Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
RAGIONE PER CUI IL MINISTRO SI È BEN GUARDATA DAL MANDARLI A CHIEDERE DI NUOVO LA CERTIFICAZIONE, PROPRIO PER POTER CONTINUARE A DIRE DI NON AVER NOTIZIA FORMALE DI INDAGINI A PROPRIO CARICO
Che Santanché sia indagata per falso in bilancio nelle comunicazioni 2016-2020 di Visibilia Editore spa è infatti noto da quando lo si scrisse (qui il 2 e 3 novembre 2022) non in forza di chissà quale riuscito scoop, ma banalmente perché — tra gli atti della richiesta della Procura al Tribunale Fallimentare di staccare la spina e mettere in liquidazione quattro società del gruppo Visibilia dell’imprenditrice, indebitate per lo più con il Fisco – una annotazione del 30 settembre 2022 del Gruppo Tutela Mercati della Guardia di Finanza di Milano già era palese nell’additare ai pm «la sussistenza del reato di false comunicazioni sociali».
E quando in quell’inizio novembre per provare a smentire la notizia Santanchè sbandierò la certificazione di routine della Procura all’istanza dei suoi legali contemplata dall’articolo 335 del codice di procedura («non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione»), si capì subito che era un possibile caso di ricorso dei pm al 3 bis di quell’art.335, cioè alla facoltà in caso di indagini complesse di ritardare (per un massimo di 3 mesi) la comunicazione dell’iscrizione.
Del resto, anche se Santanchè non lo ammetterà mai, i suoi avvocati in quei giorni, e poi a lungo nello svolgersi delle udienze fallimentari, avevano avuto con la Procura interlocuzioni esplicite nelle quali era un dato pacifico che Santanchè fosse indagata sia per falso in bilancio sia per concorso in bancarotta: ragione per cui il ministro si è ben guardata dal mandarli a chiedere di nuovo la certificazione, proprio per poter continuare a dire di non aver notizia formale di indagini a proprio carico.
Ma dopo sei mesi dall’iscrizione c’è sempre un altro passaggio procedurale: i pm, qualora abbiano bisogno di altro tempo per indagare, devono per forza chiedere (a pena di inutilizzabilità delle successive acquisizioni) la proroga delle indagini al giudice delle indagini preliminari, il quale deve notificare la richiesta di proroga all’indagato e dunque così informarlo delle indagini a suo carico. Se questi ha già un difensore, la notifica avviene in breve con una «pec» al legale.
Ma Santanchè, che pure ha avuto in passato altri procedimenti penali a Milano, in questo sul falso in bilancio di Visibilia non ha appunto mai conferito un formale mandato a un avvocato penalista, mentre il civilista che la segue nelle udienze fallimentari delle società non ha titolo.
In questi casi la richiesta della proroga delle indagini viene notificata al domicilio dell’indagato, e se ne ha prova quando al gip torna la «cartolina» dell’Ufficiale Giudiziario (Ufficio Unep) attestante la riuscita consegna.
Il punto è che nel caso di Santanchè, la quale da quel rapporto Gdf era intuibile fosse stata indagata a fine settembre 2022, i sei mesi sono scaduti il 30 marzo, quando la Procura ha dunque chiesto la proroga delle indagini, la cui notifica però non è stata completata ed è ancora in corso lungo l’asse Ufficio Gip-Ufficiali giudiziari. Nulla di più facile, dunque, che la «cartolina», tempisticamente beffarda, completi il proprio viaggio e arrivi magari solo e proprio nei prossimi giorni.
(da Il Corriere della Sera)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
NELL’INNER CIRCLE MELONIANO SI RIFLETTE: “VA BENE DIFENDERE DANIELA MA NON FINO A METTERE A REPENTAGLIO LA TENUTA DEL GOVERNO”… MELONI PENSA A UN MINI RIMPASTO DI GOVERNO DOPO L’ESTATE
La parola dimissioni all’interno di Fratelli d’Italia non è più un tabù.
Quando ieri sera è arrivata la notizia di agenzia intorno alle 18 sono tutti rimasti di sasso, Giorgia Meloni compresa. Non se lo aspettava. È questo che ha cambiato il segno della giornata. Hanno letto e riletto il take: “Non è più secretata l’iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Milano della ministra del Turismo Daniela Santanchè, nei cui confronti e in quelli di altre persone è aperta un’indagine per bancarotta e falso in bilancio su Visibilia, il gruppo da lei fondato e nel quale è rimasta fino al 2022. Lo si apprende da fonti della Procura”.
