda che comincia a serpeggiare nella maggioranza a questo punto è: Nordio sarà un valore aggiunto o sarà un problema? Si scrutano le sue prime mosse. Ha chiamato come capo di gabinetto un giudice da Vicenza, Alberto Rizzo, un alieno come lui nel Palazzo. Ma come vicecapo vicario ecco Giusi Bartolozzi, magistrata prestata alla politica per una legislatura, senatrice fino a qualche mese fa.
Dapprima in Forza Italia, nel luglio 2021 sbatté la porta perché non condivideva una forzatura del partito sulla riforma Cartabia. Neanche a farlo apposta, anche quella volta si dibatteva di abuso d’ufficio. È convinzione di Nordio che il reato sia sbagliato. E al quotidiano Il Dubbio ha annunciato una prossima sessione parlamentare sul punto: «La revisione o l’abolizione del reato di abuso, che paralizza l’amministrazione, è stata chiesta da anni da tutti i sindaci, e vedo con soddisfazione che anche il sindaco di Milano concorda su questa necessità».
(da La Stampa)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
“NON POSSIAMO PROCLAMARE LA VITTORIA FINALE SUL COVID. DOBBIAMO ANCORA FAR USO DI RESPONSABILITÀ E PRECAUZIONE”
Sergio Mattarella e Orazio Schillaci si ritrovano accanto al Quirinale nella giornata per la ricerca sul cancro, proprio mentre il neoministro alla Sanità ha deciso il reintegro dei medici No Vax e la sospensione del bollettino giornaliero sulla diffusione del Covid, che diventa settimanale. Dal Quirinale non vi è alcun giudizio sulle prime scelte del neoministro. “Il periodo più drammatico è alle nostre spalle”, riconosce Mattarella, lo stesso Capo dello Stato non usa quasi più la mascherina nelle occasioni pubbliche, ma il presidente nel suo discorso ha comunque mandato tre segnali al nuovo governo.
Il primo è un invito a non abbassare la guardia, a guardare alla pandemia con prudente realismo, “perché non possiamo ancora proclamare la vittoria finale sul Covid 19. Dobbiamo ancora far uso di responsabilità e precauzione. La sanità pubblica ha il compito di mantenere alta la sicurezza soprattutto dei più fragili, dei più anziani, di coloro che soffrono per patologie pregresse”, ha detto. Insomma, il libera tutti va visto con ragionata flessibilità, adattata alle situazioni concrete
L’altro messaggio è sul valore della scienza. “E’ stata decisiva per fare arretrare il Covid” scandisce, ammonendo a non farsi abbagliare da scorciatoie o fake news. Fa un elogio ai vaccini, sulla cui utilità alcuni esponenti illustri della destra ora al potere hanno dubitato. “Sono stato scoperti a tempo di record, senza i quali oggi saremmo costretti a contare molte migliaia di morti in più”, sottolinea il Presidente. Grazie alle immunizzazioni “nella gran parte dei casi possiamo affrontare il Covid come se si trattasse di un’influenza poco insidiosa”. I vaccini – come ha ricordato il professor Andrea Sironi, il presidente dell’Airc – sono stati scoperti anche grazie al lavoro pregresso che era stato fatto nella ricerca contro il cancro.
C’è infine un terzo messaggio che riguarda la strenua difesa della sanità pubblica. “La pandemia ci ha fatto capire quanto è importante, quanto è prezioso il suo carattere universalista, la vocazione a proteggere tutti i cittadini senza esclusioni”. Il Servizio sanitario nazionale va potenziato, “perché abbiamo toccato con mano anche i limiti delle nostre strutture”. Mattarella invita perciò a usare al meglio le risorse del Pnrr.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
IN EUROPA I PREZZI DEL METANO SONO CROLLATI DEL 70% RISPETTO AI MASSIMI E SONO TORNATI AI LIVELLI DI GIUGNO, PRIMA CHE PUTIN COMINCIASSE A TAGLIARE LE FORNITURE…GLI INTERMEDIARI DEL GAS PARLANO DI ‘INGORGO’, PER NON SUBIRE PERDITE SUI PREZZI DI VENDITA PARCHEGGIANO NAVI-CISTERNA PIENE DI GAS LIQUIDO AL LARGO DELLE COSTE INGLESI E SPAGNOLE
L’ultima follia del prezzo del gas è questa: in Texas tre giorni fa valeva meno di zero, te lo regalavano, anzi ti pagavano se facevi il favore di andarlo a ritirare. Non scherzo. È un caso estremo, un’anomalia momentanea, ma serve a illustrare i paradossi di un mercato impazzito. Comunque anche in Europa i prezzi del gas sono crollati del 70% rispetto ai massimi. Sono tornati ai livelli di giugno, prima che Putin cominciasse a tagliare le forniture. Gli intermediari del gas parlano di «ingorgo», per non subire perdite sui prezzi di vendita parcheggiano navi-cisterna piene di gas liquido al largo delle coste inglesi e spagnole. La situazione si è capovolta in men che non si dica. Ma potrebbe capovolgersi di nuovo, in senso opposto. Anzi, quasi sicuramente accadrà.
