Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
CONSIDERATA UNA DELLE EREDI DI ANNA POLITKOVSKAJA, LE HANNO SPEZZATO LE DITA DELLE MANI: “COSI’ NON SCRIVERAI PIU'”
Selvaggiamente picchiata fino a spezzarle le dita delle mani ma anche rasata e infine cosparsa di vernice verde solo perché stava facendo il suo lavoro, è la brutale violenza subita dalla giornalista russa Elena Milashina considerata una delle eredi di Anna Politkovskaja, mentre si trovava in Cecenia.
La cronista, che lavora con Novaya Gazeta, è stata vittima di un vero e proprio agguato mentre era in auto con un collega, Alexander Nemov, e si stava spostando dall’aeroporto locale verso la capitale cecena, Grozny.
Diversi uomini incappucciati hanno bloccato la loro vettura, li hanno fatti scendere e li hanno pestati a sangue, minacciandoli di morte e puntando contro di loro le armi. Un incubo durato diversi minuti martedì mattina ora locale. Soccorsi e trasportati in ospedale, i due sono stati medicati e ricoverati e hanno dovuto rinunciare a una udienza in Tribunale alla quale volevano partecipare in giornata a Grozny.
Secondo il resoconto del gruppo per i diritti umani Memorial, a Elena Milashina son stati rasati tutti i capelli e versato in testa della vernice verde. Ma sia lei che Nemov sono stati anche presi a calci e pugni in faccia e in testa fino a perdere i sensi. “Sono stati brutalmente presi a calci, anche in faccia, minacciati di morte, avevano una pistola puntata alla testa e il loro equipaggiamento è stato portato via e distrutto” spiegano gli attivisti, aggiungendo che la giornalista ha lividi su tutto il corpo.
L’intento era quello di intimidirli e impedire loro di scrivere di quanto accade in Cecenia. “Mentre venivano picchiati, è stato detto loro: ‘Siete stati avvertiti. Andate via e non scrivete niente”. Secondo il gruppo per i diritti “Team against Torture” Nemov è stato che accoltellato a una gamba.
Milashina e Nemov erano in Cecenia per seguire il processo di una donna cecena madre di attivisti locali perseguitati e accusata di aver aggredito un poliziotto ma Milashinan in passato ha già ricevuto diversi riconoscimenti internazionali per le sue inchieste e ha documentato l’arresto di massa e la tortura di uomini gay in Cecenia tanto da attirarsi le minacce di Kadyrov che l’ha definita una terrorista in un post sui social media.
(da agenzie)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
LE SPIE RUSSE CREANO DELLE IDENTITA’ FASULLE O USANO QUELLE DI PERSONE DECEDUTE PER OCCULTARSI ALLE AUTORITA’ LOCALI… LA STRATEGIA DEGLI SPIONI: APRONO ATTIVITÀ, FREQUENTANO CORSI, CONOSCONO PERSONE, STABILISCONO RELAZIONI
Brasilia indaga, teme che il Paese sia diventato il punto di
partenza per molti «illegali», gli agenti segreti russi addestrati ad operare in clandestinità in Occidente. È più di un sospetto, è una quasi certezza basata su numerosi elementi emersi nell’arco di pochi mesi. Non può essere un caso e neppure una coincidenza se gli episodi si ripetono. Secondo il Wall Street Journal , gli inquirenti locali hanno deciso di guardare in profondità, scrutinando passato, situazioni anomale, segnalazioni. Magari partendo da quanto è stato scoperto in altri Paesi.
Il primo fascicolo riguarda il signor Viktor Muller Ferreira, respinto in Olanda e deciso a infiltrarsi nella Corte internazionale dell’Aia. L’intelligence occidentale doveva sapere da tempo chi fosse perché la polizia lo ha intercettato subito e lo ha mandato d’urgenza da dove era arrivato: il Brasile. Il suo vero nome sarebbe Sergei Cherkasov, elemento dello spionaggio russo che si è creato una «vita» fingendo di essere brasiliano. Ora è in prigione.
