Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
PRIMA LOREDANA BERTE’, POI ANNALISA E ANGELINA MANGO… SOLO AL 20° POSTO GEOLIER
Il Festival di Sanremo nel 2024 ha deciso di fare a meno della giuria demoscopica, per affidarsi al sempiterno televoto, alla giuria delle radio, ed alla giuria dei giornalisti. Non ci interessa indagare sulle ragioni, bensì riflettere su cosa voglia dire «giuria demoscopica», e chiedersi quale contributo originale possa portare.
Per verificare direttamente i gusti del pubblico che segue la manifestazione c’è il televoto, questo enorme sondaggio sui gusti del pubblico, che vota in diretta. Non dobbiamo però pensare che sia un vero voto popolare perché — poco o tanto — votare costa e serve un minimo di attivismo e dimestichezza per farlo. Premia i cantanti più famosi .
Cosa manca? Manca il giudizio della maggioranza tranquilla, che si gode lo spettacolo del festival senza avere necessariamente un giudizio pre-costituito, Quelle persone che poi «fanno il mercato», comprando musica o fruendo di concerti e festival
L’esperienza di Ipsos ha portato a selezionare un panel di fruitori del Festival di Sanremo contattati prima della manifestazione in modo da ascoltare con attenzione tutte le esibizioni dei primi 3 giorni, per esprimere un giudizio motivato sui brani e le esibizioni prima di essere influenzati dalle cover e dalla classifica generale della quinta serata. Il tutto gestito da Ipsos nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato dei giurati a garanzia della neutralità del voto.
Una graduatoria complessiva che ha visto premiare «Pazza» di Loredana Bertè seguita da «Sinceramente» di Annalisa e da «La Noia» di Angelina Mango seguite — tra i primi 10 — da Mahmood, Diodato, e più distaccati Ghali, Mannoia, Emma, Irama, D’Amico.
La graduatoria che ne esce risulta non del tutto lontana da quella che abbiamo visto nelle prime serate, specie nel voto dei giornalisti: le prime 3 posizioni sono simili, con un’inversione di Annalisa su Angelina e di Mahmood su Diodato.
Rispetto al voto congiunto di radio e televoto, che rappresenta come abbiamo visto i più «attivisti», non rientrano tra i primi 10 del giudizio popolare: Geolier (in posizione 20), Amoroso (18), il Tre (20), Mr. Rain (22).
Loredana Bertè domina sia tra gli uomini sia tra le donne; le donne indicano al secondo posto Mahmood e al terzo Diodato, a differenza degli uomini che li piazzano quarti e quinti.
(da Corriere della Sera)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
L’AGENDA HORROR PER LA DUCETTA: IL 13 GIUGNO ARRIVERÀ LA PROCEDURA PER DEFICIT. A QUEL PUNTO L’ITALIA DOVRÀ PRESENTARE IL PIANO DI RIENTRO DEL DEBITO. E BISOGNERÀ INTERVENIRE SUBITO, SENZA ESCLUDERE UNA MANOVRA CORRETTIVA (ALTRO CHE PONTE SULLO STRETTO E AUMENTO DELLE PENSIONI)
”Nella notte di venerdì, i negoziatori del Consiglio – voce degli Stati – e del Parlamento europeo si accordano sul nuovo Patto di Stabilità.
La Germania porta a casa dei paletti precisi in grado di indurre i Paesi più indebitati – come il nostro – a ridurre la loro esposizione, sia pure in un quadro più flessibile del passato. Le Nazioni dovranno sforbiciare il loro debito in media dell’1% all’anno (quando il rosso è superiore al 90% del Pil); e dello 0,5% (se è compreso tra il 60% e il 90%). Sono disposizioni impegnative, ma comunque meno restrittive di quelle precedenti. Il vecchio Patto di Stabilità imponeva una riduzione – ogni anno di un ventesimo – della quota del debito che superava il 60%.
Un Paese gravato da un debito in eccesso non sarà sempre obbligato a scendere a un livello virtuoso (al di sotto del 60%) secondo le regole generali del Patto. A volte, basterà che collochi il suo rosso “su una plausibile traiettoria discendente”. E il governo di questa Nazione potrà anche chiedere al Consiglio di deviare temporaneamente dal percorso di rigore nella spesa pubblica, quando circostanze eccezionali avranno un impatto sulle finanze nazionali.