Fino a quel momento la linea era stata quella della difesa “senza se e senza ma” della ministra anche se a dire il vero a Giorgia non era piaciuta granché la difesa della ministra in aula. Poi qualcosa si è rotto qualcosa ha cominciato a scricchiolare.
Se le cose stanno così dunque le dimissioni della ministra Santanchè potrebbero arrivare sulla scrivania di Giorgia Meloni prima del previsto. Eppure per tutta la giornata di ieri da palazzo Chigi le escludevano. Salvo che “appena Giorgia ha saputo delle notizie di agenzia ha cambiato umore”.
“Va bene difendere Daniela ma non fino a mettere a repentaglio la tenuta del governo” riflettono stamattina dall’inner circle di palazzo Chigi. Insomma, la situazione è in evoluzione. “Magari non subito” per non darla vinta alla sinistra che grida dimissioni ma a bocce ferme, se dovesse arrivare un avviso di garanzia (in autunno peraltro dovrebbe esserci la chiusura delle indagini). A quel punto l’epilogo sarebbe inevitabile.
(da il Giornale d’Italia)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
MA ORA, PER RISTRUTTURARE IL DEBITO CON IL FISCO DI “VISIBILIA”, SANTANCHÈ SOSTIENE CHE L’IMPEGNO SARÀ “SODDISFATTO” ANCHE GRAZIE ALLE “DISPONIBILITÀ” CHE “DERIVERANNO” DA UNA PERCENTUALE SUGLI INCASSI DEL LOCALE DEI VIP DI BRIATORE, TRAMITE UNA SOCIETÀ DI CUI LA MINISTRA È AZIONISTA (IMMOBILIARE DANI) …QUINDI, PIÙ SOLDI FA IL TWIGA, PIÙ LEI INCASSA E PAGA IL FISCO! UN CONFLITTO DI INTERESSE TOTALE
«Mi sarei aspettata un plauso per aver impiegato il mio patrimonio per salvare le mie aziende». La standing ovation non c’è stata per la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, anche ribattezzata ministra dei debiti. Sulle esposizioni debitorie ha però dimenticato di dire alcune cose, che Domani è in grado di rivelare.
Contenute in un documento finora inedito, presentato dai legali di Santanchè al tribunale fallimentare di Milano: si tratta della domanda di ristrutturazione del debito presentata per salvare Visibilia dal fallimento. In queste pagine è citato il Twiga, il noto locale di cui è stata socia Santanchè insieme all’amico di una vita, Flavio Briatore.
La ministra a novembre 2022 ha venduto le quote, ufficialmente per evitare conflitti di interesse vista la sua nuova veste governativa di titolare del Turismo. Dall’atto del 29 maggio 2023 firmato dagli avvocati e diretto alla sezione fallimentare di Milano emerge che per “tranquillizzare” il fisco e i giudici, Santanchè sostiene che l’impegno sarà «soddisfatto» anche grazie alle «disponibilità» che «deriveranno» da una percentuale sugli incassi del locale dei vip di Briatore, tramite una società di cui la ministra è azionista (tramite Immobiliare Dani) insieme al suo compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena.
Quel che riportano i legali della ministra rischia di mettere in serio imbarazzo non solo Santanchè ma l’interno governo, Meloni su tutti: il meccanismo messo a punto per pagare il fisco rimette infatti al centro dell’affaire il Twiga e il conflitto di interesse della ministra.
Ufficialmente risolto, secondo gli amici della senatrice, nel momento in cui Santanchè ha venduto le quote incassando 2,7 milioni di euro, poco dopo aver ricevuto l’incarico. Una parte le ha cedute al suo compagno, le altre a Briatore.
Ora però scopriamo che quel filo finanziario tra la ministra e il Twiga non è stato del tutto reciso: tanto più lo stabilimento fattura, tanto più lei riesce a saldare i debiti con l’agenzia delle entrate. Peccato che il suo ministero ha mantenuto le deleghe alle concessioni balneari.
Alla prima riunione del tavolo tecnico-consultivo sulle concessioni, convocato nei giorni scorsi, alla riunione con le associazioni balneari per discutere della messa al bando o delle proroghe, c’erano i due più stretti collaboratori di Santanchè: il vice capo di gabinetto e il consigliere per i rapporti istituzionali della ministra.