Il secondo file coinvolge José Assis Giammaria, smascherato dai norvegesi durante un periodo di studio in un centro strategico di Tromso dopo un soggiorno in un ateneo del Canada. Ha sostenuto di essere nato nel 1984 a Padre Bernardo, Stato di Goyas, Brasile. Il padre era un imprenditore d’origine italiana, la mamma lavorava in una scuola.
L’arrestato si chiamerebbe in realtà Mikhail Mikushin, un altro clandestino spedito dalla Russia a cercare informazioni. Gli inquirenti hanno esaminato l’anagrafe e non escludono che il vero Giammaria possa essere deceduto da tempo, con la sua identità assunta dal russo. Modus operandi consueto di molte agenzie di intelligence e amato dagli eredi del Kgb come testimonia il terzo dossier
Gerhard Daniel Campos gestiva una moderna tipografia in Brasile, aveva una fidanzata locale e una moglie in incognito, Maria Tsalla, residente ad Atene e proprietaria di una maglieria. Anche qui bugie su bugie. Il vero nome di Maria è Irina Smireva, illegale attiva in Grecia che ha rubato anni fa nome e cognome a una bambina deceduta prematuramente. Doveva creare un network in Europa viaggiando con il suo passaporto Ue, ma ha dovuto fermarsi all’improvviso quando ha temuto di venire individuata. Così ha lasciato tutto per tornarsene di gran fretta in Russia.
Fuga che ha costretto Campos a fare lo stesso, perché il «tipografo» è anche lui parte della «ditta»: è una spia di Mosca. Le autorità brasiliane ritengono che l’assenza di controlli stretti permetta agli stranieri di acquisire la cittadinanza, da qui la necessità di un’inchiesta ampia. Il problema non riguarda però solo il Brasile in quanto altri Paesi sudamericani — ma anche il Canada — sono stati scelti dalla Russia come area di «transito» per gli agenti «clandestini» poi mandati negli Usa o nell’area europea. Qui hanno aperto attività, frequentato corsi, conosciuto persone, stabilito relazioni normali, acquisito nazionalità (reale o posticcia), tappe preparatorie per il successivo trasferimento all’estero.
(da il “Corriere della Sera”)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
L’ASSE TRA SALVINI E RENZI, IL DIBATTITO FARSA E SENZA VOTO
La vigilia dell’informativa al Senato di domani è stata più serena del previsto per la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, finita sotto accusa per le inchieste del Fatto e di Report per la mala gestione delle sue aziende Ki Group e Visibilia.
La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, continua a difenderla fino nuovi sviluppi giudiziari dalla Procura di Milano e Santanchè negli ultimi giorni si è mossa per evitare che il dibattito di mercoledì diventi un ring pericoloso.
La ministra ha cercato la copertura di due figure che hanno un ruolo importante per mantenere il posto: il leader della Lega, Matteo Salvini, e il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Negli ultimi giorni, Santanchè ha contattato entrambi per cercare una copertura politica, dicono due fonti di primo piano a conoscenza dei colloqui. A Salvini la ministra ha chiesto di abbassare i toni ed evitare le accuse personali, mentre con Renzi c’è stata da subito sintonia politica, una volta emerso il caso: il leader di Italia Viva ha manifestato alla ministra il suo sostegno dichiarandosi contrario all’informativa in aula.
Il ruolo di Salvini è importante perché, una volta emerso il caso, erano stati prima il capogruppo della Lega Riccardo Molinari e poi il vicesegretario Andrea Crippa a chiedere alla ministra di venire a riferire in aula. L’indomani, Santanchè aveva chiamato direttamente Salvini infuriandosi: “Ma siamo pazzi?”. Nei giorni successivi, la ministra ha chiesto a più riprese al leghista di abbassare i toni, invitandolo a evitare le uscite “improvvide” dei suoi parlamentari e dirigenti che “mettono in difficoltà il governo”.
Santanchè avrebbe anche anticipato a Salvini i contenuti della sua informativa di mercoledì, spiegando che nelle sue aziende era “tutto regolare”, dice un parlamentare informato dei fatti. Anche Meloni ha contattato Salvini chiedendogli espressamente di cambiare versione.
