Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
MELONI SI INVENTA LA “DELEGA AL MARE” CHE AFFIDA A MUSUMECI PER EVITARE LE CARNEVALATE DI SALVINI SULLA CHIUSURA DEI PORTI, LA LEGA NON CI STA E RICOMINCIA LA RISSA
Per Salvini, ottenuto il ministero delle Infrastrutture, cominciano i problemi. La delega “al mare” affibbiata all’ex governatore della Sicilia, Nello Musumeci, non è casuale.
Giorgia Meloni non vuole assistere di nuovo alla retorica dei porti chiusi che fece impennare i consensi per il Carroccio all’epoca del Conte I. E quindi, ha intenzione di togliere il potere di sorveglianza marittima al “Capitone”.
La Guardia Costiera, infatti, risponde al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (remember Toninelli?), ma nelle intenzioni della Meloni dovrà passare nelle mani del fedele “Pa-Nello”.
Salvini non ha intenzione di cedere. Spera di poter risalire nei sondaggi cavalcando di nuovo l’ondata migratoria. Non sa che gli italiani però non sono più così sensibili al tema, in un momento in cui sono preoccupati per le loro tasche, tra bollette alle stelle e razionamento in arrivo.
La Meloni vuole “commissariarlo” anche tramite la nomina dei viceministri: al MEF e alle Infrastrutture saranno piazzate delle personalità in grado di controllare e condizionare “Don Abbondio” Giorgetti e Salvini.
Che nel frattempo ha già iniziato con le sue sparate: dal Ponte sullo Stretto alla Gronda di Genova.
Auguri!
(da Dagoreport)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
SARA’ PER I TWEET COMPROMETTENTI CHE VERGAVA SU MATTARELLA DESCRITTO COME “UN ASPIRANTE DEMONIO”, “UN ROTTAME”, “OLTRE I CONFINI DEL RIDICOLO”? … MENO MALE CHE QUESTO E’ IL PIU’ “INTELLIGENTE” CHE LA MELONI ABBIA MAI CONOSCIUTO
Mattarella «un aspirante demonio», anzi »un rottame». Di più: «Oltre i confini del ridicolo». Sono solo alcuni dei tweet scritti da Giovanbattista Fazzolari e indirizzati al presidente della Repubblica negli anni passati. Messaggi rivelati da L’Espresso nell’articolo in cui Susanna Turco tratteggiava il profilo del fedelissimo di Giorgia Meloni, da settimane indicato come probabile ministro o sottosegretario nel governo Meloni e a sorpresa escluso dalle poltrone che contano.
Quei tweet oggi però sono diventati un macigno sulle ambizioni di Fazzolari, una carriera sempre al fianco di Meloni che lo ha incensato come «la persona più giusta e intelligente che abbia mai conosciuto».
E forse per intelligenza o per tatticismo, nelle scorse ore Fazzolari ha deciso di cancellare, letteralmente, il suo passato.
Il suo profilo Twitter, così ricco di commenti adatti per l’opposizione ma assai meno per un ruolo istituzionale, risulta infatti cancellato.
Dal tweet di lotta a quello di governo il passo è breve: basta un click. Ma i suoi messaggi, salvati per tempo dall’Espresso, rimangono.
(da l’Espresso)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
PRIMA LEGHISTA, POI PASSA AD AN, POI CON FINI IN FLI, POI RITORNA ALLA LEGA: HA INDUBBIAMENTO IL “MERITO” DI SALTAFOSSI… PREPARATEVI A SCUOLE OCCUPATE
Un ministro “sovranista” alla scuola, o meglio al ministero ridenominato “Istruzione e Merito”. Giuseppe Valditara, 61 anni, ex senatore di An (finiano) e leghista della prima ora: con Miglio, suo maestro, ha contribuito scrivere la bozza di Costituzione federale della Lega. Milanese di origine – papà ex partigiano e mamma insegnante – liceale al Berchet, poi laureato in Giurisprudenza attualmente è docente di diritto romano all’Università di Torino. E dunque torinese d’adozione.
Studioso del federalismo, direttore di Logos, un progetto vicino alle posizioni della Lega e Noi con Salvini, e presidente del think tank nato durante il lockdown Lettera 150, suo il libro “Sovranismo. Una speranza per la democrazia” e il più recente “L’Italia che vogliamo, (firmato con Alessandro Amadori e con la prefazione di Matteo Salvini), portato in tour dal segretario leghista, costituendo una sorta di programma del salvinismo: il “Manifesto della Lega per governare il Paese”, è il sottotitolo.
