Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
IL GOVERNO MELONI INVECE DI ARRESTARLO E’ RIUSCITO NELL’IMPRESA DI ACCOGLIERLO COME UN OSPITE DI RIGUARDO
Al vertice Italia-Africa che si è tenuto a Roma il 28 e 29 gennaio, tra i Paesi partecipanti, invitati al summit ospitato a Palazzo Madama, c’era anche la Guinea equatoriale. Il rappresentato per il Paese africano era Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorín, vicepresidente e presidente designato, che un giorno prenderà il posto del padre, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, al potere dal 1979, al suo sesto mandato.
Oltre a Meloni – il vertice è stato organizzato da Palazzo Chigi con il supporto della Farnesina – all’evento erano presenti il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il presidente di turno dell’Unione Africana Azali Assoumani, il presidente della Commissione dell’Ua Moussa Faki, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, del vicesegretario generale delle Nazioni Unite Amina Mohammed.
“La Guinea Equatoriale è disposta a costruire con l’Italia una stretta relazione, in un ambiente di pace e nell’ottica di rendere le relazioni Italia-Africa più dinamiche per rendere operativa l’Agenda 2030”, ha dichiarato lo scorso 30 gennaio il vicepresidente della Guinea Equatoriale, in un messaggio letto da un portavoce del governo di Malabo intervenuto alla quinta edizione dell’European Corporate council (Ecam) a Roma.
“Non c’è dubbio sulla bontà delle relazioni tra Italia e Africa e la celebrazione del vertice di questi giorni è un simbolo e un segnale della grande rilevanza di queste relazioni”, recitava il messaggio, che certifica il proposito della Guinea Equatoriale di imbastire una relazione solida con il nostro Paese.
Il problema è che, come come ha ricostruito il giornalista Andrea Spinelli Barrile, Teodoro Nguema Obiang Mangue, ospitato dal governo italiano, ha un mandato di cattura internazionale emesso nel 2016 dall’Interpol contro di lui per corruzione e riciclaggio di denaro.
È stato condannato in Francia nel 2017, in contumacia, a tre anni di carcere, e se mettesse piede nel territorio francese sarebbe immediatamente arrestato. Nel 2012 la Giustizia francese gli aveva anche sequestrato beni mobili e immobili per oltre 100 milioni di euro in parte già rivenduti all’asta.
Inoltre ne 2021 il Regno Unito gli ha imposto sanzioni per corruzione e contrabbando. Mentre negli Stati Uniti Teodorín ha dovuto rinunciare a 26 milioni di dollari di beni per mettere fine ad alcuni processi per corruzione. Decisamente un impresentabile.
Dallo staff del presidente del Senato La Russa spiegano che gli inviti non li hanno fatti loro, e in effetti Palazzo Madama ha solo aperto le porte ai leader per il summit, in cui è stato illustrato a grandi linee il Piano Mattei. L’evento però è un’iniziativa di Chigi. La presidente del Consiglio Meloni sapeva del passato del leader africano quando lo ha ricevuto come un ospite di riguardo?
Il cittadino italiano in cella in Guinea Equatoriale dopo un processo farsa
Oltre alle sue vicende giudiziarie c’è poi la storia di Fulgencio Obiang Esono a gettare un’ombra sul vicepresidente della Guinea Equatoriale. Si tratta di un ingegnere , italiano dal 2013, nato però in Guinea Equatoriale nel 1970, che si trova ora in carcere nel Paese africano dopo un processo farsa, giudicato da molti osservatori internazionali non regolare, con l’accusa di preso parte a un tentato colpo di stato, nel 2017.
Ma all’epoca, come ha ricordato anche Amnesty International recentemente, Fulgencio Obiang Esono si trovava in Italia. Quattro anni fa è arrivata per lui la condanna a 59 anni e otto mesi, ed è stato adottato da Amnesty International come prigioniero di coscienza, insieme a Francisco Micha, un altro detenuto che ha subito il suo stesso destino. Attualmente si trova ancora in carcere, e a breve, ha fatto sapere Riccardo Noury (Amnesty International) dovrebbe ricevere la sua prima vita consolare.
