Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
IL LORO CAPO, MÁRIO MACHADO, È STATO IN GALERA PER DISCRIMINAZIONE RAZZIALE, VIOLENZA, SEQUESTRO, ESTORSIONE E PORTO ABUSIVO DI ARMI (OTTIME CREDENZIALI SOVRANISTE)
Il canale YouTube del gruppo 1143, che rappresenta una delle frange più estremiste dell’estrema destra portoghese, è stato sospeso dopo un intervento diretto del New York Times, che al gruppo guidato dal pregiudicato Mário Machado ha dedicato un servizio pubblicato il 9 agosto scorso.
Secondo il quotidiano statunitense, YouTube ha sospeso l’account in risposta a una serie di domande inviate dal giornale sui contenuti condivisi nel canale, molti dei quali promuovevano violenza e odio in base ad attributi come l’etnia.
Non è la prima volta che un account del gruppo 1143 viene sospeso, era successo l’anno scorso anche su X, ma la pagina era stata poi riattivata. Il gruppo 1143 (il nome allude alla data che, nell’immaginario del nazionalismo lusitano, segna la fondazione del Portogallo con il trattato di Zamora, firmato con gli spagnoli del regno di León) era stato, fra le altre cose, l’organizzatore della marcia di Lisbona “contro l’islamizzazione dell’Europa”, del 3 febbraio scorso, trasformatasi in una concentrazione di militanti in piazza dopo che il Comune aveva proibito il corteo nel quartiere della Mouraria, a più alta densità di popolazione immigrata.
Anche nelle indagini sulle violenze contro cittadini stranieri, avvenute a Oporto in una sola notte, tra il 2 e il 3 maggio scorso, sei dei sospetti sono membri del gruppo.
Il suo leader, Mário Machado, ha già scontato in passato una pena carceraria per discriminazione razziale, violenza, sequestro, estorsione e porto abusivo di armi.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
AVEVANO SOTTRATTO DEI PUNTI ALLA NOSTRA GINNASTA E LEI E’ SCATTATA AL TAVOLO DEI GIUDICI OTTENENDO GIUSTIZIA
Lo sguardo di Claudia Mancinelli catturato dalle telecamere durante le Olimpiadi di Parigi ha stregato mezzo mondo.
Sui social il volto dell’allenatrice della ginnasta Sofia Raffaeli ancora domina i trend dei social, a distanza di giorni ormai dal bronzo conquistato dall’azzurra proprio grazie al «gesto eroico» della sua allenatrice, come lo chiama sorridendo lei stessa al Corriere dello Sport. Una vita di passione e sacrificio per la ginnastica, con un passato anche da attrice, per diventare poi famosissima grazie a un ricorso, come gliene sono capitati tanti in carriera. Stavolta però la sua determinazione è valsa una medaglia di bronzo per la sua atleta, che la considera il suo «angelo custode».
La determinazione in finale
Nella finale di ginnastica ritmica individuale, Raffaeli aveva appena concluso l’esercizio con le clavette ed era quindi arrivato il responso dei giudici. Quel che appariva sui tabelloni però non tornava a Mancinelli, che al Corriere dello Sport svela che cosa sia successo in quei momenti ormai epici. «In una finale all around il minimo dettaglio può pregiudicare il risultato. Tutti parlano di quanto ero determinata io, ma lei l’avete vista? Ha eseguito l’esercizio più bello che le ho visto fare. Aveva dato il 110%, io dovevo fare altrettanto».
Perché Mancinelli ha fatto ricorso
Arrivato il responso dei giudici, Mancinelli racconta lo scambio rapidissimi avuto con Raffaeli. Pochi gesti di intesa che confermano un rapporto intimamente solido tra allenatrice e atleta: «Ci siamo confrontate in mezzo secondo. Le ho detto “Ho visto bene?”. Lei mi ha risposto “Ho fatto tutto”. A quel punto sapevo che il suo “tutto” era più alto del punteggio che le avevano dato. Quando ci siamo abbracciate le ho detto “Ce l’hai fatta, ora godiamocela”».
Il rapporto tra Mancinelli e Raffaeli
Mancinelli allena Raffaeli da meno di un anno, «ma quando l’obiettivo è condiviso tutto viene più facile». Passano insieme fino a 9 ore al giorno «compreso il sabato», anche se ora «l’ho obbligata ed andare in vacanza». Con la sua Sofia, Mancinelli ha voluto instaurare il rapporto che avrebbe sempre desiderato da atleta: «Ho sempre detto sarei voluta diventare l’allenatrice che avrei sognato da atleta».
L’obiettivo condiviso era certamente una medaglia, senza nascondere il fatto che l’oro sarebbe stata una meta possibile: «Sofia è tra le migliori al mondo. Un bronzo ottenuto dopo qualche errore però ti lascia fiduciosa per ciò che potrà venire. Lei pensa già a Los Angeles».
(da Open)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
LA CANTANTE È TRA I PROTAGONISTI DEL PROSSIMO CALENDARIO PIRELLI… ARRIVANO GLI ATTACCHI DA FDI: “LO FA PER VENDERE CALENDARI, ATTACCO RABBIOSO ALLA PREMIER”… PARLANO LORO CHE E’ UNA VITA CHE SEMINANO ODIO: ALMENO IMPARATE A NON ESSERE INVIDIOSI DOPO CHE AVETE PASSATO LA GIOVENTU’ A METTERVI IN TASCA I SEXY-CALENDARI PROFUMATI DEI BARBIERI
Proviamo tutti insieme a fare insieme questo test. Se sfogliando le foto di Elodie e le altre, sull’ultimo Calendario Pirelli, oltre al comprensibile stupore estetico avvertite anche un senso di disagio, paura, magari rabbia, allora ha ragione lei: «Molti sono terrorizzati dalla libertà altrui. O peggio, la invidiano».
E da qui parte una conversazione con la cantante streetwise del Quartaccio di Roma, che sarebbe più appropriato definire una frustata sulla nostra ipocrita società, in precipitoso tracollo verso la dissoluzione dei principi basilari della democrazia.
Perché ha accettato il Calendario?
«È costellato di grandissime firme della fotografia, donne di spettacolo e cinema. Perché non avrei dovuto?. Ethan James Green, il fotografo, lo ha intitolato Refresh and Renewal».
Vