Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
“COSTRETTO A LAVORARE PERCHE’ LA PENSIONE ERA MISERA”
“Ora basta, abbiamo raggiunto davvero il limite. Quanto accaduto
chiama in causa responsabilità dirette, ad esempio da parte di chi deve fare i controlli che devono essere fatti con metodo, inoltre chiediamo che vengano inasprite le pene e le ammende a quelle imprese che non rispettano la normativa di sicurezza. Qui siamo di fronte a un omicidio perché era scontato che una persona di quell’età fosse esposta a rischio”.
A parlare è Emanuele Ronzoni, segretario nazionale organizzativo e commissario straordinario UIL Puglia, dopo l‘incidente avvenuto questa mattina a Bari in cui un operaio di 78 anni è morto dopo essere caduto da una scala, travolto da un’esplosione.
L’uomo, Giuseppe Cianciola, era in pensione, ma questa mattina stava lavorando in via Carri, nel quartiere Picone di Bari, a un impianto antincendio all’interno di un box auto condominiale, nei pressi dell’hotel Excelsior: l’esplosione di una bombola ad alta pressione, contenente gas antincendio, avrebbe fatto sganciare la valvola superiore.
L’uomo è stato travolto dall’esplosione ed è caduto dalla scala sulla quale stava lavorando. I soccorritori lo hanno trovato sull’asfalto con una profonda ferita alla testa, ma per lui non c’è stato nulla da fare e ne è stato dichiarato il decesso poco dopo.
“Una persona di 78 anni costretta ancora a lavorare, magari in un cantiere – continua Ronzoni – per racimolare qualche soldo perché con la propria pensione non ce la fa ad arrivare alla fine del mese, è un chiaro messaggio del fatto che dal punto di vista sociale dobbiamo porci delle domande”.
“C’è un altro aspetto preoccupante che riguarda chi ancora permette che succedano queste cose – spiega – imprese che fanno lavorare a nero. Il dato ulteriormente allarmante è che aumentano ogni giorno non solo gli incidenti sul lavoro ma anche le morti, siamo ormai arrivati a superare i 1.200 casi all’anno, in un paese che si dovrebbe dire civile”.
Infine secondo il sindacato uno dei temi principali riguarda i salari e le pensioni: “Non si rinnovano contratto di lavoro, c’è un blocco dei salari, non c’è recupero del potere di acquisto né per i lavoratori né per i pensionati – spiega – diciamo le cose come stanno, la gente deve campare e quindi si arrangia a fare tutto, in nero, senza protezione, senza rispetto, senza orari, senza certezze per la salvaguardia della vita”.
La procura di Bari ha aperto un’indagine per omicidio colposo, al momento a carico di ignoti, per chiarire le responsabilità della morte di Giuseppe Ciancola e soprattutto per conto di chi stesse svolgendo quel lavoro. Questa mattina gli agenti della polizia insieme con la Scientifica hanno catalogato e repertato ogni elemento all’interno del box, saltato fuori dalla stanza dopo l’esplosione.
“Se passa il principio che la priorità sia il profitto prima di tutto contro ogni salvaguardia della vita, allora non ci siamo – conclude Ronzoni – è una questione culturale che va affrontata. Al centro ci deve essere il rispetto della vita, la gente va a lavorare non per morire, ma perché deve vivere, vuole vivere”.
(da agenzie)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
IL TERZO POLO È ORMAI SCOPPIATO, CARLETTO PROVA A FORZARE SUL PARTITO UNICO MA “LAW-RENZIE D’ARABIA” FRENA…LA TELEFONATA CHE ANTICIPA LA SEPARAZIONE CONSENSUALE
Una telefonata allunga l’agonia del Terzo Polo. Matteo Renzi e Carlo Calenda si parlano, 48 ore dopo la disfatta elettorale alle regionali in Lombardia e Lazio. Una chiacchierata al telefono, preceduta da uno scambio di messaggini nelle ore calde del tracollo elettorale.
