Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
PENSATE CHE TERRORISTI, AVEVANO INTENZIONE DI FARE SCRITTE SPRAY SULLA SEDE DELLA LEGA, IL REATO PIU’ GRAVE CONTEMPLATO DAL CODICE PENALE… PER NON DIRE DELLE RIUNIONI SEGRETE NEL PARCO PUBBLICO, TIPICO DI CHI HA QUALCOSA DA NASCONDERE
Sono indagati a Padova per associazione per delinquere i membri locali di Ultima Generazione, responsabili di volantinaggi e diversi blitz ambientalisti contro monumenti della città.
Contro gli attivisti si è mossa la Questura di Padova attraverso la Digos, già dal 2020: risale ad allora l’apertura del fascicolo, a seguito della prima perquisizione a casa di uno dei leader locali del gruppo. Un’indagine, riferisce ora l’Ansa, che lo scorso settembre – in piena campagna elettorale per le elezioni politiche – avrebbe permesso di impedire l’imbrattamento con vernice spray della sede regionale della Lega. A prevenire il blitz furono, si apprende ora, i pedinamenti effettuati dalla Digos ai danni degli attivisti, poi bloccati prima di poter passare all’azione dai carabinieri.
A far scattare le indagini della Digos nel 2020 furono, in particolare, alcuni manifesti appesi sulle vetrine di negozi del centro di Padova dall’altro collettivo ambientalista, Extinction Rebellion, in cui si puntava il dito contro i “grandi affari distruttivi” delle catene globali dell’abbigliamento.
Da allora, è la ricostruzione che filtra da ambienti della Questura, le indagini si sono in realtà concentrate sugli attivisti di Ultima Generazione (non è chiaro se coincidano in tutto o in parte sul piano locale i membri delle due associazioni), «anche monitorando riunioni periodiche tenute in un parco pubblico di Padova».
Tra le condotte illecite contestate ad Ultima Generazione si annoverano in particolare i blocchi alla circolazione stradale, il deturpamento o l’imbrattamento di immobili pubblici o privati con vernici, quando non di beni culturali.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
LA VERGOGNA DI VOLER ELIMINARE LA PROTEZIONE SPECIALE CHE ESISTE IN ALTRI 18 PAESI EUROPEI: VOGLIONO FAVORIRE LAVORO NERO, SFRUTTAMENTO ED EVASIONE FISCALE
«Rimandare indietro l’orologio al Siproimi, separando il circuito
dell’accoglienza dei richiedenti asilo da quello dei rifugiati, ha già prodotto negli anni scorsi- ricorda il coordinatore del Tavolo Asilo e Immigrazione Filippo Miraglia – un disastro nel sistema d’accoglienza, alimentando confusione, disagio sociale, emarginazione e conflitti. Ripristinare quella scelta significa non ascoltare le esigenze delle istituzioni locali, in particolare dei comuni e non considerare che non si può arrivare in Italia e in Europa per chiedere asilo legalmente. Preoccupazione anche per “l’obiettivo dichiarato da esponenti del governo di cancellare la Protezione Speciale. Nell’Ue sono 18 i Paesi che hanno una protezione complementare e senza di quella ci saranno decine di migliaia di persone irregolari in più. Aumenterà quindi il lavoro nero e lo sfruttamento e l’evasione fiscale e contributiva. Non c’è niente in queste scelte che sia nell’interesse del nostro Paese». Le associazioni del Tavolo asilo e immigrazione saranno in piazza il 18 aprile in tante città, a partire da Roma.
Anche l’Onu invita l’Italia a rivedere le norme che impediscono alle navi Ong di salvare vite in mare. Si abbandoni «la nuova e severa legge adottata all’inizio dell’anno che limita le operazioni civili di ricerca e soccorso e ad astenersi dal criminalizzare coloro che sono coinvolti nel fornire assistenza salva-vita» esorta l‘Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani Volker Turk. «Stiamo assistendo – sottolinea Turk – – ad un forte aumento del numero di persone disperate che mettono a rischio la propria vita cercando di attraversare il Mediterraneo. L’esperienza ci insegna che adottare una linea più dura per frenare la migrazione irregolare non impedirà le partenze, ma porterà invece a più sofferenze umane e morti in mare». Turk, si legge ancora sul sito dell’Onu, ha anche elogiato «gli sforzi della Guardia costiera italiana, che da venerdì ha salvato circa 2.000 persone».
