Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
GLI ARTICOLI SONO SCRITTI CON UN LESSICO INCERTO E NON CI SONO FIRME. L’UNICA TRACCIA ONLINE PORTA A UN 24ENNE TORINESE EX FRATELLI D’ITALIA (È STATO ESPULSO DAL PARTITO), AMEDEO AVONDET, CHE SI SMARCA (“PER LORO HO SCRITTO ARTICOLI TECNICI”), MA NON RINNEGA IL PUTINISMO SENZA LIMITISMO
Un vero scoop, che ha fatto il giro del mondo ma nessuno ha voluto firmare. È stato un giornale online italiano a rivelare che lo straniero ucciso il 13 febbraio alle porte di Alicante era in realtà Maxim Kuzminov, il pilota russo che aveva disertato in Ucraina con il suo elicottero. Un colpo straordinario de Il Corrispondente, testata ignota ai più che però ha battuto tutti i quotidiani spagnoli pubblicando il vero nome della vittima alle nove di lunedì mattina. Sei ore più tardi proprio la Tass lo ha citato e rilanciato la notizia in ogni continente.
In apparenza può sorprendere il titolo con cui il giornale digitale ha presentato l’esclusiva: “I traditori non vivono a lungo”. Come se fosse l’annuncio di una giusta sentenza nei confronti di un criminale e non l’assassinio di un uomo che aveva pubblicamente denunciato la guerra putiniana. Ma la linea del Il Corrispondente ricalca la visione dei propagandisti del Cremlino.
E’ fin troppo chiaro come la pensano mentre il lessico ogni tanto traballa e fa ipotizzare traduzioni automatiche da altre lingue. I cattivi pensieri sulla possibilità che dietro a Il Corrispondente si nasconda la macchina della disinformazione russa crescono quando si appura che l’indirizzo indicato è quello di una boutique di Piazza di Spagna e il codice fiscale risulta inesistente. Siamo davanti a un’operazione di influenza di Mosca contro il governo italiano, condotta in rete dal 23 marzo dello scorso anno senza incontrare ostacoli?
Il fatto che primi al mondo abbiano saputo che l’uomo ucciso in Spagna era Kuzminov, il disertore che i servizi segreti russi avevano promesso di «rintracciare ed eliminare », aumenta i sospetti. Lo scoop citava «fonti della Guardia Civil». Impossibile saperne di più: il giornale è interamente anonimo. Nell’editoriale però si sottolinea: «Tutto ciò che leggete su questo sito è stato scritto da cittadini italiani come voi».
L’unica traccia per capire chi sono è stata individuata dall’esperto web Alex Orlowski e porta ad Amedeo Avondet. Il ventiquattrenne torinese mostra una forte passione politica: a 19 anni è stato tra i fondatori di Giovani Patrioti, legato al coordinamento piemontese di Fratelli d’Italia. Ha collaborato con l’europarlamentare Pietro Fiocchi e ha contribuito ad aprire in Piemonte «una specie di ambasciate di Donetsk e Lugansk », assieme al dirigente Fabrizio Comba e all’assessore regionale Maurizio Marrone. Poi è stato espulso da FdI, «perché non ho appoggiato un candidato di Guido Crosetto».
Dopo avere organizzato una manifestazione di piazza in sostegno dell’invasione dell’Ucraina, Avondet nel maggio 2022 è stato ospite di diversi talk show. Lì ha sostenuto che all’Italia «servirebbe un uomo come Putin» e anticipato il desiderio di creare un partito sul modello di Russia Unita. Deluso «dall’atlantismo e dall’incoerenza di Meloni», eccolo varare Italia Unita, che resta in contatto – come evidenzia spesso – con i «fratelli maggiori » di Mosca e «propugna una rivoluzione tricolore contro il colonialismo americano».
Tra i riferimenti social, Alessandro Orsini, Diego Fusaro, Francesca Totolo e il generale Vannacci. [Sabato dal palco di un comizio in piazza Cordusio di Milano ha dichiarato che «Navalny non era un eroe ma un bastardo».
