Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
GLI “ARDITI” IN CORTEO A PREDAPPIO: “HA PRESO LE DISTANZE DAL NAZIFASCISMO, MA È STATA OBBLIGATA”
Un’onda cromatica nera, tranne che per il tricolore delle bandiere e di
quello indossato da alcune signore, si allunga da piazza Sant’ Antonio fino al cimitero dov’ è seppellito Benito Mussolini, sotto un sole estivo più che autunnale.
Sono quasi duemila i nostalgici del fascismo arrivati da ogni parte d’Italia per celebrare i 100 anni dalla marcia su Roma: cantano Faccetta nera, intonano cori inneggianti al Duce, sul capo hanno il fez, alcuni indossano addirittura la divisa completa del camerata con tanto di stivaloni in pelle nera che non si capisce come facciano a sopportare con questo caldo.
Si intravedono anche alcuni bambini vestiti da balilla, mentre un ragazzo ha sulla manica della camicia una svastica nazista ma la nasconde presto sotto la giacca. In tanti fanno il saluto romano anche se è vietato dalla legge e si rischia una denuncia per apologia di fascismo.
Ma tutto sommato procedono intruppati senza dare in particolari escandescenze sotto la guida del gran cerimoniere che è Mirco Santarelli, presidente degli Arditi d’Italia sezione di Ravenna, ex Forza nuova, con le braccia ricoperte da tatuaggi e un’anima nera che non ammette deroghe.
«Cosa succede se Giorgia Meloni toglie la fiamma dal simbolo? Che non la votiamo più, ecco cosa succede» taglia corto a chi menziona la presidente del Consiglio. E per far capire che non scherza aggiunge: «Già ha preso le distanze dal nazifascismo, ma si è capito che è stata obbligata a farlo. È come se a me un giudice chiede se sono fascista. Gli rispondo di no, altrimenti finisco nei guai». Ma lei ha votato Fratelli d’Italia?
«Sì, avrei votato per Lucifero se avesse sconfitto la sinistra in Italia, quindi ho piacere che ci sia il governo Meloni.Se c’è una cosa veramente pessima è la sinistra in Italia, era il mio avversario numero uno».
Lei festeggia il 25 aprile? «No, non c’è nulla da festeggiare. Non c’è stata una vittoria ma una sconfitta: gli americani non ci hanno aiutato nella Liberazione, ma hanno iniziato a comandarci come fanno tuttora».
E sulla massa di nostalgici del Duce che sfila in corteo Santarelli sentenzia: «Il 60% ha votato il centrodestra, compresi Berlusconi e Salvini mentre il 40% ha scelto Paragone oppure non è andato a votare per protesta».
L’avvocato Francesco Minutillo, blazer blu elettrico e camicia bianca – è uno dei pochissimi non vestito di nero : «Se ho votato Meloni? Il voto è segreto. Mi auguro che trovi la forza per risolvere i problemi».
Scusi ma non le pare anacronistica questa sfilata? «Affatto, Mussolini ha fatto crescere l’Italia. Ha fatto del gran bene». E come la mette con l’orrore delle leggi razziali? «Fanno parte della storia e quindi non entro nel merito. Sarebbe come criticare le campagne napoleoniche perché hanno causato milioni di morti».
Di giornata «senza senso perché i nostalgici del fascismo sono fuori dal tempo e dalla storia» parla invece il sindaco di Predappio, Roberto Canali, eletto in una lista civica sostenuta dal centrodestra.
«Essere di destra non significa celebrare Mussolini – prosegue -. Non ne vedo la ragione, è come se oggi si sfilasse per Giulio Cesare».
Davanti al cimitero interviene la pronipote del Duce. «Ci aspettavamo tanta gente ma non così – dice Orsola Mussolini – sono venuti da diverse parti d’Italia e persino dall’estero. Ci sono anche degli spagnoli, della falange, con la Spagna, Franco, c’è sempre stato un grande rapporto». E giù con l’elenco delle «meraviglie delle bonifiche nelle zone Pontine».
Ma quando in disparte le chiediamo cosa pensa delle leggi razziali emanate dal bisnonno si trincera dietro un secco «no comment, voi giornalisti strumentalizzate tutto e poi non siamo qui per parlare di politica». Mentre non si arresta la fila delle persone in coda per scendere nella cripta che custodisce i resti di Benito Mussolini, tanti si avviano verso i negozi lungo la strada.
Souvenir per tutti i prezzi: 3 calendari per 6 euro, bandiera commemorativa del centenario 10 euro, capi di abbigliamento vari, dalle T-shirt alle felpe con il fascio Littorio o la scritta «Boia chi molla», mentre per i più golosi c’è l’amaro del Duce.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
“SI PUÒ OBBLIGARE CHI HA PAGATO IL BIGLIETTO PER VEDERE LA PARTITA A USCIRE CONTRO LA SUA VOLONTÀ PER PARTECIPARE AL LUTTO PER LA MORTE DI UN PLURIPREGIUDICATO? PUÒ UNA CURVA ORGANIZZATA CONTINUARE A OPERARE AL DI FUORI DELLE REGOLE E DELLE LEGGI?”
