Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA È RIMASTO FERITO A UNA SPALLA, MA NON È IN PERICOLO DI VITA. NON CE L’HA FATTA IL SUO “FIXER”, BOGDAN BITIK, CHE LASCIA UNA MOGLIE E UN FIGLIO… ZUNINO: “ERA UN MIO GRANDE AMICO. NON ERAVAMO IN UNA ZONA DI COMBATTIMENTO. AVEVO IL GIUBBOTTO CON LA SCRITTA ‘PRESS’”
Il nostro inviato Corrado Zunino e il suo fixer Bogdan Bitik sono stati vittime di un agguato, molto probabilmente di cecchini russi, alle porte di Kherson, nel Sud dell’Ucraina. Bitik purtroppo non ce l’ha fatta ed è morto: lascia la moglie e un figlio. Corrado, ferito a una spalla, è ricoverato all’ospedale civile di Kherson.
“Abbiamo passato tre check-point, Bogdan ha parlato con i militari ucraini e ci hanno fatto passare senza problemi. Non era una zona di combattimenti. Poi siamo stati colpiti, ho sentito un sibilo e ho visto Bogdan a terra, non si muoveva, ho strisciato fino a togliermi dalla fila del fuoco. Ho corso fino a quando non ho incrociato un’auto di un civile. Ero pieno di sangue, mi sono fatto portare fino all’ospedale di Kherson. Ho quattro ferite ma sono stato curato perfettamente. Ho provato più volte a chiamare Bogdan, non rispondeva. Era un mio grande amico, è una sofferenza atroce”, ci ha raccontato Corrado al telefono.
I due viaggiavano facendosi chiaramente riconoscere come giornalisti. “Avevo il giubbotto con la scritta Press”, ci ha detto Corrado. Dalle foto si vede che dal lato anteriore del giubbotto, ora sequestrato dalla polizia, è stato estratto da un proiettile.
(da La Repubblica)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
L’AUMENTO DEI PREZZI NON È DOVUTO SOLO ALLA GUERRA IN UCRAINA E LE CHIUSURE PER IL COVID, MA ANCHE E SOPRATTUTTO PER VIA DELLA BREXIT
“Cari britannici, rassegnatevi a essere più poveri”. Scatenano un
putiferio le parole franche ma spietate di Huw Pill, capo economista della Banca di Inghilterra, in un podcast per la Columbia University. I tabloid sono furiosi, ma anche i giornali progressisti e di sinistra tradiscono indignazione per quello che gli inglesi non si azzarderebbero mai a fare: rassegnarsi a un tenore di vita più basso degli ultimi anni, o peggio a una decadenza, nello specifico a causa dell’inflazione rampante e della crisi energetica derivante dall’aggressione russa in Ucraina.
Da mesi la linea della Banca d’Inghilterra è una: i lavoratori devono accettare stipendi più bassi per limitare la corsa e i danni dell’inflazione, che nel Regno Unito è ancora sopra il 10% e per i prodotti alimentari sfiora addirittura il 20 (19,2%), ai massimi da 45 anni. Il capo economista argomenta così: “Adeguare gli stipendi al costo della vita crescente, in un contesto del genere, alimenta la spirale dell’inflazione. Se continuiamo con questo gioco dello “scaribarile” tra aziende e lavoratori, torneremo molto più lentamente alla normalità e l’inflazione farà sempre più danni alle famiglie britanniche. Purtroppo”, ha continuato Pill, “dobbiamo accettare un fatto: noi importiamo il 40% di gas naturale dall’estero, la cui quotazione è schizzata negli ultimi mesi, mentre esportiamo soprattutto servizi, che invece non hanno visto incrementi cosi alti. È matematica: non possiamo ignorare tutto questo”.
Ma i prezzi, soprattutto quelli di frutta, verdura e carne, potrebbero salire ancora di più per i britannici nei prossimi mesi, in questo caso direttamente a causa della Brexit .Sinora, a differenza dell’Europa nei confronti della merce dal Regno Unito, Londra ha desistito e ha lasciato frontiere libere a frutta, verdura e carne come se appartenesse ancora al mercato unico Ue, principalmente per due motivi: non c’erano le risorse doganali per metterli a punto e per evitare ulteriori contraccolpi all’economia menomata dal Covid e dalla Brexit stessa.