Quando è superiore al 3% del Pil, il deficit annuale va dimezzato e ridotto all’1,5%. Anche qui il Parlamento europeo ha ottenuto che la cura di cavallo sia concentrata “durante i periodi di crescita” economica.
Il testo delle norme – concordato venerdì notte – sarà votato dal Parlamento europeo in plenaria (dove i grillini si schiereranno contro); e poi dal Consiglio. Il via libera definitivo permetterà agli Stati di presentare al giudizio dell’Ue i “piani nazionali” di finanza pubblica per il 20 settembre 2024.
I conti del governo chiusi in gabbia. Le promesse di spesa e le speranze miracolistiche, un ricordo del passato. Chiuso ormai l’accordo definitivo sul nuovo Patto di Stabilità si apre per l’esecutivo di Giorgia Meloni la stagione della cinghia tirata.
Perché le nuove regole, al di là della conferma dei parametri, presentano per l’Italia una certezza: ogni mossa dovrà prima essere vagliata e approvata dalla Commissione. E il percorso del rientro dal deficit e dal debito inizierà molto presto: il prossimo 21 giugno.
Insomma l’estate 2024 sarà politicamente ed economicamente surriscaldata per Palazzo Chigi. E questo nonostante l’ultimo testo abbia ricevuto qualche ammorbidimento
Bisogna dunque tenere presente quattro date per capire quanto sia complicata la situazione dal punto di vista dei nostri conti pubblici: il prossimo 15 febbraio, il 13 giugno, il 21 giugno e il 20 settembre. Giorni cruciali.
La prossima settimana la Commissione europea renderà pubblici i dati delle previsioni economiche invernali. E secondo alcune anticipazioni non saranno positive. Verrà confermata una contrazione della crescita per quest’anno, per tutta l’Unione e anche per l’Italia.
L’unico dato positivo che sarà contenuto nelle previsioni di Palazzo Berlaymont riguarderà l’inflazione che si presenta ancora in calo. Offrendo così la speranza che la Bce in primavera abbassi il tasso di sconto.
La seconda data è quella del 13 giugno. Subito dopo le elezioni europee, infatti, l’esecutivo europeo uscente renderà note le procedure per deficit eccessivo. E l’Italia sarà nell’elenco. Del resto la decisione della Commissione si basa sulla performance dello scorso anno in cui il nostro Paese ha registrato un disavanzo del 5,3 per cento. Ben oltre il 3 per cento previsto anche dal nuovo Patto di Stabilità.
Per il nostro Paese questa “ammonizione” accompagnata da un debito altissimo — con oltre il 140 per cento del Pil è il secondo d’Europa — equivale a intervenire subito senza escludere una manovra correttiva. Altro che misure per aumentare le pensioni o per costruire il Ponte sullo Stretto. Anche perché va tenuto presente che il settore immobiliare-edile è ormai in netta contrazione e che buona parte degli investimenti maggiori sono stati compiuti nel nostro Paese dalle aziende pubbliche che però non sono più in grado di mantenere lo stesso ritmo.
La terza data è forse quella più importante. Il 21 giugno, dunque, dopo l’infrazione per deficit eccessivo la Commissione europea dovrà presentare, in base al nuovo Patto di Stabilità, gli obiettivi di aggiustamento dei conti pubblici a medio termine. Sostanzialmente verrà indicato come e quanto dovrà ridursi il deficit ma anche il debito, sicuramente per i successivi quattro anni.
A quel punto, entro il 20 settembre, i governi “attenzionati” dovranno formulare i loro Piani pluriennali di spesa. Che dovranno garantire il rispetto in quattro anni, estendibili a 7, del deficit al di sotto del 3 per cento per chi non ha un debito troppo alto e addirittura dell’1,5 del disavanzo strutturale per chi ha soglie debitorie più alte come l’Italia. E in più dimostrare che la traiettoria dello stesso debito sarà sensibilmente in calo. Piani che dovranno essere approvati da Commissione e Consiglio europeo.