Contattato da Repubblica, Avondet spiega: «Non sono né il direttore né l’autore del sito né ho una posizione ufficiale all’interno della redazione de Il Corrispondente. Purtroppo non è vero che è stato creato ad hoc per promuovermi: non hanno mai parlato di me o di Italia Unita. Per loro ho solo scritto articoli tecnici».
Si tratta di analisi sul conflitto ucraino «dato che l’ho seguito come corrispondente dal fronte della brigata Lupo delle forze speciali russe». Precisa che «Italia Unita non ha mai ricevuto alcun sostegno materiale o finanziario da istituzioni o cittadini russi».
E conclude: «Quanto a Kuzminov: ha ucciso due commilitoni, pure dalla legge italiana un tempo sarebbe stato condannato a morte. È un traditore, merita la fine che ha fatto».
Nei discorsi di Avondet come negli articoli de Il Corrispondente c’è una rappresentazione capovolta della realtà: in Russia esiste la libertà mentre in Europa «siamo rinchiusi in una gabbia di menzogne »: «Il nostro lavoro – proclama la testata del mistero – è spezzare queste sbarre, lasciandovi liberi di pensare, il tutto grazie alla nostra arma più forte: l’Anonimato». E conclude con una frase latina: in tenebris lucem servimus. È una maldestra traduzione del motto che ha ispirato il popolare videogame Assassin’s Creed: « Nulla è reale, tutto è lecito. Agiamo nell’ombra per servire la luce. Siamo Assassini».
(da La Repubblica)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
VANNACCI SI È MOSSO CON DISINVOLTURA CON ALCUNI THINK TANK VICINI A “MAD VLAD”… IN RUSSIA MOLTI SPERANO IN UNA SUA ELEZIONE CON LA LEGA, PER AVERE UN “AMICO” A BRUXELLES
Nella storia tra la Lega e la Russia di Vladimir Putin ci sono diversi punti che guardano al passato (l’affaire Metropol, le fotografie di Matteo Salvini sulla piazza Rossa, le dichiarazioni sue e di molti altri parlamentari sul governo di Mosca, eccetera eccetera), ma ce n’è uno che guarda al futuro. E si chiama Roberto Vannacci.
Non è un mistero che il generale sia uno dei possibili candidati della Lega alle prossime elezioni europee: il partito lo vuole, lui chiede garanzie in caso di mancata elezione, si sta discutendo, ma dalle parti di Salvini sono ottimisti che la partita si chiuda. A Mosca in molti lo sperano. Perché, se così fosse, avrebbero un amico a Bruxelles.
Nella carriera di Vannacci ci sono circa 18 mesi di vita e di lavoro in Russia, da novembre 2020 quando arrivò come addetto militare in ambasciata e maggio del 2022 quando fu espulso insieme con gli altri funzionari di ambasciata: fu la risposta russa all’espulsione dell’omologo di Vannacci a Roma.
Arrivato in Russia con una chiara connotazione – quella di militare con posizioni molto critiche nei confronti della Nato – si era mosso con grande disinvoltura con i suoi omologhi e con alcuni think tank vicini a Putin.
Frequentazioni, condivisioni, mossi anche da un comune punto di vista sull’alleanza atlantica. Da quello che risulta, il generale aveva ottime relazioni sia con alcuni vertici militari sia con il giro italiano vicino al Cremlino: «Si è sempre offerto ai suoi interlocutori russi come assolutamente dialogante» racconta oggi una fonte a Repubblica.
I report di Vannacci – finiti poi nell’indagine interna che il ministero della Difesa ha aperto dopo la pubblicazione del suo libro – erano sempre teneri nei confronti della Russia: non solo non aveva lanciato alcun alert su un possibile attacco all’Ucraina, ma al contrario aveva sminuito gli allarmi lanciati da alcuni servizi stranieri. Un errore, sicuramente. E forse niente più.
«Io da Putin sono stato cacciato», ha risposto Vannacci in questi mesi a chi gli contestava una sua vicinanza a Putin. Ma, certo, non ha potuto smentire quello che aveva scritto su “madre Russia” nel suo libro- scandalo, “Il mondo al contrario”. Parole di elogio per un modello che, per il generale, andava preso ad esempio.