Ora, però, la realtà chiama. Quindi il Regno Unito completerà il distacco dell’addio alla Ue anche per quanto riguarda i controlli doganali in entrata. Ma aziende e associazioni della catena di distribuzione alimentare britannica sono già fortemente preoccupate: Londra importa oltre il 30% di frutta e verdura dalla Ue. Secondo “Politico”, i costi dei nuovi controlli degli alimenti dall’Europa ammonteranno a supplementari 400 milioni di sterline (oltre 450 milioni di euro), con fino a 50 euro di tasse in più per ogni spedizione.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
ZELENSKY INCASSA L’ASSIST: SUBITO UN AMBASCIATORE IN CINA
«Ho avuto una lunga e significativa telefonata con il Presidente della Cina Xi Jinping». È quanto annunciato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un tweet. «Credo che questa telefonata, così come la nomina dell’ambasciatore dell’Ucraina in Cina, darà un forte impulso allo sviluppo delle nostre relazioni bilaterali», ha concluso il presidente ucraino. Il portavoce di Zelensky, Sergiy Nykyforov, ha dichiarato su Facebook che la prima telefonata tra i due leader «è durata quasi un’ora». A confermare la telefonata tra i leader dei due Paesi è intervenuta anche la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, che ha comunicato che la Cina invierà «un rappresentante speciale del governo per gli Affari eurasiatici in Ucraina e in altri Paesi per avere una comunicazione approfondita con tutte le parti sulla soluzione politica della crisi ucraina». La portavoce Chunying ha infine concluso che «la Cina continuerà a sostenere l’Ucraina sul fronte dell’assistenza e del sostegno umanitari». Durante il colloquio telefonico tra i due leader, il presidente Xi ha sottolineato che «il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale è la base politica delle relazioni Cina-Ucraina». Subito dopo la telefonata, il presidente ucraino ha nominato Pavel Ryabikin ambasciatore dell’Ucraina presso la Repubblica popolare cinese. L’Ucraina, infatti, non aveva nessun rappresentate diplomatico in Cina dal febbraio 2021.
Il colloquio telefonico tra Xi Jinping e Zelensky
Secondo quanto riferito dall’emittente statale cinese Cctv, il presidente Xi avrebbe comunicato a Zelensky che «il dialogo e i negoziati di pace sono la sola via d’uscita» dal conflitto con la Russia. Il presidente cinese ha sottolineato a Zelensky anche che la Cina «è sempre stata dal lato della pace», aggiungendo che «l’obiettivo fondamentale» della Cina è quello di «promuovere colloqui per la pace». Xi, inoltre, avrebbe affermato che la Cina «non aggiungerà benzina al fuoco, né approfitterà della crisi per trarne profitto». Ma non solo. Il presidente cinese ha sottolineato che «il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale», contenuto nel piano di Pechino per la pace tra Russia e Ucraina e presentato lo scorso marzo, «è la base politica delle relazioni Cina-Ucraina, che attraversato 31 anni di sviluppo e raggiunto il livello di partenariato strategico». Stando a quanto riportato dall’emittente statale cinese, il presidente Xi ha aggiunto di aver espresso apprezzamento per «la ripetuta enfasi del presidente Zelensky sullo sviluppo delle relazioni e della cooperazione con la Cina, e ringrazio l’Ucraina per aver fornito grande assistenza all’evacuazione dei cittadini cinesi nel 2022».
