Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
IL GOVERNO MANDA AVANTI IL VICEPREMIER CHE SPARA BANALITA’
Antonio Tajani, confermato oggi segretario al congresso di Forza Italia. «Siamo garantisti e per questo diciamo che la responsabilità è individuale. Le forze dell’ordine non si toccano perché donne e uomini che ogni giorno rischiamo la pelle per quattro soldi, hanno famiglie che li aspettano e magari non tornano e sono tutti figli del popolo, non di radical chic», ha detto il vicepremier.
«Questo non significa dire che chi sbaglia non deve essere sanzionato ma la responsabilità è sempre e comunque individuale: se 1, 2 o 3 hanno sbagliato non possono pagare in migliaia».
Anche Tajani lascia intendere che le responsabilità stiano se mai dal lato di chi «provoca in continuazione» (i poliziotti, ndr).
Il nostro commento
1) Il richiamo a “essere garantisti” non c’entra nulla con il concetto di “responsabilità individuale”.
2) Giusto ricordare che la responsabilità di un reato è individuale, salvo i casi di “concorso nel reato” e di “istigazione al reato”, questi casi chiamano in causa più soggetti, come Tajani dovrebbe sapere
3) Tutti hanno “famiglie che li aspettano”: vale per gli agenti, gli studenti e il rapinatore di una banca.
4) Nessun intende “toccare le forze dell’ordine”, ma neanche essere illegalmente “toccati dalle forze dell’ordine”
5) Lasciamo perdere la demagogia del “rischiano la pelle per quattro soldi”, non solo i soli: vale anche per chi si arrampica “in nero” su un ponteggio per la metà dello stipendio di un agente di polizia. Fermo restando che in polizia si entra per libero concorso, nessuno è obbligato.
6) “Se qualcuno ha sbagliato va sanzionato, non possono pagare in migliaia”: perfettamente d’accordo, l’importante infatti è non giustificare e non assolvere per partito preso chi ha sbagliato. E non esistono zone franche, caro Tajani: se chi ha palesemente sbagliato manganellando studenti inermi va sanzionato, nei Paesi democratici si assumono le responsabilità anche i diretti superiori, si chiamino funzionario di servizio, questore e prefetto, fino al Viminale.
7) Dire che le responsabilità sono “di chi provoca in continuazione” in questo caso non funziona, salvo che per il governo nessuno dovrebbe mai manifestare in quanto questa opzione sarebbe di per sè “una provocazione” o un delitto di lesa maestà. Anche i 400 arrestati a Mosca che volevano ricordare Navalny sarebbero “provocatori” secondo questo metro di giudizio.
Conclusione
Il sedicente centrodestra avrebbe guadagnato consensi con tre semplici mosse: 1) chiedere scusa agli Italiani per la pessima gestione dell’ordine pubblico 2) telefonare alle famiglie dei ragazzi feriti dagli agenti dimostrando vicinanza 3) rimuovendo i responsabili dell’ordine pubblico di Pisa come segnale meritocratico reale.
Nessuno l’ha fatto, anzi si continua a difendere l’indifendibile con la solita arroganza del “forte con i deboli e deboli con i forti”.
Ma attenzione, non sempre chi nasce debole lo resta per tutta la vita…
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
SONO STATI COMMESSI ALMENO TRE ERRORI E ANCHE UN PUGNO DI REATI DAGLI UOMINI IN DIVISA
Nella piazza di Pisa sono stati commessi tre errori, almeno. E probabilmente anche un pugno di reati, compiuti da uomini in divisa.
Ma per capire davvero cosa è accaduto ieri in Toscana, bisogna guardare a Roma dove, da quando il centrodestra è tornato al governo, sembra che il dissenso sia diventato una questione di ordine pubblico. E dove il confine tra il legittimo esercizio della forza e la violenza appare, troppo spesso, essersi perso.
Quello che è accaduto a Pisa è una rappresentazione plastica di tutto questo. Per come infatti Repubblica ha potuto ricostruire, i problemi cominciano già tra mercoledì e giovedì quando i collettivi decidono di organizzare la manifestazione a favore della Palestina.
Coinvolgono gli studenti delle scuole superiori ma rifiutano il dialogo con la Digos. Non hanno intenzione di stabilire un percorso, niente regole comuni. Tecnicamente, una “manifestazione non organizzata”.
