Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL PRESIDENTE DELL’AUTORITA’ ANTI-CORRUZIONE
«Alzare il tetto del contante? Il mercato non lo richiede, perché oltre certi importi ormai non si paga più cash, a meno che non si tratti di attività illegali o di economia sommersa» risponde il presidente dell’Autorità anticorruzione, Giuseppe Busia.
Che mette in guardia dal rischio «di rivedere di continuo le soglie, posto che le imprese negli anni hanno fatto degli investimenti sui pagamenti digitali per attrezzare i loro sistemi, a partire dall’utilizzo dei pos, e ora sarebbe utile una stabilità normativa, anche per sfruttare l’investimento fatto.
E comunque – aggiunge – occorre andare avanti con la digitalizzazione dei pagamenti per tutti, compresa la pubblica amministrazione, senza pensare ovviamente di abolire il contante che resta pur sempre utile per le transazioni più piccole o per andare incontro alle abitudini delle persone più anziane».
Presidente, dal 2023 anziché scendere da 2 mila a 1.000 euro la soglia del contante potrebbe salire a quota 10 mila, che ne pensa?
«Non voglio entrare nel terreno della politica, mi limito a segnalare alcune evidenze scientifiche. La prima riguarda la diffusione dei pagamenti elettronici: sebbene durante la pandemia questi siano cresciuti, siamo ancora indietro. Stando ad uno studio della Bce, l’Italia è sotto la media europea. Un altro aspetto che emerge è che la domanda di pagamenti elettronici cresce al crescere delle cifre e quindi il bisogno del mercato di pagare in contanti si riduce al crescere della cifra. In pratica tanto più si alza la cifra, tanto meno il tetto è richiesto, perché la gente oltre certi importi, normalmente (se non ci sono altre ragioni) usa sempre di più la moneta elettronica».
Ma alzare il tetto del cash aiuta i poveri come sostiene il governo o facilita evasione e mafia, come dicono in tanti dall’opposizione?
«Bisogna essere onesti: la fissazione di un tetto non riduce la corruzione in quanto tale, perché le tangenti sicuramente non si pagano con contributi tracciabili. Da questo punto di vista l’efficacia della soglia è molto relativa, e oggi per corrompere ci si serve di pagamenti che non sono neanche in denaro, ma passano attraverso consulenze, favori e modalità molto più sofisticate. Però, dal punto di vista scientifico, ci sono studi della Banca d’Italia, ma anche di altri soggetti, che evidenziano come tanto più cresce il tetto nell’uso del contante e tanto più, a parità di altre condizioni, si ha un incremento dell’economia sommersa, del lavoro nero e dell’evasione fiscale».
Una delle considerazioni che viene fatta è “chi può mai girare con una valigetta con dentro 10mila euro”?
«Ben pochi. A voler pagare grandi cifre in contanti possono essere spacciatori, evasori o quanti sfruttano il lavoro in nero. Ci può essere qualche turista proveniente dall’estero, come paesi dell’Est o paesi Arabi, che hanno l’abitudine di pagare in contanti anche spese notevoli. Ma è un ambito molto ristretto».
Alla luce della vostra esperienza come si possono contrastare attività illecite e corruzione?
«Qui c’è un’area in cui non si può e non si deve fare alcun passo indietro perché sarebbe sbagliatissimo: il tracciamento di pagamenti che riguardano denaro pubblico. Mi riferisco all’area dei contratti pubblici, che noi presidiano, ma in generale a tutti pagamenti delle provvigioni pubbliche. Per questi non solo vanno usati gli strumenti elettronici, dai bonifici alle carte di credito, ma bisogna fare in modo di accrescere la tracciabilità. Per tale motivo stiamo investendo molto sulla digitalizzazione: è un fattore essenziale, perché è un elemento di modernizzazione del Paese e poi garantisce rapidità, controllabilità, trasparenza nell’utilizzo del denaro pubblico e quindi risparmi sia di tempo che di denaro».
Voi cosa state facendo in questo campo?
«Stiamo investendo molto sulla Banca nazionale dei contratti pubblici, strumento che ci invidiano in Europa e per cui siamo stati anche premiati. La nostra Banca dati è stata inserita come priorità nel Pnrr: il suo rafforzamento è strumento abilitante per gli investimenti. Tutta la spesa pubblica legata alla realizzazione delle opere e all’acquisto di beni e servizi viene tracciata, dal momento della programmazione a quello dell’effettuazione della gara sino all’ultima fattura. Con la gara digitale si risparmia tempo, si semplifica la vita delle amministrazioni e delle imprese. Inoltre, aumentando la concorrenza, si premiano gli operatori migliori, aprendo il mercato anche alle piccole e medie imprese. Il digitale in questo campo ci consente di fare in fretta e di controllare meglio, riducendo i rischi di riciclaggio, corruzione, e infiltrazione della criminalità organizzata. Insomma, agevoliamo le imprese e insieme favoriamo l’interesse pubblico, consentendo alle amministrazioni di comprare al meglio. La banca dati è inoltre consultabile liberamente da tutti: consentendo ai cittadini di verificare come vengono spesi i loro soldi, si assicura maggiore partecipazione civica e accresce la fiducia nelle istituzioni».