“Ma la società Inter non ha niente da dire su quel che è successo ieri sera sugli spalti di San Siro?”: Enrico Mentana si riferisce al momento in cui ieri, appena si è sparsa la notizia della morte dell’ex capo ultrà Vittorio Boiocchi, la Curva Nord dell’Inter si è praticamente svuotata. Il giornalista e direttore del Tg La7 si è sfogato su Facebook: “Si può obbligare chi ha pagato il biglietto per vedere la partita a uscire contro la sua volontà per partecipare al lutto per la morte di un pluripregiudicato? Può una curva organizzata continuare a operare al di fuori delle regole e delle leggi?”.
Stando ad alcune testimonianze, infatti, non tutti i tifosi se ne sarebbero andati per propria volontà. Alcuni sarebbero stati obbligati a lasciare lo stadio. “Possono la Lega Serie A e la Federcalcio continuare a chiudere gli occhi sulle illegalità grandi e piccole che prosperano intorno al tifo organizzato di molta parte delle squadre italiane?”, continua a chiedersi Mentana nel post su Facebook.
Secondo il giornalista, “l’episodio di ieri sera è solo l’ultimo di una lunga serie di obbrobri visti in tanti stadi italiani da quando gli spalti si sono ripopolati”. Infine un appello significativo: “Volete tutti continuare a voltare lo sguardo da un’altra parte?”.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
DALLE INTERCETTAZIONI L’IPOTESI DI UN RACKET DI ATTIVITÀ ILLECITE ATTORNO ALLO STADIO (“80 MILA EURO AL MESE CON PIZZO E PARCHEGGI”)… I LEGAMI CON I CLAN DI COSA NOSTRA E LE FAMIGLIE DI ‘NDRANGHETA
Chi lo conosceva racconta che Vittorio Boiocchi aveva un’unica
ossessione: i soldi. Da fare in ogni modo, dentro e fuori dallo stadio. Con le estorsioni, le rapine, la droga e chissà cos’ altro.
Lo dimostra il suo lungo curriculum criminale, dal 1974 a oggi. E anche, tra le tante, una intercettazione raccolta qualche tempo fa. Che racconta dei suoi interessi nel business dei biglietti e dei parcheggi di San Siro: «Sto perdendo un sacco di soldi con il blocco delle partite e dei concerti», si lamentava il capo ultrà dell’Inter. «Prendo 80 mila euro al mese tra parcheggi e altre cose. Finalmente eravamo riusciti a fare una bella cosa con 700-800 biglietti in mano, due paninari, a cui abbiamo fatto avere il posto In sostanza parliamo di 10 mila euro a partita».
È proprio su questa fissazione per gli affari criminali, tanti e di diverso tipo, che si stanno concentrando le indagini della Squadra mobile, diretta da Marco Calì, con l’aiuto dei colleghi della Digos, per scoprire chi ha ucciso Boiocchi.
Un agguato sotto casa, al civico 12 di via Zanzottera, una strada stretta e a senso unico, nel quartiere Figino, all’estrema periferia ovest della città.
Un’esecuzione organizzata, forse in fretta, da chi conosceva bene i movimenti dell’abitudinario fondatore dei Boys San. A San Siro sabato sera c’era la partita contro la Sampdoria. E Boiocchi, per via della sorveglianza speciale, non poteva vederla in Curva. Così, come ogni volta, anche l’altra sera è andato un paio d’ore prima al baretto davanti allo stadio, dove si incontrano gli ultras. Uno di loro lo ha riaccompagnato a casa in scooter poco dopo le 19. 30. Boiocchi si è diretto a piedi al cancello e in quel momento i killer sono entrati in azione.
Erano in due con giubbotti scuri e caschi integrali e una moto di grossa cilindrata. Lo hanno atteso sotto i portici all’angolo con via Anghileri.
Solo uno dei due è sbucato fuori dal buio e ha iniziato a sparare mentre camminava, con una semiautomatica 9×21. I bossoli rimasti sull’asfalto sono di matrice straniera. Almeno cinque colpi sono stati esplosi. Due sono andati a segno. Uno al torace, da fianco a fianco. L’altro, sembra esploso più da vicino, al collo del 69enne, agonizzante per terra. Come racconta qualche testimone, il complice in moto è tornato indietro per caricare l’assassino e fuggire.
Quando la notizia della morte di Boiocchi ha raggiunto la Curva, la decisione di svuotare in segno di lutto gli spalti non sarebbe stata unanime. Anche se poi, una volta presa, come raccontano denunce social che nessuno per ora ha formalizzato, sarebbe stata portata avanti coi modidel tifo organizzato, a suon di spintoni e prepotenza. Tanto che il ministro dello Sport Andrea Abodi promette «immediati provvedimenti».