Sarà per posizionamento tattico – la volontà di logorare il governo – o per convincimento che negli ultimi giorni il leghista ha cambiato totalmente posizione: prima ha detto di aver “fiducia in tutti i ministri”, poi ha sostenuto che Santanchè “non debba spiegare nulla”. Nell’intervento di mercoledì al Senato – probabilmente parlerà il capogruppo Massimiliano Romeo – Santanchè spera di ottenere la benevolenza del Carroccio. L’altra sponda è quella di Renzi, apparentemente ininfluente dal punto di vista dei numeri. Eppure l’appoggio del leader di Italia Viva serve a Santanchè per spaccare l’opposizione. Renzi ha fatto sapere alla ministra di essere contrario a un’informativa, perché noi siamo “garantisti” e soprattutto perché il nemico comune è Report, programma che raccontò l’incontro tra Renzi e lo 007 Marco Mancini all’autogrill di Fiano Romano poco prima della crisi del governo Conte-2. Renzi è molto amico di Santanchè: Visibilia è la concessionaria della pubblicità del Riformista (Renzi ne è direttore).
E non è la prima volta che il leader di Iv appoggia Santanchè: una settimana prima dell’elezione dei presidenti delle Camere, i due cenarono insieme accordandosi sull’elezione di La Russa presidente del Senato, che passò coi voti dei renziani e non di FI. Santanchè condivide con Salvini e Renzi un amico: Denis Verdini, agli arresti domiciliari e legato alla ministra e all’ex premier, nonché padre della compagna del leghista, Francesca.
La posizione della ministra è migliorata nelle ultime ore. Domani l’informativa sarà senza voto e con un intervento di cinque minuti per partito, senza replica. Un contesto “amico” organizzato dal presidente del Senato La Russa, che è stato il legale delle sue aziende Negma e Visibilia. I due ieri hanno pranzato insieme a Milano a margine del forum di Assolombarda. Anche la linea Meloni non cambia: non ci si dimette per un’inchiesta giornalistica, ma la posizione di Santanchè potrebbe cambiare nel caso in cui la ministra dovesse ricevere un avviso di garanzia legato alla conclusione delle indagini.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
LA MINISTRA AGLI STABILIMENTI BALNEARI PRIVATI CHE STA CON UN TIZIO CHE MILLANTA TITOLI NOBILIARI CHE NON HA
La ministra agli Stabilimenti balneari privati che traffica coi
bilanci della sua azienda e sta con un tizio che millanta titoli nobiliari, tanto da costringere la Casa d’Asburgo-Lorena a diffidarlo su Facebook, è il Balzac che ci possiamo permettere, interpretato da Boldi e De Sica per la regia dei Vanzina.§
La ministra ai Cinepanettoni accorpa in sé, quasi comicamente, tutti i tratti della razza padrona e cafona che imperversa ormai da decenni in Italia.
I soldi sono come la droga, che esacerba il carattere di chi ne fa uso: se sei di temperamento sensibile, i soldi ti eleveranno vieppiù; se sei di grana grossa e levatura dozzinale, accresceranno la tua volgarità. In quale categoria rientra Daniela Santanchè?
Il portfolio opulento del nostro Umberto Pizzi la ritrae in scatti che sono un lombrosario monografico: bionda in giacca di renna, cintura texana e filo di perle; mora con abito in tulle Just Cavalli e orecchini Swarovski, in compagnia di Umberto Smaila e di una erede Swarovski; in Pucci al matrimonio di Briatore, con cappello a tesa di diametro satellitare; con Verdini, le labbra marrone lucido protese nel bacio; a Cortina, paillettes e messa in piega contundente; con Assunta Almirante, entrambe pellicciate di lapin; in Campidoglio, gonnellino inguinale, chiappe in vista. Vita Smeralda, gaudente, sibarita, la ricchezza come misura del valore, sanatoria estetica, lasciapassare totale. Santanchè sembra un prototipo, un cliché di fabbrica, un messaggio lanciato agli alieni su come sono i ricchi occidentali nel XXI secolo.