Sostanzialmente non si potrà fare nulla senza il permesso di Bruxelles. E nella politica economica del governo italiano di centrodestra significa avere pochissimi margini di manovra
(da La Repubblica)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
L’ULTRA-CAPITALISTA ORA CHE HA BISOGNO DI UN “MIRACOLO” PER RIACCHIAPPARE CONSENSI IN PATRIA HA CAMBIATO OPINIONE SUL PONTEFICE: TIPICO BUFFONE SOVRANISTA
Parabole del potere. Javier Milei ha finalmente incontrato papa Francesco, che solo pochi mesi fa aveva definito “imbecille” e oggi considera “l’argentino più importante della storia”.
Seduto con le altre autorità in seconda fila, subito dietro il Papa, prima dell’inizio della messa ha salutato Francesco nella sacrestia della basilica vaticana, lo incontrerà nuovamente domani mattina per un’udienza ufficiale.
A fine messa, prima di lasciare la basilica vaticana, Bergoglio si è avvicinato in sedia a rotelle al presidente argentino che lo ha abbracciato con slancio. In patria la sua draconiana riforma economica è contestata, Milei cerca una sponda in Jorge Mario Bergoglio.
“IMBECILLE”, “PIFFERAIO MAGICO”
Il loro rapporto a distanza, in passato, è stato a dir poco polemico. Durante la campagna elettorale Milei, “anarco-capitalista”, aveva apostrofato Bergoglio come un “gesuita che promuove il comunismo” accusandolo di essere il “rappresentante del Male nella Casa di Dio”, una “persona nefasta” o, più semplicemente, un “imbecille”.
Francesco era sembrato rispondere, indirettamente, quando, intervistato dall’agenzia stampa argentina Telam a pochi giorni dal voto, aveva messo in guardia gli argentini dal seguire i “pifferai magici” e i “pagliacci del messianesimo”.
SCORDIAMOCI IL PASSATO
Uno scambio di accuse rapidamente archiviato prima ancora che il presidente si insediasse nella Casa Rosada di Buenos Aires. Quello che si dice in campagna elettorale, ha chiosato Francesco, “cade da solo”. Ancor prima del voto Milei si era detto dispiaciuto degli insulti indirizzati al Papa, e nelle settimane successive all’elezione ha invitato Bergoglio a visitare l’Argentina.
“DIALOGO FRUTTUOSO”
Francesco “è l’argentino più importante della storia”, ha dichiarato da Roma a Radio Mitre, “spero che avremo la possibilità che la salute di Sua Santità sia in condizioni che gli consentano di venire a visitare gli argentini”. Il presidente argentino è fiducioso che “avremo un dialogo molto fruttuoso, proprio come quello che abbiamo avuto al telefono”.
LA RIFORMA E LA CHIES
Al presidente argentino, alle prese con una manovra lacrime e sangue che rischia – è l’allarme di ampi settori della Chiesa argentina – di lasciare indietro i più poveri del paese, servirebbe un sostegno del Papa. “La nostra economia è in uno stato critico e devono essere adottate misure urgenti per evitare una catastrofe sociale con conseguenze dolorose”, scrisse nella lettera di invito inviata al Papa a inizio gennaio. Una visita del Papa, in particolare, “porterà frutti di pacificazione e di fraternità tra tutti gli argentini, desiderosi di superare le nostre divisioni e i nostri scontri”.
IL FANTASMA DI UN VIAGGIO
Papa Francesco, 87 anni, non ha ancora sciolto le riserve su un possibile rientro in patria. Vuole aprire un canale di dialogo con un uomo politico distante da lui sotto molti aspetti. Ma non manca di sottolineare la sua preoccupazione per la sorte dei poveri.
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
“NEMMENO IL COMMISSARIAMENTO PUO’ RISOLVERE I PROBLEMI”… CONDIZIONI INDEGNE DI UN PAESE CIVILE
Un giovane di 18 anni avrebbe subito un pestaggio da parte di agenti della Guardia di Finanza all’interno del centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli a Milano. L’episodio si sarebbe verificato nella notte tra sabato 10 e domenica 11 febbraio.