Anche Roberto Berardi, imprenditore di Latina è stato vittima di un trattamento simile: per due anni è finito in cella dopo un falso processo fatto allestire dal vicepresidente della Guinea equatoriale, per appropriazione indebita. Berardi, che è stato tenuto in isolamento totale, ricevendo percosse e un trattamento disumano, è riuscito a uscire grazie all’intervento dell’ex segretario generale dell’Onu, Koki Annan.
E ora che ha visto l’accoglienza che la premier Meloni ha riservato a Teodoro Nguema Obiang Mangue, è incredulo: “Il mio sequestratore è ospite dell’Italia, invitato a Roma con tutti gli onori. Si chiama Teodorino Nguema Obiang Mangue e lo riceve la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. È disonorevole per il nostro governo far finta di nulla, quello è un impresentabile, non era da invitare”, ha detto intervistato dall’Unità.
“Io da quel buco di cella nella Guinea Equatoriale sono uscito vivo ma di Fulgencio chi se ne occupa?”
(da Fanpage)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
UN PASSATO DA AUTONOLEGGIATORE, ASSESSORE A FROSINONE, TAGLIAFERRI ERA STATO INCARICATO DALLA SORELLA D’ITALIA DI RILANCIARE FRATELLI D’ITALIA A CASSINO
La militanza in Fratelli d’Italia e poi la medaglia: l’ultrameloniano Fabio Tagliaferri è il nuovo presidente e amministratore delegato di Ales spa, la società controllata dal ministero della Cultura che tra gli altri compiti ha quello di gestire le Scuderie del Quirinale.
Per ricostruire la parabola dell’ultimo nominato dal ministro Gennaro Sangiuliano, bisogna bussare direttamente a casa Meloni. Più precisamente ad Arianna, sorella d’Italia che ha trovato in Tagliaferri l’uomo giusto per rilanciare il partito a Cassino: lì il nuovo presidente di Ales si è occupato di ricomporre il quadro di Fratelli d’Italia e sistemare il puzzle delle alleanze in vista delle elezioni.
Non solo Cassino. Nel curriculum da alfiere di FdI c’è anche la qualifica di assessore ai Servizi sociali di Frosinone, comune per cui Fabio Tagliaferri era già stato titolare dei Lavori pubblici. Senza contare il passato da autonoleggiatore che risulta nel curriculum e l’impegno nel mondo dei boyscout.
Tagliaferri, infatti, nel cv mette ben in evidenza l’iscrizione al Movimento cattolico degli scout d’Europa, oltre che il periodo da volontario alla Croce rossa italiana, all’Unitalsi e all’associazione Insieme per gli altri in Bosnia durante il conflitto nei Balcani. […]
Adesso l’ultimo compito. Guidare, sostituendo al vertice di Ales il presidente Marco De Simoni, la società che supporta il ministero della Cultura “in numerosi progetti di miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio culturale italiano e promuove tramite progetti speciali e in accordo con il Mic, i beni culturali italiani ed il made in Italy a livello nazionale e internazionale”.
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
SECONDO L’UFFICIO STUDI DELLA CGIA, L’AUMENTO MEDIO MENSILE È STATO DI 337 EURO… I RINCARI PIÙ IMPORTANTI HANNO INTERESSATO I BIGLIETTI AEREI, LE BOLLETTE DI LUCE E GAS E I PRODOTTI ALIMENTARI
A causa del boom dell’inflazione registrato tra il 2021 e il 2023, pari al +14,2 per cento, la famiglia media italiana ha speso in questi ultimi due anni 4.039 euro in più. Se, infatti, la spesa annuale delle famiglie in termini correnti nel 2021 ammontava a 21.873 euro, nel 2023 è salita a 25.913 euro (+18,5 per cento). A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia.
Stangata sulle famiglie tra il 2021 e il 2023, penalizzate piccole attività
In questo ultimo biennio infatti l’aumento medio mensile è stato pari a 337 euro. I rincari più importanti hanno interessato i biglietti aerei, le bollette di luce e gas e i prodotti alimentari (zucchero, riso, olio di oliva, latte a lunga conservazione, burro, etc.). Una stangata, dice ancora Cgia, che, ovviamente, ha penalizzato soprattutto le famiglie più fragili economicamente. L’aumento generalizzato dei prezzi, infatti, ha provocato una perdita di potere d’acquisto che non ricordavamo da almeno 25 anni. In altre parole, negli ultimi 24 mesi molti nuclei familiari hanno speso di più e hanno portato a casa un numero di beni e di servizi decisamente inferiore.
