Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL CUORE DELLA “GRANDE MELA”, TIMES SQUARE, POTREBBE OSPITARE UN CASINÒ: MANHATTAN È UNA DESTINAZIONE DA SOGNO PER I GESTORI DI CASE DA GIOCO,,, L’ASSOCIAZIONE CHE RACCOGLIE I 700 TEATRI DI BROADWAY SI È OPPOSTA
Mercato di cavalli a cielo aperto a fine Ottocento, nel Novecento crocevia e cuore del quartiere dei teatri e dei cinema art déco fino alla decadenza degli anni Settanta e Ottanta quando diventò ricettacolo di teatrini equivoci, prostituzione, spaccio.
Times Square è New York, cuore della Midtown di Manhattan e uno dei «brand» più famosi della città. Dagli anni Novanta del secolo scorso è stata trasformata – in nome del business, con la scusa della sicurezza – in meta turistica per famiglie con grandi negozi e catene di ristoranti, e una grande sezione è stata pedonalizzata (attirando varia umanità).
Oggi è più sicura, abbastanza anonima, relativamente più pulita. Il caos sordido immortalato in Taxi Driver è poco rimpianto dai newyorchesi (ai quali manca però la New York più creativa e molto meno cara di quei tempi). Ma che Manhattan diventi Las Vegas fa impressione: mancava un casinò, a Times Square, ma le cose potrebbero presto cambiare (come sempre in nome del business).
Ci sono in ballo tre nuove licenze per casinò concesse dallo Stato di New York, e Manhattan è una destinazione da sogno per i gestori di case da gioco: la SL Green Realty Corporation e la società di gioco d’azzardo Caesars Entertainment hanno immediatamente messo gli occhi su Times Square, dove i turisti abbondano e, come avrebbe detto, secondo la leggenda, il genio del circo P.T. Barnum, «di polli da spennare ne nasce uno al minuto». La location è pronta: 1515 Broadway, dove c’è il teatro Minskoff, che attualmente ospita il musical Disney The Lion King .
Gli investitori presentano il progetto come «un’opportunità unica per consolidare ancora una volta Times Square come la più grande area di intrattenimento del mondo»: oltre al casinò lo spazio includerebbe anche ristoranti, un hotel e un centro benessere. Hanno promesso massicci investimenti non ancora resi pubblici nella sicurezza e nelle infrastrutture un po’ traballanti (la fermata del metrò è decisamente fané ): così SL Green e Caesars cercano il sostegno delle imprese locali per ottenere la licenza, ma la potente Broadway League – l’associazione che raccoglie i 700 teatri di Broadway – si è opposta.
In un’email pubblicata dal New York Times , la Broadway League scrive: «L’aggiunta di un casinò travolgerebbe un’area già congestionata e metterebbe a repentaglio l’intero quartiere la cui esistenza dipende dal successo di Broadway. Broadway è una risorsa fondamentale per il turismo e metterne a rischio la stabilità sarebbe dannoso per tutta la città». La Actors’ equity association, sindacato degli attori teatrali, è invece a favore, sposando la linea del «più sicurezza e più business» sostenuta da SL Green e Caesars, ma il no della Broadway League pare al momento insormontabile.
(da Corriere della Sera)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
CI SONO FORNITURE DI GAS, MAXI APPALTI PER LA TV DEL CREMLINO, IL RUOLO DI EX AGENTI DEL KGB… NELLA SECONDA METÀ DEGLI ANNI OTTANTA, BERLUSCONI ENTRA A FAR PARTE DI UN NETWORK DI INFLUENZA SOVIETICO
Gazprom, la tv russa, Yukos, i servizi russi.
Per capire la connessione tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin bisogna esplorare questo quadrato e i suoi grandi filoni, alcuni ancora da chiarire nei dettagli, ma certo ogni volta che i due si sono avvicinati, una serie impressionante di alert si è accesa nelle diplomazie e nei servizi internazionali.
