DA CAMERON A LIZ, LA DANZA MACABRA DEI PREMIER AFFONDATI DALLA BREXIT
E’ DURATA PIU’ LA LATTUGA DI LEI, UN ALTRO ESEMPIO DEL MALGOVERNO DEI CONSERVATORI AMICI DELLA MELONI
Liz Truss ha perso anche contro la lattuga. Una settimana fa il Daily Star ha piazzato davanti a una telecamera un cespo di iceberg da 60 pence comprata da Tesco, il supermercato più economico, agghindata con parrucca bionda e ha scommesso con i propri lettori chi delle due sarebbe durata di più. Lattuga 1 – Liz Truss 0.
Risultato secco. I commenti sono scatenati. Tra i migliori si segnala: «Truss affondata da una iceberg». Ma c’è poco da ridere. Agli inglesi pare rimasto solo l’umorismo, e questo del Daily Star bisogna ammettere che è la quintessenza dello humor British. Per il resto, il disastro.
I 45 giorni a Downing Street di Liz Truss parlano da soli. Nominata il 6 settembre dalla regina che ha regnato più a lungo è stata la premier che ha governato meno in tutta la storia britannica. È l’ultima vittima di Brexit, il vero nodo a cui tutto deve essere ricondotto. La fragilità politica in cui si attorciglia e si dibatte la Gran Bretagna da un lustro è figlia di una matrigna che ha solo un nome. E si chiama Brexit.
Quanti primi ministri si sono sacrificati sull’altare di una menzogna politica svelata già il giorno dopo il fatidico referendum del 23 giugno 2016? David Cameron, il genio che aveva indetto la consultazione, si è dimesso in 24 ore, proprio mentre Nigel Farage, il capo del partito anti europeo, ammetteva candidamente davanti alle telecamere delle Bbc che avevano mentito. Quel bus che aveva girato tutto il regno promettendo di dirottare 350 milioni a settimana dall’odiata Bruxelles alle casse del Servizio Sanitario Nazionale era una bugia. Menzogne. Come i vari mantra su cui si è alimentata la menzogna di un futuro roseo fuori dall’Unione Europea.
Mantra fatti di tre parole, slogan da dare a bere al popolo, studiati dalle task force dirette da Dominic Cummings, il Richelieu di Brexit. «Take back control». E poi Get Brexit done. Riprendere il controllo e quindi fare la Brexit. Un futuro pieno di opportunità. Liberi dall’Europa. Già ma come? Nessun premier ha avuto il coraggio di dire che non era possibile, che erano tutte balle, che avevano promesso la Luna sapendo che non avrebbero potuto portarla sulla terra. Un caos figlio del populismo, dell’opportunismo di personaggi come Boris Johnson e delle loro balle, dell’arroganza, dell’impreparazione e dell’incompetenza.
Cameron si è dimesso il giorno dopo il referendum. Al suo posto è arrivata Theresa May, un’agonia lunga tre anni (dal 13 luglio 2016 al 24 luglio 2019, con nel mezzo una elezione in cui i Tory hanno di nuovo vinto). Si è perso il contro di quanti piani per uscire dall’Ue Theresa May ha proposto al Parlamento. Venivano bocciati come birilli, tra urla e strepiti e lo speaker della Camera dei Comuni che chiedeva «Order, order». Ma l’ordine, quella cosa così tipicamente britannica – come le code e chiedere scusa a chi ti pesta un piede in metropolitana – è ormai un ricordo del passato.
E dopo Theresa è arrivato Boris Johnson, il biondo pazzo, il fautore del disordine massimo. In carica dal 24 luglio 2019 al 6 settembre scorso, con un’altra incredibile elezione incredibilmente vinta nel dicembre del 2019. Fanfarone, bugiardo, incompetente, arruffapopolo. Quattro primi ministri, due elezioni e adesso un altro primo ministro, e forse un’altra elezione in sei anni.
Ha poco da scherzare l’Economist, altro che Britaly. Continuano a spostare il discorso per non affrontare la questione vera, che è e rimane Brexit. Anche Liz Truss ieri, nel telegrafico discordo di addio, ha ripetuto lo slogan, come se fosse ancora una verità rivelata. «Sono stata eletta per risolvere questi problemi, e cogliere le opportunità che ci dà la libertà delle Brexit», ha detto. Per poi concludere: «Data la situazione non posso mantenere la promessa». Già. Manca solo la risposta alla domanda centrale: chi l’ha creata la situazione?
(da la Stampa)
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