Santanchè ha riferito al Senato sulle indagini della procura di Milano inerenti la galassia aziendale di cui è o è stata amministratrice, azionista, gestore. Di cose da dire ce ne sarebbero state tante. A partire dai debiti milionari con banche e fisco.
Una delle maggiori esposizioni debitorie di Visibilia è con il fisco. Inizialmente era pari a 1,9 milioni. I legali di Santanchè hanno presentato una proposta di accordo del valore di 1,2 milioni. «Con riguardo al debito fiscale, che, si ricorda, è oggetto di proposta di transazione fiscale, esso (in caso di adesione), verrà pagato nella misura del 70 per cento del totale, e dunque per una somma pari ad € 1.294.859 da corrispondersi in 120 mesi».
La richiesta in pratica è di abbattere il debito e rateizzarlo in dieci anni. Poi nella relazione dello studio che assiste Santanchè gli avvocati spiegano come verrà pagata la somma. L’impegno sarà soddisfatto dalla società Immobiliare Dani, «partecipata al 95 per cento» da Santanchè.
Non solo, aggiungono che «in particolare le disponibilità economiche deriveranno» anche «dalla partecipazione che Immobiliare Dani S.r.l. detiene in Ldd sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena (compagno della ministra, ndr), società partecipata al 50 per cento da Immobiliare Dani s.r.l. e al 50 per cento da Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena». Inoltre, sottolineano, che da Ldd «Immobiliare Dani (cioè Santanchè, ndr) percepisce il 90 per cento degli utili».
Ecco però il nocciolo della questione che può essere controproducente per la ministra: «Per completezza, si precisa che Ldd sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena è una società di management che si occupa della gestione della Twiga S.r.l. e che per l’anno 2023 fatturerà alla Twiga S.r.l. stessa una fee pari al 3,5 per cento del fatturato di quest’ultima».
Quindi: grazie alla partecipazione nella società condivisa con il compagno incasserà una percentuale dalla gestione del Twiga di Briatore. Denaro che potrà essere usato per saldare il debito con il Fisco.
«Considerato che nel 2022 il valore di produzione della Twiga s.r.l. è stato pari a 8,4 milioni di euro e che è preventivabile un risultato analogo per l’anno 2023, è ragionevole ritenere che LDD sas di Kunz Dimitri d’Asburgo Lorena fatturerà alla Twiga S.r.l. il 3,5 per cento della somma di 8,4 milioni, ovverosia 295.279 euro di cui il 90 per cento» spetterà alla «Immobiliare Dani S.r.l. (precisamente € 265.751,14 oltre iva)».
E se non dovesse bastare questa contorta ma notevole garanzia con il brand Twiga, «ad estrema tutela del Creditore-Fisco, anche tale debito è oggetto del Vincolo di destinazione di cui infra». Quest’ultimo riferimento è al vincolo, rivelato da Domani, sulla villa in centro a Milano fatta valutare da un perito 6 milioni di euro e messa a garanzia delle esposizioni con banche e Agenzia delle Entrate.
La ministra ha detto di parlare vestendo i panni «dell’imprenditore», di essere orgogliosa delle sue attività. Per prima cosa ha ricordato il suo ingresso nel settore editoriale: «Credo che tutti quelli che oggi fanno impresa possono capire bene quello che sto dicendo», coloro che «stanno lottando per tenere in vita le loro imprese».
Avrà pure indossato gli abiti dell’imprenditrice un tempo di successo, ma avrebbe dovuto anche ricordare ai suoi colleghi parlamentari che nel ricorso dei suoi avvocati per la ristrutturazione dei debiti è esaltato il ruolo di senatrice che ricopre
Anche in questo caso come garanzia per evitare il fallimento. Non tutti gli imprenditori possono giocarsi questa carta: «Si rileva, peraltro, che la socia di maggioranza, dott.ssa Daniela Garnero Santanchè, oltre ad essere socio di riferimento delle diverse società menzionate nel presente ricorso, riveste anche la carica di Senatrice della Repubblica, in funzione della quale percepisce un’indennità pari a 95mila euro netti annui: tale ammontare costituisce ulteriore risorsa a disposizione del Socio di maggioranza in funzione del sostegno finanziario da prestare in favore della Società per il pagamento dei debiti e, dunque, del buon esito degli Accordi».
Una politica, dunque, che sta tentando il tutto per tutto per salvare le aziende dal fallimento e dall’inchiesta per bancarotta.
(da editorialedomani.it)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
DECISIVO IL VOTO DEL LEGHISTA PINELLI, GIA’ AVVOCATO NEL CASO OPEN
La nomina del procuratore capo di Firenze diventa il primo scandalo
politico del nuovo Consiglio superiore della magistratura.