Uno, su Gazprom e la rivendita del gas russo in Europa (dall’Austria all’Ucraina, passando per l’Italia) attraverso strati di società complesse che appaltavano una parte dei profitti ad amici personali di Putin.
Due, sul ruolo di uomini di Berlusconi nella costruzione della tv di stato del Cremlino e l’infrastruttura di rete delle tv russa.
Tre, sull’esproprio putiniano di Yukos, il gigante petrolifero di Mikhail Khodorkovsky, e aziende italiane che ne acquisirono pezzi.
Ma innanzitutto bisogna capire una cosa: i rapporti del Cavaliere con la Russia iniziano da molto prima di questi sciagurati audio contro Zelensky, partono quando l’Urss è ancora in piedi, nella seconda metà degli anni ottanta, e Berlusconi entra a far parte di un network di influenza sovietico, prima che russo.
Secondo Catherine Belton, che ha scritto il libro fondamentale sulla materia, nel 2005 (quando scoppia il caso Centrex, la presunta rivendita di favore di gas russo ad amici del Cavaliere), «gli uomini di Putin stavano ricostruendo relazioni sulla base delle connessioni forgiate tanto tempo prima, nell’era sovietica, quando Berlusconi era stato uno degli intermediari che lavoravano in contatto ravvicinato con il Politburo sovietico».
Belton non è mai stata smentita dal Cavaliere. L’iniziale intento di queste operazioni «era creare una piattaforma dalla quale la Russia poteva cercare di influenzare la politica europea», come ha rivelato a Belton Michel Seppe, un ex capo dell’intelligence austriaca, che un tempo aveva lavorato strettamente con un uomo del Kgb. Di nome Andrey Akimov.
Cosa accade nel 2005?
Due uomini di Putin, Andrey Akimov, appunto, e Alexander Medvedev, due finanzieri legati al Kgb (il secondo solo omonimo di Dmitry, il presidente delle esternazioni ultra guerrafondaie di questi mesi), insediati a capo di Gazprombank e del braccio per le esportazioni, Gazpromexport, cominciano a creare una serie di società estere da usare nella rivendita di gas con creazione di fondi offshore e corruzione all’estero. A Berlino Gazprom Germania viene riempita di ex uomini della Stasi. Stessa cosa in Rosukrenergo (piena di ex di Kgb e Stasi), l’azienda a cui viene concessa la rivendita di gas russo in eccesso dall’Ucraina all’Europa.
A Vienna l’uomo chiave del network Akimov-Medvedev è Martin Schlaff, ex agente della Stasi, che aveva lavorato a Dresda (come Putin). In Italia Akimov e i suoi settano una società, Centrex Central Energy Italian Gas Holding, che aveva questa struttura societaria di base: al 41,6 per cento aveva come azionista Centrex e Gas AG (la casa madre a Vienna), al 25 per cento Zmb (la sussidiaria tedesca di Gazprom Export, in pratica il Cremlino), e al 33 per cento due società milanesi, Hexagon Prima e Hexagon Seconda, che avevano il medesimo indirizzo societario a Milano, intestate a Bruno Mentasti Granelli, l’ex patron di San Pellegrino, grande amico di Silvio.
Una commissione parlamentare se ne accorse. L’accordo Centrex, accettato prima dell’estate 2005 dall’Eni (Vittorio Mincato, che non voleva, era stato sostituito con Paolo Scaroni, oggi in pista per il ministero dell’Energia del governo Meloni), a ottobre fu messo in stand by indefinito per i rilievi del Cda e dell’Antitrust. Ma lo schema era chiaro. L’anno successivo Scaroni rinnova fino al 2035 l’appalto di gas da Gazprom, a prezzi non proprio convenienti, se si considera che in quegli anni emergono le potenzialità dello shale gas, e i prezzi si abbassano ovunque.