Come si è arrivati alla telefonata
In precedenza, il presidente cinese Xi Jinping si era detto pronto a sentire Zelensky dopo la visita in Cina del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Dopo il viaggio in Cina con al centro la guerra in Ucraina, come dichiarato dalla presidente della Commissione Ue, il presidente Xi Jinping si era detto disponibile a parlare con Zelensky: «È stato interessante sentire che il presidente Xi ha ribadito la sua disponibilità a parlare, quando i tempi e le condizioni saranno le più opportune». Al contempo, su impulso dell’Eliseo, il presidente Xi aveva dichiarato: «La Cina insiste nel promuovere i colloqui di pace e una soluzione politica, esprimendo la disponibilità a collaborare con la Francia per invitare la comunità internazionale a mantenere una moderazione razionale ed evitare di intraprendere azioni che possano aggravare la crisi o portarla fuori controllo». Nei mesi scorsi il presidente ucraino ha espresso la volontà di interfacciarsi con il suo omologo cinese.
Il piano di Pechino per la pace tra Russia e Ucraina
La Cina, lo scorso febbraio, aveva presentato un piano per la pace tra Russia e Ucraina articolato in 12 punti, con tre condizioni fondamentali per raggiungere la de-escalation nel conflitto e dare il via ai negoziati di pace: il cessate il fuoco, il no all’uso di armi nucleari e il no agli attacchi alle centrali atomiche. Nel documento Pechino si dichiarava «neutrale» nel conflitto, e sollecitava le parti ad avviare negoziati di pace. Il primo punto del piano prevede che «la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi devono essere sostenute». In secondo luogo, Pechino ha invitato Russia e Ucraina a riprendere i colloqui di pace, sottolineando che «il dialogo e il negoziato sono l’unica soluzione praticabile». E ancora: «La comunità internazionale dovrebbe rimanere impegnata nel giusto approccio per promuovere i colloqui per la pace, aiutare le parti in conflitto ad aprire la porta a una soluzione politica il prima possibile e creare le condizioni e le piattaforme per la ripresa dei negoziati». Un piano che è stato accolto con alcune perplessità da parte della comunità internazionale, e in particolare dalla Nato. Tant’è che il numero uno dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, dichiarò che il piano della Cina «non è molto credibile», perché Pechino «non ha mai condannato l’invasione illegale dell’Ucraina». E, prima della telefonata di oggi, molti diplomatici ed esperti avevano espresso lo stesso scetticismo sulla neutralità di Pechino, a causa del mancato confronto tra Zelensky e il presidente Xi, che invece ha incontrato il presidente russo Putin lo scorso 20 marzo. In quell’occasione, il presidente russo dichiarò che «Mosca guarda con interesse al piano di pace» proposto da Pechino.
(da Open)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
I DUE, CHE DICONO PESTE E CORNA DI PUTIN, SMENTISCONO (PER PAURA DI ESSERE “SUICIDATI”?)… NELLA TELEFONATA SI PARLA DI UNA GUERRA CIVILE IN RUSSIA: “LE PERSONE SI UCCIDERANNO A VICENDA PER LE STRADE DI MOSCA. È SOLO UNA QUESTIONE DI TEMPO, STA CROLLANDO TUTTO”
Se la conversazione è autentica – come molti indicatori lasciano
credere, e come sostengono e scrivono gli osservatori russi indipendenti che abbiamo consultato –è un altro devastante capitolo della lotta intestina nelle élite russe, che ormai non credono più a Vladimir Putin e, non potendolo dire pubblicamente, parlano tra loro.
Tanto. Disperatamente. Un nuovo impressionante leak (rivelato del progetto investigativo russo “Sistema”) svela il dialogo tra due uomini che sembrano essere il miliardario Roman Trotsenko (un uomo vicinissimo a Igor Sechin, il boss di Rosneft), e l’uomo d’affari Nikolai Matushevsky.
I due che parlano al telefono discutono della guerra, organizzano la partenza dei loro parenti dalla Russia e dicono quello che pensano sulle autorità del paese. «Non esiste il concetto di un domani. Moriranno [dannazione], a un certo punto nel tempo, e non lasceranno nulla dietro. Sarà solo un deserto bruciato», dice un uomo con una voce simile a quella di Trotsenko, che è una delle persone più ricche di Russia.