Una situazione che ha penalizzato, prosegue lo studio, anche le piccole attività commerciali. Se in questi ultimi due anni le vendite della grande distribuzione hanno tenuto , quelle delle botteghe artigiane e dei negozi di vicinato sono cresciute di poco in termini nominali, ma la contrazione in termini reali è stata preoccupante. Il risultato, dice Cgia, è sotto gli occhi di tutti: nei centri storici, ma anche nelle periferie, il numero delle insegne rimosse e delle vetrine con le saracinesche perennemente abbassate sono in costante aumento.
Dubbi e incertezze sul 2024, pesa l’incognita guerre
Ma tornando, dice ancora Cgia, il peggio, fortunatamente, sembra essere alle nostre spalle. Nel 2024, infatti, l’inflazione dovrebbe rallentare e registrare una crescita media inferiore al 2 per cento anche se sul miglioramento pesa l’incognita guerre.
Tuttavia, rimangono molti dubbi e altrettante incertezze. Le previsioni sul caro vita appena citate, infatti, potrebbero rivelarsi sottostimate. Nel caso le situazioni di crisi in Medio Oriente e in Ucraina dovessero precipitare ulteriormente, l’aumento dell’inflazione potrebbe attestarsi ben al di sopra del 2 per cento previsto.
L’aumento dei prezzi nell’ultimo biennio
Analizzando nel dettaglio le singole voci di spesa, gli aumenti più importanti avvenuti tra il 2021 e il 2023 hanno interessato i biglietti aerei dei voli internazionali (+106,1 per cento), le bollette dell’energia elettrica (+93,1 per cento), i biglietti dei voli aerei nazionali (+65,4 per cento), le bollette del gas (+62,5 per cento), lo zucchero (+61,7 per cento), il riso (+48,2 per cento), l’olio di oliva (45,5 per cento), il latte conservato (+37,4 per cento) e il burro (+37 per cento).
Per contro, i prodotti che hanno subito una riduzione di prezzo sono stati gli apparecchi per ricezione immagini e suoni (televisioni) (-28,6 per cento), gli apparecchi per la telefonia mobile (cellulari) (-12 per cento), apparecchi per il suono (CD/DV player, stereo, amplificatori, radio, etc.) (-11,4 per cento), test di gravidanza e contracettivi (-10,3 per cento) e libri di narrativa (-6,3 per cento).
(da Adnkronos)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
PADOVA FA DA APRIPISTA CON IL MEDICO DI FAMIGLIA A PAGAMENTO
L’ultimo boccone a cui aspira la famelica sanità privata è il medico di base. Prima terra di conquista è il Veneto, dove la BMed Me.di.ca Group, un centro di sanità privata, ha deciso di lanciare a Mestrino, un Comune in provincia di Padova, il Family doc che altro non è che il vecchio caro medico di famiglia a pagamento. Si legge sul sito: “Si chiama Family Doc, ed è un servizio di medicina interna in regime privato, con un tocco di simpatia e calore familiare. Con noi, sentirsi a proprio agio è la norma, al costo di 50 euro”.
“Si tratterebbe di un medico ‘simpatico’ che fornisce prestazioni specialistiche a prezzi contenuti. Può prescrivere farmaci a pagamento – spiegano Manuela De Paolis, segretaria confederale Cgil Padova, Stefania Botton, segretaria territoriale Ust Cisl Padova e Rovigo, e Massimo Zanetti, coordinatore provinciale Uil Padova – visite e prestazioni specialistiche a pagamento e non si sostituisce al medico di medicina generale”.
“Non si capisce perché i cittadini, – spiegano le tre organizzazioni sindacali, unitariamente – che già pagano le tasse per la sanità pubblica, dovrebbero preferire questo servizio a quello del medico di medicina generale convenzionato. Questa nuova e pericolosa tendenza a offrire servizi simili, ma non alternativi alla medicina generale convenzionata, inserisce il diritto alla salute in una logica di mercato. La persona che si trova in una situazione di fragilità non deve diventare strumento di profitto d’impresa”.