Parlamentari italiani, anche del partito di Berlusconi se ne lamentarono con l’ambasciata Usa. Tre anni dopo, in un cablo svelato da Wikileaks, l’allora ambasciatore americano a Roma Ronald Spogli scrisse che la vera natura dei rapporti tra Berlusconi e Putin era «difficile da determinare»: «L’ambasciatore georgiano a Roma ci ha detto che il governo della Georgia ritiene che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti da eventuali condotte sviluppate da Gazprom in coordinamento con Eni».
Il Cavaliere ha sempre smentito tutto, ma la cosa arrivò anche al Parlamento europeo, attraverso il report di Roman Kupchinsky. Gli americani lamentavano che le affermazioni putiniane di Berlusconi indebolivano l’alleanza atlantica, e i dialoghi per uno scudo missilistico comune Ue.
Antonio Fallico, il capo di Banca Intesa russa, insignito da Putin della cittadinanza onoraria russa, e uno degli uomini cruciali in varie vicende di influenza del Cremlino in Italia – a partire dal prestito da Banca Intesa a Rosneft per il finanziamento di una tranche della finta “privatizzazione” dell’azienda di Igor Sechin – ha raccontato che Fininvest già a fine anni ’80 vinse il lucrosissimo appalto per trasmettere film in prime time sulla tv di stato sovietica. Com’ era possibile, senza far parte di un network sovietico?
C’è un uomo poco noto, Angelo Codignoni, che è stato un vero boss di Berlusconi presso Putin, stavolta attorno alla tv e a Yuri Kovalchuk. Un anno fa, da leaks dei Pandora Papers, è emerso che circa due milioni di euro sono finiti dalla Russia su società a Montecarlo di Codignoni. Ma le misteriose consulenze, su cui consorzi di reporter internazionali stanno indagando, sarebbero molte, davvero molte di più.
(da La Stampa)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
A PROPOSITO DI “IGNORANTI”: IL DIPINTO DI MATTEO DI PIETRO DA GUALDO E’ SUCCESSIVO AL MEDIOEVO
Un tweet con una foto. Un selfie davanti a un’opera che fa parte della collezione del Museo di Palazzo Baldeschi di Perugia. Il tutto accompagnato da un messaggio in cui si utilizza il termine “ignoranti” a chi cita la parola “Medioevo” per contrastare chi lo indica come uno dei periodi più bui (soprattutto in termini di diritti) della storia dell’umanità. Peccato che il riferimento fatto da Simone Pillon, ex senatore della Lega non rieletto alle ultime elezioni Politiche, sia completamente errato.
Simone Pillon ha condiviso su Twitter una sua foto in posa davanti a un’opera di Matteo di Pietro da Gualdo: La Vergine Assunta tra i santi Tommaso e Sebastiano. E lo fa non solo per parlare di arte, ma per attaccare chi lo ha sempre contestato: “Che meraviglia il medioevo. Si può dire che è stato uno dei periodi più fecondi della storia? Con buona pace degli ignoranti che pensano di sapere tutto perché hanno visto 20 anni fa ‘Il nome della rosa’”.
Al netto del contenuto e dell’idea sul Medioevo, l’ormai ex senatore leghista è inciampato sulla datazione di quell’opera che non ha nulla a che vedere con il Medioevo. Come riporta il sito ufficiale dei Musei di Perugia, infatti, il dipinto realizzato da Matteo di Pietro da Gualdo ha una datazione compresa tra il 1495 e il 1500.
Si tratta degli anni successivi a quella che è stata indicata come la data finale del Medioevo. Perché, storicamente, quell’epoca – che era già stata suddivisa in “alto” e basso” – si concluse il 12 ottobre del 1492, contestualmente alla scoperta dell’America.
Il viaggio di Cristoforo Colombo con le sue caravelle e l’arrivo sulle coste di quella che poi diventerà l’America è l’esatto punto di svolta.
La data del passaggio dal Medioevo all’Età moderna.
Quel dipinto, dunque, fa parte dell’epoca successiva e non del Medioevo, come invece sostenuto da Simone Pillon (dando degli ignoranti agli altri).
