Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
LE DETRAZIONI NELLA SUA DENUNCIA DEI REDDITI PER L’APPARTAMENTO DI 160 METRI QUADRI A ROMA
Lo sconto in fattura, il credito ceduto a sconto all’impresa edile o alla banca? Roba inutile, parola di Giorgia Meloni, che coi bonus edilizi ha una certa confidenza: basta e avanza la detrazione per far funzionare i crediti fiscali, lo può testimoniare la stessa premier.Con lei hanno funzionato alla grande (e tanti saluti al costo medio per cittadino del suo appartamento rimesso a nuovo): certo, c’è quel piccolo particolare che devi avere il reddito di Meloni, deputata dal 2006 e oggi anche scrittrice di successo, per poterti scaricare tutto quel ben di dio. Dalle dichiarazioni dei redditi della premier si scopre infatti che ha detratto nel 2021 ben 6.200 euro per spese di ristrutturazione edilizia per lavori che, si deduce, ha effettuato sull’unica abitazione di cui dispone, un appartamento di 160 mq a Mostacciano (Roma).Lavori che sono costati 120 mila euro dal 2012 al 2018. Dalla dichiarazione si vede anche che la detrazione, che si desume spalmata in dieci rate annuali, è salita negli anni grazie alla crescita del suo reddito (160 mila euro nel 2021). Vedete che non servono quelle diavolerie tipo la cedibilità? Alla premier i bonus vanno bene così: anvedi come detrae Giorgia.
(da il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
PARLA LUI CHE AVEVA UN MEGA YACHT ORMEGGIATO A CARRARA, TRAMITE IL PRESTANOME KHUDAYNATOV, NONCHE ‘ MILIARDI IMBOSCATI NELLE BANCHE SVIZZERE RUBATI AL POPOLO RUSSO
“Invece che produrre tecnologia e creare posti di lavoro in Russia, i grandi uomini d’affari investivano in yacht all’estero”. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin nel discorso sullo Stato della Nazione, in un duro attacco agli oligarchi che si sono arricchiti a partire dalla stagione delle privatizzazioni degli anni ’90, quando le aziende dello Stato venivano vendute “quasi per niente”.
Riferendosi ai sequestri di yacht e altri beni degli oligarchi russi all’estero, Putin ha aggiunto: “Nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto per coloro che hanno perso i loro capitali, yacht e palazzi all’estero”. “Non supplicate (l’Occidente) per riavere i vostri soldi – ha insistito Putin -, Non investite all’estero ma in Russia. Lo Stato e la società vi sosterranno”.
“Ma c’è una seconda scelta: lavorare per la propria patria e questi imprenditori sono tanti e qui è il futuro del business”.
(da agenzie)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
MARIO POMINI, DOCENTE DI ECONOMIA ALL’UNIVERSITA’ DI PADOVA: “TRE MESI FA IL BUCO ERA DI SOLI 38 MILIARDI, SE IL DISAVANZO STATALE E’ TRIPLICATO E’ PER LE ALTRE MISURE DEMAGOGICHE DEL GOVERNO MELONI”
Il fine settimana ci ha regalato, purtroppo, lo psicodramma fiscale del ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti e del governo della destra. Con atto d’imperio, tenuto per giorni ben nascosto, il governo ha bloccato in poche ore i meccanismi fondamentali del superbonus fiscale e di tutti gli altri bonus edilizi, cioè lo sconto in fattura e la cessione del credito.
L’argomento di Giorgetti per giustificare questo intervento clamoroso è un classico della finanza pubblica. Secondo il ministro questo meccanismo ha creato un buco nei conti pubblici di 110 miliardi ed era necessario intervenire per evitare altri grossi guai.
Questo psicodramma mentale del ministro è diventato invece un dramma reale per migliaia di imprese e centinaia di migliaia di famiglie che stavano decidendo di approfittare di questa ultima finestra fiscale. Un disastro economico insomma.
L’argomento del buco, chiamiamolo così, non è nuovo. È stato usato dalla stessa Meloni a novembre per una prima riduzione del superbonus. Appena tre mesi fa il famoso buco da bonus era di 38 miliardi. Ora è quasi triplicato. Come mai il ministro non si è accorto di questa lievitazione?