Per dire: tema immigrazione. «In Russia – scrive Vannacci – nonostante l’incredibile estensione del territorio e l’impossibilità di gestirne e controllarne le frontiere, l’immigrazione clandestina non esiste. Il clandestino in Russia non lo vai a fare perché sai che non avrai vita facile. Per immigrare le candidature dei potenziali lavoratori sono vagliate nel paese di origine e, a chi viene accettato, è garantito il contratto di lavoro ed il contratto per la casa prima ancora dell’ingresso nella terra degli Zar».
E ancora sulla sicurezza: «In Russia, e in particolare a Mosca, incontravo, ben dopo l’imbrunire nei grandissimi e bellissimi parchi cittadini, donne sole e mamme con bambini che assaporavano il fresco delle sere estive senza il benché minimo timore di essere molestate da qualcuno».
Vannacci ama la Russia, poi, perché non cede alle politiche ambientaliste. Che, per il generale, sono cavolate. Mosse da altri interessi.
(da la Repubblica)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IN GITA PREMIO A MOSCA, TUTTO PAGATO E SOTTO CONTROLLO DI CHI DOVREBBERO CONTROLLARE
Compare anche Gianluca Savoini, già portavoce di Matteo Salvini e protagonista della trattativa al Metropol sui fondi russi alla Lega, tra i venti italiani invitati a fare da osservatori alle presidenziali russe di marzo.
Figura ponte del Carroccio con Mosca, Savoini non ha voluto confermare al Corriere la sua presenza nella delegazione guidata anche questa volta da Vito Grittani, sedicente ambasciatore dell’Abkhazia, carica informale visto che riguarda un territorio separatista, in Georgia, non riconosciuto a livello internazionale.
Grittani era già stato il coordinatore di 13 italiani invitati da Mosca per legittimare nelle regioni ucraine — Donbass, Kherson e Zaporizhzhia — il referendum nel 2022, e le amministrative nel 2023. Tra gli invitati c’è un’altra personalità della scena politica italiana: Pino Cabras, ex parlamentare no vax del M5S, vice presidente della commissione Esteri della Camera nella scorsa legislatura
Tra le new entry di questa delegazione c’è Pino Adone Oddone, tesserato di Fratelli d’Italia a Lamezia Terme, erroneamente «promosso» a responsabile locale del partito nell’invito inviato dalla Camera Civica, organo di supporto alla Duma.
«Al di là delle indicazioni del mio partito, preferisco fare le mie valutazioni e vedere di persona quel che accade. La Russia non è un regime libertario ma neanche la Nord Corea».
Poco importa che chi deve controllare sia un ospite «scortato» da chi deve essere controllato, con spese di viaggio e hotel pagate da Mosca.
In serata il colpo di scena: dopo essere stati contattati dal Corriere , la missione è stata annullata, per «motivi di sicurezza»: doveva restare segreta. Andrà a Mosca da indipendente Gianfranco Vestuto, leghista della prima ora, direttore del portale Russia News e di Italeurasia, ponte tra imprese del Mezzogiorno e mondo russo.
(da Corriere della Sera)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
DIVERSI SITI AL SERVIZIO DI MOSCA L’ HANNO ACCUSATA DI ESSERE UNA “ESCORT POLITICA” E DI AVERE UNA RELAZIONE CON UN “AGENTE STRANIERO”: LA SOLITA STRATEGIA DELL’EX KGB
Yulia Navalnaya è il nuovo nemico da abbattere. Sui social l’opera di demolizione è già iniziata. Circolano documenti taroccati, commenti fake, vecchie foto decontestualizzate e gossip infondati.
Tutto pur di screditarla ora che ha annunciato di voler raccogliere il testimone del marito, Aleksej Navalny, morto in un carcere russo il 16 febbraio.