(da NextQuotidiano)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL CAOS DEI RICONTEGGI E UNA SERIE DI PASTICCI INENARRABILI: IN UN PAESE CI SONO PIÙ SCHEDE CHE VOTANTI…IN UN ALTRO NEGLI SCATOLONI DELLE REGIONALI SI TROVANO LE SCHEDE DELLE POLITICHE E VICEVERSA
Il ruolo di «uomo solo al comando» gli sta stretto, ma Renato Schifani, l’ex presidente del Senato eletto il 25 settembre alla guida della Regione siciliana non solo non può nominare i suoi assessori, ma assiste impotente al disastro di una burocrazia che non riesce a proclamare i 70 consiglieri, pardon, «deputati» (come da Statuto speciale) votati nell’isola. Uno scandalo.
Con il «Parlamento più antico del mondo» che non si può riunire, mentre a Roma Camera e Senato sono da giorni al lavoro. Schifani, forte dell’elezione diretta del governatore, è l’unico in sella con i suoi 6 deputati del cosiddetto «listino» e con 18 eletti per i quali sembrano sciolte le riserve. Per gli altri resta una grande incertezza. Appesi ad un filo, in attesa di conteggi che si fanno e rifanno nelle circoscrizioni, di ricalcoli controllati nei tribunali per pasticci a volte incredibili.
Come succede a pochi chilometri da Trapani, a Misiliscemi, ultimo Comune nato in Sicilia, dove sono state trovate più schede del numero dei votanti. In qualche caso non basta procedere ai riconteggi. Ed occorre sempre l’autorizzazione dei tribunali. Con funzionari di prefettura affannati davanti a presidenti di seggio risultati inesperti e incompetenti, nonostante i rapidi corsi di formazione che si dice abbiano seguito. Fatto sta che qualcuno consegna verbali bianchi o, come è accaduto ad Agrigento, negli scatoloni delle Regionali si trovano le schede delle Politiche e viceversa. Evidentemente il cosiddetto election day, con il voto contemporaneo per Regione e Camere, deve essersi trasformato in un pastrocchio.
Restano a braccia incrociate funzionari e dipendenti dell’Assemblea regionale che avrebbero dovuto già provvedere all’accoglienza degli eletti per badge, telefonini, foto, account. Ancora tutto incerto in 6 province su 9. In qualche caso c’è chi esulta come l’ex sindaco di Messina Cateno De Luca, certo della sua elezione ed euforico perché nella stessa città è rimasto fuori per una manciata di voti Genovese jr., il figlio del notabile Dc che divenne segretario regionale del Pd.
Si dispera il rampollo, ma per la stessa manciata di voti, 25 per l’esattezza, gongola la signora Serafina Marchetta da Grotte, provincia di Agrigento, eletta nel generoso listino Schifani, inserita in extremis per ringraziare il marito, Decio Terrana, gran manovratore Udc nella bilancia interna al centrodestra. Si augura di chiudere la partita entro la prossima settimana Margherita Rizza, capo dell’ufficio elettorale regionale: «Entro lunedì gli uffici circoscrizionali dovrebbero trasmettere gli elenchi degli eletti». Ma sa che i contenziosi sono dietro l’angolo.
È accaduto in passato a Siracusa con il sindaco in carica, poi a Rosolini e Pachino, per non parlare dell’eterno match fra i due Pippo di questa litigiosa provincia, l’autonomista Gennuso e l’ex centrista Gianni. Storia antica, scandali ripetuti. Con la minaccia del presidente del tribunale di Catania di «segnalare» i presidenti incompetenti alla Corte d’Appello. Almeno per escluderli dalle prossime elezioni. Se la colpa può essere attribuita solo a loro.