Trotsenko e Matushevsky hanno definito la registrazione un falso. Matushevsky ha detto ai giornalisti di “Sistema” «penso che sia un falso o uno stupido scherzo di qualcuno che usa l’intelligenza artificiale». […]
I due interlocutori prevedono scenari da guerra civile, come già fecero – in un altro precedente leak – l’oligarca Akhmadov e il produttore musicale Iosif Prigozhin, di cui La Stampa aveva dato conto in anteprima. «Le persone si taglieranno a vicenda per le strade di Mosca», dice il presunto Trotsenko.
«Sfortunatamente, la Russia, che amiamo così sinceramente, è finita nelle grinfie di uno stronzo». «Le persone si uccideranno a vicenda per le strade di Mosca. È solo una questione di tempo». E il suo interlocutore raddoppia, dice di aver visto di recente un video con il taglio degli auguri di Capodanno dei presidenti, «a partire da Eltsin […] fino all’ultimo, quando questo deficiente non è sullo sfondo dell’albero di Natale, come sempre, ma i militari». «Come può vivere una nazione in cui l’unica ideologia è che un ristretto gruppo faccia soldi e mantenga il potere?».
Trotsenko è considerato una delle “casse” del capo di Rosneft Igor Sechin, dal 2012 al 2015 fu il capo della filiale di Rosneft in Svizzera, è uno degli uomini più ricchi di Russia (in questo momento 38esimo, con 3,8 miliardi di dollari di patrimonio), e Nikolai Matushevsky è il creatore di spazi artistici importanti e alla moda, Flakon e Khleb-zavod, a Mosca.
Lo sfondo della conversazione, che avrebbe avuto luogo all’inizio di gennaio 2023, è di estrema confidenza. I due si chiamano con diminutivi affettuosi – Kolya e Roma – discutono delle vacanze a Bali, “Kolya” dice a “Roma” che ci sono molti investitori lì e che è un posto da tenere in considerazione in tutti i sensi: «Recentemente, è stato davvero difficile per me in Russia, ho capito che qualcosa non andava, non è bello stare lì»
(da la Stampa)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
I MERCATI SONO CERTI CHE I NON ADEMPIMENTI DEL GOVERNO SUL PNRR FARANNO AUMENTARE LO SPREAD, MENTRE MADRID DÀ PIÙ FIDUCIA PERCHÉ HA ADEMPIUTO A TUTTE LE REGOLE DI BRUXELLES… SE L’ITALIA VIENE DECLASSATA E PERDE L’INVESTMENT GRADE, IL COSTO DEL DEBITO POTREBBE DIVENTARE INSOSTENIBILE
Dopo Goldman Sachs, Moody’s. Il rating dell’Italia è a rischio, si sottolinea. A un passo dal livello “junk”, ovvero spazzatura. E c’è la possibilità di un declassamento il prossimo 19 maggio. A preoccupare è l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma anche la crescita anemica e i maggiori costi di finanziamento, come rimarcato dall’agenzia di rating statunitense. Su quest’ultimo punto, si sottolinea, incidono i rialzi dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea (Bce). Che continueranno, e che metteranno sotto pressione i titoli di Stato italiani. Che dovranno essere emessi a tassi più significativi di quelli dell’ultimo decennio.
La perdita della fiducia sull’Italia può materializzarsi. Se è vero che S&P Global Ratings, la maggiore agenzia di rating mondiale, non ha toccato il giudizio sull’Italia venerdì scorso, è altrettanto vero che la collega Moody’s ha lasciato intendere che nulla è scontato quando si parla di Italia. Non è un caso che l’agenzia newyorkese abbia ricordato, a pagina 8 del suo rapporto di ieri, quanto sia precaria la situazione italiana. Sei righe e due grafici, uno su disavanzo e debito pubblico e uno sulla crescita del Pil, per definire una situazione che rischia di deragliare. Netto il giudizio, che sa più di sentenza: «L’Italia è attualmente l’unico Paese sovrano con rating Baa3. I timori dei mercati, tuttavia, non si sono ancora materializzati in azioni concrete. La raccomandazione di Goldman Sachs potrebbe diventare realtà, ma per ora non ci sono state fluttuazioni di rilievo sullo spread fra Btp e Bund, che resta sotto quota 190 punti base.