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
ECCO I MOTIVI
Rimasta fuori dai due maxi emendamenti depositati ieri in Commissione Affari costituzionali al Senato, la questione della protezione speciale è finita in un altro emendamento che “la maggioranza di centrodestra sta depositando nell’ambito della conversione del decreto Cutro”, ha dett0 il sottosegretario al ministero dell’Interno Emanuele Prisco.
Si tratta di un sub-emendamento a quelli già depositati, che a questo punto verrà discusso in Aula a Palazzo Madama da martedì 18 aprile, quando il dl approderà in Parlamento. A vincere il confronto interno alla maggioranza sembra essere dunque la linea della Lega che persegue “l’azzeramento totale” della protezione speciale.
Quanto alla protezione speciale, va abrogata perché, ha spiegato Prisco, “è una scorciatoia per stare irregolarmente in Italia”. Di più, “una specie di sanatoria”, hanno dichiarato i firmatari del sub-emendamento, Pirovano, Lisei e Gasparri
Cos’è la protezione speciale?
Quando non sussistono i presupposti per riconoscere la protezione internazionale, ma la Commissione territoriale ritenga sussistano altri rischi in caso di rimpatrio dello straniero nel paese di origine, la Commissione trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per “protezione speciale”. Che viene riconosciuta quando il rimpatrio o l’espulsione possa comportare persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, o ci sia il rischio di essere rinviati verso altro Stato dove il soggetto non sia protetto dalla persecuzione. Si tratta inoltre di uno strumento proteggere le persone dall’estradizione verso Paesi in cui esistano rischi di tortura o trattamenti inumani o degradanti, tenendo conto anche dell’esistenza di violazioni sistematiche dei diritti umani. Così come modificato dalla legge 173/2020, che aveva riformato in parte i decreti sicurezza del primo governo Conte, l’istituto esclude l’allontanamento dal territorio nazionale se ciò comporta violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare. La questione dei vincoli familiari del soggetto, dell’effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno e dell’esistenza o meno di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine, sono tutti elementi dei quali l’amministrazione deve obbligatoriamente tenere conto. Almeno finché permane l’attuale assetto normativo che ora la maggioranza sembra intenzionata a scardinare.
I possibili effetti della riforma
L’estensione dell’istituto alla tutela dei diritti fondamentali dell’individuo protetti dalla Costituzione come da norme internazionali, che oggi comprendono il rispetto della vita privata e familiare, hanno permesso a molte persone straniere, che sono in Italia da anni, radicate e inserite socialmente, che hanno lavorato e costruito relazioni stabili di regolarizzare la propria presenza.
Se questo non sarà più possibile, la novità introdotta dalla maggioranza produrrà di fatto più irregolari, almeno nel breve periodo. Nel 2021 sono stati 7.092 i permessi per protezione speciale, una cifra quasi identica a quella della protezione internazionale, 7.383. Ma quest’anno le richieste per protezione speciale sono aumentate. A Milano, sono i dati appena diffusi dalla Questura, sono state più del doppio (+127%). “Dopo tanti discorsi sulla lotta a scafisti e trafficanti, le norme che il governo vuole introdurre vogliono colpire le vittime del traffico, negando la protezione anche a chi rischia la propria sicurezza e la vita nel caso venisse espulso”, commenta il segretario di +Europa, Riccardo Magi. Di scelta “irresponsabile e dannosa” parla Andrea Giorgis, capogruppo Pd in Commissione Affari costituzionali al Senato. Le opposizioni hanno depositato in Commissione ben 350 sub-emendamenti ai pacchetti depositati dalla maggioranza, sui quali si lavorerà da lunedì 17, alla vigilia dell’arrivo del dl Cutro in Aula.