Il colloquio di ieri anticipa la separazione consensuale: la coppia è ormai scoppiata. L’amor mai sbocciato si è schiantato al secondo test elettorale al quale si presentavano insieme.
La cifra dello scontro è contenuta nei toni durissimi usati da Carlo Calenda contro Renzi, martedì sera, in direzione: «Mi sono stancato. Io ci metto soldi, ci metto la sede, la struttura, giro l’Italia mentre Renzi se ne sta tranquillo al sole di Dubai e Riyad». Parole di fuoco, quelle di Calenda, riferite al Giornale da una fonte di Azione che ha preso parte alla direzione di martedì sera. Uno sfogo che certifica un matrimonio ormai a capolinea.
La rottura è già nei fatti. Ed è frutto di due visioni. Alla Direzione nazionale di Azione, lo stato maggiore del partito di Calenda ha trovato l’intesa sulla richiesta, da formalizzare nelle prossime settimana, a Italia Viva per la fusione nel partito unico. Basta melina. Si deve accelerare. I renziani invece insistono sullo schema della federazione, per tenersi mani libere e valutare altre opzioni.
Azione fissa due paletti: partito unico e il nome di Calenda nel simbolo. Renzi controbatte: federazione senza il nome di Calenda. Non a caso, nella velina fatta uscire ieri, si indica Calenda come federatore e non come leader. Un segnale chiaro. Un messaggio politico evidente. La macchina del Terzo Polo si è inceppata.
Mentre tra i fedelissimi di Calenda si addensa un sospetto: un asse tra Mara Carfagna e Renzi per affidare all’ex ministro Fi la leadership del Terzo Polo alle Europee. Altri vedono un secondo scenario: l’avvicinamento tra il leader Iv e Forza Italia.
Nel bilancio post voto, il piatto di Azione piange: tre eletti sono in quota Italia Viva, uno ex Udc e uno ex Pd. La classe dirigente calendiana fatica a imporsi. [Per chiudere in bellezza, dalla Puglia arriva un’altra grana: il Pd chiede al governatore Michele Emiliano di mettere alla porta i consiglieri di Azione.
(da il Giornale)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
RECLAMA SPAZI MA GIA’ OCCUPA TUTTO… E ARRIVA LA “STRISCIA” DI VESPA
Ci sono cose che stridono nel racconto della tv pubblica di questi ultimi
giorni, quella “narrazione” che il sottosegretario meloniano alla Cultura, Gianmarco Mazzi (in passato direttore artistico di ben sei edizioni del Festival), vuole a tutti i costi cambiare procedendo quanto prima “al rinnovo dei vertici”.
Concetto ribadito in modo implicito ieri da Giovanbattista Fazzolari (“in Rai occorre più decoro”) e da Antonio Tajani (“dopo certe volgarità ho cambiato canale, la tv pubblica deve rappresentare tutti”), riferendosi entrambi al Festival di Sanremo.
Ciò che stride, appunto, è che il centrodestra si duole come se dalla Rai fosse escluso, ostracizzato, messo all’angolo. Poi però arrivano i dati Agcom sul monitoraggio sul “pluralismo politico e istituzionale” del mese di gennaio, periodo tra l’altro di campagna elettorale in Lazio e Lombardia, e si evince come la realtà sia ben diversa.
Se, per esempio, guardiamo ai tempi di parola del Tg1, si nota come ai primi 10 posti, tranne il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la senatrice a vita Liliana Segre, tutti gli altri siano esponenti della maggioranza: Meloni, Tajani, Piantedosi, Nordio, Urso, Giorgetti, Sangiuliano e Crosetto (in ordine di minutaggio).
Il primo rappresentante dell’opposizione è Giuseppe Conte, al 12esimo posto.