Mentre le autorità continuano a negare il corpo alla madre Lyudmila che dovrà aspettare il 4 marzo per un’udienza sulla mancata riconsegna, media e social filogovernativi hanno già affibbiato a Yulia un soprannome denigratorio: “rasveselaja vdova”, “vedova allegra”, come l’operetta di Franz Lehar.
Tutto parte da un video al rallentatore del suo intervento non programmato alla Conferenza di Sicurezza di Monaco, quando la notizia della morte di Navalny era stata appena diffusa dal Servizio Penitenziario Federale Russo e lei stentava ancora a crederci. Agli applausi dei presenti aveva risposto con un sorriso appena accennato.
Una spia della sua «sete di attenzione e potere» a dispetto della «maschera di dolore», secondo vari utenti social. Anzi, «la reazione di una donna che non riesce a trattenere la gioia e il sollievo», secondo un commento attribuito allo psicologo statunitense Paul Ekman, massimo esperto di espressioni facciali.
Peccato che, contattato da Tv Dozhd, lo studio di Ekman abbia smentito spiegando di «non fornire consulenza su questioni politiche», tanto meno di «commentare il comportamento non verbale degli altri».
Ma non è finita qui. Diversi profili social, anche in inglese e tedesco, hanno iniziato a far circolare una foto di Navalnaya sorridente, in pantaloncini, in spiaggia, accanto a un altro uomo, accompagnata da commenti scandalizzati: «Il giorno della morte di Navalny Yulia si divertiva in spiaggia!».
La foto scattata a Jurmala, in Lettonia, risale però all’agosto del 2021. A pubblicarla su Instagram era stato il miliardario russo Evgenij Chichvarkin con la seguente didascalia: «Con la first lady della bellissima Russia del futuro Yulia Navalnaya. Libertà per Navalny».
Fondatore del primo operatore russo di telefonia mobile Evroset, Chichvarkin è fuggito in Gran Bretagna nel 2008 ed è stato indagato e sottoposto a mandato di cattura internazionale e a una richiesta di estradizione per estorsione e rapimento fino al 2011 quando Mosca ha ritirato le accuse.
Secondo indiscrezioni, avrebbe aiutato Navalny a finanziare la sua lotta alla corruzione e coperto parte delle spese mediche in seguito al suo avvelenamento da Novichok nel 2020.
Chichvarkin non è l’unico flirt extraconiugale che viene attribuito a Navalnaya. Diversi siti che fanno capo alla macchina della propaganda russa in Europa e negli Stati Uniti la hanno accusata di essere una «escort politica» e di avere una relazione con un «agente straniero», Christo Grozev, il giornalista investigativo di Bellingat che aiutò Navalny a smascherare i suoi avvelenatori.
Stavolta è toccato a Elliot Higgins, fondatore del media investigativo Bellingcat, dimostrare che le presunte fatture di prenotazioni alberghiere diffuse per sostenere le accuse erano state falsificate.
Come commenta la politologa Tatiana Stanovaja, «per il pubblico russo essere filo-occidentali significa tradire, lavorare per il nemico ». La sfida più grande per Navalnaya ora sarà «liberarsi da questo stigma».
(da agenzie)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
SETTE DOVRANNO RISPONDERE ANCHE DI MINACCE AGGRAVATE
C’è anche l’ex vicepremier Luigi Di Maio tra i 48 indagati per diffamazione aggravata in un filone parallelo all’inchiesta madre “Angeli e Demoni”, inchiesta che ha fatto luce su un presunto sistema di affidi illeciti di minori in Val d’Enza e in cui è coinvolto il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, arrestato nel giugno del 2019.
Il nome dell’ex leader del Movimento 5Stelle e ministro degli Esteri fino ad ottobre del 2022 compare, insieme ad alcuni salentini e a diverse altre persone, in un avviso di conclusione delle indagini preliminari (atto che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio) a firma della pm di Reggio Emilia, Valentina Salvi.
E proprio negli uffici della procura della città emiliana, il sindaco Pd Carletti depositò, un mese dopo il suo arresto, una circostanziata querela segnalando 147 fra post e mail ritenuti offensivi e minatori nei suoi confronti. Nel lungo elenco di denunciati aveva così inserito anche il nominativo del vicepremier Di Maio.
