Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
NON SOLO E’ UN AUTOMATISMO SULLA BASE DEL COSTO DELLA VITA, MA IL GOVERNO LO HA PURE RIVISTO AL RIBASSO
Rivendicare. Sempre, in qualsiasi situazione. Se mai fosse scritto un profilo dell’esponente politico tipo, il primo verbo per spiegare il suo comportamento sarebbe questo. Lo fanno tutti, da sempre. Destra, sinistra, centro. Certo, c’è poi chi esegue il compito in maniera particolarmente insistente.
E persino chi finisce per rivendicare qualcosa che non dipende minimamente da lui. Intestarsi i meriti è il trucco più vecchio del mondo, e in questo Matteo Salvini è un campione assoluto. Di lista in lista, il leader della Lega elenca spesso tutto ciò che ha fatto, soprattutto in questo nuovo periodo di governo.
Ieri è arrivato un comunicato della Lega, in cui il Carroccio – per l’appunto – rivendica:
A milioni di pensionati oggi stanno arrivando le comunicazioni con il calcolo delle pensioni che saranno pagate a marzo. Per tutti si prospettano aumenti che non si erano visti da molti anni. Le pensioni più alte in valore assoluto saranno rivalutate un po’ di meno in termini percentuali mentre le minime cresceranno di più, però per tutti ci sarà un aumento. Sappiamo che non è un regalo perché il costo della vita è aumentato però è un segno di attenzione fortemente voluto dal governo e dalla Lega per una categoria che in passato è stata sempre usata per fare cassa, vedi la legge Fornero che prevedeva il blocco totale della rivalutazione per tutti. Speriamo che questo aumento risulti gradito ai pensionati Italiani a cui la Lega conferma il massimo impegno per tutelare il potere d’acquisto a partire dai più svantaggiati.
Insomma, la Lega si è intestata la rivalutazione delle pensioni. La perequazione è un meccanismo automatico di adeguamento dei trattamenti pensionistici in base al costo della vita calcolato dall’Istat. In questi anni è cambiato molto spesso e il governo Meloni ha deciso di applicare la rivalutazione in maniera diversa a seconda dell’importo della pensione percepita. In pratica l’aumento è diverso a seconda di alcuni parametri.
La rivalutazione piena, considerato il tasso di inflazione al 7,3%, l’hanno ricevuta solamente i pensionati che ricevono fino a quattro volte il trattamento minimo. Per gli altri, invece, la percentuale di aumento cala al crescere della pensione. Questi sono i valori precisi:
rivalutazione del 100% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo
rivalutazione dell’85% per le pensioni comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo
rivalutazione del 53% per le pensioni comprese tra cinque e sei volte il trattamento minimo
rivalutazione del 47% per le pensioni comprese tra sei e otto volte il trattamento minimo
rivalutazione del 37% per le pensioni comprese tra otto e dieci volte il trattamento minimo
rivalutazione del 32% per le pensioni superiori a dieci volte il trattamento minimo
Il governo ha dovuto evitare gli aumenti per tutti per risparmiare sulle finanze pubbliche. Insomma, altro che attenzione ai pensionati. Solamente la fascia di importo più basso ha ricevuto quello che gli spetta, cioè la rivalutazione in adeguamento al costo della vita.
(da Fanpage)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
“IL PADRE ERA UN PASTORE. SI OCCUPAVA DI PECORE. QUANDO ERO DIRETTORE DELL’INDIPENDENTE AVEVA L’ARIA DI UN PROFUGO, INDOSSAVA ABITI RACCAPRICCIANTI E DORMIVA SU UNO DEI TRENI FERMI LA NOTTE ALLA STAZIONE CENTRALE”
La notizia non è clamorosa ma voglio commentarla lo stesso perché mi
sembra interessante a livello di costume. Giorgia Meloni ha nominato un giornalista quale portavoce suo e ovviamente di Palazzo Chigi. Costui si chiama Mario Sechi la cui biografia è degna di essere raccontata nei dettagli.
Primo dato curioso. Mario nasce e cresce in Sardegna, e fin qui nulla di notevole. Gli uomini vengono al mondo dove capita e nelle famiglie assegnate dal destino. L’aspetto curioso consiste nel fatto che il padre del futuro cronista era un pastore. Si occupava di pecore.