Forse era colpevolmente distratto oppure impegnato altrove. Possiamo dire che il caso è ampiamente sospetto, anche perché emerso a pochi giorni dalle elezioni regionali vinte dall’astensionismo e dalla destra.
Poi il buco da bonus è scomparso dalla finanziaria 2023. Se fosse esistito, avrebbe dovuto essere considerato e debitamente affrontato con tagli e riduzioni.
Ma la finanziaria di Giorgetti ha guardato altrove, generando altri e ben più pesanti buchi nella finanza pubblica. Giorgetti ha confezionato una finanziaria in stile partita doppia
Non essendoci grosse risorse da distribuire, ma molti appetiti post-elettorali da soddisfare, si è inventato una finanziaria nuova in cui si sottraggono redditi ad alcuni per darli ad altri. Come nella partita doppia ogni posta contabile viene segnata con un segno più da una parte e con un segno meno dall’altra, nello tesso modo si è proceduto con i cittadini e con i contribuenti.
Ecco alcuni esempi. Si è tolto ai pensionati cosiddetti ricchi (?), quelli che per decenni hanno versato i contributi e che percepiscono per questo più di duemila euro lordi al mese, per aumentare le pensioni minime con un’operazione che non si era mai vista e molto discutibile.
L’indennità di vacanza contrattuale dei dipendenti pubblici è stata utilizzata per ridurre di poco il cuneo fiscale dei lavoratori dipendenti. È come se un’impresa decidesse di aumentare lo stipendio dei lavoratori di altre imprese.
Sarebbe molto strano, ma per i dipendenti pubblici è la normalità.
Gli avanzi fiscali generati dall’inflazione sono usati dalla classe politica per altri scopi. Il reddito di cittadinanza è stato ridotto per allargare i privilegi fiscali dei lavoratori autonomi, forse per premiarli della loro lealtà verso il fisco. E così via.
Questa partita doppia sociale, toglier di qua per dare di là, non si è conclusa a pareggio, come dovrebbe essere secondo le regole della ragioneria, ma con un saldo negativo di 21 miliardi.
Quindi, se c’è un buco vero nei conti pubblici, è quello che ha provocato il ministro delle Finanze. Pazienza se anche il precedente Presidente del Consiglio aveva licenziato una finanziaria che prevedeva un buco simile. Ma allora l’economia correva attorno al 4% e se lo poteva permettere, ora è ferma.
Non serve a nulla, a pochi centimetri da un precipizio, dire che è colpa degli altri se si è arrivati a questo punto. Quello che bisogna evitare è l’ultimo passo, quello decisivo. Cosa che evidentemente un ministro non ha fatto, visto che ora grida al mondo che c’è un buco fiscale di 110 miliardi nei conti pubblici di cui non si era minimamente accorto.
Sembrava però che la finanziaria 2023 avesse messo le cose a posto.
Così si esprimeva in maniera molto ottimista la premier in una lunga intervista ad un quotidiano economico.
Ecco le sue parole del 9 febbraio 2023: “Al momento la situazione finanziaria italiana è sotto controllo: nonostante i tassi di interesse in rialzo della Bce lo spread è basso e il debito non è esploso”.
Ora Meloni ha cambiato versione e afferma che senza il blocco dei bonus non sarebbe possibile fare la sua finanziaria per il 2024. Dobbiamo credere alla Meloni rassicurante e ottimista di 12 giorni fa o alla Meloni catastrofista di domenica, che magari fra dieci giorni cambierà versione?
Un paese con un debito pubblico che è il terzo al mondo in rapporto al Pil e con una crescita economica asfittica non può permettersi colpi di testa in materia di finanza pubblica.
Se anche il problema si fosse palesato, non serviva a nulla fare una grande cagnara su di un ipotetico buco nei conti pubblici. Il problema andava sollevato nelle sedi opportune e risolto. I ministri servono per dare soluzione ai problemi, non per sbandierarli ai quattro venti di fronte all’opinione pubblica e soprattutto alla comunità internazionale che compra il nostro debito.