Il suo profilo è gradito a Fratelli d’Italia e corrisponde alla volontà della Lega di “riprendersi” la scuola dopo la parentesi di Marco Bussetti, che durante il governo Conte 1 nominò Valditara capo dipartimento per la Formazione superiore e la ricerca al Miur (Università e Istruzione erano insieme). Per lui, dunque, un ritorno a Viale Trastevere, ma stavolta da ministro.
Dopo gli esordi nel partito di Bossi, Valditara viene eletto senatore di An nel 2001 per tre legislature. Per An è responsabile del dipartimento Scuola e Università. Poi un passaggio in Fli, con Gianfranco Fini.
Infine il riavvicinamento alla Lega di Salvini, di cui è tra i consiglieri più vicini. Prima ancora Valditara era stato vicepresidente della Commissione bicamerale per l’infanzia e, nel 2000-01 assessore provinciale all’Istruzione e all’Edilizia scolastica della Provincia di Milano. E nel 1998 aveva collaborato con Pinuccio Tatarella alla redazione di uno statuto di autonomia particolare per la regione Puglia.
I sindacati sono già pronti a presentare al neoministro tutti i nodi da affrontare per la scuola, dal contratto da rinnovare al reclutamento dei precari e certo non lo seguiranno sull’ipotesi di autonomie differenziate.
I prof lo temono perché si presenta con il biglietto da visita di “relatore della legge Gelmini”, i cui tagli rappresentano ancora una ferita per il mondo della scuola.
Nel governo Berlusconi infatti è stato relatore di maggioranza della riforma Gelmini, per la parte dell’università, il dicastero che avrebbe preferito guidare. Le sue prima parole? Affidate a un tweet: “Aver coniugato Istruzione e merito è un messaggio politico chiaro”.
(da Open)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
L’ETA’ MEDIA E’ DI “APPENA” 60 ANNI… IL MANUALE CENCELLI: 10 FDI, 5 LEGA, 5 FORZA ITALIA, 6 PRESUNTI TECNICI, NIENTE POLTRONE AI MODERATI DI LUPI… PENALIZZATO IL SUD
Il governo di Giorgia Meloni sarà composto di 26 membri, ovvero la stessa presidente del Consiglio, il sottosegretario della presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e 24 ministri, di cui due con anche il ruolo di vicepresidente del Consiglio.
Secondo i dati elaborati da YouTrend, l’età media dei membri del governo è di 60 anni, con la stessa Giorgia Meloni che sarà la più giovane (45 anni) e Maria Elisabetta Alberti Casellati che sarà la più anziana (76 anni).
Il Consiglio dei ministri sarà composto da 19 uomini e 7 donne (che sono dunque il 27 per cento).
Saranno quindi: 10 membri di Fratelli d’Italia, 5 per Lega e Forza Italia e 6 presunti tecnici, mentre resta senza rappresentanti Noi Moderati.
In 7 hanno già fatto parte di un governo, mentre per 19 (il 73 per cento del totale) sarà la prima volta. L’anzianità media in anni trascorsi nel parlamento italiano è di 9 anni
Sarà un governo a trazione settentrionale, con 5 membri provenienti dalla Lombardia (regione più rappresentata insieme al Lazio), 3 dal Veneto e dal Piemonte, 2 da Emilia-Romagna, Campania e Puglia, uno da Liguria , Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna.
Il 35 per cento viene dunque dal nord ovest, il 23 per cento dal nord est, il 19 per cento dal centro, il 15 per cento del sud e l’8 per cento dalle Isole.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
LA PROCURA HA CONTESTATO SOLO L’ECCESSO COLPOSO DI LEGITTIMA DIFESA, INVECE CHE QUELLO DI OMICIDIO VOLONTARIO… NEGATA ALLA DIFESA UNA COPIA FORENSE DEL CELLULARE DEL LEGHISTA
Sono state chiuse le indagini sulla morte di Youns El Boussettaoui, l’uomo di 39 anni ucciso da un colpo di pistola sparato da Massimo Adriatici, ex assessore leghista di Voghera (Pavia). L’episodio risale al 21 luglio 2021. Nonostante la richiesta di contestare all’avvocato il reato di omicidio volontario, la Procura ha riconosciuto quello di eccesso colposo di legittima difesa.
