Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
BASTAVA NOTIFICARE IL VOLANTINAGGIO ALLA DIGOS E NON SAREBBE SUCCESSO NULLA… CHI GOVERNA IL PAESE NON PUO’ VIOLARE LE LEGGI
Chi scrive, di volantinaggi ne ha fatti un centinaio in vita sua e in tempi dove era facile prendersi una sprangata in testa davanti a una scuola.
A quei tempi non era necessario “notificare” alla Digos in via preventiva testo e luogo dell’evento, sia a destra che a sinistra si volantinava “sul momento”, in base spesso ad avvenimenti politici appena accaduti. Diciamo meno burocrazia e maggiori rischi. Regola che valeva per tutti.
Ovviamente le organizzazioni che ricorrevano più frequentamente al volantinaggio era quelle estreme, a destra come a sinistra, quelle che non avevano accesso ai media di allora (oggi ci sono i social).
Regola numero uno era non accettare provocazioni e reagire solo in caso di aggressione fisica. In pratica autocontrollo mentale tipico da militanza politica perchè il fine divulgativo era superiore a ogni altra cosa.
Se vai davanti a una scuola con forte presenza di “avversari politici” dai per scontato che possa nascere una reazione e ti prendi qualche insulto in silenzio. Ma se governi il Paese e monopolizzi l’informazione pubblica sei obbligato a seguirne le regole.
La legge oggi impone di notificare il testo del volantico alla Questura di appartenenza e indicare ora e luogo dell’iniziativa, altrimenti rischi la denuncia in ogni caso, anche se ti accogliessero con lancio di petali di rosa. Allora bisogna avere il coraggio di dire che chi non lo fa è un imbecille nella migliore delle ipotesi. O che cerca l’incidente nella peggiore. Fermo restando che non giudico chi cerca l’incidente, ognuno fa quello che ritiene giusto, ma poi non pietisca giustificazioni o solidarietà. Chi sbaglia paga, questa è la regola.
Se è plausibile che l’autorizzazione non la chiedano gli anarchici (faccio un semplice esempio) che hanno una legittima visione politica di non riconoscimento dell’autorità statuale, che a farlo sia l’organizzazione giovanile del maggiore partito di governo, con una visione si presume “legalitaria” della società, fa sorridere o incazzare (a voi la scelta).
In altri tempi chi ha mandato quei sei giovani (di cui tre minorenni) a volantinare senza autorizzazione sarebbe stato cacciato a calci in culo dai vertici del loro partito di appartenenza. Oggi assistiamo o al silenzio nel condannare la violenza che ne è scaturita o alla loro difesa d’ufficio, in spregio a ogni logica.
Sarebbe bastato rispettare le regole, la polizia sarebbe stata presente e nulla sarebbe successo.
Se poi qualcuno, invece che “fare politica” pensa di fare il bullo, frequenti i giardinetti o gli stadi, non le scuole.
E non si qualifichi “di destra” perchè è solo un povero imbecille.
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LA DIRIGENTE SCOLASTICA: “DI FRONTE A FATTI COME QUESTI IL SILENZIO E’ PIU’ SORPRENDENTE DELLA PAROLE”
La sua lettera agli studenti è uscita dal liceo scientifico Da Vinci di
Firenze ed è rimbalzata in rete, diventando virale sui social network. Annalisa Savino è la dirigente scolastica che martedì ha inviato una circolare ai suoi studenti, dopo il pestaggio fascista avvenuto davanti al liceo classico Michelangiolo sabato 18 febbraio.
Preside Savino, cosa la ha spinta a scrivere la lettera che è divenuta virale in queste ore
“Spesso scrivo ai ragazzi, parlo con gli studenti. Mi ha spinto il dovere dell’esempio e il bisogno di coerenza che i giovani chiedono al mondo adulto e quindi anche alle istituzioni. Non mi sentivo di lasciare soli gli studenti in questa loro reazione. Loro sono andati alla manifestazione. Trovo che il silenzio sia più sorprendente delle parole di fronte a fatti come questi. Al Michelangiolo, nel metodo calci e pugni a chi la pensa diversamente, ho riscontrato consonanza con tratti del conflitto politico degli anni Settanta e reminiscenze di squadrismo tipico del Ventennio”.