Al Tg2 la canzone è la stessa: nei primi dieci, 8 del centrodestra, con in più solo Mattarella e, al decimo posto, Vittoria Baldino dei 5 Stelle. Rainews, diretta dal meloniano Paolo Petrecca, non si discosta e nei primi dieci, oltre a Mattarella, troviamo solo il pentastellato Francesco Silvestri in ultima posizione, per il resto tutta destra.
Persino Mediaset è assai più pluralista, per non parlare di La7.
Ieri, intanto, al settimo piano di Viale Mazzini è andato in scena un cda lungo e infuocato. L’atmosfera era tesa e si respirava aria di possibile sfiducia, che potrà arrivare solo sul voto sul piano industriale, slittato in aprile.
Gli attacchi della destra hanno però avuto il merito di ricompattare il Pd (Francesca Bria) su Fuortes, che invece ha sempre più contro FI (Simona Agnes) e Lega (Igor De Biasio). Il piatto forte, naturalmente, era il Festival. Con i consiglieri uniti a chiedere conto a Carlo Fuortes sul non esser stati informati della presenza di Mattarella e su come sia stata malamente gestita la vicenda Zelensky.
Breve inciso: oggi il presidente ucraino sarà collegato in video con l’apertura del Festival del Cinema di Berlino, e questo suona come uno schiaffo alla Rai, a conferma che a cambiare idea sul video fosse stato proprio lui. Ma a Fuortes e al capo di Rai Pubblicità, Gian Paolo Tagliavia, sono stati chiesti lumi pure sui contratti di Fedez e Ferragni, sul perché la Rai ha concesso ad Amazon Prime di effettuare riprese gratis all’interno dell’Ariston e a Ferragni di fare un’enorme pubblicità a Instagram senza che la tv pubblica ne beneficiasse.
Ma anche su come sia stato possibile concedere così tanta libertà editoriale a Lucio Presta e Amadeus, due esterni, con Stefano Coletta e altri dirigenti tenuti all’oscuro su molte questioni.
Qualcuno ha poi chiesto perché Rai ha speso 18 mila euro per far pubblicità sul sito Dagospia che “notoriamente ci sbeffeggia”. E proprio di fronte ad alcune risposte evasive o alle “non risposte” di Tagliavia, i toni tra il manager e i consiglieri si sono alzati parecchio.
Poi c’è Vespa. Fuortes ha dato l’ufficialità: da lunedì 27 febbraio partirà la sua striscia post Tg1, si chiamerà 5 Minuti, e andrà in onda dalle 20.32 alle 20.37, così da non sovrapporsi con Il Cavallo e la Torre di Marco Damilano, su Rai 3. Non è ancora deciso se sarà registrata o in diretta, ma verrà trasmessa da un angolo dello studio di Porta a Porta riadattato alla bisogna. Nominati, infine, due nuovi vicedirettori del Tg2, entrambi in quota destra: Giovanni Alibrandi e Fabrizio Frullani.
Quest’ultimo, chigista, nel 2021 si era fatto notare per aver dato alle stampe il libro Da destra a destra. Storia, scena e retroscena del cammino di Fratelli d’Italia.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
AL VIA DA ORVIETO LA NUOVA TOURNEE
“Ora basta gridare”, potrebbe essere il titolo di tutto lo spettacolo. Dieci anni dopo lo “Tsunami tour” che fu davvero una tsunami per la politica italiana, cinque anni dopo “Insomnia” che fu il sussulto del fondatore del M5S ormai sulla via dell’abbandono: gli anni passano veloci e l’età avanza, “mi scordo le cose, capitemi, ormai vado per i 75 anni”, esordisce Beppe Grillo.
Già la location suggerisce una nuova fase, più di nicchia, per il comico che si era fatto politico: al teatro Mancinelli di una tranquilla Orvieto i posti sono quasi tutti occupati, ma non saranno neanche 400 per l’ultima fatica, “Io sono il peggiore”.