La verità è che però, da quando a settembre 2019, dopo 26 anni di carcere, Boiocchi si è ripreso la Curva, anche all’interno del direttivo c’era chi tollerava a fatica i suoi metodi. Che erano quelli di trent’ anni fa, quando il 69enne frequentava il gotha criminale degli anni ’90, dai clan di Cosa Nostra, come i Fidanzati e i Mannino, alle famiglie di ‘ndrangheta. Così, approfittando del vuoto che si era creato dopo gli scontri con gli ultrà del Napoli in cui è morto Daniele Dede Belardinelli, Boiocchi era riuscito a imporsi sulla Nord a suon di pugni allo storico portavoce Franchino Caravita. Un arresto cardiaco nella notte aveva fatto finire Boiocchi in ospedale. La pace di facciata era stata sancita da una foto dei due abbracciati in ospedale.
Ma la spaccatura in Curva agli occhi di chi la osserva è da tempo evidente. Non così profonda, sembrerebbe, da giustificare un’esecuzione, che ha tanti punti in comune con l’omicidio del capo ultrà laziale Diabolik. E che, per gli inquirenti, potrebbe essere chiarita seguendo la pista dei soldi. Degli affari criminali.
Di cui la moglie Giovanna Pisu, sorella di quel Marco Pisu tra i fondatori dei Boys San, poi diventato collaboratore dei poliziotti e ripudiato dalla Curva, dice agli investigatori di non sapere niente. Ma che il capo ultrà non aveva intenzione di mollare. Diventando così troppo ingombrante, forse, per chi voleva farsi spazio nello stesso mondo criminale.
(da la Stampa)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
“RESTINO LE MASCHERINE OBBLIGATORIE”
Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, il reintegro dei sanitari No Vax e le ‘sanatorie’ per chi non ha rispettato l’obbligo rappresentano un’«amnistia anti-scientifica e diseducativa»: «al di là di una scelta individuale incompatibile con l’esercizio di una professione sanitaria, si tratta di persone che hanno spesso seminato disinformazione pubblica sui vaccini, elevandosi a “paladini” del popolo No vax, a volte con evidenti obiettivi di affermazione politica individuale», commenta. Le indiscrezioni parlano anche di abrogazione delle sanzioni per chi non osserva l’obbligo vaccinale. Nuove norme che vogliono esprimere un chiaro cambio di rotta nella gestione pandemica. Puntualizza Cartabellotta: «la parola d’ordine “discontinuità” è assolutamente legittima in una repubblica democratica. Ma deve essere utilizzata anche per migliorare tutto quello che il Governo precedente non è riuscito a fare. Dalla raccolta più analitica dei dati sui pazienti ricoverati agli investimenti sugli impianti di aerazione e ventilazione dei locali chiusi; dall’accelerazione della copertura con i richiami vaccinali, all’implementazione di rigorosi protocolli terapeutici per le persone al rischio».
Il presidente della Fondazione Gimbe invita a non abbassare la guardia: «Con l’evoluzione delle varianti e la protezione conferita dalla vaccinazione sulle forme gravi, la malattia Covid-19 oggi non è più quella del 2020-2021. Tuttavia, la pandemia è ancora in corso. Sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sia il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) invitano tutti i Paesi ad essere preparati e pronti, visto l’imminente arrivo della variante Cerberus e l’imprevedibilità degli scenari a medio-lungo termine».
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
NESSUNO SGOMBERO, SCONFITTA LA LINEA DI SALVINI E PIANTEDOSI CHE AVREBBE PORTATO ALLO SCONTRO
Continua a svuotarsi il capannone in disuso a Modena in cui si è
svolto il rave party Witchtek 2022, mentre fuori, tra il prato e il parcheggio, si disfano le tende da campo.
All’interno dell’edificio decine di persone ripuliscono l’area preparandosi ad andarsene, mentre pile di sacchetti di spazzatura sono ammassati alle colonne e i cani abbaiano al guinzaglio dei loro padroni, ancora per poco accampati su sgabelli e materassi subito fuori il capannone.
Il tutto si svolge alla presenza delle forze dell’ordine che continuano a pattugliare la zona e in un’atmosfera tranquilla.
La musica continua a suonare, a basso volume, da qualche camper e vettura. In prossimità dell’edificio, è stato anche allestito un ospedale da campo per eventuali necessità di primo soccorso. L’operazione dovrebbe concludersi nel giro di qualche ora.
“Fa parte della cultura giovanile di oggi andare verso il limite. C’è da sperare che tutto rientri e non ci siano situazioni dolorose. Le autorità cittadine si stanno impegnando per chiudere questa situazione”. Lo afferma all’Adnkronos mons. Franco Borsari, parroco della parrocchia Madonnina Freto di Modena, non molto lontana dalla zona in cui si svolge il rave party.