Una norma a rischio di incostituzionalità
La protezione speciale gode di una copertura costituzionale (art. 10) e di una internazionale (art. 8 CEDU e art 18 Carta di Nizza) e la sua abrogazione non potrà che aumentare il contenzioso nei tribunali. “Lasciano la protezione speciale solo per gravi casi sanitari e catastrofi ambientali”, commenta l’esperto di migrazioni internazionali Gianfranco Schiavone, dopo aver letto il testo dell’emendamento depositato dalla maggioranza. “E’ chiaramente incostituzionale “, aggiunge.
E spiega: “Il testo sopprime i rimandi agli “obblighi di cui all’articolo 5, comma 6”, eliminando del tutto il rinvio agli obblighi costituzionali e internazionali che sono poi il perno della protezione speciale. Ma come già avvertì il Capo dello Stato Sergio Mattarella in merito ai decreti sicurezza di Salvini del 2018, gli obblighi rimangono”.
E allora? “Allora le persone vedranno respinta la richiesta, faranno ricorso e i tribunali daranno loro ragione senza che però ci sia più uno strumento e un tipo di permesso che si possa riconoscere. Dopo che avranno intasato i tribunali, cosa faremo di queste persone non è dato saperlo”. E chiude: “L’unico obiettivo mi pare quello di fare in modo che la loro vita diventi impossibile: è il male fine a se stesso”
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
ECCO PERCHÉ AVVERTE A PIÙ RIPRESE DELLA DEBOLEZZA DELL’ESERCITO “UFFICIALE” DI PUTIN, ARRIVANDO A SOSTENERE CHE LA “CONTROFFENSIVA UCRAINA AVRÀ SUCCESSO”
Il fondatore della milizia privata Wagner Yevgeny Prigozhin sta
creando le condizioni per sfruttare un eventuale fallimento militare russo se la prevista controffensiva ucraina avrà successo.
Lo scrive nel suo ultimo report il think tank statunitense Isw (Institute for the study of the war) riportando un discorso fatto ieri da Prigozhin. Prigozhin ha affermato che “la prossima controffensiva ucraina ha più probabilità di successo che di fallimento”.
E ha avvertito che un egoistico “Stato profondo” russo (che definisce come “una comunità di élite vicine allo Stato che operano indipendentemente dalla leadership politica e hanno stretti legami e una propria agenda”) è attualmente in crisi a causa degli insuccessi dell’esercito della Federazione nel garantire una vittoria in tempi rapidi.
Prigozhin ha accusato i membri di questo Stato profondo, inseriti nella burocrazia russa, di sabotare deliberatamente il successo russo nella guerra, perché cercano di riprendere la loro vita privilegiata e confortevole. Quindi ha affermato che questi “nemici interni” dello Stato profondo russo spingeranno il Cremlino a “fare gravi concessioni”, che equivalgono a “tradire gli interessi russi”, compresa la possibilità di restituire all’Ucraina il territorio ucraino occupato.
(da agenzie)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
I RIBELLI DEL DARFUR ATTACCANO IL PALAZZO PRESIDENZIALE, IL CAPO DELLO STATO BOMBARDA I RIVALI… AVVISATE I SOVRANISTI CHE POI DICONO CHE I MIGRANTI NON SCAPPANO DALLA GUERRA
C’era un tempo in cui in Sudan dominava incontrastato il generale Omar Hasan Ahmad al-Bashir. Nel 1993, con un colpo di Stato da lui orchestrato, si proclamò presidente della Repubblica. E lo rimase incontrastato fino al 2019, quando fu rovesciato a sua volta da proteste di piazza violente.
Da allora a Khartoum si sono susseguite una serie di elite più o meno legate all’esercito, una più fragile dell’altra fino ad arrivare all’instabilità odierna. Da un lato c’è il capo dell’esercito, Abdel Fattah al-Burhane, che governa il Paese dopo il putsch dell’ottobre 2021. Dall’altra il generale Mohamed Hamdane Daglo, numero uno delle Rsf, le Forze di supporto rapido, composte da ex miliziani della provincia ribelle del Darfur. Tra i due eserciti – quello governativo e quello ribelle – da stanotte sono scoppiati violenti scontri. Nella capitale è definitivamente esplosa una situazione tesa da mesi, causata dalla proposta di transizione, avanzata dagli Stati maggiori, verso un governo civile.