Cosa la ha colpita di questa vicenda?
“L’episodio mi ha colpito come cittadina, come preside e come madre. Sono indignata per l’accaduto, impaurita dalle scene che ho visto girare. Ho tanta fiducia in tante ragazze e in tanti ragazzi che vedo nel mio liceo e che non sono indifferenti, reagiscono e lo fanno con modalità corrette”.
Si aspettava la risonanza mediatica, i plausi e le critiche che hanno avuto le sue parole?
“No. Se le scuole lavorano ordinariamente sulla memoria, sulla Storia, sulla Resistenza, sulla Costituzione, sul valore della diversità con tanti progetti e attività, con l’educazione civica, perché sorprendersi delle mie parole e non invece del silenzio rispetto al pestaggio selvaggio di studenti operato per motivi politici? Abbiamo studiato. Siamo in una scuola. Abbiamo una sufficiente cultura per chiamare le cose con il loro nome. Il fatto che siano le mie parole a creare scalpore non può non farci riflettere”.
(da La Repubblica)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
PERQUISITI I SEI MILITANTI DI AZIONE STUDENTESCA
Sono stati perquisiti i sei studenti di Azione studentesca responsabili dell’aggressione avvenuta fuori dal liceo classico Michelangiolo di Firenze sabato mattina.
I giovani, tre minorenni e tre maggiorenni, sono tutti indagati per lesioni aggravate dai futili motivi e per aver agito in più di cinque.
Questo reato sarebbe contestato in modo “esplorativo” perché ancora non risultano denunce da parte degli aggrediti. Se queste non arrivassero, le accuse potrebbero cadere del tutto. Ad occuparsi delle indagini è la Digos. I giovani colpiti appartengono al collettivo Sum del liceo.
La polizia si è presentata questa mattina a casa dei giovani di destra, su richiesta sia della procura ordinaria che quella dei minori. A tutti sono stati sequestrati i cellulari. Verranno tutti sentiti dalle procure la prossima settimana. Si continuano a cercare di identificare gli altri due possibili aggressori.
E questa mattina è apparso uno striscione, poi rimosso, fuori dal Leonardo da Vinci, il liceo la cui preside Annalisa Savino ha scritto una lettera a studenti e genitori sui rischi di un ritorno al fascismo che è stata attaccata dal ministro Valditara. La firma è di Blocco studentesco, associazione neofascisma. “Non ci fermerà una circolare, studenti liberi di lottare”, la scritta.
Su twitter Blocco studentesco ha messo una foto dello striscione e scritto: “Un’intera generazione di cosiddetti ‘docenti’, in realtà propagandisti politici in servizio permanente, dovrebbe finalmente andare in pensione anticipata. Sono loro la causa principale del disastro del sistema educativo italiano. Rottami del 68”. Nelle immagini si vedono anche persone che bruciano la lettera della preside.
(da La Repubblica)
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Febbraio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
VALDITARA: “USO IMPROPRIO E POLITICIZZAZIONE, PRENDEREMO PROVVEDIMENTI”… LE REAZIONI: “SI VERGOGNI”… GLI STUDENTI: “SI DIMETTA”
Tace per un giorno, il ministro all’Istruzione, sulla lettera della preside
del liceo Da Vinci di Firenze ai suoi studenti per spronarli a non essere indifferenti alla violenza che portò al fascismo.
Così come non aveva detto nulla sull’aggressione di Azione studentesca ai liceali del Michelangiolo. Poi l’affondo che scatena una tempesta sulla scuola e che porta alla richiesta, da più parti, delle sue dimissioni. Giuseppe Valditara parla in diretta questa mattina, al programma Mattino 5. E attacca: “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico che non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”.
Una dichiarazione pesantissima contro la preside del liceo Da Vinci Annalisa Savino che dopo il pestaggio fascista avvenuto davanti al liceo classico Michelangiolo di Firenze sabato 18 febbraio ha scritto ai suoi studenti. Una lettera diventata virale, condivisa e sostenuta dal mondo della scuola e arrivata a spaccare la politica con la solidarietà e il plauso a sinistra e gli attacchi da destra, Fratelli d’Italia in testa. “Mi ha spinto il dovere dell’esempio e il bisogno di coerenza che i giovani chiedono al mondo adulto e quindi anche alle istituzioni” aveva spiegato la dirigente scolastica.