La trattativa tra forze dell’ordine e partecipanti al rave party è stata subito efficace, non c’è stato bisogno di sgomberare il capannone. Alle persone arrivate da tutto il mondo è stato spiegato che l’edificio è pericolante e quindi, per la la loro sicurezza, sarebbe stato meglio che se ne fossero andati. La musica è stata spenta intorno alle dieci. Nessuna resistenza nè momento di tensione, i ragazzi e le ragazze hanno preso atto del pericolo e se ne stanno andando via. Oltre ai poliziotti sono presenti i vigili del fuoco.
I partecipanti ripuliscono il capannone
“È giusto farlo. La spazzatura come l’abbiamo portata, ce la riportiamo a casa”. A parlare sono due dei partecipanti al rave party di Modena, mentre si apprestano a lasciare il capannone in disuso. E hanno deciso di ripulire l’area dove ha passato la notte a far festa.
Con guanti in lattice e mascherine, raccolgono e gettano nei sacchi della spazzatura il maggior numero possibile di lattine, bottiglie vuote, cartacce e rifiuti vari, che abbondano sia dentro che fuori l’edificio. “Abbiamo anche il sapone”, si vanta qualcuno. “Sono stati giorni di autogestione – ha concluso un’altra ragazza – come trovi il posto lo lasci”.
“L’azione di polizia è stata preceduta da un’attività di mediazione e informazione dei destinatari visti i correlati profili di incolumità pubblica, affinché l’uscita dalla struttura avvenga con calma e in modo responsabile per la sicurezza di tutti”.
Lo spiega la Questura di Modena. Rinforzati anche i servizi nella limitrofa area fiere, dove gli afflussi di visitatori proseguono regolarmente. Per garantire “un’evacuazione ordinata della struttura dai soli varchi sicuri, i reparti sono stati fatti avvicinare ai lati dell’edificio che vanno interdetti”, prosegue la Questura. Un funzionario aveva detto ai ragazzi di uscire perché “lo stabile è pericolante, non siamo qui per voi”.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
MATRICOLE CALATE DEL 3%, 100.000 FUORI SEDE IN MENO PERCHE’ NON SI POSSONO PERMETTERE GLI STUDI… NON TUTTI SONO FIGLI DI EVASORI FISCALI… LA DESTRA ASOCIALE DI MELONI E VALDITARA SI LEGGA QUESTE STORIE DI FAMIGLIE ITALIANE PRIMA DI SPARARE CAZZATE
Maria Catena, pur di assicurare il futuro delle sue ragazze, ha ceduto il quinto dello stipendio. Giuseppe, invece, ha dovuto chiedere a suo figlio Marco di rinunciare a quell’università che era il sogno della sua vita e per cui aveva studiato tutta l’estate superando i test d’ingresso.
Sandro ringrazia il cielo che Alice, appena laureatasi in Inghilterra e con l’intenzione di restarci, nel frattempo ha deciso di tornare a casa cercando lavoro da remoto. Leopoldo e Paulo, invece, pur di rimanere a studiare a Bologna – dove trovare un alloggio a prezzi non stellari è impresa quasi impossibile – si sono adattati a vivere in una casa occupata: tre in una stanza e materassi per terra.
Sono storie di pesanti sacrifici e dolorose rinunce, di vite fino a qualche tempo fa serene precipitate rapidamente nel girone dei penultimi, di sogni infranti sugli scogli della sopravvivenza, ma anche di rabbia e voglia di spuntarla a ogni costo.
Sono le storie di famiglie del cosiddetto ceto medio, mono ma anche bireddito, per intenderci ben al di sopra di quella soglia di povertà che costringe a fare i conti con cosa mettere a tavola, ma che adesso – schiacciate dai costi delle bollette, degli affitti, dal caroprezzi – si ritrovano davanti a un bivio mai immaginato fino a poco tempo fa: stringere la cinghia fino a indebitarsi e a rinunciare a tutto pur di dare ai figli la possibilità di studiare fuori, in Italia o all’estero, in una università in grado di garantire loro un futuro più facile.
O, piuttosto, alzare bandiera bianca e farli tornare a casa. E sono le storie di ragazzi che – consapevoli delle difficoltà economiche dei genitori – si adattano a una dura vita da fuorisede, dormendo in alloggi di fortuna, e accollandosi anche due o tre lavoretti serali o part-time pur di non rinunciare al loro progetto.
Non è certo un caso che, dopo 5 anni di continua salita e dopo due anni di pandemia, il numero delle immatricolazioni all’Università sia sceso del 3%. Il ritorno delle lezioni in presenza e l’aumento severo del prezzo degli affitti, delle bollette e dei trasporti, ha indotto migliaia di giovani a rinunciare ad iscriversi. E calano più sensibilmente i fuori sede. Dei circa 1,7 milioni di universitari italiani, coloro che si trasferiscono a studiare altrove sono adesso meno di 500.000, circa 100.000 in meno rispetto all’ultima rilevazione ufficiale del 2018.