Le notizie sono ancora confuse. Il generale ribelle Daglo ha annunciato in mattinata di aver preso il controllo del palazzo presidenziale. Nel loro “comunicato al popolo”, il gruppo paramilitare composto da ex miliziani del Darfur afferma di controllare “il palazzo presidenziale, “l’aeroporto di Khartum”, oltre a diverse altre “basi in diverse province”. Informazioni rigorosamente smentite dai governativi: l’esercito assicura che si tratta di “bugie”.
Ma al tempo stesso le forze armate regolari affermano che in corso un bombardamento delle infrastrutture in mano nemica. Testimoni oculari riportano alla Bbc che ponti, strade e molte scuole sono stati chiusi nelle ultime ore. Sono stati segnalati anche scontri presso l’emittente televisiva di Stato. L’ambasciatore statunitense John Godfrey ha dichiarato di essersi “svegliato con un suono profondamente inquietante di spari e combattimenti”.
Anche l’ambasciata russa si è detta preoccupata per l'”escalation di violenza” e ha chiesto un cessate il fuoco, come riporta la Reuters. Gli scontri sarebbero stati detonati dai “Combattenti delle Forze di sostegno rapido, che hanno attaccato diversi campi dell’esercito a Khartoum e in altre zone del Sudan”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Afp il portavoce dell’esercito, il generale di brigata Nabil Abdallah. “Gli scontri sono in corso e l’esercito sta svolgendo il suo compito di salvaguardia del Paese”.
Gli Stati Uniti hanno rivolto un appello al Sudan affinché “cessino immediatamente tutte le violenze”. Lo ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in visita ad Hanoi. Dalla Farnesina, intanto, filtra timore per l’incolumità degli italiani nel Paese africano. L’Unita’ di crisi del ministero ha invitato i connazionali presenti a Khartum, a non lasciare le proprie abitazioni. “Sono in corso, nella giornata di sabato 15 aprile, scontri a fuoco a Khartum. L’aeroporto è stato chiuso e molte strade risultano bloccate”, si legge nell’aggiornamento sul sito Viaggiare sicuri, “ai connazionali al momento presenti, si raccomanda di non lasciare la propria abitazione ed esercitare massima prudenza”. Il ministro Antonio Tajani segue “con attenzione quanto sta succedendo a Khartoum” si legge in una nota della Farnesina. “La nostra Ambasciata, pienamente operativa, ha avvisato i connazionali di restare in casa. L’Unità di Crisi monitora gli sviluppi. Faccio un appello per il dialogo e a cessare le violenze”.
(da Huffingtonpost)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
LO SCETTICISMO OVVIAMENTE NON RIGUARDA SOLO LO SCARNO CURRICULUM, MA ANCHE LA SUA EFFETTIVA INDIPENDENZA NELLO SVOLGIMENTO DELL’INCARICO… IL PROCESSO PER ABUSO D’UFFICIO (DA CUI FU ASSOLTA) E LE SPESE ALLEGRE QUANDO DIRIGEVA L’AGENZIA DEL TERRITORIO
Cosa c’entra Gabriella Alemanno con la Consob? Nei corridoi
della Commissione che controlla la Borsa, si respira un certo scetticismo rispetto alla designazione della sorella dell’ex sindaco di Roma a nuova commissaria
C’è chi fa notare il curriculum non proprio aderente ai compiti previsti da ruolo: «È stata una dirigente di medio livello dell’Agenzia delle entrate, in passato al Demanio, con nessuna competenza in materia di mercati finanziari», è il ragionamento che provoca malumori. Accompagnati dai dubbi sulla sua effettiva indipendenza nello svolgimento del delicato incarico, «per il quale si è spesso oggetto di sollecitazioni esterne».
Ma le alzate di sopracciglio sono provocate anche dal sospetto che la scelta di Gabriella Alemanno sia dettata da logiche politiche, vista la storica militanza a destra del fratello Gianni. Un sospetto simile a quello suscitato dal recente ingresso nel consiglio di amministrazione di Ita Airways
La premier, comunque, ha puntato sul nome Alemanno per la Consob, avviando l’iter di nomina, che ora prevede il parere (obbligatorio, ma non vincolante) del Parlamento, con le commissioni Finanze di Camera e Senato che potrebbero anche decidere di convocare in audizione la commissaria designata. Poi, di solito nel giro di un paio di mesi, la proposta di nomina arriverà sul tavolo del presidente Mattarella, che deve firmarla, senza che in Consob abbiano alcuna voce in capitolo.
