Destra di Popolo.net

FACEVANO PRIMA A DIRE: CARI ITALIANI, SERVE MANODOPERA A BASSO COSTO. NEI NUOVI PALETTI AL REDDITO DI CITTADINANZA, SPARISCE L’AGGETTIVO “CONGRUA” DALL’OFFERTA CHE IL LAVORATORE È OBBLIGATO AD ACCETTARE, PER NON PERDERE IL BENEFICIO

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

SIGNIFICA CHE UN DISGRAZIATO DEVE ACCETTARE QUALSIASI PROPOSTA DI LAVORO, IN QUALUNQUE POSTO D’ITALIA… PROPRIO MENTRE L’ISTAT HA SOTTOLINEATO COME SIA DIFFICILE REIMPIEGARE I COSIDDETTI “OCCUPABILI”, PER LA MAGGIOR PARTE PERSONE PRIVE DI COMPETENZE PROFESSIONALI E TITOLI DI STUDIO ADEGUATI

Cadono anche gli ultimi punti fermi del reddito di cittadinanza. Quegli 8 mesi di assegno garantiti ai circa 660 mila “occupabili”, poi diventati 7, con gli ultimi emendamenti alla manovra approvati vengono sottoposti ad altri obblighi ancora. Cade l’aggettivo “congrua” dall’offerta che il lavoratore è obbligato ad accettare, per non perdere il beneficio. Significa, denuncia il leader del M5S Giuseppe Conte, «che le persone più indigenti devono accettare qualsiasi proposta di lavoro in qualunque luogo d’Italia: significa distruggere l’ascensore sociale. Siamo alla follia pura».
E i giovani tra i 18 e i 29 anni che non hanno completato il ciclo scolastico sono tenuti a iscriversi a percorsi formativi. «Prima di ricorrere a una misura meramente assistenziale è necessario restituire a questi ragazzi il diritto allo studio che per i motivi più diversi è stato loro negato», sostiene il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara.
«Privano di sostegno i giovani che non hanno completato il percorso scolastico, non curandosi del fatto che magari vivono in una famiglia che non li ha mandati a scuola o hanno dovuto abbandonare il percorso di studi per aiutare i genitori», obietta Alessandra Todde, deputata M5S ed ex vicemistro allo Sviluppo. Ma non è solo il M5S a scagliarsi contro la demolizione del reddito di cittadinanza. Protesta tutto il centro- sinistra, e anche i sindacati accusano il governo di «fare la guerra ai poveri».
Mentre vari istituti di ricerca, tra cui l’Istat nell’ultima audizione parlamentare sulla manovra, hanno sottolineato come sia difficile reimpiegare i cosiddetti “occupabili”, per la maggior parte persone prive di competenze professionali e titoli di studio adeguati. Senza un robusto programma di formazione persino gli incentivi all’assunzione (8 mila euro) servono a poco. Il governo in queste ore si è impegnato in questa direzione: fonti del ministero del Lavoro assicurano che da gennaio partirà un progetto, coordinato con il programma Gol per la formazione, per rendere veramente occupabili i percettori e per evitare che, dopo sette mesi, perdano qualunque forma di sostegno.
Già in questi mesi si è lavorato in questa direzione: grazie ai fondi del Pnrr sono stati appena rafforzati 297 centri per l’impiego e si è arrivati a una “presa in carico” di oltre 600 mila disoccupati. A margine dell’Assemblea di Coldiretti, il ministro per il lavoro Marina Elvira Calderone ha assicurato che un decreto subito dopo la pausa festiva ridefinirà l’offerta congrua: «Messa in sicurezza la manovra, ora dovremo lavorare per rendere ancora più efficace la nostra azione sulle politiche attive e sulle attività per accompagnare le persone al lavoro».
Il piano verrà messo a punto con il contributo delle parti sociali, delle organizzazioni imprenditoriali e delle Regioni. La questione però non è tanto quella dell’offerta “congrua”, riflette Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Sda Bocconi: «Finora di offerte ai percettori di reddito non ne sono arrivate, di nessun tipo.
Quello che è mancato è un vero percorso di rafforzamento dell’occupabilità. E se il governo vuole intraprenderlo seriamente, non può pensare di concluderlo in sette mesi. Alla formazione va dedicato tutto il tempo necessario, anche due o tre anni se serve, come avviene in Francia o Germania. Serve un esercizio di realtà, altrimenti non si sta parlando di una riforma: è solo un esercizio contabile».
(da La Repubblica)

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SETTE EX DIRIGENTI DI ANAS INDAGATI PER LAVORI MAI REALIZZATI PER IL MONDIALE DEL QATAR