Guardando i numeri del Documento di economia e finanza, spiega Pagani, c’è un quadro considerato come «realistico», anche se la crescita del Pil all’1 per cento è definita «ambiziosa» ma allo stesso tempo «non è irrealizzabile». Alla luce di questo, fa notare, «il sentimento fra gli operatori economici è ancora positivo, anche se si comincia a vedere un rallentamento». Piuttosto, rimarca, «bisogna guardare al saldo primario, che attualmente è negativo».
Un impatto potrebbe esserci dai rialzi dei tassi. «È pacifico che l’Italia sia vulnerabile alla normalizzazione della politica monetaria», hanno sottolineato gli analisti di Citi. I quali hanno consigliato a loro volta di assumere un atteggiamento cautelativo sul debito del Paese. Specie perché si avvicina il prossimo incremento del costo del denaro. “I dati attuali indicano che si dovrebbe alzare i tassi il 4 maggio, questo non è ancora il momento giusto per smettere di aumentarli», ha evidenziato il capo economista della Bce, Philip Lane, in una intervista a Le Monde. Uno scenario, quasi inevitabile, che potrebbe mettere ancora più pressione a Roma.
(da La Stampa)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
IL LORO COMPITO DOVREBBE ESSERE QUELLO DI PROVARE A CAMBIARE LA NARRAZIONE DEL PRESENTE, ALTRIMENTI SI DEFINISCANO REAZIONARI
Diventare un grande partito liberal-conservatore: sembra essere
questo l’obiettivo di medio termine che si prefigge Giorgia Meloni in vista delle elezioni europee del prossimo anno.
Un partito, cioè, capace di proporsi due traguardi ambiziosi. In Italia occupare non più una posizione di destra ma di destra-centro, e dunque presidiare un’area (quella di centro appunto) abbastanza consistente elettoralmente e politicamente strategica; in Europa cercare di diventare protagonista di una nuova maggioranza tra i popolari e il variegato universo delle destre continentali.
Preliminarmente, tuttavia, bisognerebbe forse rispondere a una domanda: che cosa deve e/o può proporsi oggi di conservare un partito conservatore per essere fedele al suo nome?
E come mai ogni volta che qualcuno si mette a difendere ad esempio valori riconducibili alla formula Dio-Patria-Famiglia — valori dopo tutto pur meritevoli di qualche attenzione — come mai però una tale difesa non solo cade regolarmente nel vuoto, non sposta nulla, ma mostra sempre un che di goffo e di stantio meritandosi l’ironica noncuranza della stragrande maggioranza dell’opinione pubblica?
Perché, insomma, una posizione conservatrice appare specialmente in Italia sempre fautrice di un che di retrivo, di ottusamente legato al passato?
La risposta è facile: perché nella società italiana il pensiero dominante è portato a giudicare sempre e comunque positivo ogni cambiamento, a salutare con soddisfazione ogni distacco da pratiche e principi del passato. Perché qui da noi occupa una posizione egemonica una narrazione progressista nella quale si riconosce la stragrande maggioranza della comunicazione, dei media e della cultura che ha più voce, inclusa quella cattolica.
Ma il punto è che i tempi sono in straordinario e rapidissimo mutamento, e tutto ciò che ci siamo abituati finora a pensarne è sul punto di rivelarsi irrimediabilmente superato. Il progresso scientifico-tecnico che continua a conseguire successi mirabili sul piano, ad esempio, medico-farmacologico è però lo stesso progresso che con la robotica e l’Intelligenza artificiale già oggi minaccia di sconvolgere e annichilire interi universi di senso, modelli di azione, capacità, emozioni, intorno alle quali da millenni è venuto costruendosi la nostra soggettività e insieme il modo d‘essere delle nostre società. Mille segni indicano insomma che vacilla il convincimento finora incontrastato che il progresso tecno-scientifico debba necessariamente dar luogo a una vita più soddisfacente per il maggior numero, vale a dire al progresso sociale, a qualcosa che si possa ancora definire in questo modo. Appare sempre più probabile, all’opposto, che quel progresso sta mettendo capo a un mondo duramente gerarchizzato nelle competenze e nel lavoro, sempre più dominato dall’ineguaglianza, nella sostanza antidemocratico.