Qui, viene commesso il primo errore.
Nonostante infatti il questore di Pisa, Sebastiano Salvo, sia un poliziotto di grande esperienza, un uomo che ha fatto ordine pubblico per tutta la vita (era a Genova, ma mai è stato invischiato nei fatti del G8. Chi lo conosce, dice: «Non è uno che manda a picchiare i ragazzini »), non si insiste nella trattativa con i manifestanti.
Non si fa alcun lavoro di prevenzione per evitare di fare accadere quello che poi ieri è successo. E cioè che un gruppo di manifestanti si possa trovare di fronte a un cordone di polizia: a Pisa gli agenti erano schierati agli ingressi di piazza dei Cavalieri e piazza dei Miracoli. Ed è proprio davanti a piazza dei Cavalieri che è avvenuta la vergogna: il gruppo di giovani, tra cui decine e decine di minorenni, ha provato a entrare in piazza, stringendosi in un imbuto.
A quel punto il funzionario — commettendo il secondo errore — ha ordinato una carica leggera. Il risultato sono state le manganellate, a cui — e veniamo al terzo punto — sono seguiti alcuni comportamenti ritenuti dalle stesse forze di polizia «inaccettabili ». Alcuni uomini, come è evidente dai video, hanno inseguito e picchiato i ragazzini, che avevano come unico strumento di offesa la propria voce.
Su questo la stessa polizia ha avviato degli approfondimenti, in accordo con la procura: gli agenti verranno identificati e subiranno le conseguenze penali e amministrative del caso. Su questo la polizia, ancora nella serata di ieri, ha assicurato che non ci saranno sconti.
Il punto, però, è: ma davvero tutto questo è spiegabile con degli errori di campo? Sono troppi i casi e troppo delicate le situazioni in cui l’esercizio della forza, non per forza fisica, è stato visibile. E offensivo. Qualche esempio, diverso tra loro ma con un denominatore comune: il loggionista identificato alla Scala quando grida «viva l’Italia antifascista», i milanesi identificati mentre deponevano i fiori in memoria di Navalny, e ancora gli attivisti caricati davanti alla Rai o a Napoli mentre srotolavano uno striscione di solidarietà ai civili di Gaza, sono l’evidente sintomo di una malattia.
«Nessuno può pensare che ci sia un ordine dall’alto di picchiare i dissidenti, non scherziamo», ragiona però una fonte della Polizia. Vero: ma avere un ministro dell’Interno che ritiene normale identificare i partecipanti alla manifestazione per Navalny o uno dell’Istruzione che parla delle occupazioni scolastiche come di un pericolo per l’ordine pubblico contribuisce a creare un certo clima.
«Il punto è che dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas a Israele, nel nostro Paese ci sono state 1.023 manifestazioni». Bene: ma se c’è stata questa esplosione di piazze, perché non è stato approntato un piano — dal Viminale a scendere — che miri a gestirle, proteggendo le sedi istituzionali e la sicurezza dei cittadini, ma nello stesso tempo garantendo il diritto di espressione e rendendo quasi impossibili episodi di violenza?
(da La Repubblica)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
SALVINI VOLEVA DUE PICCIONI CON UNA FAVA: SPEDIRE L’UNICO COMPETITOR INTERNO A BRUXELLES E GUADAGNARE VOTI PREZIOSI PER NON FINIRE AI GIARDINETTI. MA IL “DOGE” SI CHIAMA FUORI
Il giorno dopo la bocciatura del terzo mandato per i presidenti di Regione, Luca Zaia è un sovrano ferito che vede all’orizzonte la fine del suo regno.
Il governatore del 76% si presenta a Venezia alla conferenza stampa del Comitato olimpico internazionale e cerca di mantenere la calma. Ma la mimica del corpo trasmette disagio. Il patto d’acciaio stretto da FdI e da FI che in commissione Affari costituzionali hanno votato compatti per il no alla proroga dei mandati, è un fatto politico che mette in crisi un leader assoluto, considerato come tale da 15 anni a questa parte.
la Repubblica”Nel Veneto ribattezzato Zaiastan da Andrea Pennacchi, il presidente deve trovare una soluzione ad un problema contingente: comprendere quale futuro politico lo attende. il tempo stringe e il collo dell’imbuto è vicino.
