Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
TRA QUESTI C’È L’ASSESSORE USCENTE DELL’AGRICOLTURA, VALERIA SATTA, CANDIDATA CON LA LEGA
Sono sette i candidati al consiglio regionale della Sardegna ritenuti “impresentabili” dalla Commissione parlamentare Antimafia in merito alle verifiche sulla violazione del codice di autoregolamentazione.
Tra questi c’è l’assessora uscente dell’Agricoltura, Valeria Satta con Lega Salvini Sardegna, quindi Valerio De Giorgi, candidato nella lista Democrazia cristiana con Rotondi, Maria Grazia Giordo con Sinistra futura, Sergio Oriti Niosi candidato con Forza Italia-Berlusconi-PPE, Antonello Peru con Sardegna al centro 20venti, Giovanni Satta con Alleanza Sardegna-Pli e Salvatore Sechi candidato con Liberu.
Nel dettaglio, Valerio De Giorgi è stato rinviato a giudizio il 14 giugno 2022 per corruzione. L’udienza del processo è fissata per l’8 marzo prossimo. Maria Grazia Giordo risulta condannata in primo grado dal tribunale di Cagliari a sette anni di reclusione per associazione finalizzata al traffico di droga. Contro la sentenza è stato proposto appello, pendente davanti alla Corte d’appello di Cagliari.
Sergio Niosi Oriti è stato rinviato a giudizio il 18 maggio 2021 per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Il processo è in corso e la prossima udienza è fissata per il 22 marzo prossimo. Antonello Peru, rinviato a giudizio dal gip del tribunale di Oristano il 15 giugno scorso, è a processo per corruzione per l’esercizio della funzione e per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Giovanni Satta è a processo per associazione finalizzata al traffico degli stupefacenti. Il gip del tribunale di Cagliari l’aveva rinviato a giudizio il 20 dicembre 2017 e il dibattimento è ancora in corso.
L’assessora Valeria Satta è a giudizio per concussione, nell’ambito di un’inchiesta su due nomine di dirigenti regionali condotta dalla procura di Cagliari, che ha coinvolto anche il presidente della Regione uscente, Christian Solinas.
Salvatore Sechi è a processo, dopo il rinvio a giudizio disposto dal gup a Cagliari il 3 dicembre 2013, per associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. Il dibattimento risulta ancora in corso.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
“UNA VISIONE ANTI-MERIDIONALE”
Gennaro Carotenuto, professore di Storia contemporanea dell’Università della Campania, la questione meridionale è più attuale che mai?
“L’Autonomia differenziata è il prezzo pagato dal governo Meloni alla Lega Nord, che non è mai stata meno che Nord, per avere il presidenzialismo. Questa è la questione. Il Sud è stato venduto da un partito che si dichiara nazionalista a un partito che ha nel suo dna tutti i germi del secessionismo. Ma il punto è questo: lo scambio che avverebbe sulla pelle dell’Articolo 3 della Costituzione che garantisce l’uguaglianza di tutti gli italiani, e in particolare dei meridionali che dagli anni Novanta stanno pagando un prezzo altissimo tanto alla riduzione del peso dello Stato come alle pretese della Lega Nord che oggi, nello scambio autonomia/presidenzialismo mette a nudo la contraddizione di un partito che si proclama nazionalista”.
Il partito di Giorgia Meloni si chiama infatti Fratelli d’Italia.
“Sì, solo che l’unità del Paese se l’è venduta e se l’è venduta alla Lega Nord”.
Quali i motivi che hanno inasprito i divari Nord-Sud?