Nella lettera la preside ricorda che il “fascismo in Italia è nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”.
Un invito ai ragazzi a reagire contro l’indifferenza. Ma il ministro Valditara attacca brutalmente: “Di queste lettere non so che farmene, sono lettere ridicole, pensare che ci sia un rischio fascista è ridicolo. Trovo ci sia sempre più un attacco alla libertà di opinione e un alzare i toni trasformando la polemica in una campagna di odio, delegittimazione e falsificazione talvolta della realtà. Chiedo ai partiti dell’opposizione maggiore responsabilità. E intanto mi aspetto solidarietà anche dalla preside che ha scritto la missiva”.
Il riferimento è alle minacce ricevute ieri dal ministro, sulle quali indaga la Digos, apparse quattro giorni fa sui social. In particolare si tratterebbe di un post con scritto “Ho sognato questa notte le barricate in via Bologna. E la Digos qua non entra più, Valditara a testa in giù”. L’accenno sulle barricate sarebbe un riferimento ad un fatto accaduto due settimane fa a Torino, quando venne occupato, da un collettivo studentesco vicino al centro sociale Askatasuna, il liceo Einstein.
“Non mi preoccupano le minacce, ritengo si stia creando un brutto clima, occorre abbassare i toni della polemica” dice Valditara. Alzando, al contrario, i toni. Ed ora la polemica è ancora più infuocata, lo strappo con il mondo della scuola consumato.
Le reazioni: “Valditara si vergogni”
Le reazioni politiche, di sdegno e di solidarietà alla preside rispetto all’attacco di Valditara, non si fanno attendere. Enrico Letta lancia su twitter un hashtag: #GraziePresideSavino.
“Valditara si scusi o si dimetta” tuona il sindaco di Firenze Dario Nardella che oggi si è recato al liceo Da Vinci per incontrare la preside. E così Simona Malpezzi, presidente dei senatori del Pd: “Valditara si mette a censurare il pensiero di una dirigente scolastica? Un atteggiamento grave che lede la libertà di insegnamento”.
“Quello dell’antifascismo dovrebbe essere un valore condiviso, tanto più all’interno delle nostre scuole e tanto più a seguito dell’aggressione squadrista avvenuta ad opera di azione studentesca, vicina a Fratelli d’Italia. Mai come oggi Valditara dovrebbe solo vergognarsi” dichiara la capogruppo del movimento 5 Stelle in Senato Barbara Floridia.§
Attacca in un post Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria Pd e governatore dell’Emilia-Romagna: “Il governo resta in silenzio sull’aggressione di militanti fascisti fuori dal liceo di Firenze sabato scorso, in compenso minaccia provvedimenti contro la preside che ha scritto agli studenti dopo quanto accaduto”
Sulla stessa linea Elly Schlein, che alla primarie sfida Bonaccini per il dopo Letta: “Un governo che tace di fronte alle aggressioni squadriste a scuola e minaccia una preside che scrive di antifascismo a studentesse e studenti sceglie di legittimare quegli stessi metodi. Vergogna. Valditara ha giurato sulla Costituzione antifascista, non dovrebbe essere ministro”
Per Nicola Fratoianni, Sinistra italiana, le parole di Valditara “non sono degne di un ministro”. E aggiunge: “Di un liquidatore della scuola pubblica come lui il nostro paese e il mondo della scuola non sanno che farsene”.
“Scandaloso, esprimo vicinanza e sostegno alla preside Annalisa Savino che ha subito dal ministro un attacco indecente e contro la Costituzione” scrive in una nota Angelo Bonelli co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra.
Gli studenti: “Si dimetta”
“È una dichiarazione di una gravità inaudita – dichiara Paolo Notarnicola, coordinatore della Rete degli Studenti Medi – È grave perché fa propri i riferimenti ideali di una Destra nazionalista ed apertamente reazionaria e, soprattutto, perché il ministro Valditara ha preferito esprimersi sulla lettera di una preside piuttosto che condannare la violenza squadrista che a Firenze si è consumata”.