A denunciarlo un video diffuso dalla rete ‘Mai più lager – No ai cpr’ che lo ha ricevuto tramite il centralino dell’associazione Naga di Milano. Poche ore prima, dallo stesso Cpr erano arrivate immagini di trattenuti che per protesta si erano coricati seminudi nel cortile della struttura rimanendo per ore sotto la pioggia battente.
Per Teresa Florio della rete ‘Mai più lager – No ai cpr’, raggiunta da Fanpage.it, queste immagini sono “sconcertanti. È l’ulteriore conferma che il commissariamento non può fare niente”.
Il pestaggio
Nelle immagini si vedono agenti in tenuta antisommossa che prendono a manganellate un giovane che tenta di divincolarsi. Piedi scalzi, in tuta e con segni su una maglia grigia, il ragazzo avrebbe 18 anni. Da quanto riferito dalla rete ‘Mai più lager – No cpr’ dopo il pestaggio non sarebbe stato portato in ospedale ma in infermeria e poi nella sua stanza. Non è chiara la ragione dei tafferugli.
Secondo la ricostruzione del centralino, gli scontri sarebbero nati perché gli agenti di guardia avrebbero chiuso senza preavviso una finestrella che dava accesso al settore.
“È l’unico punto di comunicazione con l’esterno – spiegano gli attivisti sui canali social – il passaggio fondamentale da cui vengono gettati dentro acqua, cibo, medicine e accendino. Con la chiusura di quell’unico collegamento con l’esterno è come essere ancora più in gabbia che nella gabbia, ancora più abbandonati e reietti”.
Dopo le proteste per la finestrella, il dissenso sarebbe sfociato in scontri, culminati con l’intervento di una squadra della Guardia di Finanza.
Nel video sono due le persone che sembrano subire le percosse, uno sarebbe stato portato in infermeria con la gamba rotta. Il 18enne invece sarebbe arrivato “quasi esamine, a braccia” – riferiscono i testimoni. Il giovane avrebbe trascorso la notte in infermeria e poi sarebbe stato riportato nella sua stanza.
Da quanto risulta, avrebbe trascorso la mattina steso sul letto, con segni di percosse sul torace. Avrebbe forte dolore alla schiena e non riuscirebbe a muoversi. Come denunciano gli attivisti, la difficoltà sarà capire innanzitutto se lo hanno portato in ospedale, specie perché, anche dietro richiesta dei loro avvocati, è molto difficile avere accesso alle cartelle cliniche.
Le richieste degli attivisti
Nelle scorse ore nello stesso Cpr è scoppiata una protesta che ha visto migranti nudi e sdraiati per terra per protestare contro le condizioni di vita all’interno. Con macchie sul corpo, molti di loro continuano a subire abuso di farmaci, assenza di assistenza sanitaria e cibo scaduto o andato a male.
Gli episodi delle ultime 24 ore si sono verificati mentre la struttura è stata commissariata dalla Procura di Milano per un’inchiesta giudiziaria in corso sull’ente gestore.
“Siamo sconcertati – dice a Fanpage.it Teresa Florio della rete ‘Mai più lager’ – ma eravamo sicuri che le cose non sarebbero cambiate nonostante il commissariamento”. Al momento la gestione è stata affidata a un amministratore giudiziario, ma le dinamiche che hanno portato al commissariamento non sembrano cambiate.
“È l’istituto del cpr che è concepito così. La gestione può pulire meglio i luoghi ma nessuno, nemmeno con la migliore professionalità può modificare la struttura fisica del luogo che è oppressiva, quasi da carcere di massima sicurezza. Soprattutto, nessuno può modificare le storture che impediscono di godere del diritto alla salute, del diritto alla difesa in un cpr” spiega Florio.
Gli episodi delle ultime 24 ore però sembrano particolarmente gravi, anche perché si sono verificati mentre la struttura è commissariata. “Arrivare a queste aggressioni in tenuta antisommossa in un corridoio a danno di un ragazzo di 18 anni, come anche la protesta di trattenuti lasciati per ore sotto la pioggia, è solo l’ulteriore conferma che il commissariamento non può fare niente. Queste immagini, unite a quelle che arrivano da Roma, Trapani, Gradisca, dicono la stessa cosa: i cpr sono così da sempre, anche sotto commissariamento. La risposta per noi è di chiuderli tutti. A partire da Milano”.