“La spesa pubblica è stata sempre maggiormente indirizzata verso le aree forti del Paese, che hanno cumulato grandi vantaggi infrastrutturali. C’è una sola fase storica che è quella del dopoguerra e del boom economico, in cui c’è stata una parziale riduzione delle differenze tra aree forti e deboli del Paese. Quella fase si è conclusa alla fine degli anni ’80, con la caduta della cosiddetta Prima Repubblica. Al termine della quale si stabilisce una retorica in particolare contro il pubblico, contro lo Stato, contro il pubblico impiego che va a danneggiare le aree più deboli del Paese, qual è il Mezzogiorno. Questo ha comportato per esempio che i servizi pubblici del Sud siano stati molto più sguarniti dei servizi pubblici del Nord del Paese. Questo è un processo che data anni Novanta e che, senza addebitare direttamente colpe a Silvio Berlusconi o solo a lui, ci riconduce ancora una volta alle spinte di una forza secessionista, anti italiana che è la Lega Nord, che ha puntato a stabilire rapporti di forza favorevoli alla diluizione dell’unità nazionale che ricordo fu tardiva rispetto a Francia o Spagna e che non è mai stata di per sé così forte”.
L’Autonomia differenziata accentuerà tali divari?
“Dividerà italiani di Serie A da italiani di Serie B, approfondendo il solco che è sempre esistito e magari riaprendo il pericolo secessione del Paese. E ciò è paradossale per il nazionalismo di FdI che tradisce la sua ragion d’essere scambiandola col presidenzialismo”.
A beneficiare del Reddito di cittadinanza erano soprattutto cittadini delle regioni meridionali. Averlo smantellato è un’ulteriore manifestazione di disinteresse verso il Sud?
“Questo ci racconta soprattutto di una maggiore difficoltà a perequare le differenze tra ricchi e poveri che si sono ampliate sia al Nord che al Sud. Che poi al Sud ci siano più persone a basso reddito è incidentale. Ma tutte le statistiche ci dicono che in Italia come altrove, ma non certo meno in Italia che altrove, le differenze tra persone a più alto reddito e quelle a più basso reddito nell’ultima trentina d’anni sono aumentate in maniera esponenziale. Una misura perfettibile e criticabile come il Reddito di cittadinanza tamponava le situazioni più drammatiche. Non era la migliore, non necessariamente la misura più giusta e condivisibile, ma metteva chi meno ha in una condizione di minor subalternità. Comunque la si pensi negli ultimi 30 anni il settore pubblico ha sofferto anche dal punto di vista occupazionale e il Mezzogiorno, dove il settore privato è più fragile, ha pagato prezzi più alti. Ciò in particolare nei servizi, penso alla salute o nelle amministrazioni locali. Non parliamo di Nord contro Sud, anche se esiste un pregiudizio antimeridionale sul quale è fondata la narrazione che il Paese fa di sé. Ma c’è un problema qui tra aree interne e aree centrali del Paese. Ci sono più aree interne meridionali ma ci sono anche aree interne in tutte le regioni. L’unica grande opera, che è il simbolo delle grandi opere che hanno cambiato in positivo l’Italia in questi 30 anni, è l’Alta velocità che è essenzialmente una ‘T’ che va da Torino a Venezia e da Salerno a Milano. Quello che è lontano da questa ‘T’ è stato tagliato fuori. Penso alla costa adriatica, a un fenomeno che i sociologi avevano cominciato a descrivere negli anni ‘60 come meridionalizzazione di una regione come le Marche. Questa, fino agli anni ‘80 sembrava aver agganciato il treno dello sviluppo, dal quale si stava già staccando e che adesso ha un modello di sviluppo finito, innanzitutto per il ritardo infrastrutturale che citavo”.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL PARADOSSO DELLA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI: GRAZIE ALL’IMPOSTA LE BANCHE ITALIANE HANNO GUADAGNATO 3-4 MILIONI IN PIU’… GLI ISTITUTI INVECE DI VERSARE L’IMPOSTA HANNO OPTATO PER UN INCREMENTO DELLE RISERVE, DIMEZZANDO COSI’ L’ACCANTONAMENTO SUI CREDITI
Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che volevano tassare i “profitti ingiusti” delle banche italiane, con la loro legge maldestra contribuiranno a far guadagnare 3-4 miliardi di euro in più al settore nel 2023. La scelta dell’opzione di creare riserve patrimoniali per 2,5 volte l’imposta dovuta, colta da tutti gli istituti, ha infatti consentito di dimezzare gli accantonamenti su crediti, e così accrescere gli utili d’esercizio per un 15% circa.