Una decisione che non trova in accordo i familiari della vittima, in primis la sorella. Fin dall’inizio di questa vicenda, sono stati diversi gli ostacoli che gli avvocati Marco Romagnoli e Debora Piazza, che assistono la famiglia, si sono trovati davanti. Da ultimo, il diniego di poter prelevare una copia forense del cellulare di Adriatici che potrebbe fornire alcuni chiarimenti su quanto accaduto quella sera.
Non l’abbiamo ricevuta a causa del diniego del pubblico ministero che poi il giudice per le indagini preliminari ha confermato. Non c’è concesso prelevarla, ma osservarla negli uffici della Procura e sorvegliati a vista da un carabiniere.
C’è proibito a estrarne copia anche solo parziale e questo significa che siamo ridotti a copiare a mano quello che riteniamo essere di interesse. Il diniego arriva perché loro dicono che va tutelata la riservatezza della vita dell’indagato.
È una cosa che solitamente succede in altri casi?
Non ho memoria che sia mai accaduto.
Non è la prima volta che vi vietano di ottenere elementi di prova. Era già successo con l’acquisizione dei video delle telecamere installate a Piazza Meardi.
Sì e abbiamo presentato un’impugnazione davanti al gip. Quella volta ci diede ragione. Invece quando abbiamo fatto impugnazione sulla copia forense del cellulare, il gip l’ha dichiarata inammissibile.
È stata un’interlocuzione con l’autorità giudiziaria a senso unico, nel senso del no. Siamo dovuti arrivare in Cassazione per farci dire che eravamo legittimati a opporci al diniego, opposizione che non è stata comunque accolta in pieno perché c’è stato concesso solo di osservare la copia e copiarla a mano.
Chi è del settore sa che è assolutamente svilente. La copia forense di un telefono contiene migliaia di informazioni e pensare di doverle appuntare a mano o reperirle in quattro ore di tempo, sorvegliati a vista dai carabinieri, anche nella difficoltà di comunicare con chi ci segue nella strategia difensiva, è veramente inutile.
Cosa vi aspettate di trovare nel cellulare?
Il cellulare contiene molte informazioni legate alle posizioni, agli spostamenti. Qualsiasi elemento può essere utile a costruire la realtà dei fatti.
Credete quindi che la Procura vi stia ostacolando in qualche modo?
Sicuramente non sta agevolando l’interlocuzione con la difesa della persona offesa. Bisogna ribadire che la difesa della persona offesa è la parte processuale che in teoria insieme al pm sostiene l’accusa. Solitamente c’è un’interlocuzione, che è sempre costruttiva.
La pubblica accusa infatti raccoglie elementi per accertare la verità e capire se un soggetto possa essere ritenuto responsabile di un reato o meno e lo stesso la persona offesa. Questa infatti raccoglie elementi a sostegno della condotta che l’ha danneggiata. Solitamente si interloquisce in maniera molto più snella e costruttivo. In questo procedimento tutto questo non c’è.
Ma perché? Perché Youns è straniero e Adriatici è un politico e avvocato?
Vedremo poi nel tempo le motivazioni. Sono decisioni che rimangono nell’ambito processuale, certo è che si poteva avere un atteggiamento più costruttivo.
Questo procedimento comincia con un’autopsia senza l’avviso delle persone offese quindi è già partito con un’esclusione delle persone offese in un’attività la cui presenza era dovuta. Ci è stato detto che si sono sbagliati perché pensavano che non avesse parenti quando invece li aveva. Ed è proseguita in questi termini.
Perché non sono stati presi in considerazione diversi elementi emersi durante le indagini, come per esempio il possibile pedinamento di Adriatici?
Sono delle valutazioni relative al capo di imputazione che è stato formulato, di cui la Procura se ne assume la paternità. Vedremo poi quando discuteremo questi temi davanti a un giudice, quale sarà la sua decisione.
Un’altra cosa che rimane un punto interrogativo a cui non so dare risposta è che sembrerebbe scomparsa la contestazione del munizionamento proibito. Quella non abbiamo avuto traccia o notizia. La Procura non ha voluto contestarla.
Ci sono quindi dei punti oscuri in queste indagini?
Diciamo che non c’è stato un atteggiamento costruttivo con la difesa delle persone offese. Si potevano evitare molte cose che ci avrebbe reso la vita più semplice. La copia forense è l’ultima.