Sposata a 21 anni col chirurgo estetico Paolo Santanchè, si vantò di esserne il catalogo in tutta Italia isole comprese. E in effetti nella maschera parossistica ha espresso il berlusconismo con tutto il corpo come Wagner il suo teatro totale. Dito medio levato, ghigno stizzoso, ugola lanciata nei cieli d’isteria: così tanto sforzo per arrivare a così poco.
Sebbene rivendichi con orgoglio di essere fascista, è più un tipo particolare di squalo classista e neoliberista, che riconosce solo l’etica della competizione.
Vorticava, ancora biologicamente giovane, nel giro di danza del post-fascismo di Fiuggi, protégé di La Russa, chiedendo ordine e legalità (quando Fini la scansò, lei disse: “Umanamente è una merda”), salvo subito dopo consacrarsi menade del culto di Arcore, trasfigurata in erinni quando si trattava di difendere Berlusconi, un faro di legalità, per poi mollarlo e dedicarsi a più redditizie mansioni.
L’impianto merceologico (tutto è monetizzabile, specialmente la reputazione) la rende simile a Renzi, che è meno ricco di lei, ma altrettanto incline al fascino del bonifico, sostanziato in voli su jet privati e altre pacchianate da provinciali arricchiti; Renzi, che chiede di verificare se i giornalisti del Fatto “prendono soldi” dalla Rai, cioè se si fanno remunerare per il loro onesto lavoro, mentre lui letteralmente prende soldi dall’Arabia Saudita, una dittatura in cui torturano e uccidono la gente, per sponsorizzarla come culla di un nuovo Rinascimento (lui dà l’investitura in quanto ex sindaco di Firenze).
E del resto Santanchè minacciò di comprarsi L’Unità, certo per soldi ma forse anche per divertimento e per sfregio, e oggi la sua ditta è concessionaria di pubblicità sul Riformista di Renzi.
Entrambi hanno biasimato “i furbetti del Reddito di cittadinanza” e insultato i legittimi percettori; nel mentre lei, secondo le accuse, non pagava dipendenti e fornitori, intascava i Tfr, metteva gente in finta cassa integrazione, incassava i bonus pandemia, sfrecciava in Maserati e non pagava le multe; Renzi si faceva assumere dal padre poco prima di essere eletto alla Provincia così da maturare i contributi. Lei a Cortina voleva l’aeroporto, lui in ferie a Courmayeur andava con volo di Stato. Gente impunita, pronta a liquidare ogni rilievo come giustizialismo o moralismo, perché ignara della differenza tra “moralista” e “morale”.
Per inciso il Twiga, stabilimento dei vip in Versilia, dove una “experience” in tenda araba costa 700 euro al giorno, fattura 6 milioni l’anno e paga allo Stato 17mila euro di canone, roba che persino il suo socio Briatore s’è vergognato, ma non Santanchè; la quale ha speso 9 milioni di euro nostri per commissionare e diffondere la campagna “Open to meraviglia”, per conto del ministero del Turismo e Enit (Ente guidato da una proprietaria di un’agenzia di viaggi sua amica), la porcheria ormai nota in tutto il globo terracqueo. “Noi come Italia non ci sappiamo vendere”, ha detto, esclusi i presenti ovviamente. Dopo l’alluvione in Emilia-Romagna ha sentenziato: “L’importante è che si dia una immagine positiva della riviera”, mica aiutare chi è rimasto senza casa e senza lavoro. Dare un’immagine positiva, vendersi, fatturare (quest’ultima cosa invero con riluttanza).
I cittadini italiani lavorano per questi qua, per mantenerli e perché possano mantenere il loro stile di vita. È la politica calpestata dal potere più crasso e ignorante della storia.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
LA LUSSUOSA PALAZZINA SUE TRE PIANI IN STILE ART DECO’
Nel centro di Milano c’è una villa in stile art Déco di proprietà della ministra del Turismo Daniela Garnero Santanchè. Questa lussuosa palazzina di tre piani, più il seminterrato, è ostaggio delle vicende di cronaca giudiziaria che fanno traballare la poltrona dell’imprenditrice, politica e ministra di Fratelli d’Italia, la quale mercoledì 5 luglio si presenterà in parlamento per riferire dell’inchiesta della procura di Milano sulla gestione delle sue aziende.