Quando ero direttore dell’Indipendente, un quotidiano di successo che perì quando lo abbandonai per sostituire Montanelli in bega con Berlusconi, ricevetti una telefonata dal suddetto Martinelli, il quale mi raccomandò Sechi dicendomi che questi meritava un impiego fisso. Poiché mi fidavo ciecamente del mio vecchio collega, accolsi favorevolmente la sua segnalazione e convocai il segnalato nel mio ufficio milanese. Quando si presentò davanti a me aveva l’aria di un profugo, indossava abiti raccapriccianti, ma il suo aspetto, benché poco rassicurante, mi lasciò indifferente. Lo interrogai per una dozzina di minuti, non mi parve stupido, e lo assunsi come abusivo, cioè in prova illegale. Egli si inserì perfettamente in redazione mostrando una volontà si ferro. Allorché venni a conoscenza di un particolare strappalacrime mi decisi a inquadrarlo in pianta stabile.
Appresi dai miei redattori che il povero Mario, non avendo una casa né i mezzi per affittarla, era costretto a dormire su uno dei treni fermi la notte alla Stazione Centrale. Il dettaglio mi commosse e lo feci iscrivere a libro paga. Non ebbi modo di pentirmene perché il ragazzo era valido. Cosicché quando mi trasferii con Maurizio Belpietro, altra canaglia di talento, al Giornale di via Negri, lo portai con me affidandogli ruoli importanti nonostante il suo abbigliamento continuasse ad essere imbarazzante. Lo mandai a Genova a guidare la filiale ligure e successivamente lo promossi capocronista a Milano. Si rivelò un ottimo professionista. Rimase a lungo al foglio fondato da Indro e del quale io raddoppiai le vendite, e quando Belpietro fu nominato direttore di Libero, se lo prese come vice. La prima dichiarazione pubblica che fece fu questa: finalmente riusciremo a mandare Feltri in pensione.
Però, gentile con chi lo aveva fatto trasferire dal treno in una abitazione decente. Ma la cosa non mi offese. Semplicemente ebbi l’opportunità di verificare che in effetti la gratitudine è il sentimento della vigilia.
Ci si dimentica del primo amore, figurati se ti ricordi di uno che ti ha salvato le terga. Sechi ha poi gironzolato da una impresa editoriale all’altra. E prima di approdare alla direzione dell’Agi (Agenzia giornalistica) tentò di percorrere la strada politica candidandosi nella lista di Mario Monti, ma si bloccò subito: alle elezioni venne bocciato. Succede. Oggi la fortuna lo ha nuovamente agganciato portandolo addirittura nei palazzi del governo, portavoce di Giorgia Meloni, un ruolo di prestigio che si è meritato. Partire dall’ovile e giungere a Palazzo Chigi non è una operazione che riesce a tutti.
Vittorio Feltri
(da Libero Quotidiano)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
UNO SPUDORATO CAPOVOLGIMENTO DELLA REALTA’
In 1984, il suo celebre romanzo di fantapolitica, George Orwell lo
chiamava “bispensiero”: uno spudorato capovolgimento della realtà. Vladimir Putin sembra avere ripassato il capolavoro dello scrittore inglese in vista del discorso pronunciato stamane davanti al parlamento di Mosca. Ecco il “doublethink” del capo del Cremlino, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina: una lunga lista di falsità, il cui intento ovviamente non è convincere l’Occidente, ma di fare propaganda all’opinione pubblica russa
“Operazione militare speciale”
Putin comincia continuando a definire l’invasione come una “operazione militare speciale”, invece di chiamarla con il suo vero nome: una guerra che in dodici mesi ha causato alla Russia da due a quattro volte più morti, secondo varie stime, di quante vittime abbiano sofferto gli Stati Uniti in quindici anni di guerra nel Vietnam.