Un bonus piovuto sul bagnato, dopo che al traino dei tassi Bce i margini d’interesse realizzati dalle banche sugli attivi hanno prodotto utili netti di quasi 25 miliardi, circa due terzi più che nel 2022. Nei prossimi giorni le banche quotate a Piazza Affari pubblicheranno i fascicoli di bilancio, e si vedrà con chiarezza la “voce 30” che misura il margine d’interesse. Proprio l’incremento della “voce 30”, rispetto ai bilanci 2022 o 2021, determinerebbe l’imposta dovuta entro giugno 2024.
Tuttavia, dopo il negoziato estivo con i banchieri, di sponda con il Tesoro e la Bce che non hanno mai gradito la prima versione della misura, il 23 settembre il Tesoro introdusse l’opzione alternativa al pagamento: basta che le banche creino “una riserva speciale non distribuibile 2,5 volte superiore all’importo dell’imposta dovuta”. Chi in futuro vorrà distribuirla agli azionisti, ci pagherà sopra la tassa: altrimenti i soldi restano a rafforzare il patrimonio. Tutti gli istituti hanno scelto, come ovvio, questa strada.La “voce 30” dei vari istituti potrebbe presentare variazioni: dipenderà anche dai costi di finanziamento (molte banche a dicembre hanno restituito miliardi di fondi Tltro alla Bce, non più gratuiti dalle modifiche autunnali), e dell’effettiva consistenza dei portafogli in Btp, che gonfiano i margini.
Le stime iniziali
Dopo il blitz governativo dello scorso agosto, comunque, diversi analisti bancari stimarono possibili esborsi fino a 2,5 miliardi per il settore. E la stima, pur non confermata dal governo, fu avvalorata dalle cifre fornite da Intesa Sanpaolo (che indicò 828 milioni di imposta dovuta), Unicredit (440), Mediobanca (90), Banco Bpm (151), Popolare di Sondrio (43), Credem (38), Mcc (14 milioni), Mps (125), Bper (126) e Crédit Agricole Italia (87). L’aggregato della decina era quasi 2 miliardi, per un totale settoriale vicino ai 2,5 miliardi. A conti fatti, secondo qualche addetto ai lavori, il monte dell’imposta in teoria dovuta sarà un po’ più alto di 2,5 miliardi: e la “riserva non distribuibile” di 2,5 volte dovrebbe ammontare tra 6,5 e 7 miliardi per il settore.
Meno accantonamenti
Proprio la nuova riserva, che vale anche come argine a fronte dei rischi – e quello di credito è il maggiore – consente ora ai banchieri di limitare gli accantonamenti specifici a fronte di perdite su crediti. Sui conti 2023 delle cinque maggiori banche (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bper, Banco Bpm) la voce accantonamenti è scesa del 47%, da 6,7 miliardi a 3,5 miliardi aggregati, pari a 3,2 miliardi di riserve in meno. Eppure i crediti deteriorati netti, come ha calcolato la First Cisl, per i cinque istituti sono scesi solo di 1,5 miliardi, l’8%. Anche il rapporto tra crediti deteriorati e totale attivo del sistema è stabile, sceso dall’1,5% all’1,4%.
Morale: c’è tale abbondanza di profitti che le banche possono agevolmente rimpinguare patrimonio e riserve – limitando le obbligatorie sui crediti grazie alla messe di miliardi stanziati per evitare la “tassa extraprofitti” – erogare dividendi e buyback da favola (il rendimento medio del settore eccede il 13% nel 2023). Comunque il “fieno in cascina” auspicato dal governatore Fabio Panetta al Forex per le vigilate dopo gli utili 2023 “anche di natura eccezionale”, è garantito: anche grazie alla norma del governo Meloni. Ma a ringraziare, finora, sono soprattutto gli azionisti bancari, a cui andrà oltre l’80% dei profitti bancari 2023.