Può essere cambiato quindi capo d’imputazione?
L’ultima parola è del giudice che dovrà verificare, quando la Procura chiederà il rinvio a giudizio, se la contestazione è a suo avviso formulato dalla Procura è conforme ai fatti così come emergono dagli atti.
Sabato ci sarà un presidio fuori dalla Procura giusto?
Sì, ci sarà la sorella. Io non ci sarò perché condurrò la battaglia in sede giuridica, non in piazza. Do la mia massima solidarietà a chi parteciperà.
(da Fanpage)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
TROVATA UNA SVASTICA SUL CARTELLO D’INGRESSO ALLA STRUTTURA
Un incendio ha distrutto un centro di accoglienza che ospitava principalmente profughi ucraini a Gross Stroemkendorf, in Germania. Il rogo, di proporzioni enormi, ha ridotto in cenere la struttura: nessuno dei rifugiati è rimasto ferito, ma secondo la polizia quello di ieri è stato un incendio doloso dietro il quale si nasconderebbe un movente politico.
Le fiamme hanno iniziato a propagarsi all’interno del centro, che si trova nel nord della Germania, nel Land del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, nella notte tra mercoledì 19 e giovedì 20 ottobre. In quel momento al suo interno c’erano 17 persone, 14 rifugiati ucraini e tre dipendenti dell’associazione nazionale della Croce Rossa. Sono stati questi ultimi a lanciare l’allarme consentendo ai vigili del fuoco di intervenire tempestivamente e domare le fiamme che hanno però intaccato la struttura in maniera irreversibile.
Insieme con i pompieri sono giunti anche gli agenti di polizia che hanno effettuato i rilievi e avviato le indagini per ricostruire l’accaduto. Gli elementi raccolti finora indicherebbero un incendio di origine dolosa e quasi sicuramente secondo gli inquirenti dietro l’accaduto potrebbe nascondersi un movente di natura politica.
Lo scorso fine settimana la polizia era già intervenuta dopo che sul cartello d’ingresso del centro era stata disegnata una svastica. “Per quello che ho potuto vedere, sono abbastanza sicuro che l’incendio sia stato appiccato intenzionalmente”, ha dichiarato l’amministratore distrettuale Tino Schomann.
Il nord della Germania e il land del Meclemburgo-Pomerania è uno di quelli dove l’estrema destra di Alternative für Deutschland è più forte: è il secondo partito e supera la soglia del 25 per cento di consensi. Il vecchio hotel adibito a centro d’accoglienza è stato aperto nell’aprile 2021 e ha sempre ospitato negli ultimi tempi rifugiati ucraini.
(da Fanpage)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
“IL MIO PAESE E’ UNA LEZIONE IN NEGATIVO PER IL MONDO, NON IMPARIAMO DALLA STORIA E RIPROPONIAMO IDEOLOGIE CHE PROVOCARONO CATASTROFI”… “IL SOVRANISMO DI PUTIN GLI SERVE SOLO PER MANTENERE IL POTERE”
“La Russia è una distopia divenuta realtà. Vi succedono cose che gli altri Paesi dovrebbero osservare ed evitare di ripetere”. Dmitry Glukhovsky non è per niente lusingato se gli si dice che quanto ha scritto nei suoi romanzi si sta avverando: “Sono inorridito. Quando mi arrivano le immagini della gente che si rifugia e vive nelle stazioni e nelle gallerie delle metropolitane di Kyiv o di Kharkiv, non riesco a credere che sia la realtà”. Lo scrittore non pensa che Putin userà armi nucleari, anche se “è pericolosamente ossessionato dalla necessità di non perdere”.
Glukhovsky è l’autore di Metro 2033, che ha venduto oltre due milioni di copie in 35 lingue, è diventata una trilogia letteraria, una popolarissima serie di videogiochi e un “universo” in franchising a cui contribuiscono scrittori di più Paesi. Partendo dalla constatazione che “la metropolitana di Mosca è il più grande rifugio antiatomico al mondo”, nel romanzo — scritto da giovanissimo, oltre vent’anni fa — immaginava che dopo una guerra nucleare i sopravvissuti ricreassero una cruda civiltà nel metró moscovita.