La linea dello spettacolo è semplice: il pubblico fa le domande anonime, a piacere, le scrive su un foglietto e poi le infila in un sacchetto della spazzatura nobilitato per l’occasione. Cosa pensi di Luigi Di Maio? “Ma cosa volete, anche Giuda era un socio di Gesù prima di tradirlo…”.
Sei deluso dal M5S? “Ma no ma no, è un’altra cosa, io sono diverso come siete diversi voi, non ragiono come un politico…”.
Il Movimento “è nato perché non digerivo e non dormivo, le persone che dormono bene non rompono i coglioni a nessuno”. E poi, cambiando velocemente discorso, “ci governa l’estrema destra, così li chiamano in tutta Europa”.
In platea tutti si aspettavano Giuseppe Conte, arriva ma dopo l’inizio, al riparo dai selfie. C’è Roberto Fico, l’ex presidente della Camera che brinda con un prosecco prima dello spettacolo, “è sempre un piacere vedere il nostro garante. Cosa dirà? Chi lo sa, vediamo”, sembrava sincero lì davanti all’ingresso.
C’è qualche deputato, non altri big di ieri e di oggi, sul palchetto è sistemato il presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Va detto che tutto sommato è uno spettacolo non imperdibile, lontano dalla carica comica e assieme capace di far riflettere del passato: il comico genovese indugia ancora sulla vecchiaia, sui suoi effetti, sulla memoria – un’anziana signora che lo ferma e le mostra un anello, “non ti ricordi di me?, me lo hai regalato nel 1974…”, ma era un falso ricordo – e sulla depressione nel vedere un mondo difficile da capire.
Allora Grillo torna indietro nel tempo, mostra foto e video, quando 20-30 anni fa parlava già di auto a idrogeno, di energia rinnovabile, di comunità energetiche, dello scandalo Parmalat, rammenta il suo incontro con il presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, omaggia Dario Fo che – dice – gli morì praticamente tra le braccia ridendo a una sua battuta, e ora chiede: “Ma cosa volete da me adesso?”.
Qual è insomma il filo del discorso, il messaggio che il Grillo fuori dalla politica e dal Movimento, vuole trasmettere con quest’ultimo spettacolo? Forse solo la malinconia o magari una suggestione confusa, per lui che è sempre stato appassionato di nuove tecnologie, anche in maniera visionaria. L’intelligenza artificiale quindi; avverte, “sappiate che non è neutra, c’è qualcuno che muove i fili, c’è il nano sotto, c’è sempre un nano sotto”.
Le speculazioni degli algoritmi finanziari, i server delle multinazionali posizionati vicini a Wall Street, il gamberetto che fa 12 mila miglia per essere sbucciato, le miniere dove si estraggono i materiali per le batterie dei telefoni di cui non vogliamo sapere nulla. Un patchwork con vecchi aneddoti, vecchie denunce e così alla fine il fragoroso “vaffanculo” si è trasformato in un rassegnato e insieme confortante “ve l’avevo detto”.
L’ultima stoccata è sulla “giustizia spettacolo” attorno al processo a carico del figlio. Lo definisce un “processo politico: le sentenze le fanno in televisione”. Ce n’é abbastanza per il Grillo più triste e mesto che si ricordi.
(da agernzie)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
QUESTO RENDE INUTILIZZABILI LE LORO DICHIARAZIONI NEL RUBY TER: NON POTENDO ESSERE CONSIDERATE SEMPLICI TESTIMONI IN QUEI PROCEDIMENTI, CADONO DUNQUE LA FALSA TESTIMONIANZA E LA CORRUZIONE IN ATTI GIUDIZIARI
A più di nove anni dall’iscrizione nel registro degli indagati, dopo sei
anni di udienze con rallentamenti e rinvii continui e dopo due assoluzioni nei filoni satellite a Siena e Roma, Silvio Berlusconi viene assolto «perché il fatto non sussiste» dal reato di corruzione in atti giudiziari anche nel processo Ruby ter.
