Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
INTERVISTA AL CLIMATOLOGO BETTI: OCCORRE MITIGARE LE EMISSIONI DI GAS CLIMALTERANTI”
Un nubifragio si è abbattuto la scorsa notte su Milano allagando
numerose strade e abbattendo centinaia di alberi. Nel frattempo Palermo è assediata da decine di incendi
Sono gli effetti del cambiamento climatico, fenomeno che in molti ancora negano palesemente o ignorano del tutto nonostante gli allarmi lanciati da decenni dalla comunità scientifica.
Gli eventi estremi degli ultimi giorni – dalle ondate di calore ai nubifragi – sono destinati però a diventare la normalità nel prossimo futuro, ed è bene che vengano tempestivamente messe in campo politiche di mitigazione e adattamento.
A ricordarlo a Fanpage.it è Giulio Betti, meteorologo e climatologo presso il Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale) e l’Istituto di Biometeorologia del CNR di Firenze, nonché socio AMPRO (Associazione Meteo Professionisti).
A cosa sono dovuti gli eventi meteo estremi che si sono abbattuti sulla Lombardia?
L’Italia settentrionale si è trovata per tutta la durata di questa ondata di calore – ben 17 giorni – nella zona di confine tra masse d’aria umida e relativamente fresca che transitavano sull’Europa centrale e una massa d’aria secca e molto calda in quota e al suolo di origine sub-tropicale/desertica. Essendo il nostro Paese collocato sul margine tra queste due masse d’aria, e con la presenza delle Alpi, che rappresentano un trampolino d’innesco dei temporali, purtroppo per svariati giorni abbiamo assistito a temporali rovinosi. In un primo momento si sono verificati sull’arco alpino; poi, mano a mano che il flusso perturbato atlantico si è abbassato, anche la Valpadana è stata duramente colpita. Questo territorio infatti funge da “collettore” di aria calda e qui si sono create le condizioni per temporali molto forti e grandinigeni.
Dobbiamo aspettaci che questi eventi estremi siano sempre più frequenti in futuro?
La risposta è sì. Semplicemente sì.
Perché?
L’atmosfera tende a scaldarsi sempre più e ad incamerare nuova energia. Aumenterà la concentrazione di vapore acqueo, che cresce del 7% ad ogni grado in più di temperatura. Laddove si creeranno le condizioni questo surplus di energia e vapore darà luogo a temporali e precipitazioni molto intense. La spiegazione, in parole povere, è questa.
E si tratta di una condizione reversibile, oppure bisognerà riprogettare le nostre vite per fronteggiare questi fenomeni?
Si tratta di una condizione irreversibile. Bisogna adattarci al cambiamento climatico e fare in modo che non peggiori ulteriormente. Occorre mettere in conto che le ondate di calore ed altri eventi estremi saranno sempre più frequenti, diventeranno normali; nel contempo bisogna fare in modo che la situazione non precipiti sempre di più, e per farlo occorrono politiche di mitigazione delle emissioni di gas climalteranti. Altrimenti il clima peggiorerà a una velocità tale che non riusciremo mai ad adattarci.
Mentre la Lombardia e altre regioni del nord Italia (Veneto, ad esempio) sono state interessate da nubifragi, forti venti e grandinate, a Palermo sono divampati decine di incendi alimentati dal vento.
Esatto. Ricordo che gli eventi estremi non sono costituiti solo dalle piogge o dalla grandine ma anche dalle ondate di calore e dai picchi termici: tali fenomeni dovrebbero avere tempi di ritorno molto ampi, invece iniziamo ad osservarli sempre più spesso. Tanto per fare un esempio ieri, lunedì 24 luglio, in Italia sono ufficialmente caduti sette record storici assoluti di temperatura massima mai osservata. Oltre al nuovo record di temperatura in Europa di luglio (48.2 °C in Sardegna, Jerzu) sono stati registrati i record di Palermo Osservatorio 47 °C (precedente 44,6 °C); Decimomannu: 46.8 °C; Ustica: 43 °C; Cagliari: 44,6 °C; Olbia: 47,4 °C; Capo San Lorenzo: 47 °C; Capo Bellavista: 45 °C.