Per almeno un anno, le bollette dell’energia ci faranno disperare: in un certo senso, anche quando scenderanno. Ci attende un periodo di fluttuazioni, a volte incomprensibili. Bisognerà tenere i nervi saldi per fare le scelte giuste ed evitare gli errori del passato. Cominciamo dalla situazione attuale: schizofrenia pura. Gli italiani e molti altri cittadini europei in questo preciso momento subiscono l’impatto di bollette pesantissime, che per alcuni significano sacrifici insopportabili o il fallimento. Nello stesso tempo i prezzi all’ingrosso del gas stanno precipitando, sia pure senza arrivare all’incidente estremo del Texas (un controsenso che spiego più avanti).
Che cosa sta succedendo? In un videocommento apparso sul sito del «Corriere» due giorni fa, ho spiegato le cause fondamentali del calo dei prezzi del gas all’ingrosso. Il clima insolitamente tiepido di questo autunno in tutta l’Europa consente di rinviare l’accensione dei riscaldamenti e quindi modera la domanda di energia. Anche i segnali di recessione mondiale, o quantomeno il rallentamento della crescita, riducono i consumi: col paradosso che la Cina rivende all’Europa del gas che aveva comprato ma di cui non ha bisogno perché la sua crescita è fiacca.
Le scorte per l’inverno sono state completate, le capacità di immagazzinamento del gas sono piene al 95%, quindi è cessata per adesso quella «campagna acquisti» (follemente condotta da ciascun Paese europeo per conto proprio) che aveva innescato la terribile spirale dei rialzi nei mesi scorsi. Ma le bollette che gli italiani stanno pagando riflettono ancora i prezzi all’ingrosso che erano impazziti durante quella «campagna acquisti». Ecco perché sulle famiglie e sulle imprese si abbatte, in ritardo, uno shock energetico che sui mercati all’ingrosso è già in ritirata.
Ma quanto durerà questa caduta dei prezzi? Non mi azzardo a fare previsioni, naturalmente, perché troppe incognite incidono sulla volatilità dei mercati energetici. Però il mercato dei futures già prevede un ritorno di aumenti dei prezzi quest’inverno. Un dato di fondo lo conosciamo, sulla dinamica della domanda e dell’offerta. Se continua la guerra e la Russia resta sotto sanzioni (cioè di fatto è lei che sanziona noi chiudendo i rubinetti di Nord Stream), è stata tolta dal mercato del gas una fetta consistente dell’offerta mondiale.
Per il petrolio è diverso, perché tanto petrolio viaggia su mare e quindi i flussi si adattano: il greggio che la Russia non vende più a noi, lo vende alla Cina e all’India; queste due hanno meno bisogno di petrolio saudita e di conseguenza l’Arabia può venderne di più a noi. È una partita di giro ma l’offerta complessiva di petrolio rimane abbastanza stabile (salvo qualche taglio deciso dall’Opec). Gli equilibri della domanda e dell’offerta di petrolio per adesso tendono ad aggiustarsi senza tensioni eccessive sui prezzi. Poi se arriva davvero una recessione il calo della domanda farà il resto, e i prezzi scenderanno.
Il gas segue altre regole, perché tanta parte delle forniture viaggiavano attraverso gasdotti. Quello che la Russia non vende più all’Europa non riesce a venderlo altrove. C’è quindi una componente sostanziale dell’offerta mondiale che è proprio sparita. Gli altri produttori – Olanda e Norvegia in Europa; Qatar Stati Uniti Canada Australia nel resto del mondo – non possono aumentare così tanto la propria produzione da compensare tutto l’ammanco russo.
Inoltre il gas di quei fornitori deve viaggiare allo stato liquido su nave e noi europei ci metteremo molti anni per costruire tutti i rigassificatori di cui abbiamo bisogno. (Piccolo, sporco segreto: poiché il gas liquido non è soggetto a sanzioni, noi lo stiamo comprando anche dalla Russia).
Interviene un altro problema. Per aumentare l’offerta di gas in tutti quei paesi che non sono la Russia, bisogna investire: sia nell’estrazione da nuovi giacimenti, sia nelle infrastrutture di immagazzinaggio e di trasporto. Ma governi e opinioni pubbliche in Occidente hanno contribuito a decretare uno sciopero degli investimenti, «maledicendo» le energie fossili da qui all’eternità.
Ancora di recente delle ong ambientaliste hanno pubblicamente attaccato una grande banca, Bnp Paribas, intimandole di non finanziare con un solo euro gli investimenti nel settore del gas. Rieccoci, schizofrenia pura, o autolesionismo mostruoso. Abbiamo bisogno di gas, ma vogliamo vietare tutti quegli investimenti che sono essenziali per averlo.
