Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LEGAMBIENTE E IL DISASTRO DEL TRASPORTO FERROVIARIO ITALIANO
Disagi e ritardi caratterizzano la vita dei pendolari italiani, stimati 3 milioni. Le linee ferroviarie del nostro Paese sembrano divise in due fasce: l’efficacia dei treni ad alta velocità e l’inefficienza di Intercity e treni locali, soprattutto al Sud.
È questa la fotografia dell’ultimo rapporto Pendolaria 2023 di Legambiente. Molti convogli percorrono alcune distanze in tempi simili a quelli di 30 anni fa. Se non peggio.
Stando a quanto si legge nelle tabelle di marcia disponibili sul sito della fondazione Fs, riprese anche da La Stampa, nel 1993 la tratta Torino Porta Nuova-Genova Porta Principe ci impiegava 95 minuti.
Oggi ce ne voglio almeno 111 o 120 se si prende un locale. Così come Torino-Ventimiglia che dalle 3 ore del ’93 è passata a circa 4 ore e mezza.
E il problema – spiega il report – è la preferenza degli investimenti per il rapporto su gomma. Nella decade 2010-2020, infatti, sono stati realizzati 310 chilometri di autostrade, migliaia di chilometri di strade nazionali e appena 91 chilometri di metropolitane e 63 di tranvie.
Il Sud soffre di più
Per quanto riguarda il trasporto ferroviario si registrano notevoli differenze del trasporto ferroviario tra regioni. «Nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019», si legge nel report di Legambiente che stima la necessità di investire almeno 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030. A soffrire di più è sempre il Sud, che subisce i disagi causati dalle poche linee. Basta pensare che in Sicilia le corse dei regionali sono 506, mentre in Lombardia 2.173.
Le 10 linee ferroviarie peggiori d’Italia e l’appello al Governo
Nel report vengono anche elencate le 10 linee ferroviarie peggiori d’Italia. A guidare la lista ci sono le ex linee Circumvesuviane, caratterizzate da incidenti, ritardi e soppressioni, come la «Metromare» Roma-Lido e la Roma Nord-Viterbo, con ritardi medi di trenta minuti e una corsa saltata su tre, o la Catania-Caltagirone-Gela con aumenti tariffari che crescono di pari passo con i ritardi dei treni. Il rapporto si conclude con una richiesta a governo Meloni nei confronti dei pendolari. Perché – chiosa Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ci sono tantissimi investimenti e opere pubbliche da fare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente del ponte sullo Stretto ma molto più utili alla collettività».+
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA SI PRENDEREBBE IL BILANCIO E LA LEGA RIMARREBBE A BOCCA ASCIUTTA… ROMANO LA RUSSA, PROBABILE VICEPRESIDENTE, VORREBBE AVERE ANCHE LA SUPERVISIONE SULLA SALUTE, MA BERTOLASO NON VUOLE FINIRE COMMISSARIATO
È un’architrave ancora traballante quella su cui Attilio Fontana ha
chiesto venga costruita la nuova squadra di governo: la conferma di Guido Bertolaso al Welfare. «Deciso questo, si deciderà tutto il resto», dicono i bene informati.
Perché dall’incognita sulla sua permanenza in giunta dipende a cascata la spartizione di tutte le caselle, a partire dall’altro assessorato chiave: il Bilancio.
Chi si prende l’uno, lascia al principale alleato l’altro. E allora: la Lega è disposta ad avere un titolare al Bilancio di Fratelli d’Italia e alla Sanità qualcuno che non sarebbe espressione del Carroccio? La risposta è no. Ecco perché il governatore chiederà agli alleati, e in primis alla premier Giorgia Meloni nei prossimi giorni, che l’ex capo della Protezione civile faccia il bis entrando in «quota coalizione».
L’operazione, però, non è per nulla scontata. La linea tracciata da Fontana poggia su una certezza: l’uomo chiamato due volte in Lombardia durante la pandemia e messo a sostituire in corsa Letizia Moratti «è una garanzia per tutti», ammettono da più parti. Perché quella della Sanità, da cui transita l’80% del bilancio regionale, è una poltrona che scotta. E le alternative (vere) non sono molte.
Opzione uno: se FdI rinunciasse alla Sanità e Bertolaso venisse confermato, al partito di Meloni spetterebbe naturalmente il Bilancio e la Lega non avrebbe né l’uno né l’altro.