Tocca quindi rispondere a domande impellenti. Adesso cosa succederà? Si candiderà alle Europee? «Non succederà nulla, per quel che mi riguarda», risponde sicuro. «Ho ancora un anno e mezzo-due e nel frattempo cerchiamo di capire».
Non è un mistero che il suo segretario federale, Matteo Salvini, stia premendo per candidarlo a Bruxelles, nell’ottica di provare a frenare la caduta libera della Lega in termini di consensi. Ma per chi conosce bene Zaia, non è un mistero nemmeno il fatto che lui non intenda minimamente candidarsi, men che meno di fronte alla prospettiva di essere in lista con il generale Vannacci.
La base veneta chiede a Zaia di tenere duro, di non cedere e di lasciare che il partito si schianti. A quel punto, di fronte a un risultato così eclatante, la leadership del Capitano potrebbe essere messa in discussione.
Ed è forse proprio a Salvini che Zaia si rivolge, sviluppando un ragionamento sul terzo mandato: «Siccome qualcuno ha detto che il Parlamento è sovrano, vedremo quanta sovranità saprà esprimere il Parlamento». Il riferimento è alle esternazioni che il vicepremier ha affidato alle agenzie dopo la bocciatura dell’emendamento. Come dire, caro Salvini vediamo se farai davvero ciò che dici.
«È una sovranità che dovrà essere rispettosa della volontà popolare», continua Zaia. «Trovo strano che ci siano persone che votano contro i mandati dei sindaci e presidenti di regione eletti dal popolo e poi vai a vedere i loro curriculum e da quattro legislature sono in Parlamento». Ogni riferimento a fatti e persone è assolutamente azzeccato.
Le crepe nella maggioranza ormai sono evidenti. «Crepe?» chiede il governatore del Veneto. «Dico solo che basterebbe andare in strada e intervistare i miei cittadini. Loro non vedono come casta la richiesta di proroga dei mandati, vedono come casta il fatto di bloccare i mandati».
Il capogruppo leghista in consiglio regionale, Alberto Villanova, ha già cominciato ad arringare i suoi. «Qualcuno a Roma crede che la battaglia sia terminata» dice. «Si sbagliano, perché è proprio il contrario».
E l’assessore regionale Roberto Marcato ipotizza soluzioni radicali, come quella di correre da soli, con lista Lega, quella personale del presidente e qualche civica.
Ma il Veneto potrebbe diventare un laboratorio politico anche per un altro tipo di esperienza. Zaia potrebbe diventare il politico moderato su cui costruire un grande centro da contrapporre alla china destroide imposta da FdI e dalla Lega a trazione salviniana. Già ci sarebbero stati i primi contatti. Dalla sponda opposta del Piave Fratelli d’Italia marcia senza nascondere l’ambizione di prendere guida del Veneto. Messo di fronte a questa prospettiva, Zaia risponde sfoderando la saggezza popolare veneta: «Ghe xe pì giorni che luganega», ci sono più giorni che salsicce. Il suggerimento invita a conservare ogni proprio bene, senza scialacquare ciò che si possiede. Le salsicce, per i contadini veneti. La pazienza, nel caso di Zaia.
(da La Repubblica)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
“CREDE CHE L’IMPARZIALITÀ SIA LECCARE TUTTI I POTENTI, DI DESTRA E DI SINISTRA, CON LO STESSO TRASPORTO. COME DISSE GIAN ANTONIO STELLA, ‘SI CREDE EQUIDISTANTE, INVECE È EQUIVICINO’”
Ventun anni fa, al posto di Meloni e Salvini, litigavano Bossi e Fini perché quest ’ultimo voleva dare il voto agli immigrati. Bruno Vespa invitò Fini a Porta aPorta, ma non Bossi, che protestò ma fu invitato due settimane dopo, quando ormai la polemica era evaporata.
E La Padania domandò maliziosa: perché Vespa ha rinunciato a uno scontro fra i due ministri che gli avrebbe procurato, una volta tanto, un picco di ascolti? Lo sventurato rispose: “Non volevo compromettere la stabilità del governo”. Come se fosse un problema suo.