Cosa ci attende nei prossimi giorni?
Il caldo eccezionale finirà anche al sud; i primi di agosto farà caldo, le temperature saranno comunque superiori alle medie del periodo, ma la situazione sarà molto più gestibile di quella attuale. Fino al 3/4 agosto, quindi, sembra scongiurata una nuova ondata di calore intensa come quella degli ultimi 17 giorni.
Qualcuno si ostina a dire che in estate “è sempre stato caldo” e non ci sarebbe nulla di anomalo in queste settimane. Da scienziato del clima, cosa risponde loro?
È molto semplice. Qualcuno finge di non sapere che la temperatura media delle estati europee ed italiane dal 1980 ad oggi è aumentata di oltre due gradi. Dal punto di vista climatologico si tratta di un’enormità, di un aumento clamoroso in appena 40 anni. Questa crescita delle temperature è uno degli effetti del cambiamento climatico ed è dovuta all’aumento della frequenza e delle intensità delle ondate di calore. Un tempo questi fenomeni erano molto più rari e venivano compensati da fasi fresche e gradevoli. Ora non più.
A causa di El Niño dobbiamo aspettarci altre temperature record nel 2024?
Non è necessariamente detto che El Niño colpirà proprio il Mediterraneo: si tratta di un fenomeno globale che invece porterà gravi problemi soprattutto in Australia, sulle coste dell’America Latina e in India, e che contribuirà probabilmente a un nuovo record delle temperature globali. Non è detto però che gli effetti di El Niño interesseranno direttamente anche l’Italia. Tuttavia questo eccesso di calore e le temperature molto elevate dell’Atlantico e del Mediterraneo potrebbero portare quest’autunno e inverno a due estremi: o fasi anticicloniche durature (nuova pesante siccità) o a precipitazioni estremamente abbondanti. La speranza è che ci sia una via di mezzo tra queste condizioni, però è realistico che si vada invece incontro a situazioni preoccupanti. Ripeto: il calore eccezionale dovuto al Niño e le anomalie termiche elevate nell’Atlantico e nel Mediterraneo avranno conseguenze delle quali faremmo volentieri a meno.
(da Fanpage)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
PER IL 34,7% C’E’ TROPPO ALLARMISMO SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO. PER IL 29,7% LE FAKE NEWS SONO VERITA’ CENSURATE
«Il 34,7% degli italiani è convinto che ci sia un allarmismo eccessivo sul cambiamento climatico». È ciò che emerge dall’ultimo rapporto Ital Communications-Censis: il sistema dell’informazione alla prova dell’Intelligenza Artificiale, Istituto di ricerca socio-economica, dal titolo «Disinformazione e fake news in Italia».
Pubblicato il giorno dopo il nubifragio che si è abbattuto in Lombardia mentre la Sicilia continua a combattere contro gli incendi, il report mostra come i negazionisti – coloro che sono convinti che il cambiamento climatico non esista – rappresentano il 16,2% della popolazione. Percentuale che sale al 18,3% tra i più anziani e al 18,2% tra i meno scolarizzati.
Per il 76,5% italiani difficile scoprire le fake news
Ciò che aumenta tra gli italiani, è la paura e il timore di non essere in grado di riconoscere le informazioni false. Il 76,5% ritiene, infatti, che le fake news siano sempre più difficili da scoprire, il 20,2% è convinto di non avere gli strumenti e le competenze per riconoscerle e il 61,1% di averne solo in parte. Il report di Censis mostra inoltre come 29,7% della popolazione neghi l’esistenza stessa delle bufale e pensa che non si debba parlare di fake news, ma di notizie vere che vengono deliberatamente censurate dai palinsesti che poi le fanno passare come false.