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

SEQUESTRATI BENI PER 7,6 MILIONI DI EURO A BERNARDO MAGRÌ E STEFANO GRANATI, RISPETTIVAMENTE EX AD ED EX PRESIDENTE DELLA SOCIETÀ – GUAI ANCHE PER L’EX CDA DI ANAS, COMPRESI L’EX PRESIDENTE, GEMME, E L’EX AD, SIMONINI

L’avventura fallimentare di Anas Spa nel business dei Mondiali in Qatar rischia di costare caro agli ex dirigenti apicali della partecipata del Gruppo Fs. Nei giorni scorsi, il Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, su mandato della Corte dei Conti, ha sequestrato 7,6 milioni di euro a Bernardo Magrì e Stefano Granati, rispettivamente ex Ad ed ex presidente del cda di Anas International Enterprise Spa (Aie), il ramo di azienda di Anas dedicato agli investimenti all’estero.
La vicenda riguarda in particolare le vicissitudini di Anas Tec Gulf Engineering Llc, società di diritto qatariota creata da Aie con l’obiettivo di partecipare alle gare bandite dal Qatar in vista dei mondiali di calcio appena conclusi. L’indagine contabile deriva da un fascicolo in capo alla Procura di Roma, per il quale Magrì e Granati hanno già ricevuto l’avviso di conclusione indagini nel maggio scorso
Tra i fatti contestati, in particolare a Magrì, c’è la concessione di finanziamenti non supportati da idonee garanzie, cosa che per i pm contabili avrebbe compromesso il recupero dei crediti. Altra operazione sotto i fari, i soldi investiti in una commessa in India attraverso un’ulteriore società, la Anas Tec India Private Llc, con il conferimento dell’incarico di deputy branch manager (vicedirettore generale, ndr) a Omar Vittone, che gli inquirenti definiscono “soggetto dall’oscuro passato”.
Non è tutto. La Corte dei Conti contesta anche un danno erariale di 8,5 milioni a 5 ex componenti del cda di Anas, a partire dall’ex presidente Claudio Andrea Gemme e dall’ex ad Massimo Simonini. Loro responsabilità, secondo gli accertamenti della Corte dei Conti, sarebbe stata quella di aver ripianato le perdite della Aie Spa registrate al 30 aprile 2021, per gli importi di 6,3 milioni e di 2,1 milioni senza curarsi dei “pregiudizi di carattere economico che paiono causati ad Aie dalla gestione del dott. Magrì”, affermano i giudici contabili, secondo i quali “l’operazione di ricostituzione del capitale sociale è stata effettuata in assenza di un valido piano di risanamento.
(da Il Fatto Quotidiano)

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CREMLINO, ABBIAMO UN PROBLEMA: PER LA SECONDA VOLTA IN VENTI GIORNI, PUTIN RICONOSCE CHE LA GUERRA NON STA ANDANDO SECONDO I PIANI

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

ORA AMMETTE CHE “LA SITUAZIONE È ESTREMAMENTE COMPLICATA” FACENDO RIFERIMENTO ALLE QUATTRO REGIONI UCRAINE ANNESSE ALLA RUSSIA

Vladimir Putin è tornato a flettere i muscoli: quelli del suo esercito e quelli della sua propaganda. In un atteso vertice delle forze armate di Mosca, il presidente russo ha dichiarato che le truppe del Cremlino si sono rafforzate e continueranno a rafforzarsi, anche migliorando «la prontezza al combattimento» delle loro unità nucleari.
Il presidente russo ha dichiarato che «ciò che sta avvenendo è una tragedia», ma poi, negando la realtà dei fatti, ha affermato che «non è colpa» di Mosca. «Non c’è nulla di cui accusarci. Abbiamo sempre visto gli ucraini come un popolo fraterno e lo penso ancora», ha concluso Putin puntando il dito contro «la politica di Paesi terzi» e rievocando così il mito della «fortezza assediata» tanto caro alla sua propaganda.
Putin ha parlato di nuovi armamenti. «All’inizio di gennaio, la fregata Ammiraglio Gorshkov sarà equipaggiata con il nuovo missile ipersonico Zircon», ha affermato, aggiungendo che, «a breve, i missili balistici intercontinentali Sarmat assumeranno per la prima volta l’allerta di combattimento». Poi ha approvato la proposta del ministro della Difesa Shoigu di aumentare di quasi un terzo il numero degli effettivi delle forze armate facendoli salire da 1,15 a 1,5 milioni.
Tutte le richieste dell’esercito saranno esaudite da parte del governo. «Non esistono limiti al finanziamento, il Paese concederà tutto quel che chiedete», ha detto lo zar. Putin si è rivolto direttamente ai cittadini che temono un peggioramento del livello di vita dovuto ad una notevole crescita della spesa militare . Non ci sarà alcuna militarizzazione del Paese e della sua economia, tutti i programmi sociali saranno rispettati. Un possibile significato implicito di questo passaggio è che occorre prepararsi a un conflitto che andrà ben oltre la tanto annunciata offensiva di primavera.
Per la seconda volta negli ultimi venti giorni, il Cremlino riconosce che la guerra non sta andando secondo i piani. All’inizio di dicembre, Putin aveva infatti definito l’Operazione militare speciale come «un processo a lungo termine». Infine, l’Occidente, i cui Paesi sono «avversari strategici» della Russia e da secoli tentano di indebolirla e disintegrarla
(da La Stampa)