Nel 1972, al posto di Bernstein e Woodward imbeccati da Gola Profonda sul Watergate, Vespa si sarebbe mangiato le carte per non compromettere la stabilità di Nixon. Ma è fatto così: crede che il giornalista sia una via di mezzo fra il manutentore e l’estintore. Che le uniche fonti attendibili siano quelle ufficiali (infatti nel 1969 annunciò alla Nazione che “il colpevole della strage di piazza Fontana è Pietro Valpreda”, poi totalmente scagionato; e nel 1980, subito dopo la strage di Bologna, ipotizzò un’esplosione delle cucine di un ristorante vicino alla stazione).
E che l’imparzialità sia leccare tutti i potenti, di destra e di sinistra, con lo stesso trasporto. Come disse Gian Antonio Stella, “si crede equidistante, invece è equivicino”.
Ogni tanto qualcuno di centrosinistra si lamenta per i servizietti di Vespa al centrodestra e ne viene regolarmente zittito: ma li faccio anche a voi, che venite più spesso degli altri (memorabile il record tuttora ineguagliato di Bertinotti). Infatti fu l’Ulivo a portare da una a quattro le sue serate settimanali.
Ora Pd e 5S protestano per il doppio soffietto alla Meloni dell’altroieri (prima a Cinque Minuti e poi a Porta a Porta): sia per l’assenza di domande vere (una novità), sia perché le balle dell’insetto hanno financo superato quelle della premier (“Il sito Politico la indica come il leader più influente d’Europa”: falso, il primo è il polacco Tusk, mentre la Meloni prevale in una sottocategoria e viene definita il “camaleonte politico per eccellenza”). Proteste sacrosante, se non fosse che Elly Schlein si accinge a duettare con la Meloni proprio chez Vespa. Ma smettere di andarci?
Marco Travaglio
(da Il Fatto Quotidiano)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
E NEL 10% DEI CASI I GENITORI SE LA PRENDONO CON I DOCENTI
I brutti voti a scuola, ormai, non sono solo un invito a migliorare. Sembra che la faccenda si sia complicata, sollevando in parte dalle spalle degli studenti la responsabilità delle insufficienze. Lo attesta una ricerca condotta da Skuola.net su un campione di 2.500 alunni delle classi superiori, dalla quale emerge che solo uno studente su tre sarà punito per i votacci riportati alla fine del primo quadrimestre (o del secondo trimestre, a seconda dei contesti).
Le motivazioni
Una clemenza che ha molte motivazioni: nel 67% dei casi, risiedono nella comprensione dei genitori, che sperano che con il dovuto impegno i ragazzi raggiungeranno la sufficienza entro la fine dell’anno.
Ma nel 10% dei casi i genitori puntano il dito contro il corpo docente per i brutti voti dei loro pargoli, ritenendo che la colpa sia da attribuire anche a una presunta mancanza di sostegno da parte degli insegnanti. E questo modo di pensare può anche degenerare in vere e proprie aggressioni ai danni dei prof durante i colloqui intermedi: fisiche, come riportano il 2% degli intervistati, o verbali, secondo il 4%.
Le punizioni
Uno studente su dieci, secondo i calcoli, ha come minimo tre insufficienze, mentre a non aver raggiunto il sei in almeno una materia è un alunno su tre. Se hanno la sventura di ricadere nella minoranza di giovani puniti da mamma e papà, le sanzioni a cui vanno incontro rientrano tipicamente in quattro tipologie. C’è innanzitutto la limitazione nell’uso di smartphone, console per videogames, tv (14%). In alternativa, si ricorre al divieto di uscire con gli amici o di dedicarsi a sport e passatempo (9%). Oppure all’obbligo di svolgere dei lavoretti in casa o fuori (4%). Nel 2% dei casi arriva infine la riduzione della paghetta.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
“OGGI SONO IN PRIMA LINEA CON I DRONI. LA GUERRA È CAMBIATA, SI SPARA CON FUCILI A RAGGI INVISIBILI. SE LORO LANCIANO APPARECCHI KAMIKAZE NON RESTA CHE PREGARE”… KIEV LE DEDICA UN FRANCOBOLLO
Giulia Schiff, il suo nome è comparso nella lista nera dei ricercati di Mosca. Come l’ha presa?