Per 75,1% italiani l’Ai nell’informazione crea incognite
Sull’intelligenza artificiale, invece, il 75,1% degli italiani ritiene che con l’upgrading tecnologico verso l’Intelligenza Artificiale sarà sempre più difficile controllare la qualità dell’informazione. Mentre per il 58,9%, l’Ai può diventare uno strumento a supporto dei professionisti della comunicazione. Più in generale, un’alta percentuale di italiani – l’85,8% – ha paura di farsi trovare impreparato di fronte a un cambiamento tecnologico, quale l’Ai, che con ogni probabilità inciderà (nuovamente) sul modo di vivere, studiare, lavorare, produrre e accedere alle informazioni. Per questo motivo, ritiene che ci sia bisogno di far conoscere di più ai cittadini sia i vantaggi, ma anche i limiti dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Per il 93,3% italiani si informa di solito su almeno una fonte
47 milioni di italiani, il 93,3%. È il totale di chi si informa abitualmente (con una frequenza come minimo settimanale) almeno su una delle fonti disponibili. Quali? L’83,5% usa il web; il 74,1% i media tradizionali. Di contro, sono 3 milioni e 300 mila (il 6,7%) gli individui che invece rinunciano ad avere un’informazione puntuale su ciò che accade. 700 mila, quelli che non si informano affatto. Dalla ricerca emerge come sia cresciuta la consapevolezza degli effetti devastanti della disinformazione, che può essere arginata da professionisti della comunicazione accreditati come fonti autorevoli e garanti dell’affidabilità e della qualità delle notizie.
Per distinguere buona/cattiva informazione servono competenze precise sulle nuove tecnologie: il 64,3% degli italiani utilizza un mix di fonti informative, tradizionali e online. Il 9,9% si affida solo ai media tradizionali e il 19,2% (circa 10 milioni di italiani) alle fonti online. Il 56,7% degli italiani è convinto che, di fronte al disordine informativo che caratterizza il panorama attuale dell’informazione, sia legittimo rivolgersi alle fonti informali di cui ci si fida di più.
(da agenzie)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
LA STORIA DI DOSSO FATI E DELLA PICCOLA MARIE
La mamma e la figlia immortalate da un giornalista libico morte di stenti,
in Tunisia, hanno un nome e un cognome. Lo scatto dei loro corpi vicini fino all’ultimo istante ha fatto il giro di tutti i media.
«Lo avevo preso come un impegno personale, non solo professionale. Dare un volto a quella donna con la sua bambina morte di stenti e fame nel deserto tra Tunisia e Libia. Dosso Fati e la piccola Marie fuggivano dalla Costa d’Avorio. Erano persone non “invasori” da fermare».
A twittarlo è Antonella Napoli, giornalista e direttrice di Focus on Africa, che ha ricostruito la vicenda.
«Dosso Fati e la piccola Marie fuggivano dalla Costa d’Avorio. Sono morte di stenti e sete prima di poter realizzare il loro sogno di un futuro migliore. Dare un’identità alle ennesime vittime di politiche anti migranti disumane era un dovere e grazie ai colleghi di Libye Actualité è stato possibile dar loro dignità», spiegano sul sito.
«Oggi non piangiamo solo Dosso e Marie, ma una moltitudine di anime senza volti, un numero senza fine, vittime di un mondo che li ha delusi. Un mondo che ha perso ogni barlume di compassione».
(da agenzie)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
DOPO LA SENTENZA SUI 10 SECONDI LEGITTIMI PER TOCCARE IL CULO, ARRIVA QUELLA SULLA LEGITTIMITA’ DI SALTARE ADDOSSO A UNA RAGAZZA SOVRAPPESO NELLO SGABUZZINO DEL MUSEO… NORDIO SEI VIVO?
Mi piacerebbe prendere un caffè con la dottoressa Bonaventura del tribunale di Roma per approfondire la sua visione del mondo.
Fu lei ad assolvere il bidello che aveva toccato il sedere di una studentessa nello stesso tempo impiegato da Jacobs per vincere i 100 metri alle Olimpiadi, sentenziando che sotto i dieci secondi il palpeggiamento è fugace, suppongo assimilabile a un gesto di cortesia.