“La Nato parlava apertamente di fornire armi nucleari all’Ucraina”
Un’accusa platealmente falsa: non solo l’Alleanza Atlantica non ha mai progettato di fornire ordigni nucleari all’Ucraina, che peraltro non era, non è e verosimilmente non sarà per il prossimo futuro nemmeno membro della Nato, ma l’Alleanza Atlantica non ha stazionato armi atomiche nemmeno nei Paesi che della Nato sono entrati a fare parte dopo il crollo dell’Unione Sovietica, come le tre repubbliche baltiche di Lituania, Lettonia ed Estonia, e neppure in Polonia e negli altri ex-“paesi satelliti” dell’Urss
“L’Occidente e l’Ucraina erano pronti per attaccare la Russia”
“Quello che è accaduto è colpa loro, erano pronti ad attaccarci, stiamo usando la forza per fermarli” dice Putin. Altra menzogna: come se il presidente francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz e il capo della diplomazia americano Blinken non avessero passato buona parte del 2021 e i primi due mesi del 2022 a cercare un dialogo con Mosca […].
“La Russia voleva risolvere il conflitto ucraino pacificamente
Invece è stato Putin a rompere unilateralmente ogni negoziato e tutti i principi degli accordi di Minsk fra Russia e Ucraina: prima riconoscendo l’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass (21 febbraio 2022), quindi dichiarando che gli accordi Minsk “hanno cessato di esistere” (22 febbraio 2022), infine ordinando alle sue truppe di entrare in Ucraina (24 febbraio 2022).
“Con le sanzioni l’Occidente ha punito sé stesso
Il capo del Cremlino afferma che l’economia russa non ha sofferto danni come conseguenza delle sanzioni occidentali e che l’Occidente viceversa ha subito “il collasso del proprio settore energetico”.
In realtà il pil russo si è contratto del 3-4 per cento e Mosca ha “perso la guerra del gas”, come sottolinea un’inchiesta del Financial Times […].
“È in gioco l’esistenza stessa della Russia”
Putin afferma che l’Occidente mira a infliggere alla Russia “una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre, non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia ”. In realtà la Nato ha più volte offerto a Mosca un negoziato sulla sicurezza europea come pedina di scambio per non invadere l’Ucraina, proposte sempre respinte dal Cremlino. I missili a più lungo raggio forniti dall’Alleanza Atlantica a Kiev servono a difendersi, non certo a bombardare Mosca.
(da La Repubblica)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
IL DISCORSO DI “MAD VLAD” TUTTO VOLTO AD ALIMENTARE LA PROPAGANDA INTERNA, RACCONTANDO UNA LUNGA SERIE DI MENZOGNE
Dopo quasi due anni senza apparire di fronte all’Assemblea federale, un obbligo per il presidente previsto dalla Costituzione russa, Vladimir Putin si è presentato con vecchi discorsi, promettendo: la prosecuzione della guerra contro l’Ucraina, la protezione della cultura russa, ottime prestazioni dell’economia.
Una cassetta degli attrezzi vecchia, arrugginita, per dire che l’occidente ha aizzato l’Ucraina contro la Russia, che Mosca protegge gli uomini, le vite, mentre l’occidente porta avanti soltanto i suoi affari in Ucraina come in Libia, come in Siria. Ha ripreso e ingigantito i ritornelli della propaganda, finiti tra le frecce dell’arco di chi accusa la Nato e gli Stati Uniti di aver distrutto il mondo costruito dopo la Guerra fredda e, dopo aver detto che la Russia ha sempre rispettato i trattati, ha annunciato il ritiro di Mosca da uno di questi, uno dei più importanti: il New Start per la riduzione delle armi nucleari.
Non consentirà più le ispezioni dell’occidente, ha ratificato in poche parole la fine di un mondo fatto di equilibri ed equilibrismi e, nonostante questo, ha accusato “le persone dell’occidente” di aver armato l’Ucraina ancora prima che la guerra iniziasse, di aver tolto i diritti al Donbas. Diritti che ora lui, Putin, con il suo esercito che distrugge case, uccide persone, vuole restaurare.
Nessuna parola sul viaggio di Joe Biden a Kyiv, nessuna parola sull’isolamento russo, anzi, secondo il capo del Cremlino, il mondo ha capito che l’occidente è interessato alle armi, non alle persone, non ai paesi poveri.