(da La Repubblica)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
IL PPE INCREDULO SUL NUOVO ACQUISTO DELLA MELONI, IL RAZZISTA ZEMMOUR
Incredulo e sospettoso, lo staff dei cristiano-democratici del Partito Popolare Europeo (PPE, conservatori) non ha ancora digerito bene la notizia. Perché Giorgia Meloni ha permesso a Nicolas Bay, l’unico eurodeputato zemmourista, di entrare nel suo gruppo politico europeo, l’ECR (European Conservatives and Reformists), al Parlamento europeo?
Annunciata in pompa magna da Marion Maréchal su Le Point, la notizia ha suscitato scalpore tra i democristiani che pensavano di avvicinarsi al capo del governo italiano in una sorta di luna di miele europea.
«Sta mettendo a rischio la sua credibilità, commenta un dirigente del PPE. Negli ultimi mesi Giorgia Meloni aveva dimostrato di essere in grado, con Macron e Scholz, di risolvere i problemi dell’Europa. Ora sta facendo una brusca virata verso Zemmour, che è violentemente anti-NATO e ferocemente pro-Putin. È lei che ha più da perdere. Perché lo spread italiano [la differenza tra i tassi di interesse italiani e tedeschi, che ha un impatto sull’economia italiana] dipende dalla sua credibilità europea».
Il ricongiungimento familiare sotto la bandiera dell’ECR
Il leader del PPE, il tedesco Manfred Weber, avrebbe dovuto incontrare Giorgia Meloni nelle prossime settimane. La trovata di Zemmour getta un’ombra. Come può il PPE pensare di cooperare in futuro se l’ECR deve affrontare rappresentanti eletti così radicali?
C’è stata costernazione e stupore. Non appena la notizia si è diffusa martedì sera, Manfred Weber ha chiesto spiegazioni. Le risposte dell’entourage di Meloni sono state curiose.
Secondo il PPE, gli italiani non avevano convalidato l’adesione di Reconquête! all’ECR e la domanda “non era nemmeno stata presentata”. Ma di cosa stiamo parlando? Del partito ECR – di cui Meloni è presidente – o del gruppo politico ECR al Parlamento europeo?
È un po’ un gioco di parole in questo chiaroscuro. In ogni caso, mercoledì mattina, Marion Maréchal e Nicolas Bay – un membro non iscritto da quando ha lasciato la RN e si è riunito a Zemmour – sono stati accolti dal copresidente del gruppo ECR, l’italiano Nicola Procaccini, uno degli scagnozzi della Meloni…
“È un membro non iscritto che si unisce a un gruppo”, minimizza François Xavier-Bellamy. Ok, non è proprio la stessa cosa di un movimento di placche tettoniche nella politica europea”.
È impossibile comprendere appieno i risvolti di questa defezione senza parlare della coppia coniugale che Marion Maréchal forma con Vincenzo Sofo, un ex salvinista che ha aderito al partito di Giorgia Meloni. Una sorta di riunione di famiglia sotto la bandiera dell’ECR.
L’unione della destra
Marion Maréchal, da parte sua, vende l’accordo con un’enfasi molto più politica. Il gruppo ECR può diventare – grazie soprattutto al contributo di Reconquête!, all’arrivo di eurodeputati ungheresi del partito di Viktor Orban, Fidesz, e di altre forze politiche, come l’Alleanza per l’unità della Romania (AUR) – la terza forza politica del Parlamento europeo”, ha dichiarato a Le Point. Ciò significa superare il gruppo liberale di Renew, in cui siedono gli eurodeputati macronisti, e di conseguenza ridurre la loro influenza all’interno del Parlamento europeo a vantaggio della destra conservatrice. E solo ECR – e quindi Reconquête! che sarà l’unica delegazione francese – è in grado di farlo”.
“Giorgia Meloni vuole ricreare l’unione delle destre a livello europeo, un po’ come avviene nel suo Paese tra Matteo Salvini e Forza Italia. Ma non funzionerà”, avverte il PPE. Se Orban e Zemmour sono nell’ECR, la questione del cordone sanitario tornerà a tormentarci. Zemmour rischia anche di estromettere i partiti più moderati dell’ECR, come il fiammingo NV-A e il ceco ODS.