Filippo Spiezia, sessant’anni, membro italiano e vicepresidente di Eurojust (l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria) ha ottenuto l’incarico contro Ettore Squillace Greco, 63 anni, attuale procuratore capo di Livorno.
Ma l’esito in plenum in realtà è stato di 15 a 15: per far prevalere Spiezia, voluto a tutti i costi da Matteo Renzi e dal centrodestra, è stata decisiva la mossa anti-istituzionale del vicepresidente dell’organo, l’avvocato leghista Fabio Pinelli, che contro ogni aspettativa ha partecipato al voto e si è espresso in suo favore, ignorando la prassi e le gigantesche ragioni di opportunità.
Pinelli, infatti, assisteva Alberto Bianchi, già presidente della fondazione Open, imputato per finanziamento illecito e corruzione nel processo sulla cassaforte renziana in corso proprio a Firenze. Non solo: è stato il legale che ha materialmente presentato alla Consulta il conflitto di attribuzione contro la Procura fiorentina sollevato dal Senato nell’ambito di quello stesso processo, sostenendo che i sequestri dei pm fiorentini violassero le prerogative costituzionali di Renzi.
Finora, in tutte le occasioni in cui aveva partecipato al voto (ma solo per non far mancare il numero legale) il vicepresidente leghista si era astenuto, giustificando la scelta proprio con il ruolo istituzionale: se avesse fatto lo stesso in questa occasione, Squillace sarebbe passato per maggiore anzianità. Il voto del vicepresidente, invece, per regolamento a parità di consensi vale doppio.
Va in porto così il piano di Ernesto Carbone, emissario renziano al Csm, e dei consiglieri laici di centrodestra di nominare un “papa straniero“, cioè un magistrato il più distante possibile dal procuratore uscente Giuseppe Creazzo e dai suoi aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli, titolari delle due delicatissime inchieste “politiche” aperte negli ultimi anni nel capoluogo toscano: quella su Open, in cui sono a processo Renzi e il “Giglio magico”, e quella sulle stragi di mafia del 1993 in cui era indagato Silvio Berlusconi e lo è ancora Marcello Dell’Utri. Riassumendo: l’ex avvocato di un coimputato del leader di Italia viva, indicato dalla maggioranza di cui fa parte Forza Italia, viola il suo ruolo istituzionale ed esprime il voto decisivo per nominare il capo dei pm di Firenze, che accusano il leader di Italia viva e i fondatori di Forza Italia. E casualmente vota per il candidato gradito a Italia viva e a Forza Italia, nominato a Eurojust nel 2015 proprio dal governo Renzi.
Per Spiezia, oltre a Pinelli, hanno votato i sette togati conservatori di Magistratura indipendente, i sei laici di centrodestra e Carbone. Per Squillace, invece, si sono espressi sette consiglieri togati progressisti di Area e Magistratura democratica, gli indipendenti Roberto Fontana e Andrea Mirenda, e anche i quattro di Unicost, rimasti in bilico fino all’ultimo; tra i laici, Roberto Romboli (Pd) e Michele Papa (M5s). Astenuti i due membri di diritto, il procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato e la prima presidente Margherita Cassano, che però, intervenendo in plenum, ha espresso parole di stima per il capo dei pm di Livorno.
Squillace, 63 anni, appartiene invece alla magistratura progressista (è iscritto sia a Md che ad Area) e ha una lunga esperienza nella lotta alla ‘ndrangheta, avendo iniziato la carriera in Calabria e in particolare alla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio. Prima di trasferirsi a Livorno nel 2015, era stato già in servizio a Firenze per quasi dieci anni, sempre come sostituto procuratore alla Dda, lavorando a stretto contatto con Turco. La sua scelta avrebbe garantito il massimo della continuità con gli attuali vertici della Procura e per questo era particolarmente invisa a destre e renziani.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
SMENTITA DAI DIPENDENTI LA VERSIONE CHE LA MINISTRA NON HA MAI GETITO LA KI GROUP
Gli emolumenti presi dalle sue aziende. La gestione di alcune società da lei negata e la dipendente messa in cassa integrazione che ha continuato a lavorare. E, ancora, la reale situazione di Visibilia al centro di una indagine della procura di Milano che la vede iscritta nel registro degli indagati. Sono almeno quattro i punti della lunga difesa della ministra Daniela Santanché in Senato che non tornano. Quattro affermazioni che non sono corrette e che sono state smentite dai diretti interessati.