In un anno non è cambiato nulla, anzi, anche sulla bocca di Putin la protervia sembra offuscata. Putin si è accomodato in questa guerra, i disastri, le morti non lo scompongono. […] Nel discorso di un anno fa con cui dichiarò guerra all’Ucraina, Putin disse di essere stato costretto a prendere questa decisione per proteggere i russi, chi cercava la protezione di Mosca.
Lo ha detto anche oggi, nel Gostiny Dvor, sede inusuale per il discorso all’Assemblea federale dove alle spalle degli astanti – ministri, soldati, religiosi, uomini e donne – era stato preparato un banchetto
Ma ha poi aggiunto che la Russia è fatta di molti popoli e molte anime, tutti pregano in modi differenti, ma pregano tutti per la vittoria. Ha ripetuto spesso che la Russia è multietnica, più del solito, quasi a contraddire l’idea del suo mondo russo. Quasi a rassicurare che la Federazione è unita. Un anno fa Putin iniziò un’invasione che ha ucciso soldati e civili e capovolto il mondo, la Russia inclusa. Ora ha sradicato ogni appiglio, ogni sistema di pesi e contrappesi, scomponendo i trattati che lo legavano all’occidente.
(da il Foglio)
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Febbraio 21st, 2023 Riccardo Fucile
SEMPRE MENO PERSONE POSSONO PERMETTERSI DI ABITARE PERSINO NELLE PERIFERIE MENEGHINE: MOLTI SI TRASFERISCONO A VERCELLI E NOVARA E SCELGONO UNA VITA DA PENDOLARI
Ormai è successo. Tutta questa pianura è diventata una gigantesca
periferia di Milano. Risaie e capannoni dismessi, vecchi borghi agricoli. Piccole città di provincia: Vercelli, Biella, Santhià, Novara. […] Milano è diventata impossibile. È una specie di miraggio. Moltissimi la sognano, ma quella città non è più reale. Milano è la città con gli affitti più cari d’Italia, la quarta città più cara d’Europa. In pochissimi possono permettersi di abitare sotto la Madonnina, ma pure in periferia.
«Abbiamo il caso degli autisti che vincono il concorso pubblico per guidare tram e pullman, che sono costretti a rinunciare al lavoro per ragioni economiche. È praticamente impossibile trovare un bilocale nella seconda cerchia a meno di 1000 euro al mese. E quando hai uno stipendio di 1500 euro e sai che le spese per quel bilocale costeranno non meno di 200 euro al mese, come puoi pensare di accettare il posto?».
«Aumentano le morosità. Perché sono aumentati i canoni d’affitto. Tanti alloggi sono finiti sulle piattaforme B&B, sottratti così al mercato degli affitti annuali. Quei pochi posti che restano a disposizione segnano un +9%.
Non sono degli aumenti, sono delle impennate. Un monolocale in via Padova va fra 700 e 1000 euro al mese, mentre anche il costo della vita aumenta sempre di più. Ormai questa è diventata una città insostenibile. Si vive a Milano solo per due ragioni: per moda – è una specie di status symbol – o per estrema necessità. […]». […] Milano non è una città per lavoratori con stipendi sotto ai 2000 euro al mese.
Milano: cioè Gratosoglio, Sesto San Giovanni, Abbiate Grasso, Cesano Boscone, Rozzano. Periferie con prezzi più abbordabili. Solo che adesso la grande periferia di Milano si sta allargando a dismisura, fino a raggiungere un’altra Regione d’Italia, cioè il Piemonte. A Novara hanno costruito alloggi pensati apposta per i pendolari che vanno a lavorare ogni giorno a Milano. Anche a Vercelli, dove non ferma l’esosa Alta Velocità, il treno interregionale carica ogni giorno lavoratori al mattino e li riporta indietro alla sera.
Anche la pandemia ha un ruolo importante in questa trasformazione sociale. Le priorità esistenziali sono cambiate, così come le abitudini pratiche. Se Milano è ormai una città di lusso, cioè un posto esclusivo e escludente, un posto con il paradosso di 15 mila alloggi popolari vuoti perché mancano i fondi per ristrutturarli, forse si possono aprire nuova prospettive per altre zone dimenticate d’Italia.