Ora la giudice si rivela recidiva, perché dopo il bidello manda assolto anche il dirigente di museo accusato da un’impiegata di saltarle addosso negli sgabuzzini, sniffandole i capelli al grido di «Quanto mi arrapi». Nella sentenza sta scritto che i colleghi non hanno confermato le accuse dell’impiegata (il museo invece deve averle creduto, visto che ha licenziato il direttore) e tanto dovrebbe bastare per assolvere l’imputato. Invece la magistrata sente il bisogno di aggiungere che «la ragazza era probabilmente mossa da complessi sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso)» che l’avrebbero portata a «ritenersi aggredita fisicamente».
Per la giudice-psicanalista una donna sovrappeso è indotta a vedere molestie dove non ci sono: se il direttore di museo avesse sniffato i capelli a Margot Robbie in uno sgabuzzino gridandole «Quanto mi arrapi», lei lo avrebbe correttamente interpretato come un complimento alla sua marca di shampoo, senza farsi venire strane idee.
Sì, vorrei tanto approfondire la visione del mondo della dottoressa Bonaventura. Soprattutto vorrei capire perché si ostini a tradurre questa visione non in saggi o romanzi, ma in sentenze.
(da La Repubblica)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
SDOGANATO IL FESSO SPENSIERATO
Il frescone, a Roma, non è una figura antipatica. È il fesso spensierato, il
semplice che apre bocca senza pensarci troppo. Dice le frescacce, che sono l’eufemismo di fregnacce, termine assai più greve, mi scuso per averlo evocato ma la cultura ha i suoi obblighi.
La destra italiana ha una importante corrente frescona, fin qui molto sottovalutata, che i politologi dovrebbero studiare con attenzione. Nel negazionismo climatico, per esempio, c’è una evidente impronta frescona: “Ma che vuoi che sia? D’estate ha sempre fatto caldo”.
Non c’è malizia, c’è l’innocenza del fesso, la leggerezza di chi in ogni cosa complicata vede un nemico. Non è venuto al mondo per pensare, il frescone, ma per essere felice.
Avendo la casa scoperchiata da un tornado, come in Arizona però a Ladispoli, borbotta “e che sarà mai?”, e scende al bar per l’aperitivo mentre la Protezione civile lo cerca per prestargli soccorso.
Nella produzione giornalistica della destra la fresconeria è importante. Contende il primato all’anima squadrista che massacra le persone, e mentre le massacra le deride (l’olio di ricino, nel tempo, ha preso la forma dell’editoriale).
Lo squadrista è truce, il frescone invece è spesso un bravo ragazzo/ragazza, non ha nessuna intenzione di fare del male, anzi punta tutte le sue carte sul benessere: ma che stai a preoccuparti, ma che vuoi che sia, il mondo è sempre uguale, basta la salute.
Problema: lo squadrista è facile da contraddire, basta dirgli quello che è. Ma il frescone? Il frescone è inespugnabile. Sorride. Ti offre da bere. Guida la maggioranza. Governa.
(da La Repubblica)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
SOTTO LA LENTE DELLA PROCURA 60.000 EURO PER L’ACQUISTO DELLE QUOTE DI UNA SOCIETA’ DELLA SANITA’
C’è un’indagine per finanziamento illecito ai partiti e falso nei confronti di Renato Brunetta. L’attuale presidente del Cnel è accusato dalla procura di Roma per qualcosa che è successo mentre era ministro della Funzione Pubblica del governo Draghi. All’epoca era socio insieme alla moglie del suo vice capo di gabinetto, di un’azienda che commercializza prodotti sanitari. Proprio il vice capo di gabinetto a un certo punto acquista le quote dell’azienda che appartengono a Brunetta. Per 60 mila euro. Ma secondo i carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci si tratta di un’operazione sospetta. E la conferma arriverebbe dalla contraffazione di alcune carte.
L’inchiesta
Per questo, fa sapere oggi Repubblica, i magistrati contestano anche il falso a Brunetta. Mentre l’accusa di finanziamento illecito si deve anche confrontare con il fatto che l’allora ministro alla fine uscì da Forza Italia ma non si candidò alle elezioni, come invece fecero le sue “colleghe” di fuga dal partito di Berlusconi. Ovvero Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. Ma all’inizio i magistrati avevano formulato l’accusa di corruzione. Ma il Tribunale dei Ministri ha bocciato la tesi. Perché dall’indagine non sono emersi favori reciproci. Per questo gli inquirenti hanno derubricato il reato in finanziamento illecito. Brunetta ha ricevuto l’avviso di conclusione indagini alcune settimane fa. Di solito in questi casi poi la procura chiede il rinvio a giudizio.