La gestione della Ki Group
Uno degli elementi emersi nelle inchieste giornalistiche di questi giorni è la gestione della ministra insieme al suo ex compagno Caio Mazzaro nell’azienda del biologico Ki Group: azienda che non ha pagato fornitori e nemmeno il Tfr ad alcuni dipendenti. “Non ho mai avuto il controllo e la gestione della Ki Group — ha detto in aula Santanchè — e da gennaio 2019 ho assunto una carica sociale senza alcun potere operativo”. In realtà fino al 2022 lei è stata presidente del cda dell’azienda e alcuni dipendenti, presenti in Senato, hanno smentito la sua versione. Come Monica Lasagna, ex responsabile fornitori: “Io avevo contatti diretti con lei e facevo riunioni con lei ogni 15 giorni”. ”Ho lavorato in amministrazione e avevo il figlio Lorenzo Mazzaro che mi dava istruzioni, e quando aveva dubbi chiamava la mamma”, ha aggiunto la dipendente Raffaella Caputo.
I super compensi
Come denunciato da Report in meno di nove anni solo come stipendi per le cariche sociali, “Daniela Santanchè si sarebbe portata a casa 2,5 milioni e Canio Mazzaro 6”. Santanchè ha smentito questa versione: “Con riferimento ai compensi preciso — ha detto in aula — di aver incassato dal 2019 appena 20 mila euro all’anno. Negli anni precedenti con i bilanci in crescita ho ricevuto circa 100 mila euro”. Qui ha detto una mezza verità, dimenticandosi l’altra parte: lei in aula ha parlato solo degli emolumenti presi come presidente del cda di Ki Group. Ma compensi anche superiori ai 200 mila euro all’anno, secondo Report, li ha presi nella capogruppo Bioera.
I conti in Visibilia
La ministra ha invece detto di essere orgogliosa della sua gestione in Visibilia, la società editrice: “Sono stata socia di maggioranza e ho ottenuto grandi successi rianimando riviste che tutti avete letto — ha detto — poi è arrivata la crisi dell’editoria che ha travolto tutto il settore. Alla fine del 2022 la procura ha proposto istanza di fallimento per quattro società Visibilia: per due società ha ritirato la proposta e ho messo a garanzia anche la mia casa per salvare le aziende, meriterei un plauso”. Tutto risolto dunque no? Peccato che la ministra non abbia fatto alcun cenno sulla perizia di parte sul tavolo della procura che denuncia errori nei bilanci: omissioni che non hanno fatto emergere passività per 4 milioni a partire dal 2014. E denuncia anche strane manovre come finanziamenti da 680 mila euro dati a una società terza, di proprietà di Santanchè con usufruttuario l’ex compagno Alessandro Sallusti, non restituiti quando Visibilia era già con debiti per milioni di euro e lei cercava fidi in banca. E non ha detto nulla sul prestito non restituito a Invitalia per l’emergenza Covid, pari a 2,7 milioni di euro.
La dipendente in cassa Covid
La ministra ha poi sminuito la vicenda della causa civile in corso a Roma avviata da una dipendente che sostiene di essere stata messa in cassa integrazione Covid a sua insaputa e di aver continuato a lavorare per Visibilia mentre svolgeva anche una consulenza al gruppo di FdI al Senato. In aula Santanché ha detto: “C’è poi una dipendente che sostiene di non sapere di essere stata messa in cassa integrazione. La sua situazione è stata sanata, ma posso assicurare che lei non ha mai lavorato in Visibilia da quando era stata messa in cassa integrazione”. Ma se è stata sanata adesso, vuol dire che qualcosa non andava prima, no?
L’avvocato La Russa
Il presidente del Senato ha detto di non aver mai lavorato per Visibilia o il fondo Negma. In realtà ha inviato per Visibilia e Negma due diffide a un quotidiano online di Milano, ma adesso si scopre, perché lo ha detto la ministra in aula, che La Russa è stato incaricato anche di una diffida contro il socio di minoranza (Giuseppe Zeno) che ha presentato esposti alla Consob sui prestiti a Visibilia del fondo Negma. Secondo Santanché questo socio chiedeva accordi indicibili e per questo è stato diffidato: dall’avvocato La Russa che ieri presiedeva l’aula durante l’informativa della ministra.