Perché Bertolaso, «se entra, lo fa in quota Fontana», si dà per certo da via Bellerio, «ma rimanendo un tecnico, non un uomo di partito». Non solo: la Sanità non vale quanto un qualsiasi altro assessorato.
Opzione due: se la Sanità andasse a FdI, la Lega sarebbe legittimata a chiedere per sé il Bilancio, dove l’attuale Davide Caparini è in lizza per il bis. Semplice, quindi. Ma non scontato, non solo perché Fontana vuole Bertolaso, ma perché sulla Sanità FdI è spaccata. Parte del partito la vuole, altri no: meglio lasciarla al tecnico considerato da tutti l’uomo più accreditato per occuparsi dell’argomento centrale agli occhi dei lombardi, e cioè la sanità, l’abbattimento delle liste d’attesa, la ricostruzione della medicina territoriale.
Ecco l’altra incognita: FdI deve chiarire se vuole o meno quella casella. Sembrano in calo le quotazioni per un Romano La Russa sia vicepresidente sia titolare del Welfare: in pole c’è Carlo Maccari, poi Franco Lucente e Marco Alparone.
Ma si sta facendo largo anche il nome di Mario Mantovani, ex vicepresidente e già assessore al Welfare, molto stimato da Daniela Santanchè e uscito vincente dalle elezioni dopo aver fatto candidare e stravincere un suo uomo, Christian Garavaglia.
(da Corriere della Sera )
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
UN CONTO È LA CLASSIFICAZIONE DEI DOCUMENTI, UN ALTRO IL SEGRETO D’UFFICIO
Lo scudo di Carlo Nordio per il “suo” sottosegretario indagato, Andrea Delmastro, non potrebbe essere più totale. Quanto più si alza la temperatura politica, con le opposizioni che minacciano l’aventino se soltanto si provasse il sottosegretario a partecipare ai lavori parlamentari, tanto più il ministro della Giustizia si sente in dovere di ergersi a sua difesa. E stavolta, alla Camera, passa al contrattacco.
Attaccando a muso duro la procura di Roma che sta indagando. E Delmastro, forte di questa difesa senza se e senza ma, si prepara a tornare appieno nel ruolo. Un discorso che trasuda l’orgoglio di essere al governo, da Nordio.
Il ministro rivendica infatti a sé il potere di decidere che cosa è segreto e cosa no. «La classificazione della natura – segreta, riservata, riservatissima o altro – per legge appartiene all’autorità che forma il documento, quindi spetta al ministero», dice.
E siccome quelle carte che Delmastro ha mostrato al suo amico e compagno di partito Giovanni Donzelli secondo il ministero non sono segrete, «quello che non è segreto non rientra tra gli atti dei quali si sta oggi parlando».
Epperò la questione non è così pacifica. Anche perché un conto è la disciplina del segreto di Stato, altro il segreto d’ufficio.
La magistratura sta appunto procedendo per violazione di questo secondo tipo di segreto. Ma ciò, per l’ex magistrato Nordio, è un’inammissibile invasione di campo. Lo dice esplicitamente: «Se la qualifica della segretezza o meno dell’atto non dovesse più dipendere dall’autorità che forma l’atto, cioè dal ministero, ma dovesse essere devoluta alla interpretazione della magistratura potrebbe crearsi una problematica che potrebbe e dovrebbe essere risolta in un’altra sede».
Lascia intuire, insomma, che se la procura andrà avanti, pur di difendere l’operato di Delmastro, il governo e anche lui sono pronti a sollevare conflitto di poteri davanti alla Corte costituzionale.
Un’ipotesi che lascia di stucco Federico Cafiero de Raho, che fino a qualche mese fa era Superprocuratore e oggi è deputato M5S e firma l’interrogazione a Nordio: «Per me è pacifico che Delmastro abbia violato la legge e mi meraviglia questa posizione del ministro. Il segreto di Stato si appone documento per documento a seconda della delicatezza per la sicurezza dello Stato. Altro è il segreto d’ufficio, che scatta automaticamente per grandi categorie e non rientra tra le competenze del ministro pro-tempore. Quelle note che il sottosegretario ha divulgato sono atti riservati, a priori».