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“GUARDIAMO IL CIELO CON PAURA, SENTIAMO GLI AEREI MENTRE GIOCHIAMO. MA NON LASCIO L’UCRAINA”

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

MIRCEA LUCESCU, EX TECNICO DEL BRESCIA E DELL’INTER, CONTINUA AD ALLENARE LA DINAMO KIEV SOTTO LE BOMBE E RACCONTA: “HO FORTI DOLORI ALLA SCHIENA ANCHE DOVUTI ALLE TANTE ORE CHE PASSIAMO IN PULLMAN PER I TRASFERIMENTO. NON POSSO TRADIRE QUESTI RAGAZZI”

Tuttosport intervista l’allenatore della Dinamo Kiev, Mircea Lucescu. A 77 anni ha deciso di continuare ad allenare la squadra, nonostante il dramma della guerra in Ucraina.
«Ho forti dolori alla schiena e alle anche dovuti alle tante ore che devo passare in pullman quando ci spostiamo dalla Polonia ai campi di Kiev, Leopoli, Kryvyi Rov, Mynav, Uzgorod e Kolos dove ancora si può giocare il nostro campionato. Chi me lo fa fare? Non posso tradire questi ragazzi. Mi voleva il Fenerbahce, ma ho detto no. Il mio posto è là. Anche se quello che sta accadendo ha dell’inverosimile. Dopo quasi un anno di guerra sembra che tutto sia ormai normale, assuefatto e nemmeno si parla più della vita negli stadi ucraini».
Come si vive in Ucraina e come si può giocare a calcio? Lucescu racconta
«Con la paura. Ti guardi in cielo e non sai cosa può arrivare da un momento all’altro. Sentiamo i rumori degli aerei mentre siamo in campo e stiamo facendo le nostre partite ovviamente a porte chiuse, ma fin che non suonano gli allarmi giochiamo cercando di prestare massima attenzione al campo. Ci è capitato di dover aspettare anche un’ora nello spogliatoio prima di poter riprendere il match. Non so chi avrebbe fatto una cosa così al mio posto, ma io mi sento a posto nel fare quello che faccio».
Lucescu commenta la scelta di De Zerbi, che invece ha lasciato lo Shakhtar Donetsk.
«Lui è giovane e ha preso la sua decisione, anche altri allenatori stranieri hanno abbandonato squadre ucraine negli ultimi due anni. A me era già capitato quando nel 2014 allenavo proprio lo Shakhtar e per la guerra nel Donbass fummo costretti a lasciare Donetsk per appoggiarci a Kiev dove ci allenavamo, avendo rimodernato un terreno facendolo diventare Centro Sportivo, poi giocavamo a Leopoli. Ho vissuto per anni sugli aerei, adesso vivo sui pullman, è normale che sia pieno di acciacchi. Nemmeno allora mi sono mai sognato di abbandonare questa terra, questo campionato. E quello che abbiamo vinto con i ragazzi mi ha ripagato di sacrifici e amarezze».
Siete stati anche i primi a giocare delle amichevoli in giro per l’Europa per portare il messaggio di pace, di chi fu l’idea?
«Mia. La scorsa primavera avevo anche chiesto allo Shakhtar di poter creare una squadra mista, con metà maglia loro e metà nostra, ma mi hanno detto di no. Ero arrivato a parlarne anche con Zelenski. Siamo andati avanti ognuno per la nostra strada, sono stati comunque momenti emozionanti, giocavamo per gli ucraini che erano sparsi per l’Europa, in particolare per nonne, mamme e figli piccoli perché gli uomini erano sul fronte a combattere dove ahimè sono ancora. Chissà mai quando finirà questa maledetta guerra».
(da Il Napolista)