Questo spiega anche l’anomalia della quotazione «sotto zero» in Texas. Per la precisione, il 25 ottobre in una seduta di scambi sul mercato «spot», il gas naturale del West Texas è sceso a meno 2,25 dollari per milioni di Btu (British Termal Unit, l’unità di misura del gas). La causa è questa: localmente, in Texas, di gas se ne produce anche troppo. Però non si riesce a trasportarlo verso i consumatori sotto forma liquida. Un terminal è fuori uso da giugno per un incendio. Un altro è stato chiuso per manutenzione. Per cui i produttori di gas non sanno che farsene, pagano chi riesce a portarglielo via.
Si tratta di un problema momentaneo, anch’esso però è legato allo sciopero degli investimenti di cui sopra. Anche in America un ambientalismo anti-scientifico, con complicità a Wall Street e alla Casa Bianca, ha penalizzato per anni tutte le infrastrutture del settore negando capitali essenziali. L’idea che la transizione alle energie pulite possa essere veloce, quasi istantanea, è una follia che sta facendo danni enormi: in particolare contribuisce alle rigidità nell’offerta di quelle energie fossili che resterano ancora indispensabili a lungo.
Torno alle montagne russe: le oscillazioni folli dei prezzi del gas nei prossimi mesi. Salvo ulteriori imprevisti, dopo aver pagato delle bollette allucinanti che riflettono la corsa agli acquisti dei mesi scorsi, i consumatori italiani dovrebbero vedere arrivare delle bollette più normali che rifletteranno i prezzi di oggi, in netta discesa. Ma poi? I mercati cominceranno ad anticipare la prossima «campagna acquisti»: quando tutti i paesi europei dovranno ricominciare a fare scorte in vista dell’inverno 2023-24.
L’estate prossima ci troveremo in una situazione non molto diversa da quella dell’estate scorsa. Avremo attivato pochi rigassificatori nuovi (noi italiani molto meno dei tedeschi). La produzione olandese e norvegese, o qatarina, canadese, statunitense, australiana, sarà aumentata ma non abbastanza per via di quello sciopero degli investimenti di cui sopra. La Russia, se continua a combattere, continuerà a non venderci il suo gas salvo quel poco che arriva via nave o sui gasdotti «minori» (che attraversano Ucraina e Turchia).
Le rinnovabili non sono un’alternativa, anche perché bloccate da vincoli «paesaggistici». Per compensare il gas russo mancante non basta qualche pannello fotovoltaico in più sui tetti delle case. Bisognerebbe tappezzare il Mezzogiorno di mega-centrali solari, sequestrando così gran parte del territorio del Sud per alimentare l’industria del Nord. Oppure affollando le nostre coste di pale eoliche. Sappiamo che non accadrà. Negli Stati Uniti, dove Biden ha promesso di moltiplicare per trenta il parco eolico entro l’anno 2030, i ritardi di attuazione sono spaventosi e quell’obiettivo appare del tutto irrealistico.
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
PREVEDE LA STESSA ALIQUOTA PER LA CRESCITA DEL REDDITO, UN ALTRO AIUTO AI FURBETTI A DANNO DEI POVERI
Prima di incassare alla Camera e al Senato la prevedibile fiducia per il suo governo, Giorgia Meloni ha pronunciato a Montecitorio il suo discorso programmatico. Temi e toni non stupiscono, e sono la sintesi di posizioni di destra.
Tra queste, non mancano le promesse fiscali: dal berlusconiano “meno tasse per tutti” alla semplicistica flat tax proposta da Salvini, la riduzione delle tasse è una delle questioni centrali nelle politiche (o, se non altro, nelle promesse) della coalizione di destra.
Dal programma congiunto, però, non si possono ricavare altro che dichiarazioni di principio: vi si leggono dieci brevi punti, sotto il titolo “per un fisco più equo”, carichi di promesse vaghe e incontestabili come “Riduzione della pressione fiscale per famiglie, imprese e lavoratori autonomi”.
Dall’inglese all’italiano: la “tassa piatta”
C’è una novità rispetto al passato: la flat tax incrementale. Nel programma non ci sono particolari argomentazioni e nemmeno nei discorsi parlamentari si trovano molte informazioni. Più che spiegare e approfondire, Meloni enfatizza. E rilancia, italianizzando i termini, la nuova proposta fiscale. Alla Camera, Meloni ha infatti parlato di una “tassa piatta sull’incremento di reddito rispetto al massimo raggiunto nel triennio precedente: una misura virtuosa, con limitato impatto per le casse dello Stato, che può essere un forte incentivo alla crescita”.
Al Senato, nelle repliche, si è limitata a indicarla come “un modo per premiare il merito. Chi fa di più è giusto che venga premiato”.