Per questo gli studenti chiedono le dimissioni del ministro. “Non si può pretendere di governare il mondo della scuola a colpi di dichiarazioni autoritarie e colpevolizzanti – conclude Notarnicola – perché il confronto con gli studenti viene negato in ogni spazio. Adesso basta: Valditara dimettiti!”.
(da La Repubblica)
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Febbraio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
LA PARTITA DELLE NOMINE DELLE PARTECIPATE… L’INCAZZATURA DEI MELONIANI CON GLI ANGELUCCI: “LIBERO” STA CON NOI O CON LA LEGA?… RETE4 “RIEQUILIBRA” LO SPAZIO AI PARTITI DI MAGGIORANZA: PIÙ FORZA ITALIA E MENO FDI
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è piuttosto preoccupato. I recenti episodi che hanno coinvolto Berlusconi, Zelensky e Giorgia Meloni hanno alimentato il timore che il governo possa finire preda delle sue instabilità interne. Quel che agita il Colle è rilevare che, nella più totale assenza di opposizione, la maggioranza è riuscita a crearsela dall’interno. E pure forte.
Dal Presidenzialismo da instaurare al Superbonus da modificare, dal sostegno all’Ucraina al dossier sulle nomine delle Regionali e delle Partecipate, si ripete lo stesso copione: Giorgia Meloni da un lato, il tandem Berlusconi-Salvini dall’altro.
Nelle stanze damascate del Quirinale la frase siluro di Zelensky al Cav, pronunciata durante la conferenza stampa con Giorgia Meloni a Kiev è deflagrata come un petardo in una fabbrica di fuochi d’artificio.
Le frasi dell’ex comico sono state interpretate come un segnale di sfiducia nei confronti della maggioranza che sostiene il governo. Come a dire: difficile fidarsi dell’Italia con gli amici di Putin all’interno dell’esecutivo. A conferma della diffidenza del presidente ucraino, c’è il sospetto, divenuto via via certezza, che il siluro al curaro sul Cav fosse preparato
Gli “addetti ai livori” hanno notato una mancanza di prontezza da parte della premier nel difendere quello che, solo qualche giorno fa, aveva definito il “miglior ministro degli esteri che l’Italia abbia avuto”.
E Zelensky, con una malizia sospetta, ha evitato di pubblicizzare l’incontro con la Meloni sul suo profilo Twitter, dove di solito trovano ampio spazio i suoi incontri internazionali (qualche ora fa, ad esempio, si è addirittura congratulato con il presidente delle Comore, non proprio un leader di primo piano), condividendo le clip della conferenza stampa solo su Instagram e Facebook.
In tutto questo, Matteo Salvini tace. Non ha diffuso un comunicato per difendere Berlusconi, né ha dato man forte alla Meloni sulle sue posizioni euro-atlantiste. Il segretario della Lega continua a mantenere un profilo basso sulle questioni internazionali, dopo i pasticci dei mesi scorsi, avendo forse compreso che meno parla e meglio è.
Il suo silenzio non tranquillizza la Meloni, che teme un asse tra il “Capitone” e il “Banana” per metterla all’angolo su tutte le questioni di governo. Infatti, l’ira funesta del Cav sul caso Zelensky peserà, e molto, sulle nomine alle Regionali e nelle società partecipate. Forza Italia sente di avere la “golden share” della maggioranza, e non esiterà a farla pesare sulle scelte chiave.
Le liste per le partecipate andranno presentate entro il 15 marzo e ciascuna di esse avrà al primo posto un candidato presidente e al secondo un amministratore delegato. Già da quelle, dunque, sarà possibile avere un quadro più chiaro delle reali intenzioni dei Gianni e Pinotto della maggioranza.
L’idea di fondo che agita Salvini e Berlusconi è cambiare tutto: non vogliono dare continuità ai dirigenti ereditati dai governi di centrosinistra o dall’esecutivo Draghi. Il ragionamento è: se non azzeriamo un vecchio sistema di potere, quale reale cambiamento apportiamo?