È possibile un’altra interpretazione: stanno emergendo tensioni tra Giorgia Meloni e il suo partner polacco, il PiS, all’interno dell’ECR. Non sembrano essere in armonia quando si tratta della loro politica di “bracconaggio”. Mercoledì, poche ore dopo l’annuncio dell’adesione di Nicolas Bay, Mateusz Morawiecki, vicepresidente del PiS ed ex primo ministro, ha invitato Fidesz di Viktor Orban e il Rassemblement National di Marine Le Pen a entrare nel gruppo ECR al Parlamento europeo.
Le Pen e Zemmour nello stesso gruppo? Morawiecki è un politico troppo fine per non sapere che è impossibile… Una comunicazione confusa in questa corsa tra italiani e polacchi per fare del gruppo ECR un peso massimo nella ricomposizione della destra europea.
Quando ha fondato il suo partito, Éric Zemmour ha ottenuto il sostegno di quattro deputati del RN. Oltre a Nicolas Bay, Jérôme Rvière, Gilbert Collard e Maxette Pikarbas si sono uniti al candidato Zemmour. Da allora, però, le relazioni tra il polemista e questi rappresentanti eletti si sono notevolmente deteriorate. Tutti hanno preso le distanze, a volte in modo eclatante come Jérôme Rivière, tranne Nicolas Bay.
Nei sondaggi, la lista Reconquête! guidata da Marion Maréchal è accreditata di circa sei punti, appena sopra la soglia del 5%. Per Giorgia Meloni, il guadagno di eventuali rappresentanti zemmouriani eletti il prossimo giugno non sembra un guadagno rivoluzionario.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO: “MANCANO GARANZIE SUL TRATTAMENTO CARCERARIO”
L’Italia non consegnerà alle autorità ungheresi Gabriele Marchesi, il 23enne milanese coimputato con Ilaria Salis con l’accusa di aver aggredito alcuni militanti di estrema destra a Budapest un anno fa.
Lo ha deciso oggi la Corte d’appello di Milano, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Giulio Benedetti. La Corte ha rinviato il procedimento al prossimo 18 maggio e chiesto contestualmente ulteriori informazioni all’Ungheria su misure cautelari alternative.
Marchesi fu fermato e posto ai domiciliari lo scorso 21 novembre in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dalla magistratura ungherese per gli stessi capi d’imputazione di cui è accusata Ilaria Salis. Ma già pochi giorni dopo la Corte d’Appello di Milano rifiutò l’estradizione «in attesa di ulteriori informazioni da parte ungherese», sostenendo che c’era «sproporzione tra la relativa modestia dei fatti contestati e l’enormità della sanzione prospettata».
Secondo i legali di Marchesi in questo lasso di tempo l’Ungheria non avrebbe risposto «non solo sul punto dell’istituto carcerario nel quale Marchesi dovrebbe essere detenuto, ma anche su altri punti ha dato risposte incomprensibili e con toni sprezzanti».
«È stato ben visibile ciò che è accaduto il 29 gennaio a Salis in udienza a Budapest – ha detto in aula l’avvocato Eugenio Losco -. Tutti i detenuti in Ungheria vengono portati in udienza in quel modo, trattenuti al guinzaglio». Trattamenti per i quali, ha ricordato il difensore, l’Ungheria è stata anche sottoposta a una procedura di infrazione dall’Ue.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
AVREBBERO “OLTRAGGIATO LA MEMORIA STORICA RUSSA”
La prima ministra dell’Estonia, Kaja Kallas, e il ministro della Cultura della Lituania, Simonas Kairys, sono stati inseriti nella lista dei ricercati del ministero dell’Interno russo. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha precisato che la decisione su Kallas e Kairys si deve ad azioni «ostili compiute contro la Russia e contro la sua memoria storica».