Giorgetti, fino a venerdì scorso, era considerato un ministro serio e prudente. Che cosa possiamo dire ora dopo il suo improvviso colpo di testa? Certamente un ministro delle Finanze sull’orlo di una crisi di nervi che crea un tale panico fiscale e che produce un danno così grande ad uno dei settori trainanti dell’economia non sta facendo bene il suo mestiere. Per mesi ha sottovalutato oppure ignorato un problema pur che esisteva, e oggi scarica la responsabilità molto generosamente, oltre che ingiustamente, sui suoi predecessori.
Questo atteggiamento fiscalmente puerile non è accettabile da un ministro serio. Il buco da bonus esisteva anche a settembre 2022 quando la destra ha fatto il pieno di voti con assurde promesse elettorali e poi il ministro ha accettato la sua carica.
Il ministro Giorgetti salverà ora i conti dell’Italia come lui stesso promette? Un’analisi della sua esperienza, pur breve, depone ampiamente in senso contrario. Invece sarebbe opportuno salvare l’Italia da ministri poco efficaci come Giorgetti. Se Meloni vuole fare qualcosa di serio dovrebbe invitare il suo ministro alle dimissioni e chiamare al caldissimo ministero delle Finanze qualcuno di più preparato, visto che il cammino della prossima finanziaria sarà irto di difficoltà ed ostacoli.
L’ex ministro nonché Ragioniere dello Stato Daniele Franco potrebbe essere un’ottima scelta per limitare i danni della banda del buco dei conti pubblici, che ha abili scassinatori, a destra soprattutto ma anche a sinistra.
Mario Pomini, Docente di Economia, Università di Padova
(da il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL GOVERNO MANDA SIRACUSANO A SOSTITUIRLO
Un altro giallo si inserisce nel caso Donzelli-Delmastro, i due esponenti di Fratelli d’Italia su cui pende un’indagine della Procura di Roma per la rivelazione dei contenuti di un documento riservato riguardante la detenzione di Alfredo Cospito.
Le opposizioni, che continuano a chiedere le dimissioni dei due, rispettivamente dai ruoli di vicepresidente del Copasir e da sottosegretario alla Giustizia, hanno minacciato di disertare i lavori della commissione Giustizia se vi avesse partecipato Andrea Delmastro. Il decreto da esaminare è il Milleproroghe, approdato alla Camera dopo la fiducia ottenuta al Senato.
La linea di Pd, M5s e Terzo polo era quella di abbandonare i lavori perché, «di fronte alla possibilità di una presenza di Delmastro in commissione in rappresentanza del governo abbiamo fatto capire che la cosa era assolutamente fuori luogo ed è stata ritenuta da tutti una provocazione».
Alla fine, il sottosegretario di via Arenula non si è presentato. Al suo posto, la sottosegretaria ai Rapporti con il parlamento Matilde Siracusano.
«Ho sostituito il sottosegretario Delmastro in commissione Giustizia alla Camera semplicemente perché ho seguito, passo passo, il decreto Milleproroghe nel suo passaggio parlamentare al Senato, avendo i Rapporti con il parlamento la titolarità di questo provvedimento», ha spiegato all’Adnkronos.
Resta in piedi la minaccia di un Aventino delle opposizioni, almeno fino a quando non si concluderà l’inchiesta su Delmastro. Devis Dori di Alleanza verdi sinistra l’ha motivata così: «Durante la seduta della commissione Giustizia chiamata a votare il parere sul dl Milleproroghe, eravamo assolutamente pronti a lasciare l’aula se fosse intervenuto il sottosegretario Delmastro. Avremmo avvertito la sua presenza come una provocazione vista la gravità dei suoi comportamenti nei riguardi dell’opposizione».
(da agenzie)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
NON SOLO E’ UN AUTOMATISMO SULLA BASE DEL COSTO DELLA VITA, MA IL GOVERNO LO HA PURE RIVISTO AL RIBASSO
Rivendicare. Sempre, in qualsiasi situazione. Se mai fosse scritto un profilo dell’esponente politico tipo, il primo verbo per spiegare il suo comportamento sarebbe questo. Lo fanno tutti, da sempre. Destra, sinistra, centro. Certo, c’è poi chi esegue il compito in maniera particolarmente insistente.