A rinunciare sono soprattutto le matricole, chi si iscrive in un altro ateneo lo cerca il più vicino possibile a casa. Troppo poche e troppo basse le borse di studio, assolutamente insufficienti (appena 40.000) i posti negli studentati pubblici che dovrebbero diventare 100.000 nel 2026 grazie al Pnrr. E chi vuole proprio andar fuori, sceglie la via intermedia: triennale a casa, specialistica o master fuori.
La cessione del quinto
“Ah no, la spesa no”. Nella sua cucina a Patti, in provincia di Messina, Maria Catena Cassarà, 61 anni, impiegata regionale, rimprovera con il sorriso la più grande delle sue figlie, che ha deciso di rientrare in Sicilia dopo la laurea all’Università del Sussex e che – con disinvoltura – passa a trovarla di ritorno dal supermercato lasciandole una busta della spesa sul tavolo.
“Ho tre figlie, Valentina, Giulia e Gloria e per farle studiare tutte all’estero ho venduto due case. Poi mio marito, che era nel settore delle assicurazioni, ha perso l’impiego e io ho deciso di fare la cessione del quinto dello stipendio pur di continuare a permettere loro di costruirsi il futuro che sognano. Lavoro otto ore al giorno al servizio Turismo della Regione siciliana e la mia busta paga è di 1.300 euro. L’ultima bolletta della luce arrivata era più di 200 euro, ed era ancora estate. Il forno non si accende più, di vacanze non se ne parla proprio, per fortuna stiamo sul mare e viviamo in una casa di proprietà. E appena la più piccola avrà finito il master in Economia, spero possa trovare subito lavoro. L’investimento sui figli è l’ultima cosa a cui rinuncerei”.
Il Dams e il sogno svanito
Giuseppe Melia, infermiere all’ospedale di Mazara del Vallo, dove lavora anche la moglie, ancora piange quando racconta di “uno dei giorni più brutti della mia vita, quando ho dovuto dire a Marco: ‘Figlio mio, hai visto, abbiamo provato di tutto, non c’è nulla alla nostra portata, io e tua madre non possiamo permetterci di mantenerti a Bologna con questi prezzi'”. Il Dams a Bologna, il sogno di Marco, l’artista di famiglia, la passione per la pittura che esprime su tela, nei murales con cui colora la sua città. Aveva studiato sodo già prima della Maturità per ottenere l’accesso all’università. E ce l’aveva fatta. Mai e poi mai avrebbe pensato di dover abbandonare per l’impossibilità di trovare un alloggio dignitoso ma sostenibile per il bilancio di una famiglia comunque a doppio reddito. “Sono partito con mio figlio per Bologna, ci siamo rivolti a tutti, conoscenti, agenzie immobiliari, gruppi universitari, social ma abbiamo trovato solo richieste folli, 5-600 euro per un posto letto in una tripla o in una cantina, truffe, fidejussioni, letti in subaffitto. Un giorno Marco ha risposto a un annuncio in cui si chiedeva l’altezza perché si trattava di un materasso in una soffitta alta un metro e 65 centimetri. Noi con un Isee sopra i 22.000 euro non avevamo i requisiti per il bando per gli alloggi negli studentati pubblici. Incredibile che una città universitaria come Bologna non sia in grado di fornire un’offerta accettabile. Io ho un altro figlio che studia in un college negli Stati Uniti e con 600 euro al mese ha corso di studio, stanza, sport, assistenza. A Bologna, complessivamente, avremmo speso almeno il doppio”. Alla fine Marco ha ritirato la domanda di iscrizione al Dams e se n’è tornato a casa depresso anche perché ormai era troppo tardi per iscriversi a Palermo. “È rimasto chiuso nella sua stanza per giorni – rivela il padre -. Gli ho proposto di prendersi un anno sabbatico e riprovare, ma è stata la cosa più dura che ho dovuto chiedergli”.
Fuorisede nelle case occupate
Sei stanze condivise, al momento ci abitano in 15 ma ci si può stringere ancora. Una grande cucina con un tavolo comune, una sala per incontrarsi. Un alloggio di fortuna quello recuperato a “Casa vacante”, palazzina disabitata di proprietà del Comune di Bologna, in pieno centro a due passi dalle facoltà universitarie, dentro le mura dove per trovare un letto qualsiasi (che comunque non trovi) ci vogliono almeno 5-600 euro. Ma i materassi per terra, le sedie che fungono da armadio e libreria, il bagno condiviso sono l’unica soluzione che Leopoldo, Paulo, Luca hanno trovato per continuare a frequentare le facoltà dell’Alma Mater a cui si sono iscritti. “E non è poi così male, io ho pure il rialzo sotto il materasso e la gente del quartiere qui ci ha accolto con grande simpatia e ci ha aiutato ad arredare in qualche modo la casa, ci aiutano persino a fare la spesa”, racconta Leopoldo, 19 anni, matricola di Economia. “Mio padre fa il falegname e piccoli lavoretti artigianali, non ha uno stipendio fisso, mia madre è disoccupata. Ho cominciato a cercare casa a maggio, ho visto solo cose proibitive, niente meno di 5-700 euro oppure solo affitti brevi a 50-60 euro a notte per un divano. Capisco ti chiedessero 10 euro a notte, ma perché dovrei stare a casa di un altro su un divano per 50 euro al giorno? Io sono di Firenze, potrei fare il pendolare, è vero. E l’ho fatto per due, tre settimane: flixbus o treno, sveglia alle 5 per essere a lezione alle 8, 250 euro al mese di trasporti. Poi hanno occupato “Casa vacante” e ho deciso di stare qui, occupare alla fine ha anche il suo valore politico”.