La richiesta di rinvio a giudizio
I pm Fabrizio Tucci e Gennaro Varone, coordinati dall’aggiunto Paolo Ielo, sono pronti. Mentre l’avvocato di Brunetta Fausto Coppi depositerà una memoria per evitarlo. «È stata una vendita regolare», spiega Brunetta al quotidiano. «Conclusa con chi aveva il diritto di comprare, la compagna del vice capo di gabinetto vantava un diritto di prelazione. La vendita è stata conclusa a un prezzo congruo, i reati di corruzione e illecito finanziamento sono stati archiviati dal Tribunale dei ministri che ha sottolineato come l’intera vicenda sia, in realtà, un semplice rapporto tra privati». Ma la procura continua ad indagare. Ho presentato un’ampia memoria attraverso la quale confido di aver chiarito tutto, non credo sia un reato per un ministro vendere delle quote societarie anche perché con quei soldi non ho finanziato attività politiche o elettorali».
(da agenzie)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
HA FATTO BENE, CHI NON SI DISSOCIA DA UN CRIMINALE E’ DEGNO DI LUI
L’ucraino Igor Reizlin non si è presentato in pedana nella sfida di spada
maschile ai Mondiali di scherma di Milano.
L’atleta ha seguito le indicazioni della Federazione ucraina che ha chiesto ai suoi atleti di non gareggiare con atleti russi e bielorussi per via dell’aggressione di Mosca, che sono stati ammessi ai mondiali di scherma di Milano: l’Italia che ha infatti recepito le disposizioni Cio e dato il via libera ad atleti neutrali, dunque senza inno e bandiera e che non facciano parte di forze armate e polizia.
Reizlin dunque non ha preso parte all’assalto contro il russo Vadim Anokhin, che passa così al turno successivo. La decisione di Reizlin segue quella delle atlete ucraine di spada che il 23 luglio non si sono presentate in pedana durante le fasi eliminatorie.
(da agenzie)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
FAREBBE BENE A RICORDARLO IN PRIMIS AI SUOI SODALI SOVRANISTI
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ce l’aveva con i negazionisti sin dal tempo del Coronavirus. All’epoca, mentre nel suo schieramento c’era un certo scetticismo, conduceva una lotta senza quartiere contro i No vax. E «neppure stavolta» condivide i negazionisti del cambiamento climatico. In un’intervista a Repubblica il governatore leghista dice che siamo di fronte a un’emergenza: «Per vincere questa sfida serve un movimento ampio. Che vada oltre gli steccati politici. Non possiamo lasciare soli i ragazzi che combattono l’ambiente». L’estate di eventi estremi ha già provocato almeno un centinaio di milioni di danni al suo Veneto. E lui dice che visto che rischiano di diventare una consuetudine, «qualche domanda dobbiamo pur farcela».
I dati oggettivi
Zaia ricorda che «qualche anno fa eravamo tutti in allerta per le bombe d’acqua, adesso c’è la grandine che provoca addirittura traumi e situazioni di stress. Io credo che il cambiamento climatico sia nell’ordine delle cose. Non esiste l’immobilità nel clima: i dinosauri scomparsi, i fossili marini in montagna, l’innalzamento della crosta terrestre. Non sono uno scienziato ma questi sono dati oggettivi. E l’uomo preme sull’acceleratore. Diceva Freud che l’uomo è l’unico animale che lascia segni tangibili del suo paesaggio. Anche in negativo». Per il governatore «i modelli produttivi seguiti e l’antropizzazione del territorio pesano moltissimo. Abbiamo costruito, interrato i canali, piombato gli argini. Senza contare ovviamente l’inquinamento».