(da agenzie)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
TRA URLA E MINACCE LA CONTESTAZIONE AL VERDETTO DA PARTE DEI PARENTI DELLE VITTIME
Due anni e otto mesi per il sindaco di Farindola (Pescara), Ilario
Lacchetta, per mancata pulitura della strada: questo è quanto ha stabilito la sentenza di condanna del gup Gianluca Sarandrea, nel processo per la tragedia dell’Hotel Rigopiano, travolto e distrutto da una valanga il 18 gennaio 2017.
Assolti invece l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e, l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco. A causa dell’incidente, morirono 29 persone: oggi, a sei anni dal disastro (e a tre anni e mezzo dall’inizio del processo), i parenti delle vittime si sono presentati al Tribunale di Pescara indossando o esponendo magliette con le foto dei propri cari. Molti di loro, tra le lacrime, hanno contestato la decisione del giudice, che ha assolto 25 imputati su 30: la lettura della sentenza ha scatenato il caos in aula: «Vergogna vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo», hanno urlato i parenti delle vittime.
La rabbia dei familiari
Le forze dell’ordine hanno dovuto trattenere alcuni di loro. «Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvaguardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia», ha commentato il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda.
«Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste!», ha urlato Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. Aggiungendo: «Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?».
Il riferimento è alle telefonate che Gabriele effettuò qualche ora prima della valanga: chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.
I 30 imputati, oltre al gestore e al proprietario della struttura, erano amministratori e funzionari pubblici, accusati a vario titolo dei reati di disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso, depistaggio e abusi edilizi.
«Giudice, non finisce qui», ha minacciato dopo la lettura della sentenza un superstite della tragedia, Giampaolo Matrone, 39 anni, di Monterotondo. Sotto la valanga perse la moglie Valentina Cicioni, infermiera al Gemelli. Le forze dell’ordine l’hanno poi allontanato dall’aula.
(da La Repubblica)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
“VOTO ELLY SCHLEIN PERCHE’ E’ UNA PERSONA INTELLIGENTE: SE VINCESSE LEI CAMBIEREBBE TUTTO”
Interpellato dall’Adnkronos, il fotografo Oliviero Toscani ha rimarcato di non avere alcun dubbio su chi votare alle primarie Pd: “Voto Elly Schlein perché è una persona intelligente e talentuosa e se vincesse lei cambierebbe tutto”.
Come molti altri sostenitori dem, Toscani ha una certezza: la trentasettenne può garantire la svolta al partito, un nuovo corso fatto di vittorie elettorali e di “programmi”.
Il sostegno alla Schlein ha spinto Toscani a spendere parole tutt’altro che positive per Bonaccini, definito in primis “noiosissimo”. Ma non solo: per il fotografo la vittoria del governatore “farebbe estinguere il partito”. E ancora: “Bonaccini è di una noia mortale e un po’ tamarro. È sicuramente un brav’uomo ma mi sembra un direttore delle pompe funebri”.
Le speranze di Toscani sono tutte rivolte verso l’ex europarlamentare dem:“Spero che gli italiani capiscano e la votino, anche se purtroppo noi italiani siamo dei ‘ciula’”.
(da Il Giornale)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
DELMASTRO È INDAGATO PER RIVELAZIONE DEL SEGRETO DI UFFICIO ED È STATO RICUSATO DAI PARLAMENTARI DELLE COMMISSIONI, MENTRE DONZELLI NON DICHIARA PIÙ A RAFFICA E FA JOGGING ALL’ALBA
Il «duplex di destra», almeno per ora, sembra resistere alla bufera del
caso Cospito. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro e il capo operativo di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli «non sono in crisi come i Ferragnez», provano a stemperare il clima da Via della Scrofa.
E poi: «Non c’è stata alcuna rottura: né umana, né politica e continuano a condividere casa durante gli impegni a Roma». Versione confermata anche dai protagonisti.
Però la situazione, dal punto di vista politico e giudiziario, resta incandescente. È passato quasi un mese da quando Donzelli, che è pure vicepresidente del Copasir, riferì in Parlamento il contenuto di conversazioni avvenute nell’ora d’aria nel carcere di Sassari tra l’anarchico Alfredo Cospito (che fu visitato da deputati del Pd) e detenuti di camorra e ’ndrangheta, anche questi ultimi al 41 bis. Quelle carte bollenti (ma soprattutto segrete), Donzelli le aveva avute proprio da Delmastro.