E persino chi finisce per rivendicare qualcosa che non dipende minimamente da lui. Intestarsi i meriti è il trucco più vecchio del mondo, e in questo Matteo Salvini è un campione assoluto. Di lista in lista, il leader della Lega elenca spesso tutto ciò che ha fatto, soprattutto in questo nuovo periodo di governo.
Ieri è arrivato un comunicato della Lega, in cui il Carroccio – per l’appunto – rivendica:
A milioni di pensionati oggi stanno arrivando le comunicazioni con il calcolo delle pensioni che saranno pagate a marzo. Per tutti si prospettano aumenti che non si erano visti da molti anni. Le pensioni più alte in valore assoluto saranno rivalutate un po’ di meno in termini percentuali mentre le minime cresceranno di più, però per tutti ci sarà un aumento. Sappiamo che non è un regalo perché il costo della vita è aumentato però è un segno di attenzione fortemente voluto dal governo e dalla Lega per una categoria che in passato è stata sempre usata per fare cassa, vedi la legge Fornero che prevedeva il blocco totale della rivalutazione per tutti. Speriamo che questo aumento risulti gradito ai pensionati Italiani a cui la Lega conferma il massimo impegno per tutelare il potere d’acquisto a partire dai più svantaggiati.
Insomma, la Lega si è intestata la rivalutazione delle pensioni. La perequazione è un meccanismo automatico di adeguamento dei trattamenti pensionistici in base al costo della vita calcolato dall’Istat. In questi anni è cambiato molto spesso e il governo Meloni ha deciso di applicare la rivalutazione in maniera diversa a seconda dell’importo della pensione percepita. In pratica l’aumento è diverso a seconda di alcuni parametri.
La rivalutazione piena, considerato il tasso di inflazione al 7,3%, l’hanno ricevuta solamente i pensionati che ricevono fino a quattro volte il trattamento minimo. Per gli altri, invece, la percentuale di aumento cala al crescere della pensione. Questi sono i valori precisi:
rivalutazione del 100% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo
rivalutazione dell’85% per le pensioni comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo
rivalutazione del 53% per le pensioni comprese tra cinque e sei volte il trattamento minimo
rivalutazione del 47% per le pensioni comprese tra sei e otto volte il trattamento minimo
rivalutazione del 37% per le pensioni comprese tra otto e dieci volte il trattamento minimo
rivalutazione del 32% per le pensioni superiori a dieci volte il trattamento minimo
Il governo ha dovuto evitare gli aumenti per tutti per risparmiare sulle finanze pubbliche. Insomma, altro che attenzione ai pensionati. Solamente la fascia di importo più basso ha ricevuto quello che gli spetta, cioè la rivalutazione in adeguamento al costo della vita.
(da Fanpage)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
“IL PADRE ERA UN PASTORE. SI OCCUPAVA DI PECORE. QUANDO ERO DIRETTORE DELL’INDIPENDENTE AVEVA L’ARIA DI UN PROFUGO, INDOSSAVA ABITI RACCAPRICCIANTI E DORMIVA SU UNO DEI TRENI FERMI LA NOTTE ALLA STAZIONE CENTRALE”
La notizia non è clamorosa ma voglio commentarla lo stesso perché mi sembra interessante a livello di costume. Giorgia Meloni ha nominato un giornalista quale portavoce suo e ovviamente di Palazzo Chigi. Costui si chiama Mario Sechi la cui biografia è degna di essere raccontata nei dettagli.
Primo dato curioso. Mario nasce e cresce in Sardegna, e fin qui nulla di notevole. Gli uomini vengono al mondo dove capita e nelle famiglie assegnate dal destino. L’aspetto curioso consiste nel fatto che il padre del futuro cronista era un pastore. Si occupava di pecore.