Come funziona la flat tax incrementale: un esempio
Ma come funziona questa “tassa piatta”? Per flat tax si intende un tipo di imposizione fiscale uguale per tutti, ossia un prelievo proporzionale. Che si guadagni 5mila euro all’anno o che il reddito raggiunga i milioni, la quota da versare allo Stato resterebbe in percentuale la stessa.
La proposta di Meloni applica questo sistema al solo incremento del reddito da un anno all’altro, con riferimento al triennio precedente.
Per esempio, Tizio nel 2020 ha guadagnato 18mila euro, nel 2021 20mila e nel 2022 il suo reddito raggiunge i 22mila euro. Caio invece, nel triennio, ha un reddito costante di 18mila euro all’anno. Nell’attuale sistema fiscale, entrambi pagheranno le tasse nel secondo scaglione Irpef, al 25%. Con la flat tax incrementale, invece, Caio continuerà a pagare l’Irpef al 25%, mentre Tizio pagherà il 25% sul reddito, salvo per la sua quota di crescita: su quei 2mila euro di differenza da un anno all’altro pagherà solo il 15%.
Un dettaglio non trascurabile: la Costituzione
Già da questo esempio molto semplice si nota come Tizio e Caio, che hanno un reddito molto simile, pagherebbero in maniera diversa: Tizio, che già migliora la sua condizione con un aumento di reddito, verserebbe in proporzione meno tasse di Caio, che invece continua a poter contare sulle stesse entrate.
Al di là della disparità, c’è una questione che, quando si propone un’imposta piatta come la flat tax (incrementale o meno), non può essere ignorata: la progressività.
La Costituzione, infatti, all’articolo 53, pone questo criterio come principio alla base del sistema tributario. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Si tratta di un principio cardine della nostra carta fondamentale. Per garantire i diritti sociali a tutti, a partire da chi ne ha più bisogno, è necessario porre un dovere di solidarietà, che chiede di meno a chi ha di meno e di più a chi ha di più.
Questo è il criterio di progressività, che mira alla redistribuzione della ricchezza e al finanziamento dei servizi pubblici, e che si fonda sull’idea che il sacrificio di una quota di reddito è tanto più accettabile quanto più aumenta la ricchezza, perché non incide sui bisogni.
In altre parole, il 23% di imposta sulle persone fisiche prevista per lo scaglione più basso comporta per i cittadini più poveri un sacrificio paragonabile al contributo, percentualmente più alto, richiesto a chi ha redditi più alti.
Il semplicismo ideologico della meritocrazia alla base della misura
Da discorsi, documenti e programmi elettorali non è ancora possibile capire se la destra, nel proporre una misura proporzionale invece che progressiva, abbia ipotizzato almeno qualche meccanismo antielusivo. Così com’è, infatti, la proposta di tassa piatta incrementale si presta a gravi rischi di truffa (che, in altri termini, si traducono in minori entrate fiscali e, di conseguenza, meno denaro da spendere per garantire servizi e diritti).
L’esempio precedente ci aiuta a capire come possa essere conveniente aumentare il proprio reddito, così da pagare meno imposte sull’incremento.
Nella visione semplicistica di una società totalmente meritocratica a risorse infinite, potremmo pensare (come in effetti dichiara Meloni) che questa misura sia un incentivo alla crescita e al merito. Si tratta però di una visione che trascura, volutamente o per ingenuità, qualche fatto.§
Primo. Non basta l’impegno per aumentare il proprio reddito.
Se la fortuna aiuta gli audaci è pur vero che gli audaci lo sono spesso per loro fortuna (meno che per merito): formazione, conoscenze, titoli, opportunità sono variabili che derivano soprattutto da una rete di protezione familiare e di classe su cui sono normalmente i più ricchi a poter contare.
Secondo. L’arricchimento personale non comporta necessariamente una crescita sociale. L’appropriazione, la scalata, l’incremento di reddito possono essere (e spesso sono) miglioramenti egoistici, e in certi casi, perfino, possono danneggiare la società.
Il venditore che smercia prodotti scadenti, l’imprenditore che riduce gli stipendi, l’avvocato che spinge i clienti a imbarcarsi in cause pretestuose e querele temerarie sono tutti esempi di professionisti che incrementano il proprio reddito a danno del benessere (e talvolta anche del reddito) di altri. E che su quell’incremento pagherebbero una tassa piatta, ridotta, a propria convenienza.
I rischi di truffa (specie con l’innalzamento del tetto del contante)
Accanto alla convenienza, però, sembrano offrirsi anche coni d’ombra. In controtendenza rispetto all’incentivo ai pagamenti elettronici, infatti, la Lega ha presentato una proposta di legge per alzare il tetto al contante a 10mila euro.
Ma che cosa c’entra il limite al contante con la tassa piatta sull’incremento di reddito?