Santanchè ha dovuto vincolare il prezioso immobile per garantire i debitori di Visiblia srl, società al centro delle inchieste della procura di Milano e in attesa di una pronuncia del tribunale fallimentare del capoluogo lombardo. Il vincolo scaturisce dal piano di ristrutturazione del debito presentato in tribunale per evitare il fallimento di Visibilia srl.
I filoni seguiti dal pool coordinato dalla procuratrice aggiunta Laura Pedio sono tre: quello sulla società editoriale e pubblicitaria Visibilia; l’altro recentissimo su Ki Group; infine una verifica su Negma, un entità nebulosa di diritto estero di cui si conosce poco sui reali proprietari e che con le compagnie di cui è proprietaria la ministra ha stipulato accordi su prestiti obbligazionari convertibili, ritenuti sospetti dalla guardia di finanza.
HOUSE OF SANTA
Ma torniamo alla casa di Santanchè. Acquistata nel 2004 dagli eredi di Giuseppe Poggi Longostrevi, il re delle cliniche milanesi. Coinvolto in Tangentopoli, era accusato di pagare i medici di famiglia per convincerli a prescrivere analisi nei suo laboratori, si è tolto la vita nella casa acquistata qualche anno dopo dalla ministra del Turismo.
All’epoca il prezzo di vendita fu fissato a 1,2 milioni di euro. Oggi, dopo l’imponente opera di ristrutturazione, nel suo complesso è valutata quasi 6 milioni di euro in una perizia allegata all’atto notarile del 29 maggio 2023, con cui è disposto il vincolo sulla dimora di 642 metri quadri divisa in più livelli. Il seminterrato, il più caratteristico, è così composto: «3 vani ad uso ufficio, oltre accessori, vano laboratori arti e mestieri, area fitness».
Nell’elenco manca una parte fondamentale, descritta nei dettagli in un secondo documento del 2018 prodotto per l’acquisto di una parte dell’abitazione fino ad allora in leasing: lo stesso piano, si scopre, è dotato di una piscina interna («vasca») e di un bagno turco sempre collocati nella zona fitness.
Nulla è lasciato al caso, tutto è curato nei minimi particolari, «i bagni, soprattutto nella zona residenziale e anche al piano rialzato, sono rivestiti con materiali ceramici di fattura preziosa con decori e listelli vari; la zona a comune del locale seminterrato, destinata a area fitness, presenta rivestimenti e pavimenti in tessere di mosaico e marmo».
Non deve stupire tanto lusso, di cui la ministra è cultrice e ostentatrice fin dai tempi del regno berlusconiano di cui è stata una delle massime sostenitrici. «Il lusso porta lavoro, no al cattocomunismo», memorabile una delle sue prime uscite da ministra del governo Meloni nel riferirsi al tipo di turismo da sostenere.
Curioso anche che nell’elenco dei lavori eseguiti negli anni, i proprietari abbiano beneficiato anche della legge del 2003 sul condono, partorita dal governo Berlusconi, quando Santanchè era deputata con Alleanza Nazionale, dunque in maggioranza. In particolare nella storia edilizia della villa della ministra troviamo due richieste di permesso di costruire in sanatoria sfruttando la legge del 2003 del governo Berlusconi. Quella del 2004 è stata fatta con l’obiettivo di aumentare la superficie del piano interrato, i locali fitness con vasca e bagno turco, per intenderci.
Ora, però, ha scoperto Domani che su villa Santanchè grava un vincolo notevole: è stata messa a garanzia dei debiti della società Visibilia sull’orlo del fallimento. L’intera abitazione è stata valutata 5,7 milioni, ossia poco meno di 10mila euro al metro quadro, dallo studio di architettura ingaggiato dai proprietari, cioè Santanchè e immobiliare Dani srl, di cui la ministra detiene il 95 per cento mentre amministratore unico e titolare del 5 per cento è il figlio avuto con l’ex marito Canio Mazzaro.