Delmastro è finito indagato dalla Procura di Roma per rivelazione e utilizzazione del segreto di ufficio. Ogni giorno, contro di lui, piovono richieste di dimissioni dall’incarico di governo. Idem per Donzelli.
Il risultato? Dopo l’escalation degli attentati anarchici in mezza Europa, sono finiti entrambi sotto scorta. Delmastro è stato «ricusato» in più di un’occasione dai parlamentari delle commissioni, dove il sottosegretario è stato costretto a farsi sostituire da un collega durante le audizioni. Mentre Donzelli, che ieri ha dovuto affrontare il Giurì d’onore della Camera, sta allungando i percorsi di jogging all’alba per scaricare le tensioni e pensare. Soltanto che, da qualche giorno a questa parte, oltre a essere inseguito dalle telecamere deve essere «rincorso» pure dalla scorta.
(da Corriere della Sera)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
“AGLI ITALIANI CHE SCENDONO IN PIAZZA PER LA PACE RICORDO CHE NEL 1943 L’ITALIA FIRMÒ UN ARMISTIZIO: SE GLI ALLEATI AVESSERO VOLUTO LA PACE AD OGNI COSTO, TUTTA L’ITALIA A NORD DI MONTE CASSINO SAREBBE RIMASTA SOTTO L’OCCUPAZIONE NAZISTA”
Shawn Crowley è l’incaricato d’affari che “regge” dal luglio dello scorso anno l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Diplomatico di carriera, ha un curriculum costruito sulle relazioni tra gli Usa e l’Europa occidentale. guarda con apprezzamento allo sforzo italiano per l’Ucraina, non senza qualche preoccupazione per le posizioni di Silvio Berlusconi contro Zelensky e a favore di Putin. Per il leader di Forza Italia l’invito è quello di ripassare le lezioni della Storia. A partire dalla conferenza di Monaco del 1938, quando gli europei si illusero di poter fermare Hitler concedendogli i Sudeti che appartenevano alla Cecoslovacchia.
Abbiamo ascoltato il discorso di Putin, le sue minacce, il ribaltamento della realtà. Che giudizio ne dà? Vi preoccupa l’annuncio della sospensione del trattato Start sulle armi nucleari?
«Non penso comunque che fossimo noi i destinatari quanto l’opinione pubblica interna. Per quanto riguarda invece il controllo delle armi, negli ultimi anni Putin è tornato indietro rispetto a tutti i progressi che erano stati fatti […] non è solo in discussione il trattato Start, ma molti altri compreso il Cfe (sulla riduzione delle forze convenzionali in Europa, ndr) che la Russia ha violato da molto tempo».
Sembra si stia entrando in una fase nuova della guerra, con i russi che provano a dare una spallata potente per chiudere la partita una volta per tutte. D’altra parte le armi occidentali arrivano sul campo di battaglia con il contagocce. Gli ucraini riusciranno a resistere all’offensiva di primavera?
«Ormai tutti hanno capito che non bisogna sottovalutare gli ucraini. […] sono convinto che Putin resterà sorpreso anche per l’esito finale del conflitto che ha scatenato violando la Carta dell’Onu».
Zelensky a Repubblica ha detto che, con l’aiuto occidentale, la guerra potrebbe essere breve. Qual è la sua previsione?
«Non faccio previsioni. Dico solo che la durata della guerra dipende da una sola persona: Vladimir Putin. Può cessare la guerra oggi stesso se vuole, gli ucraini invece non possono smettere di combattere perché, se lo facessero, l’Ucraina cesserebbe di esistere. Fornire agli ucraini gli strumenti per difendere le loro case, le loro famiglie è l’unico modo per far capire alla Russia che non prevarrà e per costringerla a valutare la pace come unica alternativa possibile all’aggressione».
I sondaggi indicano che un numero crescente di italiani è stanco della guerra e vorrebbe smetterla con l’invio di armi all’Ucraina. Berlusconi si è fatto interprete di questo sentimento. Perché sbaglia?
«È normale guardare alla Storia per cercare di capire cosa accadrà nel futuro. Penso che Berlusconi stia pensando al 2002, a Pratica di Mare, l’anno in cui crede di aver aiutato a metter fine alla guerra fredda; io penso al contrario che sarebbe più appropriato il riferimento a Monaco 1938 Berlusconi vive in un Paese dove è libero di esprimere la sua opinione, tutti noi abbiamo combattuto perché quel diritto venisse garantito. È un peccato però che Alexei Navalny e tanti altri come lui non ne possano godere in Russia».