La concorrenza degli Airbnb
A “Casa vacante” è venuto a vivere anche Luca Torini, 21 anni, di Padova iscritto a Scienze politiche. Insieme a Tiziano Ghidelli, è il “politico” del gruppo, volto del collettivo Luna. “Il tema della casa equivale al tema della rinuncia e al diritto di restare. Bologna si va livellando sugli studentati privati di lusso, dagli 800 ai 1.000 euro. La città così viene appaltata ai privati che decidono chi può rimanere a studiare qui e chi no. C’è un processo di espulsione degli studenti, un’interruzione di contratti di affitto precedenti e di sfratti. Tanti ragazzi, anche figli di famiglie con due redditi, non hanno più diritto di cittadinanza in quella che era una città universitaria per eccellenza e oggi conta 4.000 appartamenti su Airbnb”.
Doppio impiego più le lezioni
E poi c’è Paola, 21 anni, di Cosenza. “Niente foto e niente cognome – è la premessa della studentessa – perché i miei giù in Calabria non lo sanno. Loro hanno un piccolo bar e le bollette li stanno mandando in rovina. Non riescono a darmi più di 200 euro al mese e io con la borsa di studio di 5.200 euro all’anno adesso non riesco neanche più a pagarmi l’alloggio. Il proprietario ha rescisso il contratto e ci ha chiesto un aumento di 150 euro a testa, avrei dovuto pagare 600 euro per un letto in doppia in periferia. Più il costo dei mezzi e quello che serve a sopravvivere qui, impossibile. Ho trovato una tripla fuori Milano a 500 euro e ho preso due lavori: il pomeriggio faccio la babysitter e cerco di studiare sperando che il bimbo dorma. E la sera, dal giovedi alla domenica, faccio la cameriera in un locale. Solo che vado a letto a notte fonda e ho paura con questi ritmi di rallentare la scadenza degli esami. E non posso permettermi di perdere la borsa di studio”. Paola vuole diventare interprete. “E, ci potete scommettere, ci riuscirò”.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
IL GIOCO DELLE PARTI PER NON PERDERE DAL TAPPO E DALLA SPINA
Le parole del Presidente del Senato – la seconda carica dello Stato e
della Repubblica italiana, quella nata dopo la sconfitta del regime fascista – hanno provocato moltissime reazioni.
Il suo “no” alla partecipazione al corteo e alle celebrazioni istituzionali del prossimo 25 aprile – Festa della Liberazione dal nazifascismo – arrivato con ampio anticipo rispetto all’evento, ha portato a molte contestazioni. Anche interne, come testimoniato dal discorso del neo-Ministro della Difesa (e co-fondatore di Fratelli d’Italia) Guido Crosetto contro Ignazio La Russa.
Lui, insieme a Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, ha dato vita a quel partito che lo scorso 25 settembre ha trionfato alle urne delle elezioni Politiche. Nonostante i rapporti di amicizia, però, Crosetto non usa mezzi termini per ricordare al Presidente del Senato il suo ruolo istituzionale. Ma lo fa partendo dalla ripresa delle parole della Presidente del Consiglio sul fascismo.
“Io penso che la posizione della Presidente Meloni sia stata chiarissima in Aula. Il fascismo è un pezzo della nostra storia chiuso definitivamente che dobbiamo ricordare solo per non fare gli errori che sono stati fatti in quel periodo. È un periodo della nostra storia che ci ha regalato alcune infamità, come le leggi razziali o l’eliminazione della democrazia. Che non va cancellato dalla memoria, ma che va cancellato dalla pratica”.
Poi il passaggio di Crosetto contro La Russa, Presidente del Senato e co-fondatore (insieme a lui e alla nuova Presidente del Consiglio) di Fratelli d’Italia: “Per quanto riguarda le feste Nazionali io sono convinto che chi serve le istituzioni rispetta le leggi. E visto che le feste Nazionali sono determinate dalla legge, chiunque serve le istituzioni presenzia alle feste Nazionali perché rispetta le leggi”.