I negazionisti
Per questo ce l’ha con i negazionisti: «Guardi, io non sono un estremista in senso contrario, non do tutte le colpe ai cambiamenti climatici. E sono prudente, anche perché mi capita di leggere – solo per fare un esempio – che nel 1908 c’è stata un’estate più calda dell’attuale. Però il negazionismo mi fa paura». Perché «così si rischia di generare alibi. Se diciamo che possiamo lasciare tranquillamente il motore dell’auto acceso per tutta la notte, finisce che tutti lo fanno. Insomma, non possiano far finta di nulla. Al di là dello scontro ideologico, servono soluzioni: affrontiamo il problema per quello che è».
L’emergenza
Secondo il governatore «serve un investimento culturale, anzitutto. Puntare ancora più forte sulla transizione energetica, quando purtroppo ci sono alcuni Paesi come la Cina che inquinano senza regole. Vede, io credo che non dobbiamo lasciare ai ragazzi la battaglia sul clima, dobbiamo farlo insieme questo percorso. Altrimenti creiamo pure un conflitto generazionale che non aiuta». Infine, due parole su Thunberg: «Greta non è condivisibile per il suo approccio. Ma sui cambiamenti climatici dobbiamo creare una no fly zone, un posto dove non scontrarsi, dove si possa collaborare senza posizioni precostituite. Anche perché questo problema tocca da vicino il nostro modello sociale ed economico. Se cadono grandinate come quelle di questi giorni, se ti va bene ti rovinano una macchina, ma se ti va peggio ti compromettono un’attività economica. Oppure finisci in ospedale. È una sassaiola, cento persone sono finite al pronto soccorso. Per favore, non dividiamoci su questa emergenza».
(da agenzie)
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Luglio 26th, 2023 Riccardo Fucile
FOCUS SUI FIGLI “INVISIBILI” SFRUTTATI NEL LAVORO AGRICOLO…A GRAVE RISCHIO L’ACCESSO ALLA SCUOLA E ALLE CURE SANITARIE
In Italia le nuove vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021
sono state 757, in più di un caso su tre (35%) si tratta di minori, con una prevalenza di femmine (168 casi) rispetto a maschi (96). Le vittime prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2022 sono state 850, di cui il 59% donne e l’1,6% minori. Il principale paese d’origine è la Nigeria (46,7%), seguito da Pakistan (8,5%), Marocco (6,8%), Brasile (4,5%) e Costa d’Avorio (3,3%). Tra le forme di sfruttamento prevalgono quelli di tipo sessuale (38%) e lavorativo (27,3%). Questi alcuni dati della XIII edizione del rapporto “Piccoli schiavi invisibili” diffuso da Save the Children.
Quella che emerge è la fotografia di bambine e bambini figli di braccianti sfruttati che spesso trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali. Sono tantissimi e, nonostante alcuni sforzi specifici messi in campo, sono per lo più “invisibili” per le istituzioni di riferimento, non censiti all’anagrafe, ed è quindi difficile anche riuscire ad avere un quadro completo della loro presenza sul territorio.
Il rapporto raccoglie testimonianze dirette di chi ha subito o subisce lo sfruttamento, insieme a quelle di rappresentanti delle istituzioni e delle realtà della società civile, dei sindacati, dei pediatri, dei medici di base e degli insegnanti, impegnati in prima linea, che restituiscono un quadro di diffusa privazione dei diritti di base che compromette il presente e il futuro dei bambini e delle bambine che nascono e crescono in queste condizioni. La tratta e il grave sfruttamento, che sia lavorativo o di altro tipo, si nutrono dello stato di bisogno degli individui con meno risorse sociali ed economiche, e il rapporto diffuso oggi mira a far comprendere il nesso nocivo tra tratta, grave sfruttamento e infanzia negata.
Secondo una stima del 2021, gli occupati irregolari nel settore dell’agricoltura in Italia erano circa 230 mila, con una massiccia presenza di stranieri non residenti e un numero consistente di donne coinvolte (55 mila). Il fenomeno si concentra dove c’è più lavoro, come nel caso di alcuni distretti strategici per l’agroalimentare italiano, proprio come le province di Latina e Ragusa, dove ci sono terreni che consentono la coltivazione intensiva, e che richiedono una forte presenza di manodopera anche per la raccolta e l’imballaggio dei prodotti agricoli, e dove sono nati due dei mercati ortofrutticoli più importanti del Paese, il MOF – Centro Agroalimentare all’Ingrosso di Fondi (LT), e l’Ortomercato di Vittoria. La dimensione dello sfruttamento lavorativo in questi territori riguarda un numero significativo di nuclei familiari, anche mono-genitoriali e spesso di origine straniera, con più figli.