Il 27 giugno 2019 (il giorno dell’arresto del sindaco), prima della crisi del Governo Conte, l’ex ministro pentastellato aveva pubblicato sui social una foto di Carletti corredata da un’intestazione “Arrestato” e a piè di pagina da un secondo titolo “Affari con i bimbi tolti ai genitori”.
Nel lungo post Di Maio scriveva: “Un altro business orribile sui minori. Una galleria di atrocità assolute che grida vendetta a Reggio Emilia e per cui oggi – oltre ad una ventina di indagati – è stato arrestato anche il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti. Quello che viene spacciato per un modello nazionale a cui ispirarsi sul tema della tutela dei minori abusati, il modello “Emilia” proposto dal Pd, si rivela oggi come un sistema da incubo”.
Proseguiva il post: “Bambini, “selezionati” e sottratti illegittimamente alle famiglie, per poi venire consegnati in una sorta di “affido horror” a personaggi discutibili, tra i quali i titolari di sexy shop, pedofili, gente con problemi mentali. E tra la sottrazione e l’affido una trafila di psicoterapia falsate, medici travestiti da mostri, persino impulsi elettrici per modificare la memoria dei bambini e convincere i giudici della necessità dell’affido. Roba da film dell’orrore, a cui si stenta a credere. Ma due sono i dettagli davvero sconvolgenti. Il primo – concludeva l’allora vicepremier nel suo commento sull’inchiesta affidato ai social – è che tutta l’operazione, un vero e proprio “sistema” non era gestita da delinquenti o malavita comune, ma da autorevoli rappresentanti delle istituzioni. Medici, psicoterapeuti, servizi sociali, onlus autorizzate, e politici a coprire tutto”.
E sotto il post, un profluvio di commenti di altri utenti che non furono per nulla teneri con il sindaco bollato come “un verme”, “un demone”, “un uomo dalla doppia vita” e persino come “un pelato sfigato”.
Nel lungo elenco di indagati (l’inchiesta ha lambito anche il Salento dove sono state denunciate un paio di persona) compaiono anche sette manifestanti che, a luglio del 2019, parteciparono ad un corteo esponendo cartelli con su scritto: “In galera, bastardi” e “Wanted”.
In sette, invece, rispondono oltre che di diffamazione aggravata anche di minaccia aggravata perché qualcuno sui social si augurava di incontrare Carletti “per strada così – scriveva un indagato – la farei io giustizia a te”. Commenti che il sindaco, autosospesosi dal partito subito dopo il suo arresto, ritenne potessero mettere a rischio la propria incolumità e quella della sua famiglia.
E anche per questo non ha mai deciso di ritirare la querela che, dopo quasi quattro anni, è sfociata in un avviso di chiusura delle indagini. Per l’inchiesta madre, Carletti è finito sul banco degli imputati ma potrebbe a breve uscire dal processo se dovesse essere abrogato il reato di abuso d’ufficio che rappresenta, in realtà, l’unico capo d’imputazione che viene contestato al sindaco.
(da agenzie)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I DUE ATLETI DEL GRUPPO SPORTIVO DELLA POLIZIA DI STATO SAREBBERO FUGGITI DAL LOCALE PRIMA DELL’ARRIVO DEGLI AGENTI
Ci sono anche due atleti delle Fiamme Oro, il gruppo sportivo della Polizia di Stato, tra i nomi che il pm Ciro Alberto Savino della Procura di Ferrara ha iscritto nel registro degli indagati per l’inchiesta «Bravi Ragazzi». I due sono rugbisti, non sono quindi agenti operativi con le tipiche mansioni dei poliziotti, e hanno all’attivo diverse presenze e partecipazioni a tornei internazionali con le maglie delle nazionali italiane giovanili di rugby.