(da Fanpage)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
“HANNO SUBÌTO FISCHI I PIÙ GRANDI DELLA STORIA, MA IL RAPPER GEOLIER NO, LUI NON PUÒ: SICCOME È NAPOLETANO, CHI NON APPREZZA IL SUO BRANO (PERALTRO INCOMPRENSIBILE IN MANCANZA DI SOTTOTITOLI), È UN FOTTUTO RAZZISTA”… “BIGMAMA COMBATTE IL BODY SHAMING. MA SE SI ESIBISCE NON VA VALUTATA PER LE IDEE, MA PER LA CANZONE: SE È UNA CIOFECA, SI PUÒ DIRLO SENZA PASSARE PER TIFOSI DEL BODY SHAMING?
L’ultima frontiera del cretinamente corretto è l’ondata di sdegno (a quando un intervento di Mattarella?) perché un cantante viene fischiato a Sanremo. L’idea che chi paga cifre astronomiche per un biglietto all’Ariston abbia il diritto di trovare brutta una canzone e fare ciò che si fa in tutto il mondo da quando esiste il teatro, cioè fischiare chi non piace e contestare chi lo premia, è ormai insopportabile.
Hanno subìto fischi i più grandi registi, attori e cantanti della storia, ma il rapper Geolier no, lui non può: siccome è napoletano, chi non apprezza il suo brano (peraltro incomprensibile in mancanza di sottotitoli), è un fottuto razzista. Si dice che i social ci assuefanno a tutto.
Ma è molto peggio: ci rendono insensibili alle cose gravissime (tipo la mattanza di Gaza o quel gran genio di Stoltenberg che annuncia la lieta novella di “dieci anni di guerra con la Russia”) e sensibilissimi a quelle normali (i fischi a un rapper, manco l’avessero menato). È una forma di razzismo alla rovescia: siccome molti razzisti ce l’hanno coi meridionali e in particolare coi napoletani, vige l’obbligo di applaudirli tutti, a prescindere. E la stessa immunità avvolge tutti i portatori di messaggi positivi.
BigMama combatte meritoriamente il body shaming. Ma è una cantante e si esibisce a Sanremo sottoponendosi al giudizio del pubblico. E non va valutata per le idee, ma per la canzone: se questa è una ciofeca, si può dirlo liberamente senza passare per tifosi del body shaming?
La morte di Giogiò Cutolo, il giovane musicista ucciso in strada a Napoli per un parcheggio, è un dramma insopportabile e bene ha fatto Amadeus a invitare la madre Daniela a ricordarlo sul palco. Ma non si poteva evitare la pornografia del dolore con qualcosa di meno trash e retorico?
Il discorso di mamma Daniela alla “nazione” (picco d’ascolti: 16 milioni) dava l’impressione che si stesse candidando a qualcosa. Infatti l’indomani è partito il casting di FdI, seguito dalla disponibilità dell ’interessata a correre per le Europee.
Così come per la sorella di Giulia Cecchettin, che s’è fiondata nella famoseria sanremese inventandosi un’astrusa polemica contro il tristissimo e noiosissimo pistolotto del cast di Mare fuori.
Il tutto alla vigilia del lancio del libro del padre, amorevolmente seguito dall’Andrew Nurnberg, agenzia londinese di marketingper autori e attori di fiction. Tutto legittimo ma quando persino la morte dei propri cari esce dal silenzio e diventa trampolino di lancio, ascensore sociale e quarto d’ora di celebrità, lasciateci almeno il diritto all’imbarazzo. E al fischio.
Marco Travaglio
per il “Fatto quotidiano”
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
ANCHE PER LUI CI SARA’ LA PROTESTA DELL’AMBASCIATORE DI ISRAELE?