«Nessuna sorpresa. Fa parte dei rischi del mestiere, mi sono scelta il lavoro di combattente e so che devo fare i conti anche con questi inconvenienti. Fra di noi c’è anche chi ha una taglia sulla testa. Naturalmente non sono una sprovveduta e ho preso le mie contromisure».
Cioè?
«Quando non sono al fronte, sto all’occhio. Mi guardo bene intorno, controllo sempre l’auto… sto attenta».
Che peso dà a questa lista?
«A giudicarla così mi sembra una cosa seria ma non è l’unica che gira e non è la prima volta che il mio nome finisce nel mirino dei russi. Dall’inizio della guerra sono inserita in una piattaforma creata da loro».
Di cosa si tratta?
«È una sorta di wikipedia dei soldati internazionali, dove non viene riportato solo il mio nome. C’è il profilo, la mia storia, le vicende dell’aeronautica… E devo riconoscere che sono stata trattata anche dignitosamente. Hanno indagato su di me e hanno scritto le vicende per come sono andate. Paradossalmente hanno avuto più rispetto loro di alcuni italiani».
Insomma, non è preoccupata…
«Francamente no, io sto lavorando e sono concentrata sul quel che faccio, non ho tempo per queste distrazioni».
Cosa fa ora esattamente?
«Sono pilota di droni, in prima linea ma non scoperta. O, se vogliamo, seconda linea. Sto appena dietro. Oramai si combatte così, io la chiamo la guerra dei droni, la 2.0, si spara con fucili a raggi invisibili e si lanciano nel cielo questi velivoli a pilotaggio remoto. Sono di varie forme, dimensioni e specializzazioni. Sia chiaro, il contact esiste sempre ed esistono sempre anche le missioni di fanteria, accompagnate però dai droni. Succede che anziché avere il classico supporto aereo ci si affida a questi copters che volano dappertutto».
È sposata con un israeliano, giusto?
«Sì, Victor, ucraino-israeliano, eravamo insieme qui in Ucraina, entrambi soldati di questo esercito di combattenti volontari dele Forze speciali della legione internazionale. Ma ora lui è in Israele. Ci sentiamo comunque spesso. Devo dire che ho scelto questa seconda linea anche per sua tranquillità. Una relazione a distanza non è facile ma noi teniamo duro perché sappiamo entrambi quanto bisogno c’è di aiuti in queste territori. Tra l’altro, siamo finiti entrambi in un francobollo ucraino per coppie combattenti».
Lei è in Ucraina da due anni, non è stanca?
«Io la guerra la vivo molto tranquillamente. Per paradosso, la cosa che mi ha fatto davvero a pezzi sono stati i mesi di torture psicologiche che ho subito in Italia dopo aver fatto la denuncia informale contro l’aeronautica, dalla quale hanno iniziato a massacrarmi di punizioni. Quello è stato il periodo più brutto della mia vita. La guerra, vedere la morte, è quasi una passeggiata in confronto, glielo giuro… A volte mi stupisco pure io di me stessa… lo so, sembra una cosa da matti».
In effetti…
«Ma non lo è, se conosci il mestiere alla fine è come un altro. Qui oltretutto non esiste il nonnismo e stiamo parlando di un esercito che è oramai fra i più forti del mondo».
Com’è la situazione?
«Siamo a una guerra di logoramento, di trincea. Si è andati un po’ in stallo. Chiaro che c’è della stanchezza ma i soldati riescono ancora a trovare motivazioni ed è quello il vero traino».
Non le manca l’Italia, la famiglia, gli amici?
«In Ucraina mi sento molto più utile. Io lo faccio perché credo nella causa e perché mi sento una cittadina del mondo. Per me non esistono le frontiere, le nazionalità. Esistono solo persone che hanno bisogno di altre persone e io le aiuto combattendo. E poi non rinuncio al mio impegno umanitario, vorrei che la fondazione da noi creata oltre un anno fa avesse una dimensione internazionale. Motivo per cui ho deciso di aprirne una ex novo in Italia per essere presente anche nel mio Paese».