La loro iscrizione si aggiunge a quella dei ventiquattro indagati iniziali su cui gli inquirenti hanno avviato una serie di accertamenti per i fatti dello scorso 22 dicembre quando, in un ristorante nella zona del ghetto ebraico, una festa di compleanno ‘in maschera’ ha trasceso i limiti della decenza, tra cori inneggianti a Mussolini, Hitler e alla strage di Nassiriya e la distribuzione di volantini beceri contro Anna Frank, Filippo Raciti, Fiona May, Alex Zanardi, Meredith Kercher e Yara Gambirasio. Stando a quanto si apprende, i due nuovi indagati si sono dileguati prima dell’arrivo nel locale dei poliziotti, chiamati da una donna seduta in un tavolo che, indignata e infastidita per quello che stavano sentendo le sue orecchie, in un primo momento avrebbe chiesto di smettere, ricevendo come risposta una minaccia di morte, mimata col gesto del «ti taglio la gola».
Quella del compleanno a tema non sarebbe una novità. Tre anni prima infatti sempre gli stessi protagonisti avevano scelto di travestirsi da scozzesi col kilt, due anni fa invece si erano presentati vestiti da preti e da suore, ma a questo giro la situazione sarebbe precipitata. Arrivati sul posto, gli uomini del 113 hanno identificato i ventiquattro presenti: venti ragazzi vestiti con tute arancioni ispirate ai carcerati di Guantanamo e quattro ragazze che indossavano divise da finte poliziotte. Tutti hanno tra i 22 e i 32 anni, la maggior parte di loro sono studenti universitari, provenienti da famiglie benestanti e attivi nel mondo dello sport. Tra questi anche un altro rugbista appartenente al gruppo sportivo dei vigili del fuoco.
Le analisi sui dispositivi elettronici saranno utili a comprendere come si è arrivati a quella serata e in che modo è stata organizzata. A tal proposito, ci sarebbe una chat denominata «Fratm, detenuti in attesa di liberazione» che gli indagati avrebbero utilizzato per potersi dare appuntamento.
(da agenzie)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL VECCHIO CONTINENTE RISCHIA DI ESSERE ANNESSO, DAGLI EMIRATI ARABI ALLA CINA, PASSANDO PER LA RUSSIA
Il principio fondante della Nato è sempre stato uno solo: tenere la Russia fuori e la Germania a bada. Mantenendo salda la posizione americana di dominio sul mondo occidentale fino all’Europa orientale.
Oggi, dopo due anni di guerre, dall’Ucraina a Gaza, il senso dell’alleanza atlantica sta cambiando in modo drastico sullo sfondo del grande scenario della politica internazionale, i cui equilibri sono in continua evoluzione.
Con il Medio Oriente in fiamme e l’Europa in subbuglio, l’America ripensa alla propria identità (complici anche le elezioni del prossimo novembre).
È un terremoto quello a cui assistiamo, che mano a mano sgretola faglie di terra un tempo ritenute aree franche, e lascia abbandonate al loro destino sfere di influenza divenute golose prede per le mire espansionistiche di nuovi imperi emergenti.
Così, da che l’invasione russa in Ucraina aveva messo in moto un fuggi-fuggi all’ombra della Nato, oggi viene meno il principale azionista di quella stessa alleanza: gli Stati Uniti, infatti, sono sempre più di là che di qua, concentrati ben di più sul fronte atlantico e sulla sfida con la Cina che sulle ricadute della propria politica estera nel Vecchio continente.
Ne è un esempio la politica rigida, moderata nella forma ma brusca nella sostanza, da parte di Washington nei confronti di Israele. Il cui sostegno è e rimane indiscusso, oltre che pressoché illimitato, ma forse mai così elevato è lo scetticismo americano verso un possibile intervento in Europa nell’ipotesi di un allargamento del conflitto.
In altre parole, lunga vita alla Pax Americana. L’Europa is no longer too big to fail: la sua sopravvivenza geopolitica non può dipendere dagli Usa. Mors tua, vita mea. Specie con la possibile vittoria di Trump e un suo ritorno alla Casa Bianca.
L’idea che l’America “molli” l’Europa non è poi così remota se si pensa che, nei fatti, la prima si è servita della seconda fin tanto che le interessava sfruttarne l’utilità.