La Procura aveva chiesto la condanna a 6 anni di carcere senza attenuanti accusandolo di aver comprato il silenzio o le falsità di una ventina di «olgettine» che, a partire dal 2011, testimoniarono nei processi Ruby 1 e Ruby 2 sulle cene e i dopocena del «bunga bunga» ad Arcore. Un esito legato a ragioni «esclusivamente giuridiche», precisa in una nota Fabio Roia, presidente del Tribunale di Milano.
Ha pesato come un macigno l’ordinanza con cui a novembre 2021 il tribunale accolse l’eccezione del difensore del Cavaliere, l’avvocato Federico Cecconi, artefice principale del successo, secondo il quale nei Ruby 1 e 2 le olgettine dovevano essere interrogate come indagate assistite da un avvocato, non come testimoni.
Questo rende inutilizzabili le loro dichiarazioni nel Ruby ter. Roia conferma che nei due processi c’erano già «indizi non equivoci a loro carico» di una possibile corruzione. Non potendo essere considerate semplici testimoni in quei procedimenti, cadono dunque la falsa testimonianza e la corruzione in atti giudiziari. Già negli anni del Ruby 1, Berlusconi aveva detto che aiutava le ragazze per danni avuti dalle indagini. I pm attendono le motivazioni tra 3 mesi per valutare se fare appello. «Le prove, dal nostro punto di vista, ci hanno dato la convinzione, che rimane, che ci siano state le false testimonianze e la corruzione», dice il procuratore aggiunto Siciliano.
(da Il Corriere della Sera)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
“HO PERSO TUTTO, LICENZIATO, SBATTUTO FUORI DALL’UFFICIO IN TRE MINUTI. PERCHÉ? A CHI DOVEVO FARE SPAZIO? A CHI DAVO FASTIDIO?”
«Mi stanno telefonando da tutte le parti, ma che vogliono?». Emilio Fede, 91 anni, un po’ è confuso, un po’ è contento. Un po’ mastica amaro. Perché in fondo, di tutta la storia di Ruby Rubacuori, quello rimasto col cerino in mano è lui, l’Emilione nazionale: 4 anni e 7 mesi per induzione della prostituzione.
Più altre condanne varie, dalla bancarotta alla diffamazione aggravata, su cui ormai si stende il velo pietoso dell’oblio: «Mi sono fatto 8 anni ai domiciliari senza essere colpevole di nulla».
Berlusconi assolto e lei condannato. Mondo crudele?
«Mi chiedo invece perché io sono stato calpestato fino alla fine…» . «[Io ho perso tutto, licenziato, sbattuto fuori dall’ufficio in tre minuti. Perché? A chi dovevo fare spazio? A chi davo fastidio?».
Ha qualche idea in merito?
«Non lo so. So che in un carcere milanese, un detenuto in punto di morte ha detto che io in queste storie non c’entravo niente».
Chi glielo ha raccontato?
«Una signora che frequenta le carceri per lavoro. Non posso dire di più».
Come andò il licenziamento?
«Ricordo che ero andato allo stadio con il Cavaliere, torno e trovo il mio ufficio chiuso. Un avvocato e un altro figuro che mi dicono: lei ha chiuso, licenziato. Dopo tutto quello che avevo fatto!».
n effetti, lei dalle cene eleganti andava e veniva…
«Le cene a cui ho partecipato io si concludevano a mezzanotte, poi io uscivo, andavo all’edicola di piazzale Loreto a prendere i giornali, leggevo le prime pagine e telefonavo al Cavaliere per fargli il resoconto».
Ha sentito di recente il Cavaliere?
«L’ultima volta è stata la vigilia di due Natali fa. Ero stato in ospedale dopo una caduta e mi aveva chiamato: “Ciao Emilio? Ma cosa fai? Dai, vieni qua…” Ma io non potevo ero in carrozzella. Poi non ci siamo più sentiti».