(da il Corriere della Sera)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
LA DIRETTRICE DI LAPRESSE, ALESSIA LAUTONE, CHE HA DIFFUSO GLI AUDIO DEL CAV SU PUTIN: “GLI APPLAUSI DEI DEPUTATI INTORNO A LUI MI HANNO LASCIATO STUPITA”
Altro che audio «manipolato»: è tutto vero, «un gran pezzo giornalistico». Alessia Lautone, direttrice di LaPresse, difende orgogliosa lo scoop di Donatella Di Nitto, la giornalista che ha pubblicato la registrazione di Silvio Berlusconi. Non fornisce indizi su «finestre aperte» o ex parlamentari rancorosi, ma ragiona: «La leggerezza di Berlusconi è sospetta».
C’è un terzo audio bomba?
«No. Abbiamo il discorso integrale di Berlusconi, venti minuti. Potremmo pubblicarlo solo per dimostrare che non è stato manipolato, come dice qualcuno. Siamo alla follia».
Come lo avete avuto?
«Non lo dirò mai».
Registrato da una finestra, come suggerisce Mulè?
«Non lo dico, ma se davvero ci fossero state delle finestre aperte e tanta gente nella stanza sarebbe stato ancora più surreale per Berlusconi fare quei discorsi».
È la vendetta di qualcuno dentro FI?
«Non lo so. Trovo strano che non si parli del contenuto ma ci si impegni di più per capire da dove viene».
Cosa ha pensato ascoltando l’audio la prima volta?
«Quando ho sentito i passaggi su Putin e quelli sulla vodka e il lambrusco ho capito di avere in mano un grande pezzo giornalistico».
E le risate dei deputati?
«Gli applausi mi hanno lasciato stupita, Berlusconi non lo contraddice mai nessuno. Il grande problema di Forza Italia è che tutti sono scolaretti di Berlusconi, dicono sempre sì».
Perché darlo in due parti?
«Era molto lungo, l’audio era sporco e volevo essere certa che si sentisse bene. Nessuna dietrologia né complotti».
Berlusconi l’ha fatto uscire apposta?
«Quel giorno aveva rilasciato molte dichiarazioni, senza considerare il famoso biglietto su Meloni. Aveva voglia di parlare. Una leggerezza sospetta c’è».
Un disegno per mettere in difficoltà Meloni?
«Lui fa fatica a non dare le carte, gli brucia tanto. Ancora di più con Meloni. La loro è un’incompatibilità caratteriale».
Quante telefonate furiose ha ricevuto da Forza Italia?
«Non ho ricevuto nessunissima pressione».
Qualche politico contento?
«Nemmeno. Hanno paura di finire tra i sospettati».
(da La Stampa)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DEL CENTRO ANALISI E STRATEGIE DELLA DIFESA DI MOSCA NON SAPEVA DI AVERE IL MICROFONO ACCESO
L’esperto russo di strategie militari Ruslan Nikolaevich è stato invitato in un programma della Tv di Stato e, pensando di non essere registrato, si è rivolto ai giornalisti poco prima dell’intervista e ha detto: «Sappiamo tutti che i droni sono iraniani, ma non chiedetemelo, che le autorità non vogliono che si dica, d’accordo?».
Un errore che è stato ripreso dalle telecamere in diretta e che è rimbalzato sui social nell’immediato.
Nikolaevich è considerato una figura autorevole a Mosca, in quanto direttore del centro per l’analisi di strategie e tecnologie e membro del consiglio pubblico sotto il ministero della difesa della Russia.
Questa mattina, 20 ottobre, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha attaccato l’Iran di «aver preso soldi sporchi di sangue dalla Russia per aver fornito droni kamikaze utilizzati in attacchi mortali contro città come Kiev».
Accuse che l’Iran ha respinto e definito «infondate». Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian ha poi chiesto alle autorità ucraina di fornire prove riguardo al presunto uso di droni iraniani nel conflitto da parte di Mosca.