Prima l’Ucraina (sospinti dal sogno e dall’interesse americano), poi anche Gaza (mossi dal sostegno Usa a Israele), noi europei abbiamo ceduto al ritorno della guerra, alla fine della diplomazia e al boom delle armi. Ci siamo fatti trascinare nei conflitti. Con la paura di pronunciare la parola pace (alle nostre condizioni).
Per decenni la grande sorella americana sarebbe potuta diventare una valida alternativa alla prepotenza americana, costituendo un argine territoriale e valoriale alle rivendicazioni e alle aspirazioni di imperialismi a vario titolo nel resto del mondo. Ma così non è stato, preferendo mimetizzarci sotto la bandiera a stelle e strisce.
(da TPI)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL 10% DEGLI ITALIANI HA DOVUTO CHIEDERE UN PRESTITO, O UNA DONAZIONE, DAI PROPRI PARENTI…A TIRAR FUORI I SOLDI SONO, SOPRATTUTTO, I GENITORI (NEL 60% DEI CASI) – A VOLTE A DARE UNA MANO PER ARRIVARE A FINE MESE SONO ANCHE I FRATELLI E SORELLE
Negli ultimi anni quasi 3 italiani su 10 (29%) hanno ricevuto un aiuto economico dalla propria famiglia, la maggior parte (23%) in modo ricorrente, soprattutto per pagare le bollette e la spesa alimentare. Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio Mensile Findomestic (Gruppo Bnp Paribas) di febbraio, il 10%, invece, ha ricevuto un sostegno economico una tantum dai propri familiari sotto forma di prestito, donazione di denaro o di beni importanti. Sono soprattutto i genitori (60%) a prestare aiuto e in percentuale minore (13%) fratelli o sorelle
“L’analisi di febbraio – commenta Claudio Bardazzi, Responsabile Osservatorio Findomestic – evidenzia una situazione economica che per il 40% delle famiglie italiane continua a essere “molto” o “abbastanza” problematica. Oltre la metà (52%) negli ultimi 3 mesi non è riuscita a risparmiare nulla del reddito guadagnato e l’inflazione rimane saldamente la preoccupazione principale di 6 italiani su 10. In questo quadro, secondo la nostra ultima indagine, l’aiuto familiare, spesso intergenerazionale, si rileva fondamentale per 3 famiglie su 10”.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 22nd, 2024 Riccardo Fucile
CONTINUA AD AUMENTARE IL DIVARIO TRA RICCHI E POVERI
L’Italia è Il Paese tra quelli dell’Ocse con il più alto livello di disuguaglianze. Negli ultimi 25 anni il 10% più ricco degli italiani ha visto crescere la propria ricchezza del 4%, mentre la metà più povera ha subito una perdita del 5%, accentuando ancora di più le differenze sociali ed economiche.
Le ultime stime disponibili sono quella relative alla fine del 2022 ed evidenziano come gli squilibri si siano accentuati a partire dal secondo decennio del nuovo millennio.
Dato sottolineato anche dall’Oxfam, secondo cui il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre due terzi della ricchezza nazionale (quasi il 70%), il successivo 20% deteneva il 17,7% della ricchezza e il 60% più povero solamente il 13,5%.
L’Adnkronos riporta anche un confronto tra le consistenze patrimoniali dei diversi gruppi della popolazione italiana: il 10% più ricco possedeva oltre 6,7 volte la ricchezza della metà più povera della popolazione, mentre il 5% più ricco deteneva oltre il 30% dello stock di ricchezza detenuta dall’80% più povero. Ancora l’1% più ricco possedeva una ricchezza oltre 84 volte superiore alla ricchezza detenuta dal 20% più povero.
Il 2023, sottolineano le Nazioni Unite, è stato l’anno della disuguaglianza: in molti Paesi la ripresa post-pandemia è stata ostacolata da diversi ostacoli come i cambiamenti climatici, i conflitti, la fragilità socio-economica e l’insicurezza alimentare, accentuando i divari tra Paesi e all’interno dello stesso Paese.
(da lanotiziagiornale.it)
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