La possibilità di pagare somme simili in contanti riduce la tracciabilità del denaro circolante. Questo significa che contribuenti poco onesti potrebbero pensare di posticipare fatturazioni, sfruttando il sistema di tassa piatta incrementale accantonando cifre in contanti.
Prendiamo l’esempio di un professionista che guadagni ogni anno 100mila euro. I suoi affari sono ben avviati, il reddito resta costante, l’aliquota Irpef è quella più alta, al 43%, ogni anno. Senza specifiche misure antielusive, con la tassa piatta incrementale, gli converrebbe farsi pagare in contanti, dichiarando poco quest’anno e di più l’anno prossimo, semplicemente posticipando le fatture di qualche mese, così da pagare il 15% sull’incremento (fittizio) invece che il 43% sul reddito costante.
Il sistema tributario non è lo Sceriffo di Nottingham
Ma torniamo alla teoria. Come si è visto, la proposta di Meloni di una flat tax incrementale, seppur su una quota ridotta del reddito, non si fonda sul criterio costituzionale della progressività, ma su quello semplicistico della proporzionalità: tutti pagano la stessa percentuale, anche se l’impatto di quella quota, su un ricco, è risibile rispetto al sacrificio che la stessa quota impone a chi è più povero.
La presidente del Consiglio, in Senato, ha dichiarato che sarebbe “un modo per premiare il merito” perché “chi fa di più è giusto che venga premiato”.
A conti fatti, però, il premio arriva a chi incrementa il proprio reddito, il che non implica necessariamente aver “fatto di più”, ma può perfino indicare un’elusione fiscale (favorita anche dal ricorso più disinvolto al denaro contante) o, più in generale, un arricchimento ai danni di altri.
Inoltre, a ben guardare, una misura che diminuisce il gettito fiscale, cioè il denaro a disposizione della comunità, per arricchire chi ha già migliorato la propria condizione economica rispetto all’anno precedente, è di per sé un danno.
Il nostro sistema tributario non è quello di Robin Hood, del Principe Giovanni e dello Sceriffo di Nottingham, in cui l’imposizione fiscale risponde al capriccio di chi comanda e toglie anche l’essenziale al popolo. La solidarietà contributiva è invece il modo attraverso cui garantiamo, al popolo, il funzionamento dei servizi pubblici e, con essi, la fruizione dei diritti.
Il “fisco equo” di destra dimentica l’equità
Il sistema fiscale attuale è giusto ed equo? No, o almeno non del tutto. Il problema è che è iniquo in senso opposto rispetto a quello indicato da chi governa. In Lettera a una professoressa, il testo scritto da don Lorenzo Milani con i ragazzi di Barbiana, si legge un’analisi che è ancora valida.
Povero è chi consuma tutte le sue entrate. Ricco chi ne consuma solo una parte. In Italia, per un caso inspiegabile, i consumi sono tassati fino all’ultima lira. Le entrate solo per burla.
Mi hanno raccontato che i trattati di scienza delle finanze chiamano questo sistema ‘indolore’. Indolore vuol dire che i ricchi riescono a far pagare le tasse soltanto ai poveri senza che se ne avvedano.
Con il governo Draghi, c’è stata la riduzione degli scaglioni Irpef, ossia una riforma che ha ridotto ulteriormente i margini di progressività fiscale, e che ha diminuito le aliquote solo per i più ricchi (equiparando, tra l’altro, chi guadagna più di 50mila euro con chi invece ha entrate reddituali milionarie).
In precedenza, poi, abbiamo assistito al costante aumento dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto: siamo passati dal 12% del 1973 al 22% odierno. Si tratta di un’imposta indiretta, che si basa sul valore del prodotto invece che sulle condizioni di chi la paga e che finisce per avere un impatto maggiore sui più poveri.
O, ancora, polemiche e spauracchi su tasse sulla casa, patrimoniali e perfino sulla riforma del catasto aizzano chi ha un’abitazione di proprietà contro ogni tipo di imposizione, così favorendo il risparmio fiscale di chi di immobili ne ha molti, magari anche di lusso, e avrebbe la capacità contributiva di pagarci delle tasse.
“I ricchi riescono a far pagare le tasse soltanto ai poveri senza che se ne avvedano”, e la flat tax incrementale rientra proprio in questa tendenza di “parti uguali tra diseguali”, di equità sacrificata sull’altare del semplicismo.
Il risultato sarà sempre lo stesso: ridurre il gettito fiscale, e quindi servizi e diritti, fingendo che sia un favore alle classi disagiate, che invece continueranno a pagare le stesse imposte che pagano ora, mentre i più ricchi avranno strumenti, legali o furbeschi, per pagare di meno, pur guadagnando di più.