Metro 2033 descrive un universo sotterraneo “sovranista”: ogni stazione è un piccolo Stato in guerra con gli altri nel nome di ideologie dissotterrate dal mondo che fu. “È una proiezione di quello che da ragazzo vedevo nella società russa: nel caos degli anni ’90 prosperarono nostalgia dello stalinismo e culti nazisti”. Il libro era “un avvertimento a non percorrere strade che la Russia poi ha percorso costruendoci sopra la propaganda per giustificare l’ingiustificabile”. Oggi, è una lezione per chi anche altrove “rivaluta pezzi di ideologie che nella Storia hanno provocato catastrofi”. E il sovranismo alla Putin “è solo un modo per restare al potere”.
Fanpage.it ha raggiunto lo scrittore via Zoom nella località segreta in Europa dove vive. In Russia rischierebbe fino a 15 anni di prigione: è stato incriminato per aver “discreditato le forze armate” di Putin. Pochi giorni fa è stato dichiarato “agente straniero”.
Nei romanzi e nei videogiochi di cui è autore, i sopravvissuti a un conflitto termonucleare totale vivono nella metropolitana di Mosca. Cosa pensa quando vede le persone che oggi si rifugiano in quella di Kyiv?
Provo orrore. Ci confrontiamo con una realtà incomprensibile. In un mondo che pensavamo si fosse messo alle spalle i grandi drammi del Ventesimo secolo, le carneficine di massa, il fascismo e la stupidità di chi crede alla propaganda, si lanciano missili sulle città e si manda al massacro gente in base a propositi, obbiettivi e missioni inventati da un regime. Penso alla mobilitazione proclamata in Russia.
Una cosa che colpisce nel mondo di “Metro 2033” è il riproporsi delle ideologie e delle dinamiche che portano al peggio. Succede anche nella realtà di oggi?
Ho scritto il romanzo a 17 anni, e con tutta l’ingenuità di quell’età volevo dare un avvertimento al mondo. Le “profezie” del libro sono assurde quanto la realtà attuale. Metro 2033 è un libro di protesta. Contro la tendenza degli esseri umani a riesumare le peggiori cose del passato. Nelle stazioni e nei tunnel, dopo il giorno dell’apocalisse, i sopravvissuti ricreano il vecchio mondo con le sue guerre e le sue ideologie velenose.
Quindi la storia non insegna niente all’umanità?
L’idea era quella. Anche se i più grandi errori e crimini possibili condannassero l’Umanità all’estinzione, i sopravvissuti cercherebbero di ripristinare il vecchio mondo con tutte le sue peggiori contraddizioni.
E quindi fiorirebbero nazisti e comunisti “sotterranei”, come nella sua fiction?
Capisco che possa sembrare solo una trovata “di genere”. Soprattutto se non si conosce la società russa. Perché a quella mi sono ispirato. Dalla fine dell’Urss, i russi sono alla ricerca di un’ideologia. Rimasti di colpo senza identità, si son sentiti come cani randagi e hanno iniziato a dissotterrare il vecchio comunismo, e anche il nazismo. Che negli anni ’90 prosperava, nel Paese.
È il caos sociale ed economico degli anni ’90 in Russia ad ispirare l’universo di Metro 2033, e la sua carica di preveggenza?
I marchi ideologici e gli schemi che emersero allora sono gli stessi che la propaganda del regime di Putin sta usando oggi per giustificare l’ingiustificabile. Ma Metro 2033 non è certo un romanzo di rivelazioni. Semmai di presagi. È una proiezione nel futuro di quel che conoscevo della società russa. Una mia suggestione di come gli avvenimenti avrebbero potuto succedersi. Voleva anche essere un’opera coscientemente assurda. Estrema.
Il mondo del suo libro è “multipolare”: ogni stazione della metropolitana è uno Stato. Lo definirebbe “sovranismo”. Ed è il sovranismo l’idea forte di Putin, oggi?
È solo un modo per isolare la Russia dall’Occidente ed evitare ogni esercizio di soft power da parte di America ed Europa nei confronti della società russa. Putin ha il terrore di una “rivoluzione colorata” che privi del potere lui e i suoi successori. Per questo tuona contro l’ordine mondiale americano e in favore del recupero della sovranità e del multipolarismo. Per questo cerca seguito tra le forze della destra alternativa e della sinistra anti-Usa e anti-Nato in Occidente.
Perché Putin è così ossessionato dalle “rivoluzioni colorate”?