Nel database del ministero dell’Interno non sono specificate le accuse nei loro confronti, ma pare che si riferiscano alla distruzione di monumenti che ricordano il ruolo delle forze armate sovietiche nella sconfitta della Germania nazista nella Seconda guerra mondiale.
«Il regime sta facendo quello che ha sempre fatto: sta cercando di soffocare la libertà e di continuare a creare la propria versione che è in contrasto con i fatti o la logica», ha dichiarato il ministro lituano Simonas Kairys commentando la decisione del Cremlino.
Nella lista dei ricercati del ministero dell’Interno russo, oltre a Kallas e Kairys, figurano anche altri politici dei Paesi baltici.
Gli altri politici ricercati
Il sito russo di opposizione Mediazona ha analizzato il database del ministero dell’Interno. Considerando solo i politici europei e dei Paesi baltici, sono 160 in totale le persone finite nella lista dei ricercati del Cremlino. Per l’Estonia: la premier Kaja Kallas e il segretario di Stato Taimar Peterkop. Per la Lituania: il ministro Simonas Kairys, il sindaco di Klaipeda (Arvydas Vaitkus) e 6 membri del consiglio comunale di Vilnius. Per la Lettonia: l’ex ministra dell’Interno Marija Golubeva, 67 membri del parlamento e 15 membri del consiglio comunale di Riga. Per la Polonia: il sindaco di Walbrzych (Roman Szelemej) e il dirigente statale Karol Rabenda. Per l’Ucraina: il sindaco di Lutsk (Ihor Polishchuk) e quello di Rivne (Oleksandr Tretyak).
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
LE ARMI, I JET PRIVATI IL “CAMORRA-STYLE”, I VIDEO DELLE SUE CANZONI: COM’ERA IL CANTANTE PRIMA DI TENTARE DI RIPULIRSI
«Vai vai, spara!», urla così ad una ragazza mentre la abbraccia su un balcone allo scattare della mezzanotte di Capodanno. Partono quattro colpi dall’arma: boom, boom, boom, boom. Lui se la ride guardando alla telecamera e poi, immancabilmente, il video viene pubblicato su Instagram per suggellare i festeggiamenti: «Buon anno nuovo a tutti», scrive.
Nella lunga carrellata di immagini ritrovate sui social network, tra quanti hanno utilizzato pistole e scacciacani per salutare il primo giorno dell’anno, c’è pure quella del cantante Geolier, giovanissimo rapper di 21 anni e idolo dei ragazzi della Generazione Z.
Non un nome qualsiasi per gli appassionati del genere: un ragazzo che, partito da Secondigliano, è riuscito ad imporsi nel panorama musicale nazionale e collaborare con tanti altri artisti affermati: Rocco Hunt, Clementino, Gue Pequeno, Sfera Ebbasta, Emis Killa, Jake La Furia, fino ad Anna Tatangelo e Gigi D’Alessio.
C’è pure Geolier, al secolo Emanuele Palumbo, a festeggiare il Capodanno sparando colpi di pistola. Al Mattino spiega che si trattava «soltanto di una scacciacani», a differenza di tanti altri ragazzi che invece per suggellare l’inizio del 2022 hanno utilizzato pistole e proiettili veri, quelli che ancor prima della mezzanotte hanno rischiato di ferire a morte un 40enne dei Quartieri Spagnoli, la cui unica colpa è stata di affacciarsi al balcone per fumare una sigaretta mentre qualcun altro trovava probabilmente divertente sparare in aria, incurante delle gravissime conseguenze.
LA MODA
Geolier è un idolo per milioni di ragazzi, uno di quelli che nelle sue canzoni rappresenta un mondo fatto di pistole, scarpe e borse firmate, conti in banca milionari, jet privati con riferimenti alla nuova camorra-style perpetuata da “Gomorra” e ai giri di droga come nella sua celebre hit “Narcos”.