(da La Stampa)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
“APPROFITTIAMONE, CORROMPIAMO ANCHE NOI TESTIMONI E DICIAMO CHE CI MANDA LUI”
La locuzione «comiche finali» a proposito di Silvio Berlusconi ha una
storia ben precisa. Fu infatti la frase con cui Gianfranco Fini bollò nel 2007 la proposta del Cavaliere di fare un partito unico del centrodestra. «Lui che adesso accetta di discutere sulla legge elettorale, ci ha risposto senza rispetto e quasi sfidando il ridicolo ci ha detto “ho fondato il Pdl, scioglietevi, bussate, venite e vi sarà aperto”. Comportarsi in questo modo non ha a che fare con il teatrino della politica, significa essere alle comiche finali», disse Fini.
Che due anni dopo e proprio con Berlusconi fonderà il partito unico del centrodestra: il “Popolo delle libertà”. Oggi la “comica finale” la riesuma il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio a proposito dell’assoluzione di Berlusconi nel Ruby Ter.
Il codice penale e le montagne di prove
Il punto che solleva il giornalista è quello delle motivazioni. Che dipendono dal fatto che le “Olgettine” non potevano essere accusate di corruzione in atti giudiziari perché già a metà dei processo Ruby 1 avrebbero dovuto essere sentite in aula non come testimoni ma come indagate in procedimento connesso per concorso in induzione alla falsa testimonianza.
Commenta Travaglio: «Il Codice penale vieta all ’imputato di pagare sia i testimoni sia i coimputati che possono inguaiarlo. Ci sono montagne di prove che B. ha pagato 28 testimoni che potevano (e spesso minacciavano di) inguaiarlo dicendo la verità sul caso Ruby.
E il Tribunale che fa? Lo assolve con tutte le testimoni prezzolate. Perché queste non andavano sentite con l’obbligo di rispondere e dire la verità. Bisognava indagarle come sue coimputate e interrogarle col diritto di tacere o mentire (in Italia mentire alla Giustizia è un diritto, nei Paesi civili è un crimine)».
Assoluzione scontata
Il quotidiano racconta che l’assoluzione era scontata. Perché che la corte fosse orientata a considerare un errore l’ascolto delle olgettine come testimoni era chiaro dal 3 novembre 2021. Ovvero quando il presidente Tremolada ha recepito a sorpresa un’eccezione avanzata nel 2019 dalla difesa di Berlusconi. Travaglio chiude il commento con sarcasmo: «Pazienza se è pure vietato pagare i coimputati perché mentano. Pazienza se 2 gup, 3 giudici d’appello e 9 giudici delle sezioni unite di Cassazione avevano stabilito il contrario. Perciò indignarsi è inutile. Meglio approfittarne: se delinquere e poi pagare testimoni e complici per fregare i giudici non è più reato, diamoci da fare. Poi, se ci beccano, diciamo che ci manda Silvio».
(da agenzie)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
NON VOLEVA AVERE TRA LE PALLE “PRESENZE DELL’AREA DI DESTRA NEL COMITATO EDITORIALE. NON SCELTE, MA IMPOSTE”… PERSONA COERENTE, CON I SOVRANISTI NON SI PRENDE NEANCHE UN CAFFE’
«Non sono un politico e non voglio esserlo». Lo scrittore Paolo Giordano, 40 anni, torinese, si ritira dalla corsa per la direzione del Salone del libro. «È un ente che ho sempre amato, anche per motivi geografici. Se c’era una realtà di cui potevo immaginare di occuparmi era quella, ma non sarà così».
Giordano non sa cosa succederà ora. «Mi sento responsabile. Credo che ci siano persone che pensavano fosse la strada giusta e mi dispiace, ma ritengo pure che arrivino dei momenti in cui c’è uno stallo e allora è meglio smuovere le acque».
Alla base di tutto ci sarebbe un problema politico. «Ho avvertito che non ci sarebbe stata una piena libertà nella mia gestione di direttore. Si sono poi aggiunte delle richieste di presenze dell’area di destra nel comitato editoriale, non scelte da me ma imposte».