Ha neutralizzato gli oligarchi mandandoli in galera, espropriandoli delle loro attività a favore di vecchi amici ed ex colleghi del Kgb oppure riducendoli alla più assoluta fedeltà. Ha poi addomesticato l’intera classe politica: da almeno 15 anni non ha opposizione nel Parlamento. Restava solo la possibilità di una rivolta popolare, a preoccuparlo. Quindi, controllo totale dei servizi di sicurezza e repressione ferrea. E si cerca di isolare la Russia dalle influenze politiche e culturali dell’Occidente. In particolare, dopo la rivoluzione ucraina del 2014 e dopo le recenti rivolte in Bielorussia e in Kirghizistan, l’ossessione nei confronti delle presunte intenzioni dell’Occidente di spodestarlo è diventata una paranoia grave, per Putin
Insomma alle prese di posizione anti-occidentali del presidente russo non corrisponde alcun ideale?
Nessuno. Sono solo un mezzo per conservare il potere. Putin non ha un’ideologia.
Eppure la dimensione ideologica è diventata diventata portante nella narrativa del Cremlino.
La generazione attualmente al potere soffre dei postumi di una sbornia ideologica: è cresciuta con l’ideologia comunista, l’ha vista cadere ed è diventa cinica, pragmatica e dedita solo a far soldi in ogni modo possibile. Poi, con l’annessione della Crimea, compiuta per distrarre la nazione dalla calo del tenore di vita, la narrativa imperiale e anti-occidentale è diventata il fondamento del regime. La classe dirigente deve ora sostenere un imperialismo che punta al recupero delle posizioni che furono dell’Urss. E Il totem di questa pseudo-ideologia è Stalin. In grado di proiettare forza e potere, di piegare le nazioni europee geograficamente più vicine e di espandere la sfera d’influenza della Russia che fu degli zar. Un dittatore temuto. La paura in Russia è importante. Specialmente per i sostenitori di Putin, che spesso scambiano la paura che hanno di lui per rispetto. Tutto questo non significa che si voglia tornare al comunismo sovietico. La giustizia sociale non è un argomento che interessa al regime.
C’è una responsabilità collettiva dei russi per questa guerra?
È nata come la guerra di Vladimir Putin e resta la guerra di Vladimir Putin. Che ne ha allargato la responsabilità al cerchio più stretto dei suoi collaboratori per condividere con loro il sangue ucraino di cui ogni giorno si macchia. Il suo gioco è di coinvolgere nella responsabilità tutti i russi, certo. Quindi, dire che la responsabilità è del popolo russo significa fare il gioco di Putin. Sarebbe un errore. I russi son stati portati al macello come un gregge. Non vogliono combattere. Solo non sanno come fare resistere contro il regime. Hanno un’atavica paura dello Stato. Ogni famiglia ha il ricordo di parenti giustiziati o spediti in un campo di lavoro nell’era sovietica. Ma nonostante leggi sempre più dure, ci sono state lettere aperte e proteste di piazza. E 17mila arresti. A causa della potente macchina propagandistica ci sarà un 20% a favore della guerra. Ma non di più. I sondaggi poi in Russia non sono affidabili. Si evita di rispondere o si risponde quel che è ritenuto accettabile dal regime. No, in generale i russi non sono responsabili per quel che sta succedendo.
Perché Putin ha invaso l’Ucraina? Non le chiedo un’analisi geopolitica. Se ne fanno anche troppe. Ci sono motivi di fondo che i cosiddetti esperti trascurano?
La Russia stava diventando un normale Paese moderno. Putin tenta di fermare il tempo. Di scaraventare l’intera nazione, attraverso il sangue, ai tempi in cui nel mondo trionfavano il comunismo e il nazional socialismo. Per prevenire i cambiamenti che potenzialmente potevano privarlo del potere e delle ricchezze accumulate. Putin sta cercando, attraverso questo immenso sacrificio umano, di sacralizzare il suo potere.
Ovvero?
La vittoria dell’Unione Sovietica nella Grande guerra patriottica (così i russi chiamano la Seconda guerra mondiale, ndr) è la maggior legittimazione del potere di Putin. Fu “una vittoria con le lacrime agli occhi”, come si dice da noi. Perché fu pagata col sangue da ogni famiglia russa. “Siamo gli eredi dei trionfatori di allora”, dice oggi il presidente ai cittadini. E fa la guerra agli Ucraini accusandoli di essere nazisti. Così crea un contratto più emozionale che ideologico secondo cui se sfidi lui sfidi la sacra memoria dei tuoi antenati. In pratica, ha messo in scena una nuova Grande guerra patriottica, che dovrebbe assicurare al suo regime una sacra, irrazionale giustificazione.