L’arrivo al successo giunge con “P Secondigliano” in cui rappa: «Giro pe Secondigliano dint’a n’Audi nero opaco ca me pare n’astronave». Per poi identificare il suo modello di ragazza: «’A voglio c’addora ‘e Paco Rabanne, vestuta nera ca ‘a Margiela bianca, cu nu Rolex oro e diamante ca è pe bellezza e nun funziona manco».
Lì dove il confine tra celebrazione e semplice racconto di certi modelli culturali è labilissimo. A Capodanno è quasi diventato il protagonista di uno dei personaggi che racconta nei suoi testi: «Chesta sera bev tropp mentre penso a dimane, int’o cassetto teng a glock, affianc ‘o cont bancario».
Su Instagram il video della ragazza con la pistola è stato pubblicato da tanti account di fanpage di Geolier, i commenti sono quasi tutti entusiastici. «Ti amo Geolier», emoticon di cuori neri, ma pure parole di disapprovazione: «Se prima avevo dei dubbi ora ho la conferma che siete indescrivibilmente pietosi».
Geolier potrà agilmente dimostrare che la notte di Capodanno stava festeggiando con gli amici sparando con una scacciacani, non sarà così per tanti altri ragazzi – magari meno noti – che invece hanno utilizzato delle vere armi per celebrare il passaggio all’anno nuovo.
Il consigliere regionale di Europa Verde, Francesco Emilio Borrelli, ha raccolto in un’unica compilation decine di video pubblicati sui vari social network (Tik Tok e Instagram prevalentemente) di ragazze e ragazzi che si sono immortalati mentre sparavano con fucili e pistole. Non un’opera vana da parte di Borrelli perché quei video sono nelle ultime ore passati al vaglio delle forze dell’ordine e della Procura di Napoli, pronta ad aprire un’inchiesta.
Alla follia di sparare in strada o da un balcone dei proiettili che, come avvenuto più volte negli ultimi anni, possono ferire ed uccidere degli innocenti, si aggiunge quella di rendersi perfettamente riconoscibili pubblicando i filmati sui social. Non sarà un compito improbo per gli inquirenti risalire ai titolari degli account e alle persone che si sono rese responsabili dell’insano festeggiamento.
In alcuni casi – tra i filmati pubblicati sul web – le forze dell’ordine avrebbero già individuato alcuni personaggi a loro noti: pregiudicati per rapina a mano armata, ma pure soggetti che a Capodanno stavano ancora scontando gli arresti, seppur ai domiciliari.
La difficoltà – viene spiegato – sarà eventualmente stabilire con assoluta certezza che quei colpi erano effettivamente partiti da autentiche pistole e non da armi-replica come quelle che spesso sono utilizzate per commettere delle rapine asportando il tappo rosso dalla canna. La priorità per le forze dell’ordine è ora individuare l’autore dei colpi di pistola che hanno ferito il 40enne ai Quartieri Spagnoli, colpito al petto e trasportato all’ospedale Pellegrini prima ancora che scattasse il nuovo anno.
Sono anni che si registrano morti per colpi di arma da fuoco durante i festeggiamenti per il nuovo anno soprattutto ai Quartieri Spagnoli. Già nel 2009 un ragazzo di 25 anni perse la vita in questo modo in Vico Lungo Trinità degli Spagnoli. Un’emergenza che, purtroppo, resta tale solo nei primi giorni dell’anno e poi si perpetua ad ogni scoccare della mezzanotte dell’anno successivo.
(da Il Mattino)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
SPERANDO CHE SERVA A STEMPERARE L’ARROGANZA DEL GOVERNO: LA SCHLEIN HA DATO PROVA DI SENSO DI RESPONSABILITA’ MENTRE IN FDI QUALCUNO CONTINUA A DELIRARE
Poco prima del dibattito parlamentare sul Medio Oriente è arrivata la attesa, e già annunciata dalla segretaria del Pd, telefonata tra la presidente del consiglio, Giorgia Meloni, ed Elly Schlein.
Hanno parlato di Medioriente e delle mozioni presentate in aula. Poi, la segretaria del Pd, è arrivata nell’emiciclo per tenere un intervento particolarmente duro, a sostegno di una mozione che propone, tra le altre cose, che l’Italia si faccia promotrice di una forza di interposizione a Gaza, sotto l’egida dell’Onu.