La performance di Ghali si conferma una delle più discusse della 74esima edizione del Festival di Sanremo. Sul palco dell’Ariston, l’artista ha portato un brano – Casa Mia – che in alcuni passaggi sembra rimandare alla guerra in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Ieri, a margine della sua esibizione durante l’ultima serata del Festival, il rapper ha anche chiesto dal palco: «Stop al genocidio».
Un messaggio che proprio non è piaciuto ad Alon Bar, ambasciatore israeliano in Italia, che oggi su X ha protestato così: «Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile». Ad apprezzare la performance di Ghali un po’ a sorpresa è invece il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano.
Il cardinale ripubblica su X lo stralcio del testo della canzone del rapper che più lo ha colpito: «Siamo tutti zombie col telefono in mano / Sogni che si perdono in mare […] Ma qual è casa tua / Ma qual è casa mia / Dal cielo è uguale, giuro».
Il tema del disorientamento dei ragazzi allontanati dai loro smartphone dai veri legami, a cominciare da quelli della famiglia, è stato più volte posto al centro delle riflessioni da Papa Francesco, in effetti. Ma l’alleanza Vaticano-Ghali piacerà a chi sta compiendo un genocidio a Gaza ma non vuole che si dica?
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
LA PROPAGANDA ENTUSIASTA RILANCIA LA NOTIZIA
Putin può cominciare a sfregarsi le mani. Per capire cosa possa significare una vittoria di Trump non servono voli di fantasia: basta ascoltare quello che l’ex presidente americano ha ripetuto in un comizio politico avvenuto sabato in South Carolina, quando da noi era notte. Trump ha ricordato lui stesso di quando disse ai leader della Nato che avrebbe «incoraggiato» la Russia a «fare quello che diavolo voleva» ai paesi che non avevano pagato il dovuto all’alleanza.
Vladimir Solovyov sul suo canale telegram, e diversi canali affiliati nei network della propaganda russa, rilanciano entusiasti con diluvio di punti esclamativi: stavolta non c’è bisogno di fuorviare o distorcere nulla, il piatto viene servito direttamente dall’amico americano.
Il video di Trump sta ampiamente circolando e è già virale, la Casa Bianca è dovuta intervenire definendo i commenti di Trump «spaventosi e squilibrati».
L’ex presidente aveva detto esattamente così, come fosse una storiella da ridere: «Uno dei presidenti di un grande Paese si è alzato e ha detto: “Bene, signore, se non paghiamo e veniamo attaccati dalla Russia, ci proteggerete?” “Io ho detto: ‘Non avete pagato? Siete morosi? Lui ha risposto: “Sì, mettiamo che succeda”. “Se non paghi sei un delinquente. No, non vi proteggerei, anzi li incoraggerei a fare quello che vogliono. Dovete pagare”».
Andrew Bates, portavoce alla Casa Bianca, ritiene che «incoraggiare le invasioni dei nostri più stretti alleati da parte di regimi assassini è spaventoso e sconsiderato – e mette in pericolo la sicurezza nazionale americana, la stabilità globale e la nostra economia interna».
«Trump non ha ancora capito come funziona la Nato – osserva Anne Applebaum –, pensa ancora che gli alleati “debbano dei soldi” e sta inviando un segnale alla Russia per attaccarli mentre la folla esulta. Un invito ad allargare la guerra». D’altra parte nel suo libro uscito nel 2000, “L’America che ci meritiamo”, Trump già scriveva che «ritirarsi dall’Europa farebbe risparmiare al Paese milioni di dollari all’anno», e durante il suo mandato presidenziale ha minacciato tante volte di ritirare gli Stati Uniti dalla Nato. Nel sito ufficiale della sua attuale campagna elettorale, sulla materia Nato c’è solo una frase, piuttosto ambigua se non inquietante: «Dobbiamo portare a termine il processo iniziato sotto la mia amministrazione di rivalutazione fondamentale dello scopo e della missione della Nato». Tutto lo staff ha rifiutato di spiegare, a previsa richiesta del New York Times, cosa intendano esattamente,
Secondo Phillips P. OBrien, professore di Strategic studies all’Università di Saint Andrews, «l’ammissione di Trump, secondo cui sarebbe felice di incoraggiare Putin ad attaccare l’Europa, dovrebbe distruggere tutte le speranze che il Partito Repubblicano sia in qualche modo salvabile. I Democratici dovrebbero fare due passi coraggiosi per raggiungere i Repubblicani sani di mente».