DERIVA PERICOLOSA
La Presidente del gruppo BMed Me.di.ca Group, Cristina Sinigaglia, in una nota spiega che “molti dei nostri clienti non hanno un medico di famiglia. Basti pensare a soggetti extracomunitari o comunque stranieri residenti in provincia. Altri invece si lamentano di non riuscire ad accedere ai servizi di medicina generale”. Dove il Sistema sanitario nazionale è in affanno ancora una volta sono i privati a intervenire. Si calcola che solo in Veneto mancano 748 medici di famiglia, 35 pediatri di libera scelta, 635 nella Guardia Medica e 59 dell’emergenza.
In tutto, 1.513 medici. Gli utenti del Ssn che rimangono senza medico di famiglia sono quindi un milione e 400 mila su una popolazione totale di 5 milioni. Più di un abitante su 5. Ma il Family doc non potrà in nessun modo, almeno per ora, sostituire il medico di base nonostante l’accattivante messaggio promozionale. Anche la legge regionale veneta infatti prevede tre distinti canali: il servizio pubblico, il servizio convenzionato e il servizio privato. L’ingresso al canale privato fin dalla medicina di base quindi costringe gli utenti a continuare sullo stesso regime: qualsiasi visita specialistica, qualsiasi farmaco e qualsiasi approfondimento terapeutico costerà parecchio nelle tasche di chi si illude di poter ovviare la carenza di medici con gli studi privati.
Per il capogruppo del M5S in Commissione Affari sociali alla Camera, Andrea Quartini, si tratta “dell’ennesimo colpo alla sanità pubblica, l’ennesima strizzata d’occhio al sistema privato” mentre Enrico Cappelletti, parlamentare veneto del M5S, ha sottolineato come questa pratica rappresenti “un passo indietro nel garantire un sistema sanitario equo e accessibile per tutti i cittadini. La Destra del nostro Paese continua a mettere in discussione il diritto alla salute, considerandolo un bene di lusso a carico degli italiani”. È vero, il Family doc non ha il ricettario del Ssn e quindi non può essere un componente aggiuntivo e a pagamento del servizio pubblico. Ma facciamo un esercizio di memoria? In quanti altri campi sanitari l’ingresso del privato è avvenuto esattamente così?
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
L’ATTIVITA’ DEL SOTTOSEGRETARIO “INCOMPATIBILE CON IL SUO RUOLO DI GOVERNO”
L’attività culturale privata di Vittorio Sgarbi è incompatibile con il suo ruolo di Governo. È il verdetto del provvedimento dell’Antitrust, a seguito del quale Sgarbi ha presentato le dimissioni da sottosegretario. «Ha esercitato attività professionali in veste di critico d’arte, in materie connesse con la carica di governo, come specificate in motivazione, a favore di soggetti pubblici e privati», in violazione della Legge Frattini sul conflitto di interesse.
L’Antitrust precisa che l’elemento della occasionalità delle attività svolte da Sgarbi, evidenziato nelle memorie difensive, è «del tutto incompatibile con la realizzazione e il mantenimento di una stabile organizzazione di persone e mezzi il cui fine unico è quello di organizzare, gestire e realizzare gli interventi del professor Sgarbi dietro corrispettivo». L’Autorità cita in particolare il ruolo nell’organizzazione delle partecipazioni di Sgarbi agli eventi ritenute incompatibili con la carica di governo, delle due società Ars e Hestia, «anche sotto il profilo della gestione dei rapporti patrimoniali» con Sgarbi, ricordando che socio e amministratore unico di Ars è Antonino Ippolito, collaboratore storico di Sgarbi e suo attuale capo segreteria al Ministero, mentre socia e amministratrice unica di Hestia è Sabrina Colle, compagna di Sgarbi.
«Il principio di dedizione esclusiva alla cura degli interessi pubblici – si legge ancora nel testo – non può, di fatto, essere svuotato di contenuto mediante una indefinita sommatoria di attività che, anche là dove ritenute singolarmente consentite, nel loro insieme difettino dei requisiti dell’occasionalità e della temporaneità, comportando una rilevante sottrazione di tempo e di risorse intellettuali al perseguimento degli interessi sottesi alla carica di governo». «Con riguardo alle attività di offerta al pubblico di prodotti editoriali svolte attraverso il sito Internet www.vittoriosgarbi.it». Infine, l’Antitrust ha disposto «la chiusura del procedimento istruttorio per la sopravvenuta cessazione della situazione di incompatibilità». «Si deve rilevare – scrive l’Autorità – che, come dichiarato dalla parte e verificato dall’Autorità in corso di istruttoria, l’attività di vendita in questione non è più in essere e la relativa sezione del sito risulta essere non più online. Pertanto, si deve ritenere che la condotta in esame sia cessata».