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IL CAPOGRUPPO DEL CARROCCIO ALLA CAMERA, RICCARDO MOLINARI ATTACCA SALVINI: “E’ STATA DILAPIDATA LA CREDIBILITÀ DELLA LEGA”

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

“CI SIAMO SPESI SU ALTRE QUESTIONI CHE NON SONO PROPRIE DELLA NOSTRA STORIA E NELLE NOSTRE CORDE, SENZA POI PORTARE A CASA IL RISULTATO SPERATO”… L’EX SINDACO DI NOVARA, MASSIMO GIORDANO, PROPONE AI LEGHISTI PIEMONTESI DI ARCHIVIARE L’ERA SALVINI

“Dobbiamo fare la Lega Nord 5.0”. Quando, verso fine cena, Massimo Giordano ex sindaco di Novara e assessore nella giunta di Roberto Cota, prossimo segretario del partito nella provincia più lombarda del Piemonte, chiosa i ragionamenti della sera con quello che potrebbe essere il titolo di un manifesto politico, si premura anche di evitare che quel ritorno alla specifica nordista suoni come un ossimoro nella proiezione verso il futuro.
Certo, “la risposta” alla crisi che travaglia da tempo il partito di Matteo Salvini “non può essere la nostalgia canaglia”. Se è un ritorno al futuro la strada per uscire dalle secche, al di sotto del 10 per cento negli ultimi sondaggi e da un ruolo ormai sempre meno riconosciuto dallo storico bacino elettorale, allora c’è da mettere insieme valori fondativi e identitari, tenendoli stretti insieme.
E stretti, insieme, erano molti dirigenti e militanti alcuni giorni fa alla tradizionale cena di Natale dove la sensazione di stare nella parte del tacchino con Giorgia Meloni chef è stata difficile da scacciare. Innominato nel precedente convivio vercellese dal segretario regionale, il Capitano stavolta Riccardo Molinari lo evoca, eccome.
Ragionamenti ed esternazioni che hanno stupito più d’uno, considerando quel tratto di doroteismo in salsa mandrogna che accompagna da sempre le parole del “Mol”. Pare che il più sbacalito sia stato il presidente della commissione Attività produttive della Camera e già sindaco di Arona Alberto Gusmeroli, poco incline ai sofismi politici. Dettagli.
Ciò che pesa e potrà pesare ancor più è proprio l’analisi di Molinari. Il quale nel ripercorrere una serie di errori che hanno segnato il percorso della Lega negli ultimi anni, li ha riassunti sostanzialmente in quello di “aver utilizzato il credito della Lega”, accumulato con l’azione politica sul territorio, l’attenzione a una fascia produttiva e la stessa connotazione locale, “spendendolo su altre questioni che non sono proprie della nostra storia e nelle nostre corde, senza poi portare a casa il risultato sperato”, anzi arrivando addirittura a “compromettere l’identità della Lega”. Parole dure, ma musica per le orecchie di quel leghismo piemontese, di cui la parte novarese è tra le più vivaci e pe(n)santi.
Perché poi, come si è ripetuto più volte, più o meno apertamente, in quella cena “se il Comitato Nord sembra una cosa tutta lombarda è anche perché la Lega in Piemonte, di fatto, è un comitato del Nord”, nell’idem sentire e nei contenuti, al di là delle strategie e delle fronde che connotano l’iniziativa voluta da Umberto Bossi e ben presto usata come miccia per chi, ormai, è sempre più convinto della necessità di un cambiamento.
A suffragare la tesi di un Piemonte nordista assai più del leader e della sua linea, c’è quel richiamo in servizio di figure della vecchia guardia ai vertici provinciali: da Elena Maccanti a Roberto Simonetti, dallo stesso Giordano a Enrico Montani.
Anche da qui passa quel recupero o difesa dell’identità compromessa, che un Molinari ancora scottato dall’aver visto sfumare all’ultimo (per decisione del Capo) la sua ascesa alla presidenza della Camera e forse anche per questo meno costretto in una parte che non sente più del tutto propria. Spiega che “deve essere ricostruita e per farlo non c’è altro modo che tornare a lavorare sul territorio, al Nord”. Quella connotazione territoriale cancellata da Salvini che, adesso, torna con forza nella visione e nei propositi di chi vuole costruire il partito del futuro. Una Lega 5.0, appunto.
(da Lo Spiffero)

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SPAGNA, LA MANOVRA SOCIALE DI SANCHEZ: TOGLIE A BANCHE E RICCHI PER METTERE SU PENSIONI E REDDITO DI CITTADINANZA