La mozione non è passata interamente, è vero, ma – durante la votazione in punti separati – ha portato ad un risultato che non si era mai registrato nel corso di questa legislatura: unanimità sul punto in cui si impegna il governo a «sostenere ogni iniziativa volta a perseguire la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza, al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile di Gaza, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, e sicuri all’interno della Striscia».
La proposta del Pd era in realtà ben più ampia. «Gaza è un territorio dove nessun luogo è sicuro – ha detto la segretaria del Pd – Lo diciamo dall’inizio, Hamas non è il popolo palestinese, fare questa equazione è un favore alla stessa Hamas. Quello a cui stiamo assistendo è una reazione sproporzionata come ha detto il ministro degli Esteri, Antonio Tajani». Quindi una serie di richieste, che andavano dalla richiesta all’Europa a riconoscere l’esistenza dello stato palestinese, al «fermare l’attacco a Rafah che sarebbe una ecatombe, in contrasto con le indicazioni della corte penale internazionale», fino alla proposta di una forza di interposizione congiunta sotto l’egida dell’Onu.
(da agenzie)
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Febbraio 13th, 2024 Riccardo Fucile
LANCIO DI UOVA E FUMOGENI DOPO LE CENSURE RAI
Tensione altissima, lanci di bottiglie rotte, spintoni e reazione delle forze dell’ordine con scudi e manganelli al corteo pro-palestina e anti-censura di fronte alla sede Rai di via Verdi. «Vergogna», gridano fra gli altri slogan oltre 1000 manifestanti di tutte le età: protestano contro il comunicato dell’amministrazione delegato dell’azienda letto da Mara Venier qualche giorno fa durante il programma «Domenica In» con il quale la Rai si posizionava a sostegno di Israele.
La situazione, che inizialmente sembrava tranquilla, si è fatta sempre più tesa: «Ancora una volta la Rai censura in diretta e dimostra una politica di repressione ideologica» dicono al microfono davanti all’ingresso della sede. «Esprimiamo il nostro disgusto e chiediamo un’informazione corretta».
Ma non si aspettano nessuna risposta: «Il governo italiano è complice del genocidio in corso in Palestina, non ci aspettavamo niente di diverso perché la Rai è voce del governo – dicono i manifestanti – ma siamo arrivati a livelli imbarazzanti di censura».
Viene menzionato il «cessate fuoco» chiesto da Ghali durante l’ultima serata di Sanremo: «Ci si accanisce contro una persona che ha espresso il pensiero di tante persone di Torino e di tutta Italia – continuano – ma la propaganda di guerra non cancellerà il genocidio in Palestina e l’unico risultato sarà di farci arrabbiare ancora di più». E cantano in coro «Free free Palestine» e «I popoli in rivolta scrivono la storia. Intifada fino alla vittoria».
Secondo alcuni partecipanti, «stiamo dando un segnale forte del fatto che la popolazione non abbia voglia di stare in silenzio ad ascoltare la Rai che fa propaganda di Stato». E la tensione cresce: i manifestanti stanno portando la loro rabbia sempre più vicino alle porte della Rai. Il grido «Rai sionista corrotta e fascista» sovrasta gli interventi con il megafono
Tra i presenti anche lo youtuber e influencer Claudio di Biagio, torinese, con 126 mila follower su Instagram: «Essere qui è il minimo che possa fare, non mi riconosco nel comunicato della Rai e non accetto che venga detto a nome di tutti un testo privo di senso». Intanto registra video e li pubblica come storie sui suoi canali. «È bellissimo vedere giovani che dai social si mobilitano in piazza – dice – nel mio piccolo anche io faccio la mia parte sui miei profili». Secondo lui «non c’è nulla di divisivo. La verità è che sta accadendo una cosa orribile che è un genocidio in Palestina. Non è divisivo, è fattuale».
(da La Stampa)
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