(da Fanpage)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
CON UNA LETTERA INDIRIZZATA AL SEGRETARIO DELLA LEGA LOMBARDA CECCHETTI, E’ STATO DIFFIDATO IL COMITATO NORD DI BOSSI, CORRENTE LANCIATA POCHE SETTIMANE FA “A CESSARE LA PROMOZIONE DELL’ASSOCIAZIONE NEI CONFRONTI DEGLI ISCRITTI DELLA LEGA PER SALVINI PREMIER E L’UTILIZZAZIONE DEI SIMBOLI E DELLA DENOMINAZIONE DEL PARTITO”
Matteo Salvini ha iniziato le purghe. Con una lettera indirizzata al segretario della lega lombarda Fabrizio Cecchetti, si diffida il Comitato nord di Bossi, corrente lanciata poche settimane fa dal fondatore della Lega, di continuare l’attività.
È qualcosa di enorme. È l’inizio della rappresaglia da parte del segretario della Lega adesso vicepremier del governo Meloni. La missiva è stata mandata dal tesoriere della Lega.
Questo il contenuto.
Si invita “a cessare la promozione dell’associazione Comitato nord nei confronti degli iscritti della lega per Salvini premier e l’utilizzazione dei simboli e della denominazione del partito”. Non solo. Si chiama in causa il garante della privacy per la violazione della raccolta dei dati personali” da parte di questo comitato che Bossi aveva affidato, per la gestione, a Paolo Grimoldi e Angelo Ciocca storici leghisti Lombardi.
In questa lettera ufficiale si segnala la totale estraneità “della Lega per Salvini premier da questa iniziativa promossa da un soggetto giuridico distinto dal partito e in nessun modo collegato”.
A Saronno, poche settimane fa, e il Foglio era presente, Salvini aveva detto ai militanti “Ogni iniziativa di Bossi ha la mia firma”.
I militanti avevano chiesto cosa sarebbe accaduto ai leghisti che avrebbero aderito al comitato e lui, Salvini, aveva promesso che non sarebbe accaduto nulla. È spergiuro.
Con questa lettera, di fatto, dichiara Umberto Bossi, fondatore della Lega e di questo comitato, un traditore, un dissidente. Bossi ha 81 anni. Alla Camera pochi giorni fa, Salvini lo aveva pure abbracciato. Stretto. Oggi lo mette fuori dal partito.
(da il Foglio)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
LA MELONI OTTIENE IL GRADIMENTO DEL 53% DEGLI ITALIANI, CONTRO IL 52% DI DRAGHI, AL TERZO POSTO LUCA ZAIA, AL QUARTO CONTE…SALVINI E LETTA SCENDONO NELLA PARTE BASSA MA IL LEADER PIÙ ODIATO RIMANE SEMPRE RENZI
I sondaggi politici continuano a sorridere a Giorgia Meloni. Questa volta è un’indagine Emg fatta lo scorso 24 ottobre e diramata poi durante la trasmissione Agorà, a far segnare un altro piccolo record per la nuova presidente del Consiglio che nei giorni scorsi ha incassato il voto di fiducia prima alla Camera e poi al Senato.
Come si può vedere, nel sondaggio sulla fiducia che gli italiani ripongono verso i leader politici nostrani, Giorgia Meloni avrebbe superato Mario Draghi in questa speciale graduatoria.
Un indice d’esordio migliore rispetto a quello degli altri capi di governo politici che si sono susseguiti negli ultimi anni in Italia. A completare il podio nel sondaggio ci sarebbe poi il presidente del Veneto Luca Zaia, che precede Giuseppe Conte indicato anche lui in crescita.
Periodo positivo anche per i due leader del terzo polo Carlo Calenda e Matteo Renzi, anche se il numero uno di Italia Viva è sempre ultimo per quanto riguarda la fiducia nei leader; in calo invece Enrico Letta al pari di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, con i due alleati di Giorgia Meloni che sembrerebbero soffrire il momento di grande popolarità della presidente del Consiglio.
Il sondaggio ha certificato quello che è il sentore dilagante nel Paese: dopo l’exploit alle elezioni politiche dello scorso 25 settembre, gli italiani nutrono grande fiducia in quello che sarà l’operato di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.
Un sentimento che sarebbe accresciuto durante il post voto, dove la nuova presidente del Consiglio ha avuto una sorta di braccio di ferro con Silvio Berlusconi, con il leader azzurro che non a caso sarebbe in calo nel sondaggio.
L’altro dato che emerge dal sondaggio è che al momento sarebbe Giuseppe Conte il principale leader dell’opposizione, visto che il Partito Democratico è sostanzialmente senza guida in attesa del Congresso.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
STAVA COSTRUENDO UNA CELLULA ITALIANA DELL’ORGANIZZAZIONE SUPREMATISTA BIANCA AMERICANA “THE BASE” … I SUOI MODELLI: IL TERRORISTA LUCA TRAINI E ANDERS BREIVIK CHE UCCISE 77 PERSONE SULL’ISOLA DI UTOYA
«Pronto al sacrificio estremo per la razza bianca». Un lupo solitario che, in Italia, stava costituendo una cellula dell’organizzazione terroristica suprematista americana “The Base”. La stessa a cui il 23enne pugliese, residente a Sammichele di Bari, apparteneva.