Quando ero direttore dell’Indipendente, un quotidiano di successo che perì quando lo abbandonai per sostituire Montanelli in bega con Berlusconi, ricevetti una telefonata dal suddetto Martinelli, il quale mi raccomandò Sechi dicendomi che questi meritava un impiego fisso. Poiché mi fidavo ciecamente del mio vecchio collega, accolsi favorevolmente la sua segnalazione e convocai il segnalato nel mio ufficio milanese. Quando si presentò davanti a me aveva l’aria di un profugo, indossava abiti raccapriccianti, ma il suo aspetto, benché poco rassicurante, mi lasciò indifferente. Lo interrogai per una dozzina di minuti, non mi parve stupido, e lo assunsi come abusivo, cioè in prova illegale. Egli si inserì perfettamente in redazione mostrando una volontà si ferro. Allorché venni a conoscenza di un particolare strappalacrime mi decisi a inquadrarlo in pianta stabile.
Appresi dai miei redattori che il povero Mario, non avendo una casa né i mezzi per affittarla, era costretto a dormire su uno dei treni fermi la notte alla Stazione Centrale. Il dettaglio mi commosse e lo feci iscrivere a libro paga. Non ebbi modo di pentirmene perché il ragazzo era valido. Cosicché quando mi trasferii con Maurizio Belpietro, altra canaglia di talento, al Giornale di via Negri, lo portai con me affidandogli ruoli importanti nonostante il suo abbigliamento continuasse ad essere imbarazzante. Lo mandai a Genova a guidare la filiale ligure e successivamente lo promossi capocronista a Milano. Si rivelò un ottimo professionista. Rimase a lungo al foglio fondato da Indro e del quale io raddoppiai le vendite, e quando Belpietro fu nominato direttore di Libero, se lo prese come vice. La prima dichiarazione pubblica che fece fu questa: finalmente riusciremo a mandare Feltri in pensione.
Però, gentile con chi lo aveva fatto trasferire dal treno in una abitazione decente. Ma la cosa non mi offese. Semplicemente ebbi l’opportunità di verificare che in effetti la gratitudine è il sentimento della vigilia.
Ci si dimentica del primo amore, figurati se ti ricordi di uno che ti ha salvato le terga. Sechi ha poi gironzolato da una impresa editoriale all’altra. E prima di approdare alla direzione dell’Agi (Agenzia giornalistica) tentò di percorrere la strada politica candidandosi nella lista di Mario Monti, ma si bloccò subito: alle elezioni venne bocciato. Succede. Oggi la fortuna lo ha nuovamente agganciato portandolo addirittura nei palazzi del governo, portavoce di Giorgia Meloni, un ruolo di prestigio che si è meritato. Partire dall’ovile e giungere a Palazzo Chigi non è una operazione che riesce a tutti.
Vittorio Feltri
(da Libero Quotidiano)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
UNO SPUDORATO CAPOVOLGIMENTO DELLA REALTA’
In 1984, il suo celebre romanzo di fantapolitica, George Orwell lo chiamava “bispensiero”: uno spudorato capovolgimento della realtà. Vladimir Putin sembra avere ripassato il capolavoro dello scrittore inglese in vista del discorso pronunciato stamane davanti al parlamento di Mosca. Ecco il “doublethink” del capo del Cremlino, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina: una lunga lista di falsità, il cui intento ovviamente non è convincere l’Occidente, ma di fare propaganda all’opinione pubblica russa
“Operazione militare speciale”
Putin comincia continuando a definire l’invasione come una “operazione militare speciale”, invece di chiamarla con il suo vero nome: una guerra che in dodici mesi ha causato alla Russia da due a quattro volte più morti, secondo varie stime, di quante vittime abbiano sofferto gli Stati Uniti in quindici anni di guerra nel Vietnam.