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
TRE OBIETTIVI: ABBASSARE I PREZZI, GARANTIRE L’APPROVIGIONAMENTO E RIDURRE LA DOMANDA
Il Consiglio Europeo ha raggiunto un accordo sull’energia. Lo ha dichiarato il presidente Charles Michel. «Prevalgono unità e solidarietà. Si è concordato di lavorare su misure per contenere i prezzi dell’energia per le famiglie e le imprese», ha scritto su Twitter.
A Bruxelles i leader hanno trovato l’intesa per «agire insieme per raggiungere tre obiettivi: fare abbassare i prezzi, garantire l’approvvigionamento e ridurre la domanda».
La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha detto che adesso l’Ue ha «una roadmap buona e solida per lavorare sulla nostra strategia», aggiungendo che «ora i ministri dell’energia martedì lavoreremo sulle nostre proposte». Il comunicato finale spiega che i leader hanno raggiunto l’intesa su nove diverse misure.
Le nove misure
L’accordo sull’energia prevede nove misure su cui la Commissione e i ministri presenteranno le proposte concrete. La prima è l’acquisto congiunto e volontario del gas con l’obbligo per un volume equivalente al 15% del fabbisogno di stoccaggio. L’accordo prevede anche l’accelerazione dei negoziati con partner affidabili. La seconda misura è un nuovo parametro di riferimento complementare entro l’inizio del 2023. La terza misura è «un corridoio di prezzo dinamico temporaneo sulle transazioni di gas naturale per limitare immediatamente gli episodi di prezzi eccessivi del gas». La quarta è un quadro dell’Ue per fissare un tetto al prezzo del gas nella generazione di elettricità. La quinta misura si riferisce ai miglioramenti del funzionamento dei mercati dell’energia per aumentarne la trasparenza eliminando i fattori che amplificano la volatilità dei prezzi. La sesta è «l’accelerazione della semplificazione delle procedure di autorizzazione al fine di velocizzare l’introduzione delle energie rinnovabili e delle reti, anche con misure di emergenza sulla base dell’articolo 122 del Tfue». La settima misura sono le misure di solidarietà energetica in caso di interruzioni della distribuzione. L’ottava misura riguarda «sforzi maggiori per il risparmio energetico». La nona misura è «la mobilitazione degli strumenti pertinenti a livello nazionale e dell’Ue».
L’accordo
L’accordo prevede, ha detto Michel, «la mobilitazione di tutti gli strumenti, sia nazionali ma anche dell’Ue, per sostenere gli sforzi per gli investimenti e l’insieme di misure per lavorare per proteggere il mercato interno». La prima misura del pacchetto approvato riguarda l’acquisizione congiunta di gas. Ed è prevista una soglia obbligatoria del 15%. Per mitigare i prezzi 40 miliardi di euro di fondi europei non utilizzati verranno usati per i sussidi.
Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha detto che «è andata bene» all’agenzia di stampa Ansa.
L’accelerazione sul price cap è arrivata dopo il pressing di SuperMario. von der Leyen ha fatto sapere che «il Ttf non riflette più la vera situazione del mercato. Per questo creeremo un nuovo indice complementare per riflettere meglio la situazione dei prezzi del Gln. Nel frattempo andremo a stabilire un meccanismo di correzione del mercato per limitare episodi di eccessi dei prezzi del gas e per fare in modo che ci sia un ordine chiaro nella costruzione del mercato. Su questo lavoreremo con il Consiglio dei ministri dell’Energia per presentare una proposta legale su questo meccanismo di correzione».
Il meccanismo iberico
Michel si è detto « fiducioso che a breve si sentiranno gli effetti di quest’intesa. Dovremo cercare di attuare quanto prima queste misure. Abbiamo già dato un segnale ai prezzi. Si continuerà a lavorare sugli investimenti, ci sono delle capacità che possono essere mobilitare per aumentare gli investimenti, fa tutto parte dello stesso quadro di lavoro». Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto che «ci raggruppiamo per fare abbassare i prezzi sui mercati in maniera concreta; avanzare sulla generalizzazione del meccanismo iberico che permette di abbassare i prezzi dell’elettricità; avanzare meccanismi di solidarietà finanziaria europea. È il mandato che abbiamo dato alla Commissione e questo permetterà di creare convergenza. Per il presidente francese «le prossime due-tre settimane permetteranno alla Commissione di produrre chiaramente questo meccanismo. A fine ottobre inizio novembre potremo avere questo meccanismo all’opera. In particolare per quanto riguarda il meccanismo di corridoio dei prezzi del gas e della solidarietà possiamo andare molto veloce ora sull’attuazione».