Un pensiero chiaro e deciso che fa da contraltare alle parole espresse nella giornata di domenica – in un’intervista al quotidiano La Stampa – dal Presidente del Senato Ignazio La Russa che aveva annunciato che non avrebbe partecipato al corteo e alle celebrazioni della Festa della Liberazione dal nazifascismo in Italia, in programma – come ogni anno – il 25 aprile. Parole che non vanno di pari passo a quel ruolo istituzionale (è la seconda carica dello Stato) chiamato a rappresentare.ù
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
LA QUESTURA DI MODENA HA AGITO CON CERVELLO AVVISANDO I GIOVANI: “NON SIAMO QUI PER VOI E NON ENTREREMO, MA L’EDIFICIO E’ PERICOLANTE, DOVETE ANDARVENE”…. MENTRE SALVINI TWITTAVA: “LA PACCHIA E’ FINITA” (FORSE SI RIFERIVA ALLA SUA)
Al rave party di Modena nel capannone in disuso di via Marino i partecipanti stanno lasciando l’edificio. Molti si sono già riversati in autostrada con i loro mezzi. Intorno alle 10.30 le forze dell’ordine in tenuta antisommossa si erano avvicinate all’edificio senza entrare all’interno mentre un funzionario ha detto al megafono: «Non siamo qui per voi e non entreremo, l’edificio è sotto sequestro perché pericolante, dovete andarvene».
Dopo un primo momento di tensioni, ma senza scontri, i partecipanti al party hanno iniziato ad andarsene. Dentro stanno smontando le casse. Secondo quanto si apprende dalla Questura di Modena le attività in corso daranno esecuzione al sequestro preventivo dell’immobile «adottato di iniziativa e in via di urgenza, per motivi di sicurezza strutturale legati allo stato dei luoghi, dichiarati dal proprietario della struttura e certificati in ultimo da sopralluogo tecnico».
Tutta la zona è vigilata dall’alto dall’elicottero della Polizia di Stato, che sta monitorando anche gli snodi della viabilità stradale e autostradale.
Il tutto mentre Salvini, dimostrando di averci capito nulla, twittava: «Modena, sgombero e sequestri in corso al rave party. Pugno duro contro droga, insicurezza e illegalità. È finita la pacchia».
Il capannone è circondato da decine di blindati. Ci sono 300 agenti tra polizia, carabinieri e Finanza. Alcune uscite dell’edificio sono state interdette a causa di strutture pericolanti, stando a quanto ha detto la polizia di Modena.
Sul perimetro e sulle vie di deflusso si svolgono le attività di identificazione dei raver e di controllo dei relativi mezzi, con il concorso di pattuglie territoriali dislocate a medio raggio, di più unità cinofile antidroga e della Polizia stradale.
L’azione di polizia è stata preceduta da un’attività di mediazione ed informazione dei destinatari visti i correlati profili di incolumità pubblica, affinché l’uscita dalla struttura avvenga con calma e in modo responsabile per la sicurezza di tutti. Lo fa sapere la Questura di Modena sottolineando che, dall’inizio delle operazioni, sono stati identificati altri 310 partecipanti in uscita e 35 veicoli
Il dispositivo per eseguire il sequestro, approntato all’esito del Comitato Provinciale Ordine e sicurezza pubblica svolto ieri in Prefettura e del successivo Tavolo tecnico svolto in Questura alla presenza di tutti gli Uffici, Comandi ed enti interessati, vede il dispiegamento di forza pubblica, enti del soccorso sanitario e tecnico.
La maxi-festa clandestina, intitolata «Witchtek 2K22», ha richiamato 3.500 giovani da tutta Italia e da altri Paesi europei.
L’occupazione del capannone abbandonato è iniziata sabato sera, a due passi dall’uscita dell’autostrada, a Modena. Dentro e fuori il capannone il party e la musica sono proseguiti ininterrotti e a tutto volume da sabato sera. All’interno, chi ballava tra le luci al neon, chi si riposava all’interno di tende e camper parcheggiati nel capannone, chi è presente a se stesso e chi meno. Tutti o quasi indossano travestimenti di Halloween. Ci sono anche alcuni stand improvvisati che promettono pizze fritte e street food. Il rave è stato organizzato nei pressi della fiera di Modena, a due passi dall’uscita dell’autostrada e per motivi di sicurezza nella notte sono state chiuse diverse uscite, sull’A22 a Carpi e Campogalliano, e sull’A1 Modena Nord e Sud. Disagi al traffico sono stati creati ieri dalla contestuale apertura della fiera degli sport invernali Skipass e dal traffico domenicale diretto ai centri commerciali.
(da agenzie)
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Ottobre 31st, 2022 Riccardo Fucile
ALCUNI GIOVANI REAGISCONO E IL BRANCO SCAPPA… NESSUNA PIETA’ PER QUESTI INFAMI, IN GALERA E BUTTARE LA CHIAVE
“Daje de tacco”, grida uno dei picchiatori all’amico. La vittima è un
uomo di mezza età sdraiato in terra con indosso solo un paio di scarpe da tennis, pantaloncini rossi e la camicia completamente aperta, che scopre le spalle, il petto nudo.