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
“FORZA ITALIA È SPACCATA IN DUE, SALVINI HA MEZZA LEGA CONTRO E RISCHIA DI PERDERE ANCHE LA LOMBARDIA. DA SOLI DOVE VANNO SENZA FRATELLI D’ITALIA? STANDO AL GOVERNO HANNO LA FORZA DEL POTERE, SE SCHERZANO SERGIO MATTARELLA GLI PIAZZA SUBITO UN BEL GOVERNO TECNICO E SONO FINITI”
«Il governo Meloni si fa 5 anni. La debolezza dei due alleati minori della coalizione, Salvini e Berlusconi, è la sua forza. Alla fine dovranno digerire la Meloni e possono fare un po’ di scena ma non più di tanto. Anche perché Mattarella non scherza, gli piazza un bel governo tecnico. E loro sono finiti».
Roberto D’Agostino, giornalista poliedrico, fondatore di Dagospia, il sito di retroscena di politica e affari, dice chiaro e tondo: «Tutte le discussioni, le alzate di testa servono a fare ammuina. Il tetto al contante a 10mila euro? Ma no, la Meloni lo mette a 3 mila».
Facciamo un primo bilancio. Intanto, il presidente o la presidente Meloni?
E chi se ne frega, viviamo in una società fluida, in cui ciascuno sceglie il genere che gli pare. Io se domani mi sveglio e mi sento Samantha con l’h nessuno mi può rompere. Se Giorgia Meloni si vuole far chiamare «il presidente» facesse pure.
La Meloni ha detto che alzerà il tetto del denaro contante, la Lega ha chiesto a 10 mila euro.
Questa è la proposta del famoso leghista no euro Alberto Bagnai. Oggi il tetto è a 2 mila, a gennaio dovrebbe andare a mille. La Meloni vuole avere l’asse con Matteo Salvini per limitare Forza Italia e quindi ha aperto a rivedere il tetto. Ma finirà che sarà di 3 mila euro.
Perché 3mila?
Perché lo so, è una mia informazione. La Meloni deve destreggiarsi tra i due picchiatelli che le stanno di lato, i due vicepremier, deve fare un po’ di equilibrismi, cedere qualcosa, salvo trovare subito i contrappesi per ribilanciare tutto. Ma di ciccia lei non concede nulla. E lo vedrete sulla flat tax e sulle pensioni: i soldi non ci stanno.
Forza Italia ha provocato una mezza crisi ancora prima del giuramento del governo.
Ma dove va Forza Italia. Doveva avere la Giustizia e non l’ha avuta, la Sanità e zero, ha avuto Antonio Tajani agli Esteri, che con Licia Ronzulli non è che vada d’amore e d’accordo. Gilberto Pichetto Fratin all’Ambiente e sicurezza energetica, che deve portarsi come consulente il ministro che c’era prima lui, Roberto Cingolani. E poi gli altri, tutti ministeri minori. Tutta scena.
Che vita avrà il governo? Le impuntature di Berlusconi, le fughe in avanti di Salvini...
La forza di questo governo è proprio la sua debolezza. Questi si fanno 5 anni. La Meloni ha il 26%, Salvini ha l’8% e meno Berlusconi. I due alleati minori da soli dove vanno senza Fratelli d’Italia? Ora stando al governo hanno la forza del potere, se scherzano Sergio Mattarella gli piazza subito un bel governo tecnico e sono finiti. Salvini ha mezza Lega contro, Veneto e Friuli non hanno un ministro al governo. Ora ha pure la grana della Lombardia, perché Letizia Moratti con la sua lista fa il 20%, ha Beppe Sala che l’appoggia e pure Azione. Se il Pd non fa sciocchezze, Salvini perde la sua regione. Se sta al governo ha potere, poi dove va.
Salvini ha scucito ministeri di peso.
Sull’economia ha Giancarlo Giorgetti, perché la Meloni pensava avrebbe avuto la copertura di Mario Draghi che invece non ci pensa proprio.
Con Giorgetti il draghiano?
Quando si è trattato di decidere se far cadere o meno l’esecutivo, Giorgetti si è subito riallineato a Salvini. E queste cose l’ex presidente Bce se le lega al dito.
Salvini ha le Infrastrutture.
Ma non gestirà i fondi del Pnrr ed è limitato dai poteri della Guardia costiera e del Ministero del Mare. Insomma, la Meloni quando concede qualcosa prevede sempre contrappesi.
Che succederà a Forza Italia?
Fin quando c’è Berlusconi restano dove stanno, e il Cavaliere sarà affidabile anche perché ci sono i figli a vigilare, e hanno il loro peso, ed è tornato in campo anche Gianni Letta. Poi Forza Italia si sfalderà, qualcuno con Salvini, qualcuno con Matteo Renzi, la maggioranza di FI salirà sul carro del vincitore, su Fratelli d’Italia.
Insomma, che ci aspetta?