(da La Stampa)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
SGARBI SI E’ DIMESSO DA SOTTOSEGRETARIO PUR DI NON DIMETTERSI DA SGARBI
Sgarbi si è dimesso da sottosegretario pur di non dimettersi da Sgarbi. «Lo faccio per voi», ha detto alla platea milanese accorsa a sentirlo parlare di Michelangelo, per continuare a deliziarvi con le mie conferenze a pagamento senza che l’indegno ministro Sangiuliano, sostiene lui, inoltri all’Antitrust le lettere anonime che mi accusano di farlo.
La frase rivela una curiosa concezione del senso dello Stato: in teoria è il sottosegretario che lavora per i cittadini, non il conferenziere.
Ma Sgarbi, incommensurabile Presidente della Repubblica dei Fatti Suoi, non ha mai considerato gli incarichi pubblici come servizi da rendere, semmai come onorificenze da accumulare.
Lui è così, una delle tante buone cose di pessimo gusto a cui abbiamo fatto l’abitudine, al punto che da tempo ha perso il potere a cui tiene di più, quello di stupirci.
Non ci sorprende quando augura la morte all’intervistatore di Report e si giustifica affermando che così fan tutti, sebbene nessuno abbia mai augurato la morte in pubblico a qualcun altro davanti alle telecamere facendo il gesto di abbassarsi la patta dei pantaloni.
E non ci sorprende nemmeno quando si dimette attaccando il suo ministro (che per la gioia si sarà divorato in un pomeriggio l’intera cinquina dello Strega). Non ci sorprenderebbe neanche se domani ritirasse le dimissioni e facesse pace con Sangiuliano.
Ci stupirà solo il giorno in cui riuscirà a fare pace con quell’ego opprimente che è il segreto e il limite della sua fortuna.
(da corriere.it)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“LA NORMA ANTIRIBALTONE NON HA SENSO”
Il costituzionalista Gaetano Azzariti dice che il premierato è una forma di democrazia del capo.
In un’intervista a La Stampa il professore dell’università La Sapienza critica la riforma di Giorgia Meloni. E dice che «ciò che impressiona è che si discute della riforma costituzionale guardando puramente agli interessi politici immediati dei partiti». E ancora: «Ho la sensazione che i nostri revisori costituzionali si siano dimenticati di uno dei fondamentali insegnamenti dei padri costituenti, che dicevano che quando si cambia la Costituzione bisogna ragionare per principi e non per convenienza e che bisogna essere presbiti e non miopi».
Secondo Azzariti si tratta di modifiche «che cercano di mettere ordine in un progetto confuso e criticato da tutti i costituzionalisti, ma che non affronta la questione di fondo: che democrazia vogliamo?». E quindi: «Sono quattro giorni che discutono di cosa conviene a Meloni o a Salvini.
Ma l’unica domanda che conta è un’altra: vogliamo una democrazia del capo o preferiamo razionalizzare la forma di governo parlamentare? L’elezione del capo è il discrimine». Per il costituzionalista, «è questa la democrazia del capo. Che poi il leader del maggior partito italiano si rivolga al cittadino e dica: “vuoi scegliere tu?”, a me pare un po’ ipocrita: più che pensare a rafforzare il premier in astratto, punta a rafforzare sé stessa. Tanto è vero che Salvini si ribella. In questo contesto neppure la norma antiribaltone ha senso».
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
NEL MIRINO DI PERA (E DEI GIURISTI) SOPRATTUTTO LA NORMA ANTI-RIBALTONE: IRRITAZIONE IN FDI, NON AMANO CHI LI CONTRADDICE USANDO IL CERVELLO
In attesa del confronto fra Giorgia Meloni e i suoi due vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani, che dovrebbe avvenire entro oggi, non viene dalle opposizioni il colpo più duro alla riforma della riforma: ovvero, la revisione del ddl sul premierato operata dalla stessa maggioranza che meno di tre mesi fa l’aveva varato in Cdm.