Adam Schiff, deputato californiano che si è impegnato a lungo contro le interferenze russe nelle elezioni Usa 2016, chiosa amaramente che Trump «è più interessato ad accrescere se stesso e a compiacere Putin che a proteggere i nostri alleati», e questo «sarebbe sufficiente per far ammalare Reagan».
E David Frum, commentatore per The Atlantic, riassume così la triste storia: «Bozza di titolo: Trump dice che “incoraggerebbe” la Russia ad attaccare l’Europa. Sottotitolo: Il leader repubblicano giura: “non proteggerà” gli alleati della Nato dall’invasione».
John Bolton, un falco che fu consigliere per la sicurezza nazionale dal 2018 al 2019, scrive nelle sue memorie che Trump fu più volte dissuaso dal suo team dall’idea di ritirarsi dalla Nato, e dice che «non c’è alcun dubbio nella mia mente», che in una eventuale rielezione, Trump porterebbe adesso a termine suoi propositi di ritiro degli Stati Uniti dall’Alleanza.
In altre parole, un Trump unchained se ne frega abbastanza della memoria di Reagan e non sembra intenzionato a fermarsi. Non potrete dire, stavolta, che non eravate stati avvertiti.
(da agenzie)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
IL TREND HA CONQUISTATO ADOLESCENTI E INFLUENCER DI TUTTO IL MONDO, CHE SFILANO CON CAPPOTTONI DI PELLICCIA, ABITI LEOPARDATI E GIOIELLI IN BELLA VISTA – E’ IL PIACERE DELL’OSTENTAZIONE DI RICCHEZZA E STATUS, SENZA DOVER MUOVERE UN DITO
Barbie, fatti più in là. La nuova tendenza della cultura pop celebra lo stile di Ginger McKenna/Sharon Stone in Casino, Rosalyn Rosenfeld/Jennifer Lawrence in American Hustle, Karen Hill/Lorraine Bracco in Quei bravi ragazzi, Elvira Hancock/Michelle Pfeiffer in Scarface, Sofía Vergara/Griselda Blanco in Griselda e naturalmente Adriana La Cerva/Drea de Matteo e Carmela Soprano/Edie Falco nella serie tv I Soprano, che quest’anno festeggia i 25 anni dal primo episodio.
Donne tormentate dalle vite interiori complesse, guidate da furibonde passioni nascoste dal trucco pesante, cotonature ingombranti, french manicure, cappottoni in pelliccia, abiti stampati tigre-leopardo-zebra, gioielli d’oro, tacchi a spillo, occhiali da sole, borse firmate originali e tarocche. Sono loro a ispirare l’estetica della Mob Wife (letteralmente, “moglie del mafioso”), uno dei trend più autoesplicativi che affliggono la sezione “Per te” su TikTok, in via di espansione nel mondo reale come contraltare al lusso silenzioso e all’eleganza minimale. Si tratta di ritrovare il piacere dell’ostentazione e di esibire il proprio status, condito anche da una buona dose di kitsch.
Tutto avrebbe avuto inizio – il condizionale è d’obbligo – dalla social star Sarah Arcuri che si è autoproclamata «Ceo dell’estetica Mob Wife», di origini calabresi e di stanza negli Usa. Sposata con Franco Porporino, produttore televisivo e patron del ristorante italiano Fresco da Franco nel New Jersey, dall’account Instagram con il programmatico nome “The Sweet Paisana”, ha cominciato a postare sue foto inguainata in abiti di pelle (vera), megapellicce (finte, dice lei), stivali acuminati.
Sul tema è intervenuto perfino Francis Ford Coppola su Instagram dicendo che per Il Padrino ha voluto Connie Corleone vestita «come una languida, sensuale principessa italiana», interpretata dalla sorella Talia Shire. Mentre si capisce benissimo perché le ragazze della Generazione Zeta possano abbracciare uno stile così chiassoso – adottato anche dalle loro beniamine: tra le altre Dua Lipa, Hailey Bieber, Kendall Jenner – perché per loro è nuovo di zecca, risulta più complesso per le adulte capire perché denominare proprio così la voglia sfacciata di rappresentarsi con la più pacchiana gamma di capi e accessori.