(da La Stampa)
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Febbraio 20th, 2023 Riccardo Fucile
IPOTIZZATO ANCHE IL REATO DI RICICLAGGIO
C’è anche il governatore della Sardegna Christian Solinas tra gli indagati per corruzione dalla procura di Cagliari per due filoni di inchiesta sull’acquisto di una casa e su presunte pressioni su una nomina.
Sotto indagine ci sono anche il suo consulente Christian Stevelli, il direttore generale dell’Ufficio dell’autorità di gestione del programma operativo Eni Cbd, bacino del Mediterraneo, Roberto Raimondi, e l’imprenditore Roberto Zedda. La Guardia di Finanza ha sequestrato i telefoni e altri apparecchi elettronici sia di Solinas che di Stevelli.
I due filoni di indagine
Il primo filone d’indagine riguarda l’acquisto di alcuni terreni a Capoterra, e l’ipotesi di reato è quella di corruzione e riciclaggio. La procura di Cagliari sta indagando sulla caparra, di alcune centinaia di migliaia di euro, versata dall’imprenditore Zedda per i terreni riconducibili al governatore.
La seconda vicenda su cui ha acceso i fari la procura di Cagliari riguarda invece le presunte pressioni per la nomina di Raimondi, sul quale il consigliere regionale Massimo Zedda aveva ipotizzato un suo legame con lo scandalo dei Panama papers sui paradisi fiscali.
(da agenzie)
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Febbraio 20th, 2023 Riccardo Fucile
RIMANE IL PROBLEMA DEL PROCESSO ANCORA IN CORSO PER LA VICENDA DELLA CASA DI MONTERCARLO. LA SENTENZA È PREVISTA ENTRO L’ANNO
Dà un buffetto ai giovani dai modi rampanti di Fratelli d’Italia,
Giovanni Donzelli e Andrea Delmastro: «Non si confonde il Parlamento con una piazza». Ed elogia la sua ex allieva Giorgia Meloni: «È brava, non è fascista». Gianfranco Fini torna a parlare di politica e lo fa ancora una volta a “Mezz’ora in più” su Rai 3.
Ennesima tappa di un ritorno sotto i riflettori con un obiettivo condiviso con la presidente del Consiglio: candidarsi alle prossime elezioni Europee del 2024 e diventare l’uomo delle relazioni forti a Bruxelles per conto del governo Meloni.
Fini sa bene che potrebbe tornare in prima persona in politica una volta liberatosi del processo, ancora in corso ma con sentenza prevista entro l’anno, per la vicenda della casa di Montercarlo.
Nel frattempo parla già come una sorta di padre nobile della destra. Un padre che può dare qualche scappellotto a chi sbaglia: «Non si confonde un’Aula con una piazza, Donzelli ha dimenticato di essereun autorevolissimo esponente del partito della presidente del Consiglio e il sottosegretario Delmastro dopo l’invito a tenere i toni bassi ha detto che il Pd si inchina alla mafia. Ma quell’appello valeva e vale sia per la maggioranza sia per l’opposizione».
Poi parole al miele per Meloni: «Non è fascista, è una donna di destra in gamba». E «non essendo fascista » non farà imposizioni sulla Rai: «Non è una sprovveduta. Meloni non manderà mai via l’amministratore delegato Carlo Fuortes, quest’ultimo è talmente debole che probabilmente a marzo o aprile, quando si riunirà il consiglio di amministrazione, rischia di non vedersi approvato il piano industriale. Perché la Rai in questo momento è una nave senza nocchiero».
(da La Repubblica)
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Febbraio 20th, 2023 Riccardo Fucile
LA CORRUZIONE COSTA A OGNI ITALIANO 3.900 EURO L’ANNO, LA MAFIA 680 EURO, L’EVASIONE FISCALE 1.680 EURO
L’incaglio è evidente e questa volta non bastano una manciata di parole di circostanza per cavarsela. Lo stop al Superbonus edilizio (anzi, meglio, le modalità dello stop al superbonus edilizio) conferma che il governo Meloni riesca fin da queste prime battute a dimostrarsi pasticcione. La decisione di bloccare le cessioni del credito delle agevolazioni fiscali è un cappio alla gola per le aziende.