D’altra parte, non dovrebbero emergere incompatibilità, visto che Alemanno, 68 anni a luglio, dopo l’ultimo incarico da direttore regionale dell’Agenzia delle entrate in Campania, è andata in pensione. Per entrare in Consob, comunque, dovrà lasciare la poltrona nel cda di Ita.
Quanto alla presunta incompetenza, non è certo la prima polemica che affronta nella sua lunga carriera da funzionaria dello Stato. Dieci anni fa era stata anche indagata, e poi sotto processo, per abuso d’ufficio, accusata di aver fatto pressioni, in qualità di vicedirettrice dell’Agenzia delle entrate, per evitare a un’amica di pagare una quota di cartelle esattoriali da circa 80 mila euro. Una vicenda da cui è uscita assolta in tribunale.
In precedenza, quando dirigeva la vecchia Agenzia del Territorio, si era ritrovata nella bufera per aver esagerato con le spese di rappresentanza, strisciando la carta aziendale: oltre un milione e mezzo di euro tra pranzi, cene, regali e gioielli. Anche in quell’occasione, la signora Alemanno se l’era cavata senza conseguenze.
(da La Stampa)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
COSTO QUASI RADDOPPIATO MA NON C’E’ UN SOLO EURO STANZIATO… GLI ESPERTI LO BOCCIANO: PROGETTO INADEGUATO
Quello propagandato dal ministro Matteo Salvini è un Ponte sullo Stretto di carta. Non ci sono i soldi, come hanno messo nero su bianco i tecnici del ministero dell’Economia nel Def appena pubblicato. Costerebbe comunque quasi il doppio in più rispetto alle previsioni di dieci anni fa. Ma, soprattutto, nelle prime audizioni sul progetto alla Camera, le ennesime negli ultimi quarant’anni di chiacchiere sul Ponte, i docenti universitari ed esperti hanno smontato punto per punto la raodmap del leader della Lega.
Salvini con il decreto approvato in Consiglio dei ministri vuole far rivivere il vecchio progetto del gruppo Eurolink (oggi Webuild di Pietro Salini) per avviare i cantieri entro il prossimo anno: «Impossibile avviare i cantieri entro il prossimo anno, il progetto del 2012 è ormai vecchio, e anche se costruito sarebbe inutile per ridurre il traffico aereo e su nave vista la mancanza di qualsiasi progettazione di una vera linea veloce in Sicilia e Calabria», dicono i professionisti ascoltati in questi giorni nelle commissioni congiunte Ambiente e Trasporti. Un bluff che però serve al ministro per propagandare la grande opera e fare nel frattempo qualcosa di molto concreto: rimettere in piedi il carrozzone nato nel 1981 e chiuso dal governo Monti nel 2013, la società Stretto di Messina.
I tecnici del ministero dell’Economia nel Def appena approvato dal governo hanno fatto i conti sull’inserimento del Ponte tra le nuove opere strategiche per il Paese. L’infrastruttura resuscitata costerebbe non più circa 8,5 miliardi di euro, come aveva detto Salvini raffrontandone provocatoriamente la spesa al Reddito di cittadinanza per un anno. Ma 13,5 miliardi di euro, più un altro miliardo per le opere compensative a terra che dovranno realizzare Anas ed Rfi. Totale, quasi 15 miliardi.
Insomma, nemmeno si è ai nastri di partenza e già, per aggiornare i prezzi aumentati negli ultimi dieci anni, il progetto Webuild costa quasi il doppio.
L’Europa consente di approvare varianti senza fare nuove gare per un aumento di spesa del 50 per cento, qui siamo ben oltre. Ma in ogni caso di questi soldi non c’è traccia, come si legge nel Def. Dal ministero delle Infrastrutture fanno sapere che «è ovvio che manchi la copertura, questa sarà reperita con la legge di bilancio come sempre avviene per tutte le grandi opere». Ma se non interverranno i mercati o la Cassa depositi e prestiti, ipotesi entrambe altamente improbabili viste le cifre in ballo, difficile che nel bilancio si trovi la copertura pluriennale per questa grande opera.