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

LA SPESA IN SUSSIDI, EDUCAZIONE E SANITA’… IN EUROPA C’E’ ANCHE CHI NON FAVORISCE GLI EVASORI FISCALI E I BOTTEGAI

La scelta di campo è netta: fare tutto il possibile per alleviare gli effetti della crisi post-Covid aggravata dalle conseguenze economiche della guerra in Ucraina sulle fasce più deboli della popolazione.
Non sarà la versione moderna di Robin Hood, ma comunque il bilancio dello Stato spagnolo, approvato in via definitiva dal Senato con 145 voti su 263, si basa sul concetto che – in questo momento di difficoltà – l’opzione più saggia è quella di chiedere uno sforzo supplementare ai più ricchi per dare respiro ai più poveri.
Un risultato che il premier Pedro Sánchez, alla guida del governo di minoranza Psoe-Podemos, ha ottenuto grazie all’appoggio degli indipendentisti catalani e baschi, soci privilegiati in questa legislatura che si avvia alla conclusione: in Spagna si voterà il prossimo autunno, probabilmente a novembre, e con questa manovra Sánchez spera di potersi garantire un periodo di pace sociale e, ovviamente, la rielezione per un nuovo mandato alla Moncloa.
Il bilancio 2023 prevede 274 miliardi di euro di spesa (un record: l’incremento è del 10 per cento) per coprire le misure di sostegno alle famiglie più vulnerabili al corposo aumento dell’inflazione registrato nell’ultimo anno.
Tra le misure più significative in questo campo, l’aumento dei sussidi di disoccupazione, l’ampliamento dell’aiuto di 100 euro mensili per le madri con figli da zero a tre anni (che finora era limitato alle lavoratrici), l’incremento del “ingreso mínimo vital” (versione spagnola del reddito di cittadinanza) di un 8,5 per cento, che andrà a beneficio di 1,2 milioni di spagnoli, e 620 milioni di euro in più di aiuti per l’assistenza alle persone disabili e non autosufficienti. Un risultato ottenuto dopo una lunga trattativa tra i soci della coalizione di sinistra, in particolare grazie alle pressioni di Podemos, che puntava tutto sul miglioramento delle prestazioni sociali.
La manovra del governo Sánchez prevede anche un aumento delle pensioni, degli stipendi dei dipendenti pubblici, l’incremento di spesa per educazione e sanità e la proroga per tutto il 2023 della gratuità dei treni locali e regionali. Misure che verranno in parte finanziate con i fondi del Pnrr (la Spagna è, dopo l’Italia, il principale beneficiario degli aiuti europei, con 140 miliardi di euro).
Ma, soprattutto, con l’obiettivo di ottenere una giusta ripartizione dei costi della crisi, si chiede un contributo supplementare ai grandi gruppi bancari, alle imprese energetiche e alle grandi fortune.
Nuove tasse motivate dagli utili straordinari che le banche e i colossi dell’energia stanno ottenendo grazie all’aumento dei tassi d’interesse e dei prezzi delle materie prime. Le imposte verranno comunque applicate sulle entrate e non sugli utili, come era stato ipotizzato in un primo momento.
Nel caso degli istituti finanziari, riguarderanno il 4,8 per cento del margine di interessi e commissioni ottenute nel 2023 e 2024: il fisco prevede di incassare 3 miliardi di euro in due anni. Alle imprese energetiche verrà applicato un tasso dell’1,2 per cento sull’importo netto del giro d’affari, che dovrebbe consentire allo Stato di incassare due miliardi di euro l’anno.
C’è infine l’imposta di solidarietà alle grandi fortune, a partire dai 3 milioni di euro. Tre le fasce previste: 1,7 per cento fra i tre e i cinque milioni di euro, 2,1 fra i cinque e i dieci milioni, 3,5 per cento per i patrimoni oltre i 10 milioni. L’unico sgravio previsto è invece per le piccole e medie imprese che fatturano meno di un milione di euro e che vedranno l’imposta sulle società ridotta dal 25 al 23 per cento.
(da La Repubblica)

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“CHE TI FREGA SE MUORE”: COSI’ LA GANG SEI POLIZIOTTI HA TORTURATO IL DISABILE E DEPISTATO LE INDAGINI

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

TUTTE LE BUGIE E I FALSI INTORNO AL CASO DEL BOSNIACO CHE SI E’ LANCIATO DALLA FINESTRA PER SFUGGIRE ALLE VIOLENZE DELLA POLIZIA