Tra qualche giorno sono attese nuove manifestazioni in Italia per la pace. Che cosa vorrebbe dire a quelli che scenderanno in piazza, persone convinte che non si stia facendo molto per trovare una via d’uscita diplomatica?
« Putin può interrompere la guerra in ogni momento. Io capisco chi ha paura e vuole la pace. Ma quando manifesti devi sapere a favore di chi e contro chi lo fai. La persona che dovrebbe ricevere questo messaggio più di tutti è Putin, ma se uno prova a scendere in piazza a Mosca per chiedere la pace finisce dritto in prigione. Agli italiani ricordo che nel 1943 l’Italia firmò un armistizio: se gli Alleati avessero voluto la pace ad ogni costo, tutta l’Italia a nord di Monte Cassino sarebbe rimasta sotto l’occupazione nazista».
Meloni è andata a Kiev a garantire il sostegno italiano a 360 gradi. Vede qualche crepa nel fronte politico?
«No, al contrario. Quello che conta alla fine sono i voti in Parlamento e le posizioni ufficiali, che sono sempre rimaste a favore dell’Ucraina e questo vale anche per Forza Italia e per la Lega».
Si è stupito per le polemiche sulla partecipazione di Zelensky a Sanremo da parte di molti esponenti politici, a partire da Salvini?
«Gli eventi culturali possono avere un ruolo molto importante nel ricordare alle persone cosa sta accadendo nel mondo. Zelensky del resto ha parlato agli Oscar e a moltissimi altri eventi in tutto il mondo. Ospitare Zelensky a Sanremo sarebbe servito a dimostrare a tutto il mondo che la brutale aggressione russa non sta avendo successo».
(da La Repubblica)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
È SOLO UN PRETESTO COSTRUITO AD ARTE PER GIUSTIFICARE UN POSSIBILE INTERVENTO MILITARE, COME GIÀ SUCCESSO IN DONBASS
La Moldavia ha smentito le affermazioni della Russia secondo cui l’Ucraina starebbe pianificando un’azione militare contro la Transnistria, regione separatista filo-Mosca. Lo riporta la Cnn.
“Le autorità statali non confermano le informazioni diffuse questa mattina dal Ministero della Difesa russo”, si legge in un messaggio sul canale Telegram ufficiale del governo moldavo. “Invitiamo alla calma e invitiamo la popolazione a seguire le fonti ufficiali e credibili della Repubblica di Moldavia. Le nostre istituzioni collaborano con i partner stranieri e in caso di pericolo per il Paese informeranno il pubblico senza indugio”.
Le preoccupazioni sui piani a lungo termine della Russia per la Transnistria si sono intensificate dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. La regione separatista, delimitata dal fiume Dniester a ovest e dall’Ucraina a est, si è dichiarata repubblica sovietica nel 1990 e si è opposta a qualsiasi tentativo della Moldavia di diventare uno Stato indipendente o di fondersi con la Romania.
Il segretario di stato americano Antony Blinken ha dichiarato nei giorni scorsi che Washington nutre “profonda preoccupazione” per gli sforzi di Mosca di destabilizzare il governo moldavo. Le sue osservazioni sono giunte pochi giorni dopo che il Presidente moldavo Maia Sandu ha accusato la Russia di tramare un colpo di Stato in Moldavia e di trascinare la Transnistria nella sua guerra. Il ministero degli Esteri russo ha respinto le affermazioni di Sandu come “completamente infondate e prive di fondamento”.
“Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Transnistria”, ha affermato il ministero della Difesa russo su Telegram, citato da Ria Novosti. “Secondo le informazioni disponibili, nel prossimo futuro il regime di Kiev sta preparando una provocazione armata contro la Repubblica Moldava transnistriana che sarà condotta dalle Forze Armate ucraine, anche con il coinvolgimento della formazione Azov”, ha dichiarato il ministero.
“Come pretesto per l’invasione, Kiev ha in programma di organizzare una offensiva dal territorio della Transnistria. I sabotatori indosseranno uniformi militari russe”, ha detto il dipartimento.