In ogni caso anche se si dovessero trovare i soldi per magia i problemi sarebbero ben altri. E sono emersi in sede di audizioni alla Camera in questi giorni.
Ad esempio è stato ascoltato Federico Massimo Mazzolani, professore emerito di Tecnica delle costruzioni all’Università Federico II di Napoli, che ha smontato il progetto: «Dovete sapere che oggi nel mondo i ponti più lunghi a campata unica hanno una lunghezza di 1,6 chilometri, si trovano in Danimarca e Giappone e vi passano solo le auto: perché nessuno ha voluto far passare i treni visto il peso aggiuntivo e il rischio dovuto alle oscillazioni. Per quanto riguarda la lunghezza in generale, il ponte stradale più lungo è di due chilometri e quello ferroviario è di 1,4 chilometri e si trova sul Bosforo. Noi dovremmo arrivare a costruire un Ponte entro il 2029 e per misure doppie rispetto ai ponti esistenti: un avanzamento che non avrebbe pari nella storia».
Il professore Francesco Russo, ordinario di Ingegneria dei trasporti all’Università Mediterranea di Reggio Calabria ha aggiunto: «Occorre fare di nuovo la verifica di sostenibilità e del progetto. Ma a questo punto c’è un problema: le nuove norme sul piano economico e finanziario prevedono condizioni precise. Ad esempio quelle dei ricavi complessivi dal pedaggio e della sostenibilità ambientale riducendo fonti di inquinamento. Ma rispetto a dieci anni fa, quando si parlava di alta velocità in Sicilia e Calabria, per ridurre l’utilizzo di navi e aerei altamente inquinanti, la situazione è cambiata».
Il professore Russo quindi conclude: «In Sicilia si sta facendo una operazione incredibile che va nella direzione opposta al Ponte: la nuova linea ferroviaria Catania-Palermo alla fine collegherà le due città in due ore e con intere parti a binario unico. In Calabria invece il progetto attualmente presentato aumenta i chilometri di rete ferroviaria e non ad alta velocità. Una follia. Con il Ponte ci vorrebbero comunque quasi nove ore da Palermo a Roma. In soldoni forse potrebbe convenire ai messinesi prendere il treno per andare nella Capitale, non certo al resto della Sicilia».
Davvero quindi si sta parlando al momento di un ponte di carta e comunque inutile.
(da La Repubblica)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
A PAROLE CONTRO L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, POI IL GOVERNO LA FA AUMENTARE
Ridurre la protezione umanitaria non ridurrà gli sbarchi. Come
si è visto all’epoca dei primi decreti Salvini cui ora si sta tornando senza aver imparato nulla, aumenterà soltanto il numero di chi diventerà clandestino, fuori dai percorsi di integrazione, esposto ad ogni forma di sfruttamento e di illegalità, ma anche fuori da ogni forma di controllo e monitoraggio. Così come l’aumento delle pene per gli scafisti, per altro senza distinzione tra coloro che lo fanno di professione e coloro cui viene messo in mano il timone perché si arrangi a portare i propri compagni a destinazione, non diminuirà gli sbarchi e neppure scalfirà gli affari di chi lucra sul traffico di essere umani senza rischiare la vita in traversate su mezzi di fortuna.
Anche se fosse vero che la protezione internazionale non sempre porta ad una effettiva integrazione, come sostiene il governo per giustificare la decisione, ciò non elimina il dovere della protezione a chi nel proprio Paese rischia la vita. Piuttosto dovrebbe imporre di lavorare di più e meglio per favorire l’integrazione, uscendo da un approccio puramente emergenziale, invece accentuato da questo governo. Bisognerebbe rafforzare le forme di accoglienza diffusa, di piccoli gruppi, accorciando i tempi della permanenza nei centri di prima accoglienza, spesso in condizioni indecenti. Invece, come hanno anche di recente denunciato alcuni Comuni a proposito dei minori non accompagnati (che hanno per principio diritto alla protezione), si continua a favorire la concentrazione in pochi Comuni, sovraccaricandoli di responsabilità e rendendo difficili le attività di integrazione. Il sistema Sprar dell’accoglienza diffusa è stato fortemente ostacolato dai partiti attualmente al governo, è stato di fatto smantellato all’epoca dei primi decreti Salvini.