È in questo contesto che va letto l’affondo di Matteo Salvini sulla necessità di una discontinuità in Enel e in Eni, dove, secondo i leghisti, abbondano i capoccioni piazzati dal Partito democratico (da Lapo Pistelli a Antonio Funiciello). Medesimo conflitto tra gli alleati si consuma sulla Rai: Giorgia Meloni vorrebbe tenere Carlo Fuortes fino alla scadenza del suo mandato (2024), mentre Forza Italia e Lega chiedono un immediato cambio al vertice di Viale Mazzini.
A suggerire al segretario della Lega di calare la scure sul cane a sei zampe è stato Paolo Scaroni. Da presidente del Milan, di cui Salvini è gran tifoso, l’ex ad di Eni è diventato grande amico del fidanzato di Francesca Verdini. Scaroni, checché ne dicano alcuni retroscena che lo descrivono interessato alla presidenza di Enel, in realtà brama una grande rentrée in Eni, come presidente, anche per “vendicarsi” del suo ex amico Claudio Descalzi, che gli ha fatto fuori tutti i suoi
A confezionare le indiscrezioni sulle nomine, vendute come “fonti della Lega”, c’è Andrea Paganella, ex capo della segreteria di Salvini ai tempi del Viminale. Tant’è che lo stesso Paganella potrebbe rappresentare la Lega, insieme a Giulio Centemero, e forse Alberto Bagnai, nel famigerato “tavolo delle nomine” che la maggioranza potrebbe aprire per ripartire le poltrone, in barba alla pijatutto Meloni (gli Ad a noi, le briciole dei presidenti agli alleati).
Per Forza Italia ci potrebbero essere Licia Ronzulli, Alessandro Cattaneo e un terzo, nominato direttamente da Berlusconi. Per Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida e Giovanbattista Fazzolari, che però fatica, a causa del suo carattere diffidente e ruvido, a trovare una postura “andreottiana” nella gestione del potere, a differenza di “Lollo”.
Daniela Santanchè e Romano La Russa sono stati dirottati a trattare la complessa composizione della giunta della Regione Lombardia, che vede Fontana favorevole alla riconferma di Bertolaso all’assessorato-chiave della Sanità contro i desiderata del duo La Russa-Santanché.
La spinta verso l’azzeramento dei vertici delle partecipate segnerà l’inizio della battaglia: da quel momento sarà tutto un mercanteggiare, una lunga ed estenuante trattativa per incasellare pedine, ruoli e poltrone, fatta di minacce e ricatti.
Oltre ai due guastatori Salvini e Berlusconi, Giorgia Meloni ha diverse beghe, interne al suo partito, da gestire. In primis le scorie del caso Cospito: il sottosegretario alla giustizia, Andrea Delmastro, è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio, per aver condiviso con il coinquilino, Giovanni “Minnie” Donzelli, le intercettazioni del terrorista anarchico al 41 bis. Poi c’è stata la condanna definitiva per peculato per la curvacea Augusta Montaruli, fedelissima di Giorgia, costretta a dimettersi da sottosegretario all’Università per peculato.
Infine la ministra del Lavoro, Marina Calderone, tecnica in quota Fdi, è inciampata insieme al marito, Rosario De Luca, in un potenziale guaio giudiziario: la Guardia di Finanza sta indagando sulle presunte irregolarità nella gestione dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, ente di cui è stata presidente per 18 anni.
Inoltre, tengono banco le tensioni tra i due sottosegretari di Palazzo Chigi, il coriaceo guru Fazzolari e il mite Alfredo Mantovano. Senza considerare il mal di pancia del cerchio magico di Giorgia verso il capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi. Agita le acque del partito anche la fronda interna dei “gabbiani”, guidati da Fabio Rampelli.
L’entourage di Meloni è un po’ incazzato con la famiglia Angelucci. I fedelissimi di Giorgia si chiedono: ma “Libero” sta con noi o con la Lega? Il retropensiero è: con quale faccia viene a bussare alla nostra porta per promuovere i suoi interessi editorial-sanitari, se poi è così sdraiato sulle ruote del Carroccio?