Il ministero della Difesa di Mosca afferma di avere ottenuto prove di un piano in base al quale militari dell’esercito ucraino e del battaglione nazionalista Azov, “vestiti con uniformi delle forze armate russe”, dovrebbero inscenare una falsa invasione dell’Ucraina a partire dal territorio della Transnistria, la autoproclamata repubblica filorussa sul territorio della Moldavia. Ciò darebbe alle forze di Kiev il pretesto per attaccare la Transnistria. Il ministero della Difesa russo avverte che sta monitorando da vicino la situazione lungo il confine fra Ucraina e Transnistria ed è “pronto a rispondere” ad ogni sviluppo. Sul territorio della Transnistria Mosca ha un contingente di circ 1.500 soldati.Vladimir Putin ha stracciato un decreto del 2012 precipitando mezza Europa nell’angoscia. Regolava, tra l’altro, i rapporti con i vecchi ex satelliti dell’Unione sovietica, quelli più minacciati dagli appetiti imperialisti del Cremlino. E la piccola Moldavia si sente sempre più sotto assedio. Tanto più dopo l’ultima indiscrezione su un possibile assalto russo all’aeroporto di Chisinau e le voci su sanguinosi putsch orditi dal Cremlino che non si placano.
Nel decreto si riconosceva la sovranità della Moldavia nella ricerca di una «soluzione pacifica» per la Transnistria, la regione a ovest del Nistro illegalmente occupata da truppe russe da 30 anni.
In vista dell’anniversario di domani di un anno di invasione dell’Ucraina aumentano i timori che il Cremlino possa annunciare qualcosa di clamoroso. Una fonte moldava ragiona sul fatto che «in mancanza di successi militari, forse Putin sarà tentato da riconoscere l’Ossezia del sud e Abkhazia, le regioni della Georgia occupate dalla Russia dal 2008, e la Transnistria, che neanche Mosca aveva finora mai riconosciuto ufficialmente ».
Ma Daniel Voda, il portavoce del neo premier Dorin Recean, getta acqua sul fuoco. Pur ammettendo che «la situazione resta seria » ricorda che «anche il 9 maggio scorso o martedì ci aspettavamo disastrosi annunci da Mosca: non è successo. Quanto al decreto: per ora non ci preoccupiamo. Aspettiamo quello nuovo e lo leggeremo con attenzione. Per ora non abbiamo visto movimenti inusuali di truppe in Transnistria o al confine».
Russi e filorussi della Transnistria lanciano su accuse simmetriche su siti e social, ribaltano la versione occidentale e sostengono siano gli ucraini a preparare «provocazioni » per gettare benzina sul fuoco. Osservano diffidenti i rapporti tra il presidente Zelensky e la presidente Sandu, con la promessa di «aiutare la Moldavia in caso di aggressione militare». Bollano come «bugia» la versione di Zelensky secondo cui i russi vogliano l’aeroporto di Chisinau perché «hanno già una buona pista di atterraggio a Tiraspol », in Transnistria, e la presidente Sandu avrebbe avallato la tesi «per alzare l’allarme».
Fantapolitica? Probabile, ma quando volano accuse incrociate è un gioco di cerini su un pagliaio.
(da La Stampa)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LA REVOCA DEL DECRETO DI SOVRANITA’ E I MILITARI DI MOSCA GIA’ NEL PAESE
Se in Ucraina è il Donbass, in Moldavia è la Transnistria il casus belli di
Vladimir Putin.
Dietro la revoca del decreto sulla sovranità di Chisinau c’è una lunga storia di conflitti geopolitici e un’opportunità. Il primo ministro moldavo Dorin Recean ha rivelato l’esistenza di piani russi per prendere l’aeroporto della capitale. Per usarlo come testa di ponte di una nuova invasione. Ma la minaccia velata serve a dare un segnale, l’ennesimo, all’Occidente. Il decreto presupponeva relazioni più strette tra la Russia, l’Europa e gli Stati Uniti. La decisione di revocarlo è stata presa per «garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali».
Nella regione “contesa” sono già presenti un migliaio di soldati russi. E la presidente Maia Sandu ha confermato di aver ricevuto da Volodymyr Zelensky informazioni sui piani russi di creare una crisi. Per prendersi la Transnistria.
Le linee guida
L’intervento di Putin nella ridefinizione della politica estera è conseguente ai «profondi cambiamenti nelle relazioni internazionali», si spiega nel sito del Cremlino. Quelli di un anno fa, ovvero l’”Operazione Speciale” in Ucraina.