Su noi europei in specie incombe un’età della incertezza e forse del pericolo. La denatalità inarrestabile, la dipendenza nel campo dell’energia e di molte materie prime, l’insicurezza strategico-militare e un diffuso senso d’irrilevanza nelle cose del mondo, la crescente difficoltà dei sistemi di welfare e l’aumento delle ineguaglianze, la paralisi nella costruzione politica dell’Ue accompagnata dall’emergere di importanti linee di frattura al suo interno: tutto contribuisce all’indebolire la speranza che il domani sarà migliore dell’oggi. In molti abbiamo la sensazione di un progressivo abbassamento degli standard nell’ambito dell’istruzione, della qualità della vita urbana e delle relazioni sociali, dell’intrattenimento.
Anche per chi non crede, infine, è difficile non chiedersi quali e quanti legami con il nostro passato culturale, con il nostro essere emotivo più profondo, sta recidendo la virtuale decristianizzazione del continente, la quale ormai si annuncia insieme al sempre più probabile prevalere in un prossimo futuro di fedi diverse da quella cristiana.
Ma dalla grande massa degli abitanti delle nostre società questo insieme di motivi d’incertezza e di sconvolgimento è ancora vissuto in modo frammentario e parziale, giorno per giorno, senza che se ne riesca ad avere il senso preciso della direzione complessiva. Anche perché il pensiero progressista egemone, pur sostanzialmente messo fuori gioco dalla crisi che sta investendo il suo retroterra, tuttavia ancora riesce a mistificare e occultare la portata di quanto sta accadendo.
Ebbene, di fronte al panorama ora descritto il compito primo di un partito conservatore mi sembra che non debba certo essere quello di cercare di riportare in vita istituti e principi ormai morti perché figli di un’altra epoca (questo è semmai il mestiere dei reazionari). Al contrario, il suo compito dovrebbe essere quello di provare a cambiare la narrazione del presente sottraendolo per l’appunto ai tracciati convenzionali, alle vulgate progressiste, e mostrandone invece la realtà altamente problematica, spesso irrealistica. Mostrando i contenuti negativi, le questioni drammatiche che tale realtà pone già oggi, le conseguenze negative a cui stiamo andando incontro a causa di scelte dettate in passato da un’eccessiva fiducia nelle «magnifiche sorti e progressive».
Oggi conservare non vuol dire in alcun modo restaurare alcunché, tornare al passato. Vuol dire invece cambiare il punto di vista sul presente: per conservare un futuro nel quale sia ancora possibile riconoscersi.
Ernesto Galli della Loggia
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
L’AD ENIT FEDELISSIMA DEL MINISTRO… TANTI FONDI E POCO PERSONALE… IL PORTALE DA 114 MILIONI CON TRADUZIONI COMICHE
“Open to meraviglia”, lo spot del ministero del Turismo con la “Venere influencer”, ha messo d’accordo tutti. Criticato da Stefano Accorsi (“ma ve la facevo io la pubblicità!”), da Dario Nardella, da Chiara Ferragni – utilizzata a sua insaputa come modello per la foto-copertina della campagna, sul lago di Como -, da politici, dai tecnici.
Deriso per l’uso dell’inglese, per gli account Twitter, Facebook, YouTube registrati da altri, per il dominio web dello slogan principale non registrato, per le foto inviate via WhatsApp, e perché alcune immagini dello spot si riferivano alla Slovenia. La ministra Daniela Santanchè ha risposto alle critiche: “Abbiamo utilizzato strumenti e linguaggi vicini ai giovani”.
Ma i “giovani” da giorni ne ridono sul web con meme a tema. Come si è arrivati al disastro “Open to Meraviglia”?