E ora Luigi Antonio Pennelli deve rispondere di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale e di propaganda ed istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. In un video, anche minacce di morte alla senatrice Liliana Segre.
Si faceva chiamare «Il Comandante della Base» e reclutava aspiranti seguaci presentandosi come unico referente del movimento. Traduceva in italiano il materiale propagandistico e aveva già 3-4 adepti: l’attività era organizzata sul web, proprio in quel mondo sommerso dove lui stesso si era radicalizzato.
Usava anche Telegram, WhatsApp e Tik Tok. «È giunto il momento di fare il nostro lavoro. Procurarsi un’arma da fuoco oggi è davvero facile. L’importante è che questi figli di p… smettano di respirare». Firmato “Fronte armato Hitleriano”. E poi l’invito a «risanare la purezza della stirpe» inondando l’Universo «con un fiume di sangue».
E, in una chat con messaggi non riferibili all’indagato, si leggerebbe anche di un appuntamento a Roma per la giornata di oggi. Le indagini della Digos di Bari e dell’Ucigos sono partite l’anno scorso dopo un monitoraggio dell’Aise, il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica. E, nelle ultime ore, è scattato l’arresto del giovane, su richiesta della procura.
Per il giudice che ha firmato l’ordinanza «il giudizio di pericolosità non può che essere massimo». I sospetti sono emersi nel corso del monitoraggio degli ambienti virtuali suprematisti e di estrema destra che risultano collegati al canale “Sieg Heil”. Qui il 23enne diffondeva contenuti antisemiti, misogini e di matrice neonazista.
Era entrato in contatto con “The Base” e il suo leader Rinaldo Nazzaro che lo avrebbe indottrinato a fare proseliti in Italia, diffondendo i valori e gli obiettivi del gruppo terroristico. L’organizzazione è la traduzione inglese dell’espressione araba “Al-Qaida”.
Nella sua abitazione sono state ritrovate una carabina, una pistola a pallini e una balestra, tutte modificate per aumentarne la pericolosità, ma anche mazze da baseball e coltelli. Poi, con una stampante 3D, avrebbe pensato a fabbricarne altre. Il materiale sequestrato è risultato simile a quello utilizzato da Payton Gendron, il 18enne autore della strage di Buffalo di maggio scorso.
Per gli inquirenti entrambi «si sono ispirati agli stessi modelli». Sulle armi, inoltre, ritrovati i nomi dei suprematisti responsabili di attacchi terroristici: da Luca Traini, responsabile del ferimento di sei africani a Macerata nel 2018, a Anders Breivik, a cui sono riconducibili i 77 morti di Oslo e sull’isola di Utoya nel 2011 sino a Brenton Tarrant, autore degli attentati di Chirstchurch del 2019 con 50 persone uccise.
Pennelli «era pronto a passare all’azione». Secondo la ricostruzione degli inquirenti, «azioni di bonifica, sapientemente reiterate in brevi lassi temporali» gli permettevano di aggirare i controlli. Inoltre, in qualsiasi momento e in pochissimo tempo, sapeva come eliminare ogni traccia delle sue azioni.
Per la Dda, l’inchiesta ha permesso di fermare l’azione criminale del giovane. Il 23enne usava lo pseudonimo «Ropewaffen Division» e, nel canale riservato “Sieg Heil” di Telegram, postava contenuti antisemiti e di matrice nazista, con minacce a Liliana Segre e contro gli immigrati. In particolare, i migranti che sbarcano a Lampedusa.
(da La Stampa)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
L’INCONTRO CON IL SEGRETARIO DI STATO PAROLIN, LE ENTRATURE NELLA SANTA SEDE DEL BACIAPILE SANGIULIANO
Altro che cardinale Sarah. Chi pensava che i contatti Oltretevere fossero limitati a qualche eminenza della vecchia guardia antibergogliana dovrà ricredersi.
La rete di Giorgia Meloni sul Cupolone è scattata già a giugno e al massimo livello. A rivelarlo ieri sera e’ stato proprio il suo interlocutore, il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, all’uscita di una Messa per la pace in Armenia celebrata nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore. Ha detto che a giugno ha avuto un incontro privato e riservato con il nuovo Presidente del Consiglio.
Parolin e’ anche molto ben visto a Foggy Botton (cioè il Dipartimento di Stato americano, il loro Ministero degli Esteri), basta pensare ai giudizi, negli anni, su di lui, testimoniato dai cablo diplomatici già resi noti.