(da La Repubblica)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
ADDIO “DIGNITA’ E ONORE” CHE DOVREBBERO CARATTERIZZARE GLI INCARICHI PUBBLICI
Bisognerebbe ricordarsi i tumulti d’aula nel giorno di Ruby nipote di
Mubarak o durante la replica di Claudio Scajola sulla casa al Colosseo per comprendere con esattezza il senso e il tempo del D-Day di Daniela Santanchè.
Ieri al Senato niente zuffe, né eccessi verbali, né risate, né ovazioni, da nessuna delle parti. E quel che emerge è un tempo e un senso diluito, lasco, perché tutti sanno che il caso fisserà un paletto in materia di accuse, ministri, inchieste sui ministri, e soprattutto stabilirà a che altezza collocare l’asticella etica di questo nuovo governo dove comanda la destra legalitaria di Giorgia Meloni e il vecchio mondo berlusconiano capace di difendere l’indifendibile e ammettere l’inammissibile è oggettivamente in ritirata. Dove piazzarla questa asticella?
La sfortuna della ministra Santanchè è di essere protagonista del caso che darà risposta alla domanda, quello che “farà precedente” e diventerà pietra di paragone di ogni futuro inciampo dei colleghi. Per questo il giorno delle risposte e delle accuse risulterà, alla fine, una storia lasciata in sospeso dove ciascuno recita il suo ruolo in attesa degli eventi giudiziari e politici delle prossime ore e, soprattutto, della soluzione del problema dell’asticella.
La questione è ben presente agli alleati della premier, e non a caso il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha associato il caso del giorno al vecchio scandalo Metropol che colpì Matteo Salvini, rubricando entrambi come “accuse mediatiche” che non avrebbero meritato nemmeno una risposta perché “non può essere una trasmissione giornalistica a imporre a un ministro di dare spiegazioni in aula”.
Forza Italia, figuriamoci. La sua dimestichezza con le “campagne d’odio” (espressione recuperata dalla ministra e citata più volte) architettate dai nemici è nota, ed era ovvio recuperare il concetto in questa occasione. E tuttavia ognuno dei protagonisti della scena sa che questo governo non potrà adagiarsi su un illimitato perdonismo.
La dura reprimenda di Gennaro Sangiuliano per l’incontinenza verbale del suo sottosegretario Vittorio Sgarbi, peraltro assai più prevedibile e forse innocua della vicenda Santanché, ha destato già qualche sobbalzo e suscitato interrogativi sul livello di tolleranza del nuovo centrodestra a guida Meloni rispetto al vecchio.
L’altro elefante nella stanza è la questione del conflitto di interesse, che nei governi guidati dal Cavaliere era appena un argomento delle opposizioni, peraltro piuttosto consunto dall’incapacità di dargli uno sbocco di legge.
Finita quell’epoca, tornata l’era del professionismo politico con una premier che non ha doppi o tripli ruoli da difendere, il prima e dopo andrà segnato in qualche modo e ci si chiede se sarà possibile tenere insieme operazioni imprenditoriali disinvolte come quelle raccontate da Daniela Santanchè e il suo “chi fa può sbagliare” con il rigore del “chi sbaglia paga” che la destra invoca in ogni campo.
Bisognerebbe prendere per buona la tesi del complotto che la ministra ha evocato in aula, sostenendo che i “pretesi scandali” sono in realtà un “maldestro tentativo di impedire alle aziende di portare a termine la ristrutturazione”. Ma pure questo, così come il vittimismo sullo stile di vita, le belle case, il lusso, è déjà vù d’altri tempi, non è che regga tanto al racconto del nuovo corso meloniano.
Dunque, si dovrà aspettare per capire dove sarà piazzata la nuova asticella della “dignità e onore” nell’esercizio dei ruoli istituzionali, ma non c’è dubbio che dai livelli assai modesti (e superabili pressoché da tutti) fissati dai precedenti governi a guida centrodestra dovrà alzarsi un po’, diventare più selettiva. Chissà se alla fine Santanchè riuscirà comunque a passarci sopra.
(da La Stampa)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
DAI CASI SANTANCHE’ E SGARBI SI DELINEANO LE QUALITA’ PER DIVENTARE IL MELONIANO PERFETTO
Se dovessimo vergare le caratteristiche dell’homo melonicus potremmo attingere a ciò che è accaduto ieri in Parlamento, dove il caso Santanchè e il cosiddetto caso Sgarbi hanno delineato chiaramente le qualità che occorrono per diventare il meloniano perfetto nell’anno 2023.