Non funziona nemmeno la presidente del Consiglio Meloni che prova come sempre a buttarla sul populismo d’accatto: “il superbonus è costato 2mila euro a ogni italiano – dice -. Quando spende lo stato non è nulla gratis”. Verissimo. Solo che questo gioco di dividere le spese per il numero degli abitanti è molto pericoloso e si ritorce facilmente contro.
Quei 25 miliardi sono crediti decennali.
Ogni italiano, neonati inclusi, ha speso negli ultimi 24 mesi 275 euro in armi.
Solo l’anno scorso ogni in italiano, in 12 mesi, neonati compresi, ha speso 1680 euro per pagare l’evasione fiscale che questo governo senza troppe remore accarezza per ottenere voti.
Continuiamo: mentre le famiglie e le imprese italiane sono strozzate dall’aumento del gas gli extraprofitti di 9 mesi (solo 9 mesi) di Eni diviso per il numero degli italiani, neonati compresi, è di 285 euro a testa.
Le mafie? Costano 680 euro a italiano, neonati compresi.
La corruzione è stimata sui 230 miliardi all’anno. Diviso per ogni italiano, neonati inclusi? 3900 euro a testa.
C’è una differenza sostanziale che la presidente Meloni omette: a differenza di mafie e corruzione la ricaduta del superbonus in termini di creazione di lavoro e di sostenibilità ambientale è un guadagno che andrebbe sottratto al costo.
Ma qui non è in discussione una misura che, come tutte, è ovviamente perfezionabile. Qui si tratta di discutere di una modalità propagandistica che potrebbe funzionare al massimo in un programma per bambini, vista la sua inutile stupidità. Esattamente come le divisioni qui sopra.
Oggi il governo incontra le associazioni di categoria e ci vorrà molto di più di una semplice divisione per bambini per ottenere la fiducia delle imprese. Erano pronti, dicevano. Si vede.
(da lanotiziagiornale.it)
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Febbraio 20th, 2023 Riccardo Fucile
“È UNA STORIA D’AMORE. LA CONFESSIONE DI UN AMORE PER UN PAESE”
È scoppiata la guerra, Sean Penn si è messo l’elmetto, e il film è
diventato un’altra cosa. Improvvisamente razzi, sirene, blackout, morte. «Mi sono ritrovato in qualcosa che non avevo mai visto nella mia vita», dice la star americana, che alla Berlinale porta Superpower .
È il ritratto di Volodymyr Zelensky nell’immediata vigilia dell’invasione militare dell’Ucraina da parte di Putin, che Penn definisce «un criminale e un bullo». «Non è un film di guerra, ma una storia d’amore. La confessione di un amore per un Paese», dice Sean Penn
E se le dicessero che è un’opera di propaganda? «Ci sta, questa non è una guerra ambigua. Molti americani faticano a comprendere la natura del conflitto, sono nati in un Paese che ha l’eccezionalità nel suo Dna e tendono a minimizzare ciò che accade nel resto del mondo. Gli idioti devono capire che è un’invasione criminale. Spero che il mio documentario sia utile».
L’intenzione originaria era di tracciare la traiettoria dell’insolita carriera di Zelensky. Quando si sono conosciuti, il 23 febbraio dello scorso anno, il giorno prima dell’invasione, Zelensky era vestito in giacca e cravatta, con un abito da capo di Stato, al palazzo presidenziale. Il giorno dopo i primi missili russi sono caduti. Superpower , nato come progetto stravagante, era ora qualcosa di completamente diverso. «Da un giorno all’altro, Zelensky era un uomo completamente diverso, un eroe di guerra».
Sean Penn ha pensato a Davide e Golia, «il grande avversario e il piccolo parvenu. Ma Davide era agile e pronto a combattere in modo diverso. Davide è milioni di ucraini, Golia è centinaia di migliaia di russi, e non stanno vincendo questa guerra. Zelensky è un uomo di pace».
(da Corriere della Sera)
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