È davvero paradossale che un governo che ha nel contrasto all’immigrazione clandestina uno dei punti centrali della propria agenda, faccia di tutto per aumentarla, contemporaneamente ledendo i diritti umani di persone, inclusi molti minorenni, in condizione di forte vulnerabilità. Non abbiamo avuto dubbi nell’accogliere profughi ucraini in fuga dalla guerra. Perché dobbiamo negare una analoga protezione a chi fugge da guerre civili, persecuzioni politiche, forti limitazione della libertà nel proprio Paese e anzi pretendiamo di rimandarlo proprio là da dove è fuggito? È ipocrita condannare chi rapisce le ragazze che vanno a scuola in Nigeria, o costringe i bambini a fare i soldati, chi impone in Afghanistan un regime truce e misoginia, chi in Iran, pur di mantenere il potere, imprigiona e uccide in massa i dissidenti – per citare solo alcune delle società violente e nemiche dei propri abitanti – per poi negare protezione a coloro che sono riusciti a fuggire.
(da La Stampa)
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Aprile 15th, 2023 Riccardo Fucile
“ORA POSSO INSEGUIRE I MIEI SOGNI”
«Ora, con il permesso di soggiorno, mi considero legale. Ho finalmente i documenti che mi consentono di inseguire i miei sogni»: così ha esultato Salaheddine El Kharraz, di origini marocchine, alla vigilia del suo ventiseiesimo compleanno.
Laureato in ingegneria elettrica, lavora come imbianchino. Il suo nome è divenuto famoso per gli abitanti di Andorno Micca, nel Biellese, dopo che lo scorso maggio ha salvato un ragazzino da un incendio. Adesso, racconta Repubblica Torino, ha ricevuto un riconoscimento ufficiale: un permesso di soggiorno per protezione speciale, della durata di due anni. Una dimostrazione di riconoscenza per il suo gesto affrontato «con grande coraggio e spirito di altruismo», ha spiegato il questore di Biella, Claudio Ciccimarra, durante la cerimonia dei 171 anni di fondazione della Polizia.
Il salvataggio
Il riferimento è a quanto accaduto la scorsa primavera: Salaheddine aveva appena finito di pregare, quando sentì un botto. Poi, le urla di una donna, che chiedeva aiuto: si era buttata dal balcone per sfuggire alle fiamme che divampavano nel suo appartamento (riportando contusioni non gravi). Ma suo figlio era rimasto in casa. Successivamente i carabinieri ricostruirono che ad appiccare l’incendio e a chiuderli nell’abitazione fu il compagno di lei, Federico Oddi.
Sarebbe potuto succedere il peggio, se non fosse intervenuto Salaheddine: il ragazzo intervenne senza esitazioni e riuscì a portare il tredicenne fuori dalle stanze infuocate. Poi staccò la corrente e cercò eventuali bombole. A quel punto vide che c’era ancora l’uomo in casa e portò delle coperte bagnate.
Un’operazione che però ha ancora degli strascichi sulla sua salute: «Ricordo ancora quegli attimi, avevo un tutore perché mi ero appena operato al ginocchio, feci degli sforzi per cui ancora sento dolore. Ripenso anche ai miei vestiti che bruciavano nella casa in cui ero ospite dai miei amici, coinvolta dall’incendio. E ancora soffro per la mancanza di respiro, era molto caldo lì dentro», ha raccontato mostrando l’inalatore portatile che ha sempre con sé.
Ieri, 14 aprile, Oddi è stato condannato a 9 anni di carcere dal gip di Biella Valeria Rey per tentato omicidio e incendio doloso. Nello stesso giorno, Salaheddine ha riacceso la sua fiducia nel futuro: «Mi sono sposato cinque mesi fa ma ancora non abito insieme a mia moglie, ora mi sto appoggiando da un mio amico finché non troviamo una sistemazione. Adesso sogno un lavoro con contratto a tempo indeterminato e una casa dove vivere con lei».
(da Open)
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