(da Il Corriere della Sera)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
“SI DOVRÀ INVESTIRE UNA QUANTITÀ ENORME DI DENARO, E NON INTENDO SOLO DENARO PUBBLICO, MA ANCHE I RISPARMI PRIVATI”
“Negli ultimi anni si sono verificati molti cambiamenti profondi nell’ordine economico globale e questi cambiamenti hanno avuto una serie di conseguenze, una delle quali è chiara: in Europa si dovrà investire una quantità enorme di denaro in un tempo relativamente breve in Europa e sono impaziente di discutere di ciò che i ministri delle Finanze pensano e stanno preparando su come finanziare queste esigenze di investimento
Lo ha detto l’ex premier Mario Draghi, arrivando a Gand alla riunione informale dei ministri delle Finanze, dove è invitato alla luce del rapporto sul futuro della competitività europea al quale sta lavorando.
Rispetto agli investimenti necessari, ha segnalato Draghi, “non intendo solo il denaro pubblico, ma anche i risparmi privati: come si potrebbero mobilitare le risorse private in misura molto più elevata rispetto al passato e sono impaziente di avere questa discussione”.
“Siamo qui – ha segnalato al proprio arrivo -per un primo scambio con diverse parti interessate per la preparazione del rapporto sulla competitività dell’Europa”.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
LA DIPENDENZA DAL LAVORO NASCE DA UN DISAGIO: SPESSO SI TRATTA DI INSODDISFAZIONE PER LA PROPRIA VITA O PER UNA RELAZIONE CHE NON CI APPAGA. TRASCORRERE TROPPO TEMPO IN UFFICIO È SOLTANTO UN MODO PER NON PENSARE A QUELLO CHE CI ASPETTA FUORI
Lo stacanovismo è una dipendenza comune, che nasce in risposta a un disagio. E, come molte dipendenze, peggiora la situazione che vorrebbe alleviare.
Ci sono prove inconfutabili che alcune persone “curino” i loro problemi emotivi anche con il lavoro. Questo può portare a una sorta di dipendenza. Molti studi hanno dimostrato una forte relazione tra lo stacanovismo e i sintomi di disturbi psichiatrici, come ansia e depressione, ed è stato comunemente ipotizzato che il lavoro compulsivo porti a questi disturbi. Ma alcuni psicologi hanno recentemente sostenuto la tesi della causalità inversa, ovvero che le persone in realtà “curino” la depressione e l’ansia con un eccesso di lavoro. Come hanno scritto gli autori di uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista scientifica Plos One, “lo stacanovismo (in alcuni casi) si sviluppa come tentativo di ridurre i sentimenti di ansia e depressione”.
Le persone alle prese con lo stacanovismo possono facilmente negare che si tratti di un problema e quindi non vedere i problemi che stanno cercando di curare
La relazione causale potrebbe parzialmente spiegare perché così tante persone hanno aumentato le ore di lavoro durante la pandemia. […] Forse una parte dei lavoratori si è “automedicata” raddoppiando la propria quantità di lavoro, per sentirsi impegnata e produttiva.
Come può il lavoro essere negativo? Come mi ha detto Anna Lembke, una psichiatra di Stanford, anche comportamenti che in passato erano sani e adattivi – comportamenti che noi generalmente, per cultura, considereremmo sani e vantaggiosi – “oggi diventano una droga, il che li rende più potenti, più accessibili, più nuovi, più onnipresenti”. Se siete persone che si chiudono nel bagno di casa per controllare le email di lavoro sul telefono, sta parlando di voi.
Inoltre, quando parliamo di lavoro, le persone premiano i comportamenti che creano dipendenza. Nessuno dice: “Accipicchia, hai bevuto una bottiglia di gin in una notte? Sei proprio un bevitore straordinario”. Ma se lavorate 16 ore al giorno probabilmente otterrete una promozione.
Nonostante le decantate virtù di un lavoro svolto al massimo, i costi supereranno quasi certamente i benefici, come di solito accade nelle dipendenze da “automedicazione”. Il burnout (esaurimento), la depressione, lo stress lavorativo e il conflitto tra lavoro e vita privata peggioreranno, non miglioreranno. Inoltre, come mi ha detto Lembke, lo stacanovismo può portare a dipendenze secondarie, come quella da droghe, alcol o pornografia, che le persone usano per “automedicare” i problemi causati dalla dipendenza primaria, spesso con conseguenze personali catastrofiche.