Lo scopo è, ancora una volta, quello di conservarsi al potere?
E di passare alla Storia come un nuovo Pietro il Grande o un nuovo Stalin. Per vent’anni Putin è stato l’onnipotente capo della Russia. Ha potuto promuovere chiunque, azzerare la carriera di chiunque, far uccidere persone. Ha potuto fare qualsiasi cosa. Poi si è annoiato. E ha deciso di diventare un grande personaggio storico. Riunendo alla Patria i territori perduti e sacralizzando il suo regime con il sangue dei caduti. In modo che il regime possa durare per generazioni.
Se è così, Putin questa guerra non la può proprio perdere. Potrebbe usare le armi nucleari?
Non credo. Vuol solo risolvere le sue personali questioni. Semmai al costo di vite altrui, ma non della sua. Non pensa ad Armageddon. Non è un fanatico disposto a sacrificarsi per la Patria o qualche alto ideale. È vero che non può perdere. Ha un complesso di inferiorità. Deve provare a se stesso che sarà rispettato da tutto il mondo come il più forte, quello che vince sempre. Questo potrebbe portarlo a una escalation pericolosa.
Perché voi scrittori russi oggi vi dedicate soprattuto a romanzi distopici? Perché evitate il realismo?
Per evitare la volgarità di esser troppo letterali. E per non esser così rilevanti da diventare subito obsoleti. Eppoi, in Russia la Storia ha spesso un andamento circolare. La Russia è un Paese distopico. Dove accadono cose che gli altri Paesi farebbero bene a osservare con cura per evitare che si ripetano da loro.
(da Fanpage)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
IERI TREMILA PERSONE HANNO MANIFESTATO CONTRO IL PROGETTO E I COMITATI DEL “NO” SI PREPARANO GIÀ A RAFFICHE DI RICORSI AL TAR
«Se la nave arriverà bloccheremo la città. Siamo più di 3 mila, questa è la risposta dei piombinesi contro l’arroganza del commissario Giani che non ci ha voluto incontrare. Giani dimettiti. Piombino non molla. Giù le mani dalla nostra città». Sono questi alcuni dei messaggi, lanciati a voce o attraverso striscioni, dai manifestanti che ieri a Piombino (Livorno) hanno protestato contro il progetto del rigassificatore nel porto.
Oggi a Firenze nella sede della Regione Toscana, l’impianto potrebbe ricevere il via libera dalla conferenza dei servizi. Poi, entro il 27 di questo mese il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, che è anche commissario straordinario per l’opera, potrebbe esprimersi sull’autorizzazione definitiva. Ma i comitati del no preparano già ricorsi al Tar.
Il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari (di Fratelli d’Italia, ma la protesta è trasversale) ha accusato Giani di travalocare le sue funzioni: «Non è stato nominato commissario per autorizzare, ma solo per verificare se l’opera è autorizzabile, e non lo è».
Il rigassificatore di Piombino è nel numero delle infrastrutture considerate essenziali dal governo per rendere l’Italia indipendente dal metano russo; accresce infatti l a capacità di ricevere gas vi a mare da fornitori alternativi. Non si tratta di un impianto fisso ma galleggiante e provvisorio: il progetto della Snam prevede di posizionare in porto la nave rigassificatrice Golar Tundra dal prossim aprile; vi rimarrà tre anni, per poi essere spostata al largo della costa. Questa soluzione è stata proposta anche per rassicurare la popolazione sulla provvisorietà della presenza del rigassificatore, ma non è bastata a tranquillizzare molti abitanti di Piombino, che temono gli incidenti e l’inquinamento e sono scettici sul fatto che la Golar Tundra in futuro se ne vada davvero.
«Erano anni che una manifestazione del genere non si vedeva in città» hanno fatto sapere i comitati anti-rigassificatore da un improvvisato palco durante il comizio finale della manifestazione. «È un evento trasversale, qui c’è l’anima di Piombino, e i politici non hanno capito niente. Non ci fermeremo qui, la nostra è una risposta alla Regione e al governo». Tanti i negozi che hanno esposto cartelli contro il rigassificatore e abbassato le saracinesche al passaggio del corteo.