Ed ecco il giudizio che Parolin che dall’incontro con Meloni ha detto di averne ricavato. “Che impressione mi ha fatto Giorgia Meloni? Non tocca a me dirlo”, ma umanamente, “mi ha fatto l’impressione di una donna che sa cosa vuole ed è molto determinata nel raggiungerlo”.
Su una prossima con il Papa, spiega: “Immagino ci sarà perché questo è normale, ma adesso è presto”, “lasciate anche loro rendersi conto di dove sono, poi è normale che ci sarà un incontro tra il Papa e il presidente del Consiglio, ma per ora non mi risulta nulla si stia muovendo”.
Andando a ritroso, quanto a tempestive connessioni con la destra di Fratelli d’Italia va registrata una mega intervista, in studio al TG2 post, con la presenza del vaticanista Romeo e dell’ex direttore ed ora ministro della Cultura in quota Giorgia, Gennaro Sangiuliano il 2 settembre 2022.
E Sangiuliano nel nuovo governo diventa Ministro della Cultura che controlla anche i beni ecclesiastici della Chiesa in Italia (al riguardo secondo indiscrezioni non confermate avuto avrebbe avuto ben tre incontri con esponenti della CEI, guidata dal cardinale di Bologna, Matteo Zuppi).
Quindi per Giorgia, nessun grimaldello dell’opposizione vaticana a Bergoglio nei rapporti d’Oltretevere, ma interlocuzione diretta da potere a potere, come deve essere. Tanto attenta a questo di non citare nel discorso di ieri alla Camera nel suo Pantheon papa Benedetto XVI, ma solo il riferimento a San Benedetto e alle radici giudaico cristiane e classiche dell’Europa.
Da questo punto di vista ne potrebbe aver fatto le spese anche Adolfo Urso che avrà meno che fare con l’intelligence italiana così pagando anche l’appoggio incondizionato a Cecilia Marogna, la cosiddetta Dama del cardinale Becciu e sedicente esperta di intelligence, (schierata anche contro il Direttore dell’ AISE Gianni Caravelli e aveva cercato di inserirsi nella vicenda della liberazione di una suora colombiana rapita in Mali) nei cui confronti la Segreteria di Stato guidata da Pietro Parolin, si è costituita parte civile al processo vaticano dove lei e’ imputata di gravi reati.
La Marogna si era rivolta con un esposto proprio al presidente del Copasir che a seguito di ciò aveva sollecitato una ispezione del Dis nel presupposto che la donna avesse rapporti strutturali con i nostri servizi segreti. La donna aveva depositato lo scorso maggio presso il Tribunale Vaticano anche la Relazione del Copasir che la riguardava. Ma Urso aveva dovuto prendere atto dell’esito negativo dell’ispezione.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
PER ASSOTURISMO E CONFESERCENTI IL TASSO DI OCCUPAZIONE DELLE STRUTTURE RICETTIVE È TORNATO AI LIVELLI DEL 2019, PRIMA DELLA PANDEMIA
Tra il 28 ottobre e il primo novembre le strutture ricettive italiane dovrebbero registrare 5 milioni di pernottamenti, 1,2 milioni in più dello scorso anno, che però scontava ancora alcune limitazioni legate alla pandemia. Emerge dalle stime elaborate dal Centro Studi Turistici di Firenze per Assoturismo Confesercenti.
Dall’indagine emerge un tasso di occupazione dell’offerta analogo a quello rilevato per lo stesso periodo del 2019, anche se sui portali si rileva il 20% di strutture in meno. Alcune probabilmente – rileva Assoturismo – hanno deciso di restare chiuse perché l’aumento delle tariffe energetiche rende poco conveniente l’attività; altre hanno deciso di uscire, almeno per questo ponte, dai portali online e affidarsi solamente alla vendita diretta.
Comunque, nel prossimo week end si registrerà un notevole movimento di turisti italiani e stranieri che si dirigeranno prevalentemente verso le città d’arte, i borghi e le aree di interesse paesaggistico, ma anche verso le altre tipologie di turismo. A spingere i flussi turistici le buone previsioni meteo, ma premiano anche gli eventi, dalla Fiera internazionale di Alba a LuccaComics.
Il tasso di occupazione delle strutture attive nelle città/centri d’arte si attesta all’88%, con punte di oltre il 90% nelle principali città italiane. Meno intenso invece il flusso di prenotazioni verso le località marine, con una saturazione del 65% dell’offerta disponibile e al netto delle chiusure stagionali degli esercizi ricettivi. Stesso trend per le località lacuali e di montagna che si attestano rispettivamente al 74% e al 73% di occupazione.
Invece, per le località del termale il tasso rilevato è del 79%. Ad andare meglio le regioni del Nord Ovest e del Nord Est. Anche per alcune realtà del Centro le aspettative risultano particolarmente favorevoli, mentre per le regioni del Sud e Isole i tassi di saturazione rilevati risultano decisamente più contenuti.
(da agenzie)
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