Lo aveva detto, una poliziotta, parlando al telefono con un collega: “le cose non sono andate come hanno detto gli operanti”. Ma è dagli atti che emerge la sequenza di falsi che ruotano intorno al caso di Hasib Omerovic. Ma soprattutto la frase “Che te frega se muore” che Andrea Pellegrini, il poliziotto arrestato per tortura, ha detto a uno dei suoi colleghi.
C’è un documento, il primo, con cui quattro agenti del commissariato di Primavalle il 25 luglio scorso comunicano di essere intervenuti per l’identificazione di un cittadino bosniaco, Hasib Omerovic, che dopo il controllo si è lanciato dalla finestra dell’abitazione cadendo nel cortile interno del palazzo” della periferia romana.
E ce ne è un altro, l’ultimo atto, con cui la procura ricostruisce i fatti accaduti tra i lotti popolari di Primavalle, stravolge la versione degli agenti e racconta di un poliziotto che lega, picchia e minaccia con un coltello un ragazzo sordo, mentre altri tre agenti provano maldestramente a coprire le torture, visto che le cose si sono complicate quando la vittima si è gettata dalla finestra della sua stanza: “percepita come unica via” di salvezza, dice il giudice.
Rivelazioni e furti: un agente già sanzionato
Per capire come si è arrivati alla svolta che ieri ha portato all’arresto dell’agente Andrea Pellegrini occorre tenere a mente questi due documenti. Perché tra il primo e l’ultimo atto ci sono tante bugie raccontate dai tre agenti intervenuti quel giorno, e forse anche da altri, per proteggere un superiore, Pellegrini, un poliziotto già trasferito dalla squadra mobile per aver divulgato notizie segrete, un uomo che in passato è stato arrestato in Florida mentre taccheggiava in un supermercato.
“Parati il culo dall’ondata di me..da”
È impresa ardua separare il vero dal falso. Perché in questa storia ci sono colleghi che si smentiscono a vicenda, investigatori convocati in procura per un confronto, ispettori che suggeriscono ai colleghi della squadra mobile di “far svolgere bene bene le indagini perché le cose non stanno come hanno scritto gli operanti”, salvo ritrattare il tutto davanti al pm, e altri che consigliano di stilare una relazione di servizio “per pararsi il culo dall’ondata di me..a che quando arriva sommerge tutti”
“Mi sono vergognato” racconta l’agente ‘pentito’
“Ho provato un senso di vergogna” per non essere intervenuto e fermare quanto stava accadendo. E’ la giustificazione che l’agente che ha collaborato alle indagini sulla vicenda ha fornito agli inquirenti sul fatto di non avere informato immediatamente i suoi superiori su quanto avvenuto nell’appartamento di Primavalle. Nell’ordinanza il gip della Capitale scrive che il poliziotto, testimone oculare, “ha riferito di essersi limitato a confidare alcune cose (la porta sfondata a un collega e gli schiaffi a un altro) e di essersi in qualche modo determinato a sottoscrivere la relazione di servizio, il cui contenuto non era corrispondente a quanto avvenuto, perché Pellegrini è pur sempre un suo superiore, di cui in qualche modo subiva il ‘peso’ e gli atteggiamenti, e che soltanto quando la pressione delle notizie di stampa sulla vicenda si era fatta insostenibile aveva finalmente sentito l’esigenza di recarsi dal dirigente per ‘riferire le cose come erano andate perché in queste situazioni è inutile cercare di nasconderle'”
Le cinque bugie
La prima menzogna è emersa subito: la comunicazione con cui gli agenti raccontavano i fatti accaduti a partire dalle 12.29 del 25 luglio era falsa. Quello in via Girolamo Aleandro non è stato un controllo di routine, una normale identificazione. Pellegrini secondo i pm ha trasformato quell’operazione in una spedizione punitiva per punire con metodi da sceriffo un ragazzo su cui giravano voci di quartiere in merito al fatto che molestasse ragazze. La situazione è degenerata.
Per coprire i fatti hanno raccontato quindi una seconda bugia, contenuta in una relazione di servizio in cui si dice che Hasib si è agitato quando hanno chiesto alla sorella disabile come si fosse procurata i lividi sulle braccia e lei, spaventata secondo gli agenti indagati, “negava che gli fossero stati provocati da qualche familiare”. Falso: Hasib era terrorizzato perché c’era un agente, Pellegrini, che brandiva coltelli, minacciava, strappava cavi elettrici per legarlo. Lo ha torturato. E al ragazzo la finestra è sembrata l’unica via di salvezza.
Il terzo falso ruota intorno a una porta chiusa a chiave. Non è vero che Hasib si era rifiutato di aprirla, stava prendendo la chiave quando Pellegrini la ha sfondata con un calcio.
Quarto, gli orari non tornano: i poliziotti dicono di essere intervenuti alle 12,29 ma la prima chiamata al 118 è delle 12,26.
Quinto: Pellegrini non ha fotografato Hasib durante il controllo per dimostrare la regolarità dell’operazione eseguita. “L’aver scattato fotografie di Omerovic che si trova a torso nudo nella propria abitazione sia durante l’identificazione sia soprattutto allorché è costretto a rimanere seduto assume senz’altro un effetto degradante, perché lesivo della dignità della persona. Traspare – si legge nell’ordinanza – l’intento di Pellegrini di infliggere sofferenze gratuite a Omerovic”.
“Omettendo di indicare”, “attestavano falsamente”, falsa rappresentazione della realtà circa lo svolgimento delle operazioni compiute dagli appartenenti alla polizia di stato”.
Le frasi scritte dai magistrati hanno un significato preciso. Raccontano di fatti “commessi in spregio della funzione pubblica svolta, nonché violando fondamentali regole di rispetto della dignità umana”. Fatti per cui un ragazzo da 5 mesi è ricoverato in ospedale, su un letto da cui forse non potrà più alzarsi.
(da La Repubblica)