VINCOLO PER VISIBILIA
L’atto notarile del 23 maggio scorso pone un vincolo a garanzia dei debiti contratti da Visibilia Srl nei confronti di vari soggetti, per un totale di 6,3 milioni. «Il presente vincolo di destinazione è finalizzato a garantire solo tre debiti della ristrutturazione, ovverosia il debito verso Prelios Credit Servicing Spa, quale mandatario di Kerdos Spv Srl, quello verso Visibilia Editrice Srl; ed infine il debito nei confronti dell’Agenzia delle Entrate», è scritto nel documento firmato dal notaio. L’atto restituisce, poi, un altra certezza: al 29 maggio la ministra Santanchè deteneva il 95 per cento delle azioni di Visibilia Srl.
Se è perciò vero che non ha cariche, resta tuttavia nell’azionariato in una società imbottita di debiti e che rischia il fallimento, un passaggio cruciale: se non dovesse saldare o rispettare gli accordi di ristrutturazione il rischio dell’accusa di bancarotta fraudolenta si farebbe sempre più concreto.
Il vincolo impedisce la vendita dell’immobile, a meno che la somma di 5,7 milioni non sia versata dal potenziale acquirente in un con conto corrente dedicato custodito dal notaio. Inoltre, l’eventuale somma incassata dalla vendita deve essere destinata «al soddisfacimento dei tre creditori in favore dei quali il presente vincolo di destinazione è stato costituito».
La prima a beneficiarne dovrà essere comunque Prelios, quale mandatario di Kerdos Spv, «la restante somma è destinata proporzionalmente» agli altri creditori: Visibilia Editrice srl ed Agenzia delle Entrate. Debiti con il fisco che ammontavano a circa 1,9 milioni di euro, come indicato nella relazione allegata dal piano di ristrutturazione. In questo documento sono riportati i termini di un «accordo», che abbatte il contenzioso a 1,2 milioni da saldare in 20 rate. E pone come vincolo i beni di Santanchè, tra cui la villa con marmi, bagno turco e vasca in area fitness.
(da editorialedomani.it)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
E’ L’ULTIMO EFFETTO DELLA RIFORMA CARTABIA
Hai patteggiato una condanna definitiva per associazione
mafiosa? Da oggi puoi continuare a fare impresa, ricevere finanziamenti pubblici e contrattare con lo Stato. Merito dell’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia e della sua riforma penale, che a parecchi mesi dall’entrata in vigore continua a produrre effetti criminogeni. L’ultimo esempio arriva dalla Sicilia: con ordinanza del 28 giugno, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (l’equivalente del Consiglio di Stato, ma con competenza sull’isola) ha sospeso in via cautelare un’interdittiva antimafia disposta nei confonti di un imprenditore di Partinico, attivo nel commercio all’ingrosso di macchine agricole e industriali.
La misura era stata applicata dalla Prefettura di Palermo perché nel luglio 2020 il commerciante era stato condannato, con sentenza di patteggiamento, a un anno e dieci mesi di reclusione per 416-bis. In base al codice antimafia, quindi, era scattato il divieto automatico di esercitare la professione e (a maggior ragione) di vincere appalti pubblici.
Ma ora, ha detto il giudice amministrativo, quella previsione non vale più. Il motivo? Un passaggio della legge Cartabia che ha modificato così l’articolo 445 del codice di procedura penale: “Non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano il patteggiamento a una sentenza di condanna”.
E qui sta il succo della questione: secondo i giudici amministrativi siciliani – che citano una “costante giurisprudenza” a sostegno – anche le norme del codice antimafia sono “diverse da quelle penali”, perché “disciplinano istituti di natura esclusivamente preventiva e non punitiva”. Pertanto – si legge nell’ordinanza dal consigliere estensore Antonino Caleca – “la sentenza di patteggiamento, relativa anche a uno dei reati ritenuti ostativi ai sensi del codice antimafia (come il 416-bis c.p.), non può (più) ritenersi equiparata alla sentenza di condanna”.
E così, in attesa del giudizio di merito, il Consiglio di giustizia ha accolto il ricorso dell’avvocato Giovanni Lentini, sospendendo l’efficacia dell’interdittiva e sconfessando la decisione del Tar che ad aprile aveva respinto l’istanza.