In conclusione per lo scrittore «la cultura merita meglio di così. Di non essere come tutto il resto e diventare lottizzata non dico dalla politica, ma dal partitismo. Il Salone del libro merita di più e non mi sarei sentito a mio agio e nel giusto ad avallare tutto ciò».
(da agenzie)
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Febbraio 16th, 2023 Riccardo Fucile
“BAKHMUT E’ UN MURO VIVENTE, IL NOSTRO POPOLO NON SI PIEGA, OBIETTIVO E’ UCCIDERE IL MAGGIOR NUMERO POSSIBILE DI NEMICI”… DOMANI PARLERA’ AL FESTIVAL DEL CINEMA DI BERLINO, I CUI ORGANIZZATORI HANNO DETTO “PER NOI E’ UN GRANDE ONORE”
“Dobbiamo fare in modo che questa primavera si avverta davvero che
l’Ucraina si stia muovendo verso la vittoria. Questo vale per l’addestramento delle nostre forze di difesa, la fornitura di armi per il nostro Paese e la nostra iniziativa strategica nella guerra. Qualsiasi tentativo da parte della Russia di riprendere l’iniziativa deve essere contrastato. Sono fiducioso, lo faremo”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky su Telegram.
“Il nemico sta già perdendo così tanti uomini, così tante risorse che presto sarà difficile trovare, ad esempio, un soldato in tutta la Russia. E il nostro compito – sottolinea – è assicurarci che ci sia sempre meno desiderio di mantenere i territori ucraini sotto occupazione. La liberazione della nostra terra è l’obiettivo per cui lavoriamo ogni giorno. Voglio ringraziare i nostri guerrieri. Ogni giorno la vostra difesa ci permette di preparare la futura liberazione delle nostre città e comunità. Non possiamo lasciare una sola possibilità a tutti gli occupanti. E non lo faremo”.
Durante la conferenza stampa con il premier svedese a Kiev, scrive Ukrinform, il presidente ucraino ha detto che Bakhmut è “un muro vivente” che permette all’Ucraina di guadagnare tempo per prepararsi alla liberazione di tutti i territori.
Secondo Zelensky, la situazione “più dura” al fronte è presso Bakhmut, dove si combatte da mesi, ma anche a Vuhledar. “La fortezza” Bakhmut continua a resistere, “è un muro vivente di persone. Paghiamo un alto prezzo per questa guerra. Ma il nostro popolo non si piega, protegge questa città, mantiene le posizioni, capendo di essere una fortezza che permette al resto dell’Ucraina di prepararsi per la liberazione di tutti i suoi territori. Resistono fermamente, eseguono la loro missione e uccidono, il che è probabilmente la cosa oggi più importante, uccidere il maggior numero possibile di nemici”, ha dichiarato Zelensky.
Il presidente ucraino ha ripetuto l’invito al collega americano Joe Biden perché vada in visita a Kiev. “Sapete che abbiamo invitato il presidente. Penso che sarà felice di visitare l’Ucraina se ne avrà l’opportunità. Sarebbe un importante segnale di sostegno alla nostra nazione”, ha affermato Zelensky, rispondendo alla Cnn.
Il presidente ucraino si è poi detto “molto grato” per il “grande aiuto” americano. Biden si recherà la settimana prossima in visita in Polonia, in coincidenza con il primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio. Vi incontrerà il presidente polacco Andrzej Duda e altri leader regionali.
Domani sera Zelensky interverrà in collegamento video all’apertura del 73esimo Festival internazionale del cinema a Berlino. A presentarlo sarà l’attore e regista americano Sean Penn, che partecipa alla kermesse con il suo documentario sull’Ucraina ‘Superpower’. L’intervento di Zelensky è per noi “un onore speciale”, hanno detto gli organizzatori del Festival.
(da agenzie)
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