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“AUTORITARIO E MANESCO”, UN PASSATO VICINO A FORZA NUOVA

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

CHI E’ ANDREA PELLEGRINI, IL POLIZIOTTO CHE HA TORTURATO HASIB… HA SVARIATO PRECEDENTI, ANCHE UN FURTO NEGLI USA…”HA AGITO IN SPREGIO DELLA SUA FUNZIONE PUBBLICA”

Un passato tra le fila della squadra mobile, poi un’indagine per rivelazione di segreto d’ufficio e anche un arresto dall’altra parte dell’oceano per un furtarello in un supermercato. Quindi un procedimento disciplinare e il successivo trasferimento in un commissariato di frontiera, a Primavalle. Andrea Pellegrini, il poliziotto arrestato per aver torturato Hasib Omerovic, ha cinquant’anni e una carriera che assomiglia a una parabola discendente.
Romano, l’uomo è entrato in polizia da giovane. Sposato, con due figlie, una nata da poco, è stato per quattro anni presidente dell’associazione Gli angeli di Malindi che si occupava della tutela dei minorenni. Scondo l’avvocato che lo difende, il penalista Remo Pannain la sua vita è stata sempre improntata alla difesa dei più piccoli.
Dal suo profilo social, in cui si alternano scatti con la moglie e con le figlie a quelli da lui stesso realizzati durante i concerti di Vasco Rossi e Ligabue, emergono anche immagini dal passato.
Un congresso di Forza Nuova, nel 2014, bandiere di gruppi ultranazionalisti polacchi. E, tra una foto in palestra e altre con la pistola in pugno, spunta anche uno scatto che lo ritrae con la maglia dei Bope di Rio de Janeiro, le forze speciali che operano nelle favelas.
Carattere autoritario e interventi muscolari sono stati sempre i suoi tratti distintivi. Qualche collega ricorda di quando andava in giro raccontando di aver picchiato un pedofilo, altri hanno raccolto aneddoti sulla sua seconda attività di investigatore privato, un lavoro di cui si vantava dicendo di aver sparso cimici e gps in alcune macchine.
Classe 1972, già da tempo aveva mostrato quello che adesso il giudice descrive come “spregio della funzione pubblica svolta”. Perché l’autoritarismo si è trasformato in “previcacia” e gli interventi energici sono sfociati in “un’incapacità di autocontrollo”: “risulta che Pellegrini è aduso a comportamenti aggressivi nell’espletamento delle attività di servizio”, dicono i magistrati.
Al di sopra delle regole, e non solo nel modo con cui intendeva fare il suo lavoro. Era stato costretto a lasciare la squadra mobile quando era stato accusato di aver rivelato notizie che dovevano rimanere segrete. Una volta è stato anche beccato mentre rubava da un supermercato, in Florida.
Arrestato e rilasciato su cauzione, è tornato in Italia e ha continuato a lavorare per la polizia. Ma Pellegrini, per i colleghi, non era un uomo da sorvegliare, anzi da rispettare. “È sempre un superiore”, provano a giustificarsi quanti lo hanno coperto, anche depistando le indagini
Un poliziotto indagato ha anche ricordato “l’atteggiamento tenuto da Pellegrini nei suoi confronti, volto a influenzarlo nel caso avesse avuto intenzione di riferire qualcosa circa l’accaduto, dicendogli che sarebbe stato meglio non riferire in merito allo sfondamento della porta”. Così è stato, fino a quando sui giornali non è stata pubblicata la vicenda e gli indagati hanno vuotato il sacco scaricando Pellegrini e raccontando delle torture che hanno portato Hasib a gettarsi dalla finestra.
(da La Repubblica)