Figli di braccianti già lavorano a 12 anni
Il filo rosso del percorso scolastico dei figli dei braccianti che lavorano nelle province di Latina e Ragusa si sfilaccia o si spezza a causa di un coinvolgimento diretto dei minori nello sfruttamento lavorativo, già a partire dai 12-13 anni, con paghe che si aggirano intorno ai 20-30 euro al giorno. Questi alcuni dati del rapporto ‘Piccoli schiavi invisibili’ diffuso da Save the Children, che accende un faro sulla condizione dei minori che vivono in alcuni territori caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo. Si può trattare di un lavoro a tempo pieno o, più spesso, limitato al tempo extra-scolastico quotidiano o estivo, o di un impegno che può iniziare già a 10 anni per ‘dare una mano’ nel periodo di raccolta.
Per molti studenti, nel periodo del Covid, la scuola è stata completamente sostituita dal lavoro, poi si è tornati tra i banchi ma il pomeriggio si continua ad aiutare nelle serre, con una grossa difficoltà nel fare i compiti e il conseguente deficit nel rendimento scolastico che porta a bocciature nelle scuole medie, e a un ingresso ritardato alle superiori (16 o 17 anni), come confermano alcune delle testimonianze raccolte dal rapporto. Storie che si intrecciano con i dati allarmanti sul lavoro minorile diffusi recentemente da Save the Children: in Italia si stima che tra i 14-15enni che lavorano, il 27,8% (circa 58.000 minorenni) abbia svolto lavori dannosi per il proprio sviluppo educativo e per il benessere psicofisico. Tra i minorenni intervistati che hanno dichiarato di aver avuto esperienze lavorative, il 9,1% è impiegato in attività in campagna.
Save the Children ai ministri: aiutare i figli dei braccianti
«Abbiamo voluto dar voce a bambini, bambine e adolescenti che vivono ogni giorno in un vero e proprio cono d’ombra, subendo gravissime violazioni nel loro accesso alla salute e all’educazione. Questo Rapporto ci dice che i lavoratori e le lavoratrici sfruttate in campo agricolo, oltre ad essere vittime dirette di questa condizione, sono anche genitori, madri e padri di bambini ‘invisibili’ che crescono nel nostro Paese privi di diritti essenziali. Questa dimensione così grave dello sfruttamento troppo spesso, sino ad oggi, è stata ignorata. È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita». Lo ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children a margine della presentazione del Rapporto “Piccoli schiavi invisibili”.
«Per questo motivo, chiediamo al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali di integrare il Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato con un programma specifico per l’emersione e la presa in carico dei figli dei lavoratori agricoli vittime di sfruttamento, da definire con le parti sociali e il Terzo Settore, alla luce delle esperienze e delle buone pratiche sperimentate sul campo – aggiunge – Chiediamo inoltre ai Prefetti dei territori dove il fenomeno è più presente di attivare un coordinamento con gli uffici scolastici provinciali, i servizi sociali, l’associazionismo e le organizzazioni sindacali per una sistematica azione di monitoraggio della presenza dei minorenni nei territori agricoli e per una offerta attiva dei servizi di base. In questo quadro, riteniamo anche necessario che questo tema sia inserito nei percorsi di formazione degli ispettori del lavoro e di tutto il personale con compiti di verifica della attuazione delle leggi in materia affinché, con il sostegno del terzo settore, delle organizzazioni sindacali e delle reti anti-tratta, si rafforzi la capacità del sistema di intercettare in modo tempestivo tutte le forme, dirette e indirette, di sfruttamento dei minorenni in ambito agricolo e si potenzino le misure di protezione e di sostegno alle vittime«.
(da agenzie)
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