“La Nato parlava apertamente di fornire armi nucleari all’Ucraina”
Un’accusa platealmente falsa: non solo l’Alleanza Atlantica non ha mai progettato di fornire ordigni nucleari all’Ucraina, che peraltro non era, non è e verosimilmente non sarà per il prossimo futuro nemmeno membro della Nato, ma l’Alleanza Atlantica non ha stazionato armi atomiche nemmeno nei Paesi che della Nato sono entrati a fare parte dopo il crollo dell’Unione Sovietica, come le tre repubbliche baltiche di Lituania, Lettonia ed Estonia, e neppure in Polonia e negli altri ex-“paesi satelliti” dell’Urss
“L’Occidente e l’Ucraina erano pronti per attaccare la Russia”
“Quello che è accaduto è colpa loro, erano pronti ad attaccarci, stiamo usando la forza per fermarli” dice Putin. Altra menzogna: come se il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz e il capo della diplomazia americano Blinken non avessero passato buona parte del 2021 e i primi due mesi del 2022 a cercare un dialogo con Mosca […].
“La Russia voleva risolvere il conflitto ucraino pacificamente
Invece è stato Putin a rompere unilateralmente ogni negoziato e tutti i principi degli accordi di Minsk fra Russia e Ucraina: prima riconoscendo l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass (21 febbraio 2022), quindi dichiarando che gli accordi Minsk “hanno cessato di esistere” (22 febbraio 2022), infine ordinando alle sue truppe di entrare in Ucraina (24 febbraio 2022).
“Con le sanzioni l’Occidente ha punito sé stesso
Il capo del Cremlino afferma che l’economia russa non ha sofferto danni come conseguenza delle sanzioni occidentali e che l’Occidente viceversa ha subito “il collasso del proprio settore energetico”.
In realtà il pil russo si è contratto del 3-4 per cento e Mosca ha “perso la guerra del gas”, come sottolinea un’inchiesta del Financial Times […].
“È in gioco l’esistenza stessa della Russia”
Putin afferma che l’Occidente mira a infliggere alla Russia “una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre, non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia ”. In realtà la Nato ha più volte offerto a Mosca un negoziato sulla sicurezza europea come pedina di scambio per non invadere l’Ucraina, proposte sempre respinte dal Cremlino. I missili a più lungo raggio forniti dall’Alleanza Atlantica a Kiev servono a difendersi, non certo a bombardare Mosca.
(da La Repubblica)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL DISCORSO DI “MAD VLAD” TUTTO VOLTO AD ALIMENTARE LA PROPAGANDA INTERNA, RACCONTANDO UNA LUNGA SERIE DI MENZOGNE
Dopo quasi due anni senza apparire di fronte all’Assemblea federale, un obbligo per il presidente previsto dalla Costituzione russa, Vladimir Putin si è presentato con vecchi discorsi, promettendo: la prosecuzione della guerra contro l’Ucraina, la protezione della cultura russa, ottime prestazioni dell’economia.
Una cassetta degli attrezzi vecchia, arrugginita, per dire che l’occidente ha aizzato l’Ucraina contro la Russia, che Mosca protegge gli uomini, le vite, mentre l’occidente porta avanti soltanto i suoi affari in Ucraina come in Libia, come in Siria. Ha ripreso e ingigantito i ritornelli della propaganda, finiti tra le frecce dell’arco di chi accusa la Nato e gli Stati Uniti di aver distrutto il mondo costruito dopo la Guerra fredda e, dopo aver detto che la Russia ha sempre rispettato i trattati, ha annunciato il ritiro di Mosca da uno di questi, uno dei più importanti: il New Start per la riduzione delle armi nucleari.
Non consentirà più le ispezioni dell’occidente, ha ratificato in poche parole la fine di un mondo fatto di equilibri ed equilibrismi e, nonostante questo, ha accusato “le persone dell’occidente” di aver armato l’Ucraina ancora prima che la guerra iniziasse, di aver tolto i diritti al Donbas. Diritti che ora lui, Putin, con il suo esercito che distrugge case, uccide persone, vuole restaurare.
Nessuna parola sul viaggio di Joe Biden a Kyiv, nessuna parola sull’isolamento russo, anzi, secondo il capo del Cremlino, il mondo ha capito che l’occidente è interessato alle armi, non alle persone, non ai paesi poveri.