(da La Stampa)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
“C’È UNA RISERVA INDIANA PRONTA A CORRERE IN SOCCORSO DELLA MELONI”… “IL GOVERNO NASCE MORTO O GRAVEMENTE MALATO. È GIÀ PIENO DI RANCORI”… “L’AUDIO È UN CANONE DELLA SUA COMUNICAZIONE: SA BENE CHE POI ESCE FUORI. ESCLUDO CHE SIA STATO UN INCIDENTE”
Paolo Guzzanti, ha capito quale è il disegno di Berlusconi?
“Azzoppare Giorgia Meloni direi”.
Ma non devono fare il governo insieme?
“Non è detto”.
Come non è detto?
“Meloni, con l’elezione di La Russa, ha dimostrato che può fare a meno dei voti di Forza Italia”.
Pensa a un’altra maggioranza?
“Più in là potrebbe accadere. C’è una riserva indiana pronta a correre in soccorso”.
E Berlusconi?
“Non è disposto ad inghiottire un simile rospo. Perdipiù lei gli ride in faccia”.
Quanto possono durare?
“Non avranno vita lunga. Il governo nasce morto o gravemente malato. È già pieno di rancori”.
Oggi sono tutti al Quirinale
“I ministri decisivi alla fine li suggerirà Mattarella”.
Lei Berlusconi lo conosce bene.
“Non sono mai stato uno del suo cerchio magico, ma mi considero un suo amico. Ho fatto il parlamentare del Pdl e scritto un libro intervista Guzzanti vs Berlusconi.L’anno prima dell’uscita di quel libro avevo però lasciato Forza Italia”.
Perché?
“Nel 2008 Putin invase la Georgia. Il Cavaliere ci riunì nella sala del Mappamondo e disse che “Putin avrebbe attaccato per le palle il presidente georgiano””.
E lei?
“Gli spiegai che ero sconvolto. Da presidente della Mitrokhin ero stato attaccato dai russi. “Guarda che Vladimir è un uomo dolcissimo”, mi disse lui”. (Guzzanti imita la voce di Berlusconi)
Nell’audio dice che Putin gli ha scritto una lettera dolcissima.
“Ha usato lo stesso aggettivo di allora. Non dubito della sua sincerità emotiva”.
Politicamente non è devastante?
“Mette una zeppa sul cammino della Meloni, per renderle difficile la vita”.
Ma perché?
“Penso che lui si sia sentito offeso che lei non abbia accettato i suoi ministri”.
Non è stupito dell’audio?
“Ma no, è un canone della sua comunicazione: lui sa bene che poi esce fuori. Escludo che sia stato un incidente”.
Cosa glielo fa dire?
“La psicologia di Berlusconi mira all’approvazione anche da un punto di vista emotivo, così ottiene un grande ascolto e ruba la scen a tutti”.
Bisogna fare ancora i conti con lui?
“Quante volte è stato scritto che il berlusconismo è morto? Ed eccolo ancora in prima pagina”.
Però Forza Italia può stare al governo?
“Lui si fa forte del fatto che ha sempre votato i provvedimenti pro Ucraina”.
Berlusconi soffre il decisionismo di Meloni?
“Si capisce. La volle nel suo governo quando lei era una ragazza. C’è anche l’elemento dell’ingratitudine”.
Sono compatibili?
“Meloni è una statalista, non ha nulla di liberale”.
Berlusconi lo è?
“Si vanta di averli tolti dalla polvere. È geloso di un patrimonio ideologico ed elettorale svanito. Gli brucia ancora l’esclusione dal Parlamento nove anni fa”.
È una ferita aperta?
“Sì, lo vedo dalle espressioni del viso”.
Sull’Ucraina ha taciuto per mesi.
“Poi ha rotto il silenzio affermando che nel 2008 sconsigliò Putin di aggredire l’Ossezia. Era un modo per dire: se mi avessero coinvolto lo avrei dissuaso anche stavolta”.
Berlusconi è in affari con Putin?
“Quando ruppi divenni molto popolare coi georgiani, loro erano convinti che fosse in affari con Putin sul gas. Provarono ad indagare ma non trovarono niente”.
È ricattabile, insinua Meloni.
“I tempi del lettone e di Silvio col colbacco mi sembrano finiti”.
Perché l’ha detto?
“Andrebbe chiesto a lei, che però si guarda bene dal dirlo. Perché non spiega a cosa allude?”.
(da agenzie)
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