Per il collegio di secondo grado, infatti, sussistono entrambi i requisiti per accogliere il ricorso cautelare: il fumus boni iuris, cioè l’apparente fondatezza della domanda, e il periculum in mora, cioè il rischio di conseguenze economiche negative per l’attività. La decisione segna un precedente importantissimo: d’ora in poi basterà un patteggiamento per aggirare in un colpo solo tutta la normativa di prevenzione.
A spalancare agli imprenditori mafiosi la possibilità di contrattare con la pubblica amministrazione, peraltro, ci ha già pensato il nuovo codice degli appalti, approvato in via definitiva a fine marzo dal Consiglio dei ministri su delega del Parlamento.
La legge infatti ha modificato la norma che imponeva l’esclusione automatica dalle procedure dei condannati definitivi per mafia, terrorismo, corruzione, truffa, riciclaggio, false comunicazioni sociali, turbativa d’asta e altri gravi reati.
Nel vecchio codice (articolo 80), i provvedimenti giudiziari che facevano scattare il ban sono tre: la sentenza definitiva di condanna, il decreto penale di condanna irrevocabile e la “sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti“, cioè il patteggiamento.
Nel nuovo testo, entrato in vigore il 1° luglio, l’articolo 94 ha fatto saltare quest’ultimo riferimento: basterà convincere un pm a patteggiare per avere un salvacondotto valido per qualsiasi gara d’appalto.
Una novità introdotta proprio per adeguarsi alla riforma Cartabia e nullità delle disposizioni extra-penali che equiparano il patteggiamento alla condanna: per lo stesso motivo, a chi concorda una pena non si può più applicare nemmeno la legge Severino, che impedisce le candidature in Parlamento o negli enti locali a chi ha riportato una condanna superiore a due anni.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
IL PIFFERAIO MAGICO GIORGIA MELONI IERI HA PASSATO L’INTERE GIORNATA A CERCARE SPONDE TRA GLI OPINIONISTI DEI MEDIA
Il pifferaio magico Giorgia Meloni (qui lo mettiamo al maschile così soddisfiamo il suo machismo declinatorio) ieri ha passato l’intera giornata a passeggiare per le vie della stampa nazionale irretendo gli opinionisti.
La musica sullo spartito è sempre la stessa, una fanfara ormai greve di nazionalismo senza spinta che vede “l’Italia rialzarsi”, “protagonista in Europa”, che “celebra il successo sul fronte migratorio”, con “l’economia più affidabile in Europa” in cui tocca stringersi a coorte per non perdere l’occasione del Pnrr.
Mentre la presidente del Consiglio intonava la sua visione fiabesca, però, non c’è traccia della terza rata del Pnrr e forse per pudore non è stata richiesta la quarta, gli sbarchi sono scomparsi solo dalle notizie della stampa amica, i suoi alleati ingolfano l’Unione europea, il manifatturiero italiano è fanalino di coda in Europa, i pasti per gli italiani costano 4 miliardi in più all’anno (lo dice Coldiretti), i dati della discriminazione sul lavoro sono allarmanti e colpiscono i precari che saranno ancora di più per il Decreto lavoro, l’Emilia Romagna sta vivendo l’emergenza più lenta della storia d’Italia.
A differenza di quello di Hamelin, però, il pifferaio di Palazzo Chigi non lo seguono nemmeno i compari.
Mentre Meloni magnifica il suo governo i leader suoi alleati, Tajani e Salvini, se le danno tutto il giorno di santa ragione per la collocazione europea.
Nemmeno i fratelli Grimm erano arrivati a tanto.
(da La Notizia)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
LA RACCOLTA FONDI PER IL POLIZIOTTO ASSASSINO HA RAGGIUNTO UN MILIONE DI EURO… SONO 58.000 I FRANCESI CHE STANNO AIUTANDO UN CRIMINALE IN DIVISA
Alla sua apertura era stata fortemente contestata, ma la
raccolta fondi istituita dalla famiglia dell’agente della polizia francese che a Nanterre ha sparato al 17enne Nahel M, uccidendolo e dando il via alle feroci proteste che per quasi una settimana hanno infiammato la Francia, ha già raggiunto la somma di 1 milione di euro. Una cifra pari a 5 volte quella ottenuta dalla raccolta fondi aperta dai parenti del giovane di origini nordafricane. «Un supporto alla famiglia dell’agente di polizia di Nanterre, Florian M, che ha fatto il suo lavoro e oggi deve pagarlo a caro prezzo. Sostenetelo e sostenete la polizia», si legge nella pagina aperta da Jean Messiha, ex portavoce del candidato di estrema destra alle presidenziali Éric Zemmour, dov’è possibile donare al fondo il cui obiettivo iniziale era raggiungere 50 mila euro.