Così il primo adolescente, vestito in jeans, il cappuccio bianco di una felpa che spunta dal giubbino nero, assesta un calcio in testa alla vittima. Subito dopo un altro ragazzo lo imita. Arriva il terzo calcio, ancora più potente, in sequenza. La violenza del branco è micidiale.§
Sembra la replica, più arrabbiata ancora, della maxi-rissa tra baby gang andata in scena nel dicembre del 2020 sulla terrazza del Pincio.
Il video di cui Repubblica è entrata in possesso, documenta il pestaggio avvenuto sabato sera, ai piedi della fontana dell’Acqua Paola in piazza Trilussa a Trastevere.
L’uomo nudo in terra è semi-incosciente. La vittima è un senza dimora. Non è un volto conosciuto dalle forze dell’ordine, abituate a monitorare le tante persone senza casa che orbitano abitualmente nel rione.
Sono le 22 quando l’uomo viene ripreso la prima volta da uno dei tanti adolescenti che il sabato si radunano nella piazza simbolo del rione caro al Belli per trascorrere la notte di movida. Il bersaglio dei baby picchiatori si avvicina a un gruppo di ragazzi seduti a bere sulla scalinata. Il video adesso si interrompe. Pochi giri di lancette e riprende. La vittima adesso è sdraiata sui sampietrini, circondata da quasi cento adolescenti. Due giovanissimi, coperti da un piumino nero che sembra una divisa, gli assestano almeno quattro calci potentissimi in testa e sul viso.
Le ragazze che assistono alla scena gridano sconvolte: “Regà, che fate: fermi oh”. La folla ha un sussulto di disapprovazione a ogni colpo.
Per circa 40 lunghissimi secondi non interviene nessuno. Finché un ragazzo, con la felpa bianca, non si stacca dal gruppo degli spettatori e si scaglia contro uno degli aggressori.
Altri cinque ragazzi, tutti con il giubbino o la felpa bianca, lo seguono. Scoppia la maxi rissa: bianchi contro neri. Mentre la vittima resta in terra, rintronata dalle botte.
L’ultimo ragazzo che aveva gli sferrato un calcio scappa sulla scalinata, inseguito dal gruppo in felpa bianca. Volano altri pugni, la folla ondeggia. La tensione in piazza è palpabile. La persona che sta riprendendo la scena è costretta a rimettere il cellulare in tasca.
L’uomo in terra, nonostante la potenza dei calci subiti, non perde sangue. Nessuno chiama i soccorsi. La polizia di Trastevere a quell’ora è impegnata nei controlli sull’altro versante del rione, in via di San Francesco a Ripa.
“Purtroppo – ragiona la presidente del comitato Vivere Trastevere Dina Nascetti – succede anche questo. Sembra che siamo condannati ad assistere a scene del genere, di risse ne scoppiano ogni sera”.
L’unica consolazione, aggiunge Nascetti, “è che almeno in questo caso altri ragazzi siano intervenuti per difendere quell’uomo a terra”.
Gli investigatori del commissariato di Trastevere acquisiranno le immagini delle telecamere di videosorveglianza puntate sulla piazza per risalire agli autori del pestaggio. Non è il primo e non sarà l’ultimo che accade, al centro del triangolo delle bevute stretto tra piazza della Malva, piazza Trilussa e piazza Santa Maria in Trastevere.
“Questo rione è una polveriera dove il cerino acceso sono i ragazzini ubriachi”, aveva spiegato lo scorso fine settimana a Repubblica un residente che ha messo in vendita la casa. Due giorni fa il questore Mario della Cioppa aveva disposto la sospensione della licenza e la chiusura per cinque giorni di un locale che somministrava alcol ai minorenni. È l’ennesimo locale chiuso dal questore. Dopo poche ore il pestaggio, di una violenza cieca.
Un testimone: “Sputi e botte contro il senzatetto”
“Prima gli hanno sputato addosso, poi lo hanno preso a calci”, racconta un testimone. “Era da poco passata la mezzanotte – racconta il ragazzo all’ANSA -. Si era creato un cerchio di persone attorno a questo signore che scherzava e rideva, tanto che ad un certo punto, probabilmente ubriaco, si è messo a fare le flessioni. Qualcuno gli ha anche offerto da bere. Poi il cerchio si è stretto e alcuni ragazzi hanno cominciato a sputargli addosso. Lui, indispettito, è rimasto seduto senza reagire, mentre quattro-cinque di loro hanno cominciato a prenderlo a calci in faccia”.
A fermare la violenza, secondo quanto ricostruito, sarebbe stato un altro ragazzo, che nel video indossa una felpa bianca. “Era un loro conoscente, era con loro – spiega il testimone -. Di sicuro erano tutti minorenni, tra i 16 e i 18 anni. Quando ha visto i calci si è scagliato contro gli amici e si è scatenata una maxirissa nella piazza che a quell’ora era pienissima. Io con i miei amici abbiamo poi deciso di andar via, perché quella sera a Trastevere tirava una brutta aria. Da un po’ di tempo abbiamo tutti questa sensazione, non siamo tranquilli”.
(da La Repubblica)
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