Per trovare soluzioni alla dipendenza da lavoro, ho intervistato la mia collega di Harvard, Ashley Whillans, autrice di Time smart: how to reclaim your time and live a happier life […] mi ha detto che, tra le soluzioni individuali allo stacanovismo, ci sono una maggiore consapevolezza di come si usa il proprio tempo e un cambiamento di mentalità, che non dia maggiore valore al lavoro rispetto al tempo libero. Mi ha consigliato tre pratiche.
Fate una verifica di come avete usato utilizzato il tempo
Per qualche giorno, annotate con cura le vostre attività principali – lavoro, tempo libero, commissioni – oltre che il tempo trascorso in ognuna di esse e come vi siete sentiti. Annotate le attività che vi generano l’umore più positivo e che hanno per voi più significato. Questo vi darà due informazioni: quanto state lavorando (per rendervi impossibile negare la realtà) e cosa vi piace fare quando non lavorate (per rendere più allettante la guarigione).
Programmate i vostri tempi morti
Gli stacanovisti tendono a minimizzare il valore delle attività extralavorative, definendole come “piacevoli”, e annegandole quindi nel lavoro. Ritagliate del tempo nella vostra giornata per le attività non lavorative, proprio come fate per le riunioni.
Programmate il vostro tempo libero
Non lasciate troppo liberi i tempi morti. Il tempo non strutturato è un invito a tornare al lavoro o a dedicarsi ad attività passive che non favoriscono il benessere, come passare in rassegna i vostri social network o guardare la televisione.
Arthur C. Brooks
per “The Atlantic”,
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
LA TELEFONATA A PIANTEDOSI E LA CRITICA DURA DEL QUIRINALE NEL SILENZIO OMERTOSO DEL GOVERNO… NESSUNO VIENE RIMOSSO? ALLORA SIETE COMPLICI
«Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento».
Queste le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’indomani delle cariche della polizia contro gli studenti a Pisa, azione che ha scosso l’opinione pubblica portando ieri a una manifestazione pacifica partecipata da migliaia di persone nella città toscana.
Non era mai accaduto che il Quirinale intervenisse in modo così duro e netto su vicende riguardanti la gestione dell’ordine pubblico.
Una mossa questa dettata forse dalla pressoché assente reazione del governo Meloni (oggi la premier è impegnata a Kiev) e che è una critica, nemmeno troppo velata, verso la gestione del caso da parte del ministro dell’interno Matteo Piantedosi.
Sulle cariche di ieri è stato aperto un fascicolo d’indagine della procura di Pisa, affidato ai carabinieri. Al vaglio le immagini circolate già ieri sui social per capire se è stata proporzionata o meno l’entità della reazione da parte degli agenti sui manifestanti. La questura ha comunque depositato in procura, o sta per farlo, una dettagliata informativa all’autorità giudiziaria, corredata dai filmati girati sul campo dalla polizia scientifica. Lunedì il ministro Piantedosi incontrerà i sindacati. Sulla vicenda è intervenuto, con una lettera indirizzata al titolare del Viminale, anche il leader della Cgil, Maurizio Landini, esprimendo «disapprovazione e preoccupazione democratica».
«Bisogna che Piantedosi venga finalmente a chiarire in Parlamento davanti al Paese e prendersi le sue responsabilità. Non possiamo più assistere a scene inaccettabili come quelle che abbiamo visto ieri, di manganellate sui minori, di minori trattenuti e immobilizzati a terra. Non è accettabile. Non è un episodio isolato. Abbiamo visto scene come queste a Firenze, a Napoli, a Bologna c’è un clima di repressione di cui abbiamo già chiesto la settimana scorsa conto al ministro Piantedosi. È necessario che venga a chiarire e a prendersi le sue responsabilità davanti al Parlamento», ha dichiarato oggi la segretaria del Pd, Elly Schlein.
Il leader M5S Giuseppe Conte ha parlato invece di silenzio del governo. «Presidente Meloni, ancora una volta sei rimasta silente senza proferire parola, ignorando le violente manganellate che ieri hanno provato a silenziare i giovani scesi pacificamente per le strade di Pisa e Firenze», ha scritto sui social.
(da Open)
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