(da la Stampa)
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Febbraio 11th, 2024 Riccardo Fucile
IN OLANDA, FRANCIA E POLONIA GLI AGRICOLTORI SI METTONO IN PROPRIO
Un partito fondato dalla lobby della caccia. In Francia succede anche questo: si chiama Alleanza Rurale ed è il movimento politico lanciato da Willy Schraen, storico presidente della Federazione Nazionale Francese dei Cacciatori. Non si tratta di un partito monotematico anche se la tutela della libertà di caccia – insidiata dall’animalismo militante, nel racconto di Schraen e soci – è una delle principali linee programmatiche. Il movimento rivendica la centralità del settore agricolo e promette battaglia, in Europa, in difesa del comparto. Il lobbista punta alla costituzione di un gruppo politico per gli Affari rurali in seno all’Eurocamera.
Schraen si è ispirato ad un esperimento che ha avuto grande successo in Olanda, dove i contadini, in rotta con le politiche ambientaliste del governo, hanno fondato un partito (BBB) e vinto le elezioni provinciali. In Polonia Michał Kołodziejczak, il leader di Agrounia, partito ruralista con forti venature di socialismo, è entrato nel governo Tusk e ha strappato ai partner di coalizione la nomina a viceministro dell’Agricoltura.
C’è già chi appone etichette e conia neologismi: alcuni autori olandesi lo hanno battezzato “agro-populismo”. Ancora non si intravede, in Europa, un trend generale, ma questi eventi politici sono connessi alle proteste che stanno scuotendo il continente e aiutano a comprenderne le ragioni profonde. Il primo settore avverte un deficit di rappresentanza politica e dove può si organizza, mobilitandosi per proteggere i propri interessi, toccati dalle politiche improntate alla transizione ecologica avviata da Bruxelles.
Storicamente, a partire dalla Rivoluzione Industriale, fioccarono in tutta Europa (o quasi) partiti ruralisti, che si fecero carico dei problemi e delle istanze dei contadini, schierandosi a protezione di un segmento dell’economia minacciato dall’urbanizzazione del sistema produttivo. Se hanno raggiunto un certo grado di rilevanza nel proprio sistema politico è dipeso anche da ragioni di ordine economico. Dove la proprietà contadina era frazionata in realtà di piccole e medie dimensioni il settore ha avvertito l’esigenza di darsi un’organizzazione politica, per contare di più. In Italia, specie nel Sud del Paese, i grandi proprietari terrieri vennero rapidamente cooptati nel sistema di potere risorgimentale. Il vuoto lasciato è stato riempito da associazioni di categoria e sigle sindacali. In tempi più recenti Coldiretti si è imposto come interlocutore privilegiato del potere politico, anche grazie ad un rapporto incestuoso – segnato da clientelismo e commistioni politico-elettorali – con la Dc.
Oggi Coldiretti sta con chi governa e ci si imbatte in tracce di finanziamenti sia a destra che a sinistra. Ma il legame tra l’associazione di categoria – suggellato dalla nomina di Lollobrigida – e l’esecutivo non è mai stato così stretto. Eppure mentre i dirigenti della Coldiretti entrano ed escono dai palazzi del potere e stringono mani ai piani alti, le proteste dei contadini infuriano in tutto il Paese e i manifestanti lanciano proclami di fuoco contro il governo e “il suo sindacato”. I sommovimenti segnalano il declino dell’ascendente esercitato da Coldiretti sulla categoria e della sua capacità rappresentativa. Si è aperto uno spiraglio; la radiografia del movimento di protesta immortala una galassia eterogenea, frammentata in sigle. E se alcune si componessero attorno a un soggetto politico, per dare corpo alla protesta? Altri casi in Europa ce ne sono, basta guardarsi attorno. E basta prendere esempio.
(da ilfattoquotidiano.it)
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