Il price cap
Il cancelliere tedesco Olaf Sholz ha precisato che sul price cap «c’è ancora molto lavoro tecnico da fare, con molte questioni che non sono semplici e dovranno essere esaminate da molte persone». I leader Ue, ha spiegato, hanno «definito parametri di riferimento precisi» sulle diverse questioni energetiche e ora il price cap «dovrà essere ulteriormente discusso dai ministri dell’Energia nelle prossime settimane. Se ciò non avrà successo, il Consiglio europeo dovrà tornare al tavolo», ha evidenziato facendo riferimento a una possibile nuova riunione dei capi di Stato e di governo. «La nostra speranza è ovviamente che una decisione consensuale possa essere raggiunta», ha concluso.
(da Open)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
DOPO UNA VALANGA DI INSULTI RICEVUTI ORA CHIEDE SCUSA… MANDATELO A MOSCA A CALCI IN CULO
Il proprietario di un ristorante a Parigi, sostenitore di Vladimir Putin, è stato ripreso mentre cacciava dal locale due rifugiate ucraine.
«Ha cominciato a gridare “Viva Putin” e ci ha cacciate», hanno raccontato a BfmTv Larrisa e Melisa, le due ucraine di 50 e 18 anni – madre e figlia – che confermano di essere state mandate via dal gestore de Le Cosy Montparnasse a causa della loro nazionalità.
È stata la stessa Melisa, 18enne, a filmare con il telefonino la scena avvenuta lo scorso lunedì nel XV arrondissement di Parigi, a pochi passi dalla stazione centrale.
Secondo la loro versione, hanno chiesto alla cameriera i prezzi delle bevande proposte dal locale, sottolineando di essere rifugiate ucraine e di non potere spendere troppo.
«Pioveva e avevamo molto freddo – ha spiegato Melisa all’emittente televisiva – abbiamo deciso di entrare in quel caffè per bere un tè. Aprendo il menù abbiamo cercato il prezzo delle bevande calde e abbiamo chiamato la cameriera».
E poi: «Le abbiamo spiegato che eravamo rifugiate ed era importante per noi sapere i prezzi». La cameriera, però, «ha risposto che gli ucraini non erano i benvenuti», chiamando – inoltre – il gestore del locale che le ha cacciate al grido di «Viva Putin».
Secondo la versione dei fatti del gestore, raccontata alla stessa emittente televisiva, le ragazze avrebbero utilizzato il bagno e poi esitato troppo, prima di scegliere la consumazione obbligatoria.
Dopo la vicenda, centinaia di utenti hanno iniziato a scrivere su Google recensioni cattive al ristorante del centro di Parigi, mentre molti russi – al contrario – hanno lasciato giudizi positivi per farlo risalire nelle classifiche dei ristoranti parigini.
Incalzato da alcuni clienti, giunti nel locale a seguito della diffusione del video, il gestore non nega l’accaduto per poi chiedere scusa: «I’m sorry for the population of Ukraine».
(da agenzie)
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Ottobre 21st, 2022 Riccardo Fucile
E’ DURATA PIU’ LA LATTUGA DI LEI, UN ALTRO ESEMPIO DEL MALGOVERNO DEI CONSERVATORI AMICI DELLA MELONI
Liz Truss ha perso anche contro la lattuga. Una settimana fa il Daily Star ha piazzato davanti a una telecamera un cespo di iceberg da 60 pence comprata da Tesco, il supermercato più economico, agghindata con parrucca bionda e ha scommesso con i propri lettori chi delle due sarebbe durata di più. Lattuga 1 – Liz Truss 0.