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IL CASO DEL DISABILE VOLATO DALLA FINESTRA: ARRESTATO POLIZIOTTO ACCUSATO DI TORTURA

Dicembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile

AVVISO DI GARANZIA PER ALTRI QUATTRO AGENTI…IL DISABILE MINACCIATO CON UN COLTELLO, POLSI LEGATI E SCHIAFFI

Lo avrebbe legato a una sedia utilizzando un filo elettrico, preso a schiaffi e minacciato con un coltello terrorizzandolo al punto tale che, per tentare di sfuggire alle violenze, Hasib Omerovic è saltato dalla finestra.
Per questa ragione Andrea Pellegrini, poliziotto del commissariato di Primavalle, a Roma, è stato arrestato e adesso si trova ai domiciliari con l’accusa di tortura.
Si tratta di uno degli agenti di polizia coinvolti nella vicenda del 36enne sordomuto precipitato il 25 luglio scorso dalla sua abitazione nel corso di una perquisizione delle forze dell’ordine. La misura è stata notificata dalla Squadra Mobile. Nei confronti dell’agente la Procura contesta anche il reato di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici. Sono stati anche notificati quattro avvisi di garanzia ad altrettanti poliziotti indagati, a vario titolo, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e depistaggio, e nei cui confronti sono in corso attività di perquisizione.
Nell’ordinanza il gip, Ezio Damizia, descrive quelli che definisce “accadimenti indubbiamente di entità grave”, commessi “in spregio della funzione pubblica svolta, nonché violando fondamentali regole di rispetto della dignità umana“. Pellegrini non avrebbe avuto “alcuna remora di fronte ad un ragazzo sordomuto e una ragazza con disabilità cognitiva (la sorella di Omerovic ndr) compiendo ripetuti atti violenti, sia sulla persone che sulle cose e gravemente minatori, così da denotare pervicacia e incapacità di autocontrollo”. E proprio queste “violenze e minacce” avvenute durante quella che doveva essere una “attività volta all’identificazione” di Hasib Omerovic avrebbero causato all’uomo “un verificabile trauma psichico, in virtù del quale precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti”.
Tutti gli altri passaggi dell’ordinanza ricostruiscono i dettagli di quanto avvenuto nell’appartamento quel 25 luglio. I pm, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, hanno accertato che l’agente è entrato “all’interno dell’abitazione, immediatamente e senza alcun apparente motivo” ha colpito Omerovic “con due schiaffi nella zona compresa tra il collo e il viso, contestualmente rivolgendo al suo indirizzo, con fare decisamente alterato, la seguente frase: ‘non ti azzardare mai più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina’” e dopo avere impugnato “un coltello da cucina” “lo brandiva all’indirizzo” dell’uomo. Pellegrini avrebbe poi sfondato la porta della stanza da letto di Omerovic, sebbene quest’ultimo “si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi“. Una volta dentro la stanza ha costretto l’uomo a sedere su una sedia e dopo avere strappato un filo della corrente del ventilatore “lo utilizzava per legare i polsi di Omerovic brandendo” ancora una volta “all’indirizzo dell’uomo il coltello da cucina, minacciandolo, urlando al suo indirizzo la seguente frase ‘se lo rifai, te lo ficco nel c***’ e “lo colpiva nuovamente con uno schiaffo e continuava ad urlare nei suoi confronti, dicendogli ripetutamente ‘non lo fare più’”.
Pellegrini, secondo quanto emerge dall’ordinanza, in passato aveva avuto sanzioni in diversi procedimenti disciplinari, “uno dei quali, terminato con richiamo scritto” ed era stato trasferito dalla Squadra Mobile. In uno dei procedimenti disciplinari aveva subito una sanzione pecuniaria dopo essere stato arrestato in Florida per furto in un supermercato e rilasciato dopo il pagamento di una cauzione”. Dalle dichiarazioni di un collega inoltre, “risulta che Pellegrini è aduso a comportamenti aggressivi nell’espletamento delle attività di servizio e che, in alcuni episodi, si era persino vantato con il collega di aver “malmenato un pedofilo in occasione di un arresto”. Il collega ha inoltre evidenziato “l’atteggiamento tenuto da Pellegrini nei suoi confronti, volto a influenzarlo nel caso avesse avuto intenzione di riferire qualcosa circa l’accaduto, dicendogli che sarebbe stato meglio non riferire in merito allo sfondamento della porta”.
(da La Repubblica)

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