Le frizioni tra Berlusconi e Giorgia Meloni avranno un ineluttabile riflesso anche a Cologno Monzese. A Mediaset si sta ragionando su come utilizzare la leva della comunicazione per “destabilizzare” il consenso della Meloni
È allo studio una rivoluzione nei palinsesti di Rete 4 sull’informazione, già a partire dal prossimo settembre. Lo spazio dedicato ai partiti di centrodestra potrebbe essere “riequilibrato”: più attenzioni a Forza Italia e Lega, e meno ai baldanzosi Fratelli d’Italia.
(das Dagospia)
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Febbraio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
“SE È COSÌ CROLLA TUTTO” … LA PROTESTA DEI LEGHISTI ROMANI: “O CLAUDIO DURIGON FA DARE UN ASSESSORATO A TONY BRUOGNOLO O ROMPIAMO”
C’è un primo schema. Da molti considerato una semplice base di
discussione, un primissimo passo, un quadro destinato a cambiare, ma un primo schema di giunta regionale c’è. È spuntato fuori ieri dopo un bilaterale tra Fratelli d’Italia e Lega. Circola riservatamente in ristretti ambienti del centrodestra e se da una parte vede tutte le quote rosa destinate a FdI dall’altra sembra destinato a far saltare completamente i già delicatissimi equilibri del Carroccio nel Lazio.
In realtà però è appunto stato fatto qualcosa in più: un primo schema di giunta che prevede sette assessorati a Fratelli d’Italia, due a FI e uno alla Lega.
Il partito della Meloni schiererebbe così l’ex eurodeputata Roberta Angelilli, da tempo indicata come vice del presidente Francesco Rocca e possibile assessore allo sviluppo economico, Laura Corrotti, a cui potrebbero andare le politiche sociali, l’ex senatrice Laura Allegrini, di Viterbo, con possibile delega all’agricoltura di cui già si è occupata in Parlamento, la neoeletta consigliera Eleonora Berni, di Rieti, a cui potrebbe andare il turismo, il rampelliano Fabrizio Ghera, indicato ai lavori pubblici, Giancarlo Righini,
Mr. Preferenze, che a questo punto, perdendo la presidenza del consiglio regionale che andrebbe al leghista Pino Cangemi, c’è chi assicura punti al bilancio, costringendo Rocca a rinunciare all’interim e comunque all’ipotesi di un tecnico, e Massimiliano Maselli, vicino a Luciano Ciocchetti, che potrebbe ottenere la delega all’urbanistica.
Abbastanza per garantire la giusta rappresentanza delle donne in giunta e quella dei territori. E Antonio Aurigemma andrebbe verso l’incarico di capogruppo in consiglio regionale. Forza Italia otterrebbe invece due poltrone, destinate a Giorgio Simeoni, ex assessore della giunta di Francesco Storace che potrebbe ottenere la delega al lavoro, e a Giuseppe Simeone, ex consigliere regionale, che nell’esecutivo rappresenterebbe il territorio di Latina, dove FI è seconda dopo Fratelli d’Italia, e che punterebbe ad ambiente e rifiuti.
La Lega infine otterrebbe un solo assessorato, destinato all’ex consigliere Pasquale Ciacciarelli, che non è riuscito a ottenere la rielezione e che rappresenterebbe il territorio di Frosinone, gradito sia al deputato Nicola Ottaviani che all’ex presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese. La delega? Forse alla cultura, alla luce dell’esperienza fatta nella scorsa legislatura.
Uno schema destinato a mandare in pezzi il Carroccio. A Roma e provincia vogliono un loro rappresentante.
«O Claudio Durigon fa dare un assessorato a Tony Bruognolo o rompiamo», sostengono numerosi leghisti nella capitale. Ma anche il pontino Angelo Tripodi non sembra disposto a restare a mani vuote. E allo stesso tempo Cangemi non appare disposto a cedere su un incarico di prestigio.