Risultato secco. I commenti sono scatenati. Tra i migliori si segnala: «Truss affondata da una iceberg». Ma c’è poco da ridere. Agli inglesi pare rimasto solo l’umorismo, e questo del Daily Star bisogna ammettere che è la quintessenza dello humor British. Per il resto, il disastro.
I 45 giorni a Downing Street di Liz Truss parlano da soli. Nominata il 6 settembre dalla regina che ha regnato più a lungo è stata la premier che ha governato meno in tutta la storia britannica. È l’ultima vittima di Brexit, il vero nodo a cui tutto deve essere ricondotto. La fragilità politica in cui si attorciglia e si dibatte la Gran Bretagna da un lustro è figlia di una matrigna che ha solo un nome. E si chiama Brexit.
Quanti primi ministri si sono sacrificati sull’altare di una menzogna politica svelata già il giorno dopo il fatidico referendum del 23 giugno 2016? David Cameron, il genio che aveva indetto la consultazione, si è dimesso in 24 ore, proprio mentre Nigel Farage, il capo del partito anti europeo, ammetteva candidamente davanti alle telecamere delle Bbc che avevano mentito. Quel bus che aveva girato tutto il regno promettendo di dirottare 350 milioni a settimana dall’odiata Bruxelles alle casse del Servizio Sanitario Nazionale era una bugia. Menzogne. Come i vari mantra su cui si è alimentata la menzogna di un futuro roseo fuori dall’Unione Europea.
Mantra fatti di tre parole, slogan da dare a bere al popolo, studiati dalle task force dirette da Dominic Cummings, il Richelieu di Brexit. «Take back control». E poi Get Brexit done. Riprendere il controllo e quindi fare la Brexit. Un futuro pieno di opportunità. Liberi dall’Europa. Già ma come? Nessun premier ha avuto il coraggio di dire che non era possibile, che erano tutte balle, che avevano promesso la Luna sapendo che non avrebbero potuto portarla sulla terra. Un caos figlio del populismo, dell’opportunismo di personaggi come Boris Johnson e delle loro balle, dell’arroganza, dell’impreparazione e dell’incompetenza.
Cameron si è dimesso il giorno dopo il referendum. Al suo posto è arrivata Theresa May, un’agonia lunga tre anni (dal 13 luglio 2016 al 24 luglio 2019, con nel mezzo una elezione in cui i Tory hanno di nuovo vinto). Si è perso il contro di quanti piani per uscire dall’Ue Theresa May ha proposto al Parlamento. Venivano bocciati come birilli, tra urla e strepiti e lo speaker della Camera dei Comuni che chiedeva «Order, order». Ma l’ordine, quella cosa così tipicamente britannica – come le code e chiedere scusa a chi ti pesta un piede in metropolitana – è ormai un ricordo del passato.
E dopo Theresa è arrivato Boris Johnson, il biondo pazzo, il fautore del disordine massimo. In carica dal 24 luglio 2019 al 6 settembre scorso, con un’altra incredibile elezione incredibilmente vinta nel dicembre del 2019. Fanfarone, bugiardo, incompetente, arruffapopolo. Quattro primi ministri, due elezioni e adesso un altro primo ministro, e forse un’altra elezione in sei anni.
Ha poco da scherzare l’Economist, altro che Britaly. Continuano a spostare il discorso per non affrontare la questione vera, che è e rimane Brexit. Anche Liz Truss ieri, nel telegrafico discordo di addio, ha ripetuto lo slogan, come se fosse ancora una verità rivelata. «Sono stata eletta per risolvere questi problemi, e cogliere le opportunità che ci dà la libertà delle Brexit», ha detto. Per poi concludere: «Data la situazione non posso mantenere la promessa». Già. Manca solo la risposta alla domanda centrale: chi l’ha creata la situazione?
(da la Stampa)
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