L’homo melonicus – che in questo caso ha le fattezze femminili della ministra Santanchè – è qualcuno che sfoggia la sua ricchezza per martellare i poveri, riempie i suoi social di grandeur imprenditoriale, bastona i disoccupati come se fossero i falliti e poi quando gli tocca rendere conto al Parlamento frigna.
Ieri Santanchè s’è lamentata di vent’anni di sfottò sul “mio tenore di vita, le mie case, le mie amicizie, i nomignoli…”.
Ci tocca ricordarle che quelle sono le uniche caratteristiche per cui è diventata celebre. Ricordarsi qualche caratteristica politica è un’impresa titanica.
L’homo melonicus, come la Santanchè, vorrebbe essere “ringraziato” per aver usato i suoi effetti personali per coprire i debiti della gestione fallimentare delle sue società. Le diamo una notizia, accade a tutti: bussa l’Agenzia delle entrate senza nemmeno un grazie.
L’homo melonicus fa lo sbruffone – come uno Sgarbi qualsiasi – ma trova sempre un ministro che lo censura con una mano e lo perdona con l’altra. Quello che conta è fare casino, alzare la polvere, coprire con le polemiche il loro peggiore vizio, quello di non sapere fare niente, nonostante riescano a trovare decine di argomenti per non parlarne. Usano anche i loro fallimenti, se servono per cambiare discorso.
(da La Notizia)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
LA MELONI HA PAURA DI UN’ESTATE SULLA GRATICOLA… TORNA IN BALLO L’IPOTESI DIMISSIONI
«Ha combinato un pasticcio. E aveva pure sei avvocati». Il giorno dopo lo
showdown in Senato Daniela Santanchè deve affrontare anche il fuoco amico. L’informativa della ministra del Turismo sui guai delle sue aziende e la conferma dell’indagine da parte della procura di Milano hanno scatenato le paure nel governo Meloni e nella maggioranza.
Dove in molti adesso temono di passare l’estate sulla graticola: «Siamo in mano ai magistrati». Intanto continuano a girare voci sulle dimissioni. I pubblici ministeri ipotizzano nei suoi confronti i reati di bancarotta e falso in bilancio. E c’è la possibilità che sia Giorgia Meloni a chiederle un passo indietro. La premier aveva ipotizzato l’addio in caso di rinvio a giudizio. Ma adesso la situazione potrebbe precipitare.
L’inchiesta sulla Pitonessa
Santanché è iscritta a modello 21 del registro delle notizie di reato. La chiusura dell’indagine è prevista per l’autunno. Il pm Roberto Fontana, allora titolare del fascicolo su Visibilia, e la collega Maria Gravina avevano secretato l’iscrizione della senatrice di Fratelli d’Italia. Per esigenze d’indagine. La secretazione è durata tre mesi perché l’articolo 335 del codice di procedura penale dice che non è rinnovabile.
Nessun atto è stato compiuto nei confronti della ministra. E al momento, da quanto filtra dalla procura, non se ne ravvisa nemmeno l’esigenza. Non è all’orizzonte un invito a comparire. Mentre sarà l’avviso di conclusione indagine a chiudere il cerchio sull’iscrizione.
A meno che i suoi legali non facciano una ulteriore richiesta di accesso al registro degli indagati (a novembre per via della secretazione non ebbero alcun esito). C’è la possibilità concreta che dalle contestazioni sparisca il reato di bancarotta per Visibilia Concessionaria e Visibilia srl in liquidazione. Che stanno trattando con le agenzie governative la chiusura delle problematiche.
Il salvataggio e l’altra indagine
Se l’Agenzia delle Entrate accoglierà la proposta avanzata nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito di una transazione che prevede il versamento di 1 milione e 200 mila euro spalmato in 10 anni, la strada sarà in discesa. Il procuratore aggiunto Laura Pedio (subentrato a Fontana) e il pm Gravina potrebbero chiedere la revoca dell’istanza di fallimento. Come è già accaduto nei mesi scorsi con Visibilia Editore e Visibilia Holding. E questo perché entrambe hanno ripianato i debiti. Una soluzione favorevole potrebbe arrivare pure per Visibilia Concessionaria oggetto, come si legge in una memoria difensiva, di «rilevanti interventi posti in essere tempestivamente dalla Società e dai suoi Soci». In base ai quali «i rilievi contenuti nel ricorso per la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale presentata dal Pubblico Ministero sono da considerarsi superati».