(da La Repubblica)
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Febbraio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
DAL 19ESIMO SECOLO AGLI ANNI ’70 PIÙ DI 150 MILA BAMBINI INDIGENI FURONO ISOLATI DALLE FAMIGLIE E COSTRETTI A FREQUENTARE DELLE SCUOLE CATTOLICHE E MOLTI DI LORO MORIRONO IN CIRCOSTANZE MISTERIOSE
Ricerche via radar hanno rivelato, vicino a una ex scuola residenziale cattolica canadese della Columbia britannica, 17 fosse che potrebbero contenere i corpi di 751 bambini delle comunità autoctone. Lo riferisce la Canadianpress citando una First Nation (una comunità di indigeni in Canada) che sta pubblicando i risultati di una ricerca preliminare sulle tombe anonime individuate sul terreno di un’ex scuola residenziale.
Il cimitero si trova nei pressi dell’ex Marieval Indian Residential School, situata nell’area della Cowesses First Nation, nel sud del Saskatchewan. Più di 150 mila bambini nativi furono costretti a frequentare le scuole cristiane finanziate dallo Stato dal 19/o secolo fino agli anni ’70 nel tentativo di isolarli dall’influenza delle loro famiglie e della loro cultura, cristianizzarli e assimilarli nella società dominante, che i governi precedenti consideravano superiore.
Il governo canadese ha ammesso che i maltrattamenti e gli abusi fisici e sessuali erano dilaganti, con studenti picchiati perché parlavano la loro lingua madre. Quell’eredità di abuso e isolamento è considerata dai leader indigeni come una delle cause principali dei tassi epidemici di alcol e tossicodipendenza nelle riserve.
Nell’aprile dello scorso anno papa Francesco ha chiesto scusa per i crimini commessi con la complicità della chiesa, e nel luglio successivo si è recato in Canada e ha incontrato i rappresentanti delle comunità indigene.
(da agenzie)
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Febbraio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
“NON RICORDIAMO ALCUN ALTRO POLITICO CHE ABBIA INCARNATO LE ISTITUZIONI USANDO PUBBLICAMENTE UN LINGUAGGIO SGUAIATO”
Al presidente del Senato Ignazio La Russa piace – come dicono a Roma –
«parlare come magna». Cioè con qualche fuoruscita impropria. É una caratteristica umorale. Ma poiché il Presidente del Senato ha permesso che si anticipassero per agenzia alcuni contenuti di un’intervista andata in onda ieri sera, ci troviamo di fronte un florilegio di frasi leggiadre come un eczema. Il catalogo è generoso e va dalla dichiarazione secondo cui avere un figlio gay costituirebbe un dolore, al giudizio secondo cui le attuali donne del centrodestra in questa legislatura sono meno belle ma con più cervello di quelle precedenti.
A questo punto il lettore si chiederà: e che cosa diciamo al Presidente del Senato? Che abbiamo riso di buon gusto? No, non abbiamo riso affatto. Chi scrive, oltre ad essere stato undici anni in Parlamento ricoprendo anche una carica istituzionale come Presidente di una commissione bicamerale d’inchiesta, ha fatto – ho fatto – per quarant’anni il cronista e posso dire di averne viste di tutti colori. Mi capitò anche di diventare per caso l’intervistatore prediletto di un presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che tutti davano per matto e che matto non era affatto benché eccedesse in esuberanze.
Anzi, ricordo che quando rifiutai di pubblicare una sua intervista in cui lui dava all’onorevole Achille Occhetto dello «zombie coi baffi» trovando l’espressione non all’altezza di un capo dello Stato, Cossiga se ne infischiò e pubblicò la sua intervista su un altro giornale. Ma ogni volta che quel presidente «si toglieva un sasso dalla scarpa», tutto il perbenismo istituzionale dei palazzi e dei politici fingeva di fremere di sdegno.
Toccò ad un pugno di valorosi giornalisti impedire che quel presidente fosse dichiarato matto con certificato medico e rimosso: ma le sue battute eccessive che lui stesso battezzò come «picconate» riguardavano questioni serie che il senatore La Russa ricorda, che anticipavano il cataclisma in arrivo sull’Italia a causa del crollo dell’impero sovietico. Non ricordiamo alcun altro politico che abbia incarnato le istituzioni usando pubblicamente un linguaggio sguaiato, neanche per spacciarlo come ardita provocazione.