L’investimento sulla campagna è noto: 9 milioni di euro, spesi per farla arrivare in tutti “gli aeroporti, le fiere, le televisioni del mondo”. La campagna è a cura del gruppo Armando Testa, che non ha mai risposto alle nostre domande su genesi e costi. Enit, invece, ci spiega di aver pagato 138 mila euro al gruppo per la “creatività”. I 9 milioni erano in realtà stati stanziati l’anno scorso con un bando per “concessione di contributi” per migliorare la “comunicazione digitale e l’attrattività del Sistema Paese”: prevedeva decine di progetti diversi.
Ma dopo la nomina della commissione giudicante, a giugno 2022 – composta di persone senza competenze in pubblicità e comunicazione – scompare dal sito web del ministero per ricomparire venerdì scorso, con una maxi campagna globale. Qualcosa è andato storto.
A promuovere la campagna è Enit, agenzia nazionale per il turismo, che ha cambiato forma tre volte in meno di 20 anni e tre amministratori delegati in meno di due. Ora è guidato da Ivana Jelenic, rapporto assai saldo con la ministra, proprietaria di un’agenzia viaggi nel Perugino con zero dipendenti e presidente della Fiavet, l’associazione delle agenzie di viaggio fisiche.
Non proprio un’esperta di big data né di grosse campagne social. Nomina a sorpresa: preceduta da Roberta Garibaldi, in carica per 18 mesi, che a sua volta sostituiva Giuseppe Albeggiani, rimasto in carica solo 3 mesi e 21 giorni e poi ha fatto causa ottenendo un risarcimento per danno d’immagine e mancati guadagni.
Cambi continui che colpiscono il poco personale presente, meno di 50 persone in Italia, per un costo annuo di meno di 3 milioni sui 30 totali di finanziamento statale annuo, a cui vanno aggiunti sostanziosi avanzi di cassa del biennio Covid: l’instabilità dell’istituto – che con il decreto Pnrr Santanchè punta a trasformare per l’ennesima volta, in una s.p.a. – era il contesto perfetto per un errore. Enit al Fatto spiega che “stimolare il confronto e la vitalità è uno degli obiettivi della comunicazione” e che “la strategia di promozione social, che ha come fine principale quello di convogliare e sviluppare traffico sul portale Italia.it, non è stata frutto di casualità, ma di una pianificazione studiata”.
Lo diceva prima che Italia.it rimuovesse le traduzioni errate in tedesco, dopo la denuncia di Selvaggia Lucarelli: ora è tornato solo in italiano, inglese, spagnolo, con contenuti banali e scarni. È il sito lanciato nel 2007 da Francesco Rutelli con il celebre “plis, visit Italy”, chiuso nonostante 45 milioni investiti e poi riaperto, oggi gode di un investimento monstre di 114 milioni di euro del Pnrr: per ora lo mandiamo in tutto il mondo così.
Che altro? Per usare l’immagine della Venere del Botticelli, Enit avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione alle Gallerie degli Uffizi: i regolamenti sono chiari, ma non è accaduto. Anche perché l’immagine della Venere è già abusatissima.
Da notare infine che il lancio di “Open to meraviglia” era anche il lancio della campagna per Expo Roma 2030, il cui logo campeggia alla fine dello spot, mostrato alla fine della settimana di presentazione della candidatura. Poteva andare meglio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
UNA DELLE MODELLE SI E’ RIVOLTA A UN LEGALE: “PUBBLICATA A MIA INSAPUTA”
Il progetto per la promozione del turismo in Italia continua a darci
grandi soddisfazioni. Dopo la Venere influencer che mangia la pizza sul lago di Como, i brindisi girati in una cantina slovena e la città di Brindisi tradotta “Toast” (brindisi in tedesco) nel sito Italia.it, cos’altro potrebbe succedere? Potrebbero piovere denunce. In effetti sta accadendo anche questo.