A bocciare gli emendamenti partoriti dalle forze di governo a suon di litigi è uno degli esponenti di punta di Fratelli d’Italia: quel Marcello Pera — professore, filosofo e ministro berlusconiano — traslocato nel partito meloniano per dar lustro e prestigio a una classe dirigente altrimenti meno titolata.
«Questo non è premierato, è solo un pasticcio, spero che i leader lo riscrivano» perché «siamo di fronte a un testo inaccettabile», è sbottato dopo aver letto le modifiche apportate. Così «confuso e mal scritto che nessuno riesce a capirlo», ha rincarato parlando con l’AdnKronos. Ce l’ha, in particolare, con la riformulazione della norma sul secondo premier, cosiddetta anti-ribaltone: «È un enorme passo indietro», chiosa.
Anche perché già il capo del governo investito dal popolo «è un problema: cioè abbiamo un presidente “eletto” la domenica che il lunedì diventa presidente “incaricato”, cosa che nella Costituzione attuale non esiste». E non è neanche l’unico.
Ancor più «indigeribile» sarebbe il meccanismo in base al quale il premier eletto deve essere sfiduciato “mediante mozione motivata da parte di una delle due Camere”. Ma «cos’è questa roba?», insiste Pera: «Come è pensabile che la maggioranza faccia una mozione motivata per sfiduciare il suo premier?».
In realtà una spiegazione c’è: ribattezzato “lodo Calderoli”, è frutto del braccio di ferro tra FdI e la Lega che lo ha proposto per bilanciare l’investitura diretta del premier attraverso un aumento del potere di contrattazione dei partiti della coalizione che lo ha sostenuto nelle urne. Meloni avrebbe preferito la formula del simul stabunt, simul cadent: ossia, in caso di sfiducia si torna alle urne. Ma alla fine, per uscire dallo stallo, la maggioranza ha raggiunto una mediazione che distingue due scenari diversi.
Se il premier eletto viene sfiduciato “mediante mozione motivata”, quindi con una rottura della coalizione, può chiedere le elezioni anticipate al presidente della Repubblica che “emana il conseguente decreto”. Se invece non ottiene la fiducia posta su un qualsiasi provvedimento, non può chiedere il voto: cadrebbe lui, ma la legislatura andrebbe avanti e subentrerebbe un secondo premier, espresso dalla stessa coalizione.
Parole urticanti che tuttavia non scalfiscono il presidente meloniano della commissione Affari Costituzionali: «Il professor Pera, che ha collaborato alla stesura degli emendamenti, forse la sua è un’autocritica. Lui è un filosofo e deve rispondere all’etica delle convinzioni», argomenta Alberto Balboni: «Noi politici, invece, all’etica della responsabilità, abbiamo un testo e su quello dobbiamo lavorare, non possiamo stravolgerlo. La verità è che lui ha sempre avuto riserve sull’elezione diretta del premier».
(da agenzie)
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Febbraio 3rd, 2024 Riccardo Fucile
PER LA FECCIA SOVRANISTA UNGHERESE LA SALIS “E’ UN VERME CHE DOVREBBE ANDARE IN CAMPI DI LAVORO FORZATI PER TUTTA LA VITA”… IL LEADER DI “PATRIA NOSTRA” E’ UN DEGNO EREDE DEI CRIMINALI SOVIETICI CHE METTEVANO I DISSIDENTI NEI GULAG: RINGRAZIA L’EUROPA CHE TI PERMETTE DI SPARARE CAZZATE, IN ALTRI REGIMI SARESTI GIA’ IN SIBERIA
Questo è quello che ha scritto su Twitter Laszlo Toroczkai, leader del partito di estrema destra “Patria Nostra” (Mi Hazank), la terza forza politica in Ungheria secondo gli ultimi sondaggi.
«Trovo sconcertante e ributtante il fatto che nella vicenda dell’antifa terrorista italiana, pure la premier Meloni abbia chiamato Viktor Orbán deplorando che è stata portata in tribunale ammanettata. Ma in che altro modo deve essere accompagnata un verme così? In posti normali, “questi” non vanno messi in una confortevole cella carceraria ma in campi di lavoro forzato per tutta la vita». Così parlano gli “amici ungheresi” della Meloni.
(da agenzie)
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