Paolo Guzzanti
(da “il Giornale”)
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Febbraio 22nd, 2023 Riccardo Fucile
INVECE CHE RINCORRERE OPERE INUTILI SI RINNOVINO LINEE, CARROZZE E INFRASTRUTTURE
Sul trasporto ferroviario ci sono forti differenze tra le Regioni italiane, e a pagarne il prezzo è soprattutto il Sud.
Secondo il nuovo rapporto di Legambiente Pendolaria 2023, nel Mezzogiorno “circolano meno treni”, quelli che viaggiano sono “più vecchi – con un’età media di 18,5 anni, in calo rispetto a 19,2 del 2020 ma più elevata degli 11,9 di quelli del nord” e per di più “viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate”.
Ogni giorno, in Sicilia ci sono 506 corse di treni regionali, contro le 2.173 della Lombardia: più di quattro volte tanto, nonostante la popolazione della Lombardia sia solo il doppio di quella siciliana. “Emblematico è che tra Napoli e Bari non esistano treni diretti”, ha denunciato Legambiente.
E non solo: ci sono situazioni “come quella della linea Palermo-Trapani, via Milo (chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno), della Caltagirone-Gela (chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone l’8 maggio 2011) e della tratta Corato-Andria in Puglia (ancora inattiva dopo 6 anni e mezzo dal tragico incidente del 12 luglio 2016 che causò 23 morti)”. In generale, secondo Legambiente per il Sud servono “più treni, elettrificazione e collegamenti più veloci”, potenziando “il servizio Intercity” e garantendo “almeno un treno ogni ora” sulle direttrici principali.
Per i trasporti su ferro servono due miliardi di euro all’anno, magari togliendoli ai sussidi per le fonti fossili
La responsabilità è in parte delle Regioni e della “inadeguata attenzione” che dedicano al trasporto ferroviario. “Nel 2021 gli stanziamenti sono stati, in media, pari allo 0,57% dei bilanci regionali, in miglioramento rispetto allo 0,34% registrato nel 2020, ma in diminuzione rispetto allo 0,65% del 2019”, ha segnalato Legambiente. Eppure, alcune risorse ci sarebbero. La legge di bilancio del governo Draghi aveva istituito un fondo apposito con 2 miliardi di euro per “ridurre le emissioni climalteranti del settore dei trasporti”.
In più, il fondo per il trasporto pubblico locale è stato aumentato di 100 milioni all’anno per il 2022 e il 2023, fino al 2026. Infine, sono stati previsti dei nuovi finanziamenti per l’acquisto di treni regionali.
“Tutte risorse importanti”, ha detto Legambiente, “ma occorre fare uno sforzo aggiuntivo stanziando 2 miliardi di euro all’anno fino al 2030”, che si potrebbero recuperare “specialmente all’interno del vasto elenco di sussidi alle fonti fossili”. Questi soldi servirebbero per le ferrovie regionali, ma anche per metropolitane, tram e linee suburbane.
Nonostante alcuni miglioramenti, la transizione ecologica dei trasporti in Italia “è ancora troppo lenta”, ha denunciato Legambiente. Ci sono “continui ritardi infrastrutturali, treni poco frequenti, linee a binario unico, lentezza nella riattivazione delle linee ferroviarie interrotte, chiuse e dismesse, e risorse economiche inadeguate”.
Il processo di riconversione dei trasporti è “fondamentale per rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, del taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e del loro azzeramento entro il 2050, visto che il settore è responsabile di oltre un quarto delle emissioni italiane”, ha commentato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “È fondamentale invertire la rotta e puntare su importanti investimenti per la cura del ferro del nostro Paese, smettendola di rincorrere inutili opere come il ponte sullo Stretto di Messina”.
Il riferimento è al ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che ha più volte parlato della necessità di portare avanti il progetto del ponte sullo Stretto per rilanciare il Sud. Secondo Ciafani, servono invece “servizi, treni moderni, interconnessioni tra i vari mezzi di trasporto e con la mobilità dolce, linee ferroviarie urbane, suburbane ed extraurbane”. Per questo, al ministro Salvini si chiede “di dedicare ai pendolari almeno la stessa attenzione che ha messo in questi mesi per il rilancio dei cantieri delle grandi opere”.
(da Fanpage)
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