Ma ci sarebbe ancora il problema della Cig Covid. Rimarrebbero in piedi le contestazioni su Ki Group. Per le quali si prospetta un intervento dell’Inps.
Nei confronti di Santanchè c’è anche un’altra indagine. Per aver aiutato, attraverso la compravendita di una barca, l’ex compagno Giovanni Canio Mazzaro in una presunta sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, vicenda per cui lui è stato mandato a processo.
Le paure del governo Meloni
Tutto questo scuote il governo Meloni dalle fondamenta. La Stampa racconta in un retroscena che la maggioranza è molto nervosa nei confronti di Santanchè. Di dimissioni parla solo l’opposizione. Ma circola già il nome del suo possibile sostituto. Ovvero Valentino Valentini, ex pontiere di Silvio Berlusconi con Ignazio La Russa.
Meloni era stata informata sui contenuti della risposta della ministra. A microfoni spenti, spiega il quotidiano, soprattutto i colleghi di Forza Italia spingono per la “Santanchexit” dall’esecutivo. Anche Salvini vorrebbe occuparsi di turismo. Ma le battute, come quella sul “team legale” che «ha combinato un pasticcio» fanno percepire una brutta aria.
(da La Repubblica)
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Luglio 6th, 2023 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DI “DOMANI”: “SOLO NEI REGIMI SUDAMERICANI SI CERCA DI INTIMIDIRE LA STAMPA CHE RACCONTA LA VERITA'”
La ministra della Repubblica Daniela Garnero Santanchè, dallo scranno in Senato dove era chiamata a spiegare le strane vicende finanziarie delle sue aziende semi-fallite, ha preferito non rispondere nel merito. Restando nel vago sulle questioni più spinose, o facendo voluta confusione.
Come nel caso di Ki group srl, di cui ha detto di controllare «solo il 5 per cento» e di non avere dunque alcun potere di gestione della società, dimenticando però di spiegare all’aula di far parte di un patto parasociale per «l’esercizio congiunto del controllo» della stessa azienda.
La fedelissima di Giorgia Meloni, soprattutto, ha tentato la classica mossa del cavallo. Attaccando con violenza inusitata la stampa libera e in particolare Domani. Colpevole solo di aver scritto, con un’inchiesta di Giovani Tizian, una notizia vera: l’iscrizione della Santanchè nel registro degli indagati dalla procura di Milano nell’ambito dell’indagine su bancarotta e falso in bilancio sulla sua società Visibilia.
«O Domani mente sapendo di mentire, oppure sceglie il giorno del mio intervento per una classica imboscata per colpire un ministro del governo contro cui si scaglia ogni giorno. È normale che un giornalista può scrivere cose segretate ignote all’interessato?».
Santanchè si ritiene vittima di «una campagna d’odio», sopraffatta da «pratiche sporche e schifose: se non fosse per il rispetto che porto a quest’aula dopo l’uscita proditoria del Domani chiuderei qua il mio intervento».
Ora, se Santanchè avesse davvero rispetto per le istituzioni che rappresenta, dovrebbe dimettersi all’istante. Non per l’indagine dei pm, il cui esito è tutto da valutare. Ma perché è lei ad aver mentito in Senato, non Domani.
Sul suo reale peso nella srl, e sulla sua iscrizione (non più secretata da mesi). Soprattutto, dovrebbe lasciare per i conflitti di interessi tra i suoi affari privati e il suo ruolo politico e per l’indegna intimidazione rivolta ai media.
Solo in democrazie sudamericane membri del governo si scagliano con tale violenza sulla libera stampa che racconta fatti verificati su un suo ministro di punta. Le notizie, poi, vengono divulgate quando si hanno le necessarie conferme, e soprattutto senza chiedere il permesso al potente di turno sul timing gradito per la pubblicazione.
È l’ennesima volta che l’esecutivo di destra attacca il nostro giornale: la premier Meloni ci ha mandato a processo per un articolo sulle mascherine che la citava, e poi criticato duramente – senza smentire una riga – l’inchiesta sugli affari della madre; addirittura il sottosegretario Claudio Durigon ha mandato qualche settimana fa i carabinieri a “sequestrare” in redazione un pezzo che non gli piaceva.
Tutto in un clima mefitico per chi prova a dare qualche notizia sui membri dell’esecutivo. Un invito dunque a Meloni e i suoi giannizzeri: accettino le critiche della stampa, come accade in tutti i paesi occidentali evoluti. Sarebbe un bene per tutti. Anche per loro.
(da Domani)
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