In un anno non è cambiato nulla, anzi, anche sulla bocca di Putin la protervia sembra offuscata. Putin si è accomodato in questa guerra, i disastri, le morti non lo scompongono. […] Nel discorso di un anno fa con cui dichiarò guerra all’Ucraina, Putin disse di essere stato costretto a prendere questa decisione per proteggere i russi, chi cercava la protezione di Mosca.
Lo ha detto anche oggi, nel Gostiny Dvor, sede inusuale per il discorso all’Assemblea federale dove alle spalle degli astanti – ministri, soldati, religiosi, uomini e donne – era stato preparato un banchetto
Ma ha poi aggiunto che la Russia è fatta di molti popoli e molte anime, tutti pregano in modi differenti, ma pregano tutti per la vittoria. Ha ripetuto spesso che la Russia è multietnica, più del solito, quasi a contraddire l’idea del suo mondo russo. Quasi a rassicurare che la Federazione è unita. Un anno fa Putin iniziò un’invasione che ha ucciso soldati e civili e capovolto il mondo, la Russia inclusa. Ora ha sradicato ogni appiglio, ogni sistema di pesi e contrappesi, scomponendo i trattati che lo legavano all’occidente.
(da il Foglio)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
SEMPRE MENO PERSONE POSSONO PERMETTERSI DI ABITARE PERSINO NELLE PERIFERIE MENEGHINE: MOLTI SI TRASFERISCONO A VERCELLI E NOVARA E SCELGONO UNA VITA DA PENDOLARI
Ormai è successo. Tutta questa pianura è diventata una gigantesca periferia di Milano. Risaie e capannoni dismessi, vecchi borghi agricoli. Piccole città di provincia: Vercelli, Biella, Santhià, Novara. […] Milano è diventata impossibile. È una specie di miraggio. Moltissimi la sognano, ma quella città non è più reale. Milano è la città con gli affitti più cari d’Italia, la quarta città più cara d’Europa. In pochissimi possono permettersi di abitare sotto la Madonnina, ma pure in periferia.
«Abbiamo il caso degli autisti che vincono il concorso pubblico per guidare tram e pullman, che sono costretti a rinunciare al lavoro per ragioni economiche. È praticamente impossibile trovare un bilocale nella seconda cerchia a meno di 1000 euro al mese. E quando hai uno stipendio di 1500 euro e sai che le spese per quel bilocale costeranno non meno di 200 euro al mese, come puoi pensare di accettare il posto?».
«Aumentano le morosità. Perché sono aumentati i canoni d’affitto. Tanti alloggi sono finiti sulle piattaforme B&B, sottratti così al mercato degli affitti annuali. Quei pochi posti che restano a disposizione segnano un +9%.
Non sono degli aumenti, sono delle impennate. Un monolocale in via Padova va fra 700 e 1000 euro al mese, mentre anche il costo della vita aumenta sempre di più. Ormai questa è diventata una città insostenibile. Si vive a Milano solo per due ragioni: per moda – è una specie di status symbol – o per estrema necessità. […]». […] Milano non è una città per lavoratori con stipendi sotto ai 2000 euro al mese.
Milano: cioè Gratosoglio, Sesto San Giovanni, Abbiate Grasso, Cesano Boscone, Rozzano. Periferie con prezzi più abbordabili. Solo che adesso la grande periferia di Milano si sta allargando a dismisura, fino a raggiungere un’altra Regione d’Italia, cioè il Piemonte. A Novara hanno costruito alloggi pensati apposta per i pendolari che vanno a lavorare ogni giorno a Milano. Anche a Vercelli, dove non ferma l’esosa Alta Velocità, il treno interregionale carica ogni giorno lavoratori al mattino e li riporta indietro alla sera.
Anche la pandemia ha un ruolo importante in questa trasformazione sociale. Le priorità esistenziali sono cambiate, così come le abitudini pratiche. Se Milano è ormai una città di lusso, cioè un posto esclusivo e escludente, un posto con il paradosso di 15 mila alloggi popolari vuoti perché mancano i fondi per ristrutturarli, forse si possono aprire nuova prospettive per altre zone dimenticate d’Italia.
(da La Stampa)
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