Invece a rileggere le istruzioni che il leader russo dava ai suoi diplomatici 11 anni fa sembra di vivere in un altro mondo. Tra le aspirazioni di Putin c’era tra l’altro la creazione con l’Unione europea di «un unico spazio economico e umano dall’Atlantico all’Oceano Pacifico» e lo sviluppo delle «relazioni con la Nato».
Ma anche, appunto, il riconoscimento dell’integrità territoriale moldava. Messa in discussione dai separatisti filorussi della Transnistria, una fascia di territorio lungo il confine con l’Ucraina. Putin ieri è tornato a spiegare l’intervento in Ucraina come una battaglia «ai nostri confini storici, per la nostra gente».
Il presidente ha pronunciato queste parole per infiammare i russi accorsi allo stadio Lushniki di Mosca per un concerto patriottico per la festa dei Difensori della patria, cioè le forze armate.
Cos’è la Transnistria
Un tripudio di bandiere e canzoni contro il governo ucraino alle quali, secondo le stime ufficiali, avrebbero partecipato 200 mila persone, nonostante la temperatura intorno ai 15 gradi sotto lo zero. Un dato difficile da verificare, così come la spontaneità della partecipazione, viste le capacità organizzative delle autorità che hanno convogliato verso lo stadio a bordo di autobus molti dipendenti dello Stato. Chissà se servirà anche a una nuova mobilitazione.
L’autoproclamata repubblica di Transnistria si trova all’interno dei confini della Moldavia, lungo la frontiera con l’Ucraina sud-occidentale. Nel 1990 il Paese si dichiara indipendente in modo unilaterale con un referendum che ottenne quasi il 90% delle preferenze. Nel 1991 la Moldavia incamera tra i suoi possedimenti anche il territorio della repubblica separatista. E scoppia una guerra. Il conflitto scoppiò nei primi mesi del 1992. Tiraspol, con il determinante aiuto dei russi, sconfigge presto Chisinau. Il cessate il fuoco viene mediato da Mosca. Con la conseguente formazione di forze di peacekeeping con contingenti misti di Moldavia, Russia e Transnistria.
La guerra tra Moldavia e Russia
La tregua raggiunta nel luglio del 1992 stabilisce de facto non solo la separazione dei due Paesi. Ma anche la permanenza di 1.500 soldati russi nella base militare del villaggio di Cobasna. Qui sono immagazzinate armi che potrebbero rivelarsi fondamentali in un eventuale attacco verso la Moldavia. Oppure verso l’Ucraina. Negli anni 2000 cambia tutto. Il candidato filo-russo Anatoly Kaminsky perde le elezioni nel 2011. Nel programma, d’accordo con il Cremlino, sosteneva un percorso di indipendenza dalla Russia e dalla Moldavia. L’annessione della Crimea nel 2014 fa partire da Tiraspol la richiesta di entrare nella Federazione Russa. Che Putin rifiuta. L’elezione alla presidenza di Vadim Krasnoselsky, votato per la prima volta nel 2016 e riconfermato nel 2021, avvicina Chisinau a Bruxelles. I cittadini hanno quasi tutta la doppia (o tripla) cittadinanza, essendo la popolazione divisa quasi equamente tra ucraini, moldavi e russi. Dal punto di vista economico circa il 70% dell’export di Tiraspol si dirige verso l’Ue grazie agli accordi tra Bruxelles e Chisinau (Dcfta).
I piani per l’invasione
Ma l’economia moldava dipende da Mosca. Dalla Russia arriva la maggior parte delle rimesse e il Paese ha un ruolo centrale nella fornitura di energia elettrica e di gas. La Russia da parte sua non ha mai riconosciuto l’indipendenza della Transnistria: la strategia del Cremlino prevedeva il reintegro della regione nella Moldavia, uno status speciale per la repubblica separatista e il mantenimento della presenza militare russa nel Paese. Una soluzione ovviamente rifiutata da Chisinau. Nel maggio scorso l’intelligence ucraina raccontò di un piano per l’invasione della Transnistria. All’epoca alcune esplosioni si verificarono vicino al ministero della Sicurezza. All’epoca si pensava che l’istmo tra Moldavia e Russia poteva avere una posizione strategica proprio per la guerra in Ucraina. Oggi potrebbe essere cambiato tutto.
(da Open)
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