Ci saranno un po’ di provocazioni, alcune concessioni. Ma i due alleati minori abbasseranno le penne. Ripeto, non possono fare diversamente, non hanno alternative. Con chi si alleano? Con chi fanno un nuovo governo? Il Pd è in coma profondo, morso ai fianchi dal M5s, c’è Renzi, ma ha il 6 per cento da dividere con Carlo Calenda. La Meloni ha il coltello dalla parte del manico.
Che leader è la Meloni?
Bisogna vederla ora sui fatti, per esempio che fa sulle partecipate, che nomine fa. E sulla sua squadra deve stare attenta, e riconoscere di chi si può fidare, tenendo conto anche dell’opportunità, che nella politica ha la sua importanza. Tutto il resto è ammuina che serve a fare i giornali.
(da Italia Oggi)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
HA VINTO L’ITALIA DEI BOTTEGAI E DELLA NEGAZIONE DELL’EMERGENZA… BASTA NON CONTARE PIU’ I DECESSI GIORNALIERI E SI MUORE FELICI E CONTENTI
Il governo Meloni è pronto a cancellare le multe ai No vax. Rinunciando all’incasso di un milione e 800 mila euro per le sanzioni comminate a chi ha aggirato l’obbligo vaccinale.
Ma dal primo novembre il ministro della Sanità Orazio Schillaci eliminerà anche le mascherine negli ospedali e nelle Rsa, oltre che in ambulatori e centri diagnostici.
Ovvero gli unici luoghi in cui erano ancora obbligatorie.
L’obbligo vaccinale in vigore fino al 31 dicembre non verrà rinnovato. Mentre sul lavoro potrebbe rimanere in vigore l’obbligo di mascherina per i colleghi che non rispettano la distanza di sicurezza.
Su questo una decisione si prenderà il 4 novembre. «Oggi la malattia è completamente diversa da una volta. E quindi stiamo facendo in modo che ci possa essere un ritorno a una maggiore liberalizzazione», ha detto ieri Schillaci.
Le quattro misure
Il governo si muove per le quattro misure che cancellano le regole dell’emergenza Coronavirus: dal primo novembre decadrà automaticamente l’obbligo di mascherine in ospedali e Rsa e non sarà rinnovato; nel decreto Aiuti sarà inserita una norma per cancellare le multe ai non vaccinati over 50 che non hanno proceduto all’immunizzazione entro il 15 giugno; l’obbligo per i sanitari scade il 31 dicembre; non sarà rinnovato; sul lavoro privato una decisione è attesa per il 4 novembre.
In maggioranza, fa sapere oggi la Repubblica, c’è anche chi pressa per bloccare subito l’obbligo vaccinale.
Intanto gli Ordini e le Asl sono fermi nelle procedure di identificazione e di sanzione di chi non si vaccina. Bloccare le sospensioni permetterebbe di far rientrare subito al lavoro i medici nel frattempo sanzionati. Sul Green pass, difeso dall’attuale ministro nei mesi scorsi, vige ancora l’obbligo di presentazione nelle strutture sanitarie. Ma ormai nessuno lo chiede più.
(da agenzie)
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Ottobre 28th, 2022 Riccardo Fucile
LA SPINTA CHE HA RISCHIATO DI FARLA RUZZOLARE E LA REAZIONE
Prima della “festa” per la fiducia ottenuta anche al Senato, la nuova Presidente del Consiglio dei Ministri si è resa protagonista di due mezze disavventure immortalate dalle telecamere puntate su di lei a Palazzo Madama.
Prima un piccolo “incidente” in fasi di saluto con due presenti, poi Matteo Salvini che la spinge e rischia di far cadere Giorgia Meloni per le scale dell’Aula. Due momenti differenti che, però, sono state immortalate e registrate.
Il primo “incidente” è stato provocato da un bacio a tre. Mentre due parlamentari si stavano congratulando con Giorgia Meloni perché a breve, dopo il voto di fiducia, sarebbe diventata ufficialmente la nuova Presidente del Consiglio dei Ministri con una dichiarata maggioranza parlamentare, è scattato il saluto con i baci sulla guancia di rito. Ma qualcosa è andato storto e la reazione della leader di Fratelli d’Italia è tutta un programma.
Poi, durante le fasi di votazione – mentre stava avvenendo la “chiama” per dire “sì o no” alla fiducia al nuovo esecutivo -, ecco che Matteo Salvini spinge Meloni e rischia di farla cadere.
La nuova Presidente del Consiglio e il leader della Lega stavano parlando con Silvio Berlusconi nella zona dell’emiciclo destinata ai senatori di Forza Italia. Poi è arrivata la “chiama” del segretario della Lega che per correre a rispondere ha travolto la leader di Fratelli d’Italia rischiando di farla cadere per le scale di Palazzo Madama.
E anche in questo caso la reazione di Meloni è stata immortalata dall’occhio indiscreto delle telecamere. Dopo esser stata colpita (senza che il leghista si fosse accorto del danno che la sua andatura stava provocando), la Presidente del Consiglio si è voltata verso di lui gridando qualcosa che possiamo riassumere così: “Matteo, ma che stai facendo?”.
(da NextQuotidiano)
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