Nell’ormai famoso passaggio del video promozionale della campagna “Open to meraviglia” in cui un gruppo di ragazzi brinda con un vino sloveno in una cantina slovena, diretto da un regista olandese che ha venduto il materiale a una piattaforma israeliana (alla faccia del Made in Italy), una delle ragazze protagoniste è italiana.
Si chiama Chiara ed è una giovanissima modella triestina che si è rivolta a un legale. Mi racconta: “Avevo girato questo video dopo la pandemia, quando tornare alla normalità sembrava un miraggio. Ero appena maggiorenne, doveva essere un semplice dare una mano a dei ragazzi a creare dei contenuti, ma nessuno ci aveva detto che saremmo finiti su piattaforme stock, non siamo stati pagati e non abbiamo mai firmato nulla, nessuna liberatoria o cessione dei diritti di immagine. Quindi mi sono rivolta a un avvocato”.
Insomma, ci mancava anche questa. La prossima potrebbe essere un asteroide sul Colosseo. O una improvvisa autocombustione del quadro con la Venere.
Intanto è venuta fuori la cifra destinata all’agenzia pubblicitaria Armando Testa: 138mila euro per realizzare il lato creativo del progetto commissionato dal ministro del Turismo, Daniela Santanchè. Il resto verrà speso in affissioni, hub aeroportuali, sui canali digitali e così via. Insomma, l’idea non è stata pagata una cifra folle. Del resto, non brillava non solo per genialità, ma neppure per originalità: consiglio di andare a dare un’occhiata alla recente campagna per la promozione turistica in Danimarca. Il claim è “The Land of Everyday Wonder”, ovvero “la terra della meraviglia quotidiana”. I testimonial sono alcuni dei più noti capolavori dell’arte, come la Gioconda o l’autoritratto di Van Gogh, che raccontano di esserci andati e spiegano perché visitare la Danimarca. Vi ricorda qualcosa? Ecco, c’è una sola differenza: che la campagna fa venire voglia di andare a Copenaghen, non in Slovenia.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Aprile 26th, 2023 Riccardo Fucile
I PROFILI FALSI ACQUISTATI ATTRAVERSO APPOSITI SERVIZI
Non si arrestano le critiche (e soprattutto le gaffe) sulla campagna social Open to Meraviglia, del valore di 9 milioni di euro e incentrata sulla scelta della ministra del Turismo Daniela Santanché di utilizzare la Venere di Botticelli in versione influencer per la promozione turistica dell’Italia.
Dopo la mancata registrazione del dominio e pure il video-spot ritraente un gruppo di amici che brinda in onore del Belpaese girate in una cantina in Slovenia, ora al centro delle “critiche” è finito il profilo Instagram ufficiale di @VenereItalia23 (collegato al sito www.Italia.it).
Secondo alcuni utenti, infatti, i followers del profilo ufficiale della campagna social sarebbero tutti fake e di fatto, dunque, acquistati da terzi.
A spiegarlo in un lungo post sui social media è Iacopo Melio. Dopo aver suggerito agli utenti di aprire la lista dei follower del profilo di “Venere”, scartare i primi poiché persone connesse con noi o con la nostra cerchia e infine sondare quelli successivi, Melio ribadisce come i seguaci della pagina Instagram abbiano tutti le stesse caratteristiche.
Ovvero: «sono stati creati di recente; non hanno molte foto, o se ne hanno sono state caricate nell’arco di pochissimi giorni (se non lo stesso giorno); alle loro foto, se ci sono, troviamo commenti fasulli (tutti uguali, standard, di circostanza che non creano interazioni vere); questi profili seguono tantissime persone, ma hanno pochi follower (a volte addirittura zero); hanno a loro volta dei follower che rispondono ai punti precedenti», scrive.
Cosa significa tutto questo? In sintesi, si tratterebbe tutti di «profili fake e i profili fake – continua Melio – non piovono dal cielo (o almeno non in una quantità così importante) ma vengono acquistati attraverso servizi appositi (accessibili a chiunque) per “gonfiare” il numero dei follower di un certo account», conclude.
(da agenzie)
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