Le critiche
Le donazioni arrivare sono oltre 58 mila. La più cospicua è arrivata fino a 3 mila euro, ma molte superano i mille, riporta il Guardian. La raccolta è stata fortemente osteggiata dalla nonna di Nahel, Nadia. «Quell’agente ha tolto la vita a mio nipote. Deve pagare come accadrebbe per chiunque altro. Ho fiducia nella giustizia». Posizione sostenuta dai politici della sinistra francese, che hanno chiesto di chiudere la raccolta, definendola «indecente». «Oltre un milione di euro raccolto per la polemica di un estremista di destra a favore di un agente che uccide un adolescente. Il messaggio? Uccidere i giovani arabi paga», ha twittato durissima l’europarlamentare francese Manon Aubry.
Nel frattempo, dopo 5 notti a ferro e fuoco, le città francesi hanno vissuto la seconda serata di calma a una settimana dall’omicidio. Ieri, il presidente Emmanuel Macron si è recato a sorpresa in una caserma della polizia a Parigi per mostrare il suo sostegno alle forze dell’ordine, ferocemente attaccate in questi giorni dai rivoltosi che le hanno trasformate nel simbolo delle difficoltà di chi vive nelle banlieue delle città del Paese, dove vivono per lo più i francesi di seconda generazione e gli stranieri, spesso emarginate e lasciate indietro rispetto ai centri bianchi e borghesi. Alla caserma Bessières, nel XVII arrondissement e al quartier generale della Brigata anticrimine, l’inquilino dell’Eliseo si è presentato senza preavviso, assieme al ministro dell’Interno Gerard Darmanin.
(da agenzie)
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Luglio 4th, 2023 Riccardo Fucile
RUBIN TALABAN, CONDANNATO A 12 ANNI, E’ IN ALBANIA
Rubin Talaban, condannato a 12 anni di carcere per aver sfigurato con l’acido Lucia Annibali, è fuori dal carcere. Lui è uno dei due aggressori (l’altro è Altisin Precetaj) che nel 2013 su ordine dell’ex fidanzato Luca Varani la colpirono sotto casa a Pesaro.
Lo sfregiatore ha usato una norma sui reati commessi da stranieri. E adesso è tornato in Albania da cittadino libero. Ha ricevuto l’espulsione lo scorso aprile. Avrebbe dovuto uscire il 9 ottobre 2024 con la buona condotta. Ma ha preferito uscire con la promessa di andarsene dall’Italia. E di non tornarci per dieci anni, altrimenti dovrà tornare in carcere ed espiare l’intera pena. Annibali in un’intervista rilasciata a Il Messaggero dice oggi che è giusto così: «Era previsto dalla sentenza che a fine pena tornasse nel suo paese. Così è successo».
La lettera
«L’importante è che io non abbia mai a che fare con lui», aggiunge. Annibali rivela che Talaban le ha scritto qualche tempo fa per chiederle perdono: «In pratica un’ammissione di colpevolezza. Peraltro già dimostrata durante il processo», racconta. Lei non gli ha mai risposto, né l’ha mai incontrato. Lei nel frattempo ha deciso di dire basta agli interventi chirurgici: «Ho deciso di accettare il mio viso così com’è». Anche se potrebbe ripensarci: «Ma magari non ci saranno nemmeno le condizioni per farlo». Adesso ha il ruolo di difensore civico in Toscana: «Lavoro in sinergia con la commissione pari opportunità della Regione. Qualche settimana fa ho visitato la sezione femminile del carcere di Sollicciano. Alle donne recluse si pensa davvero poco. Hanno meno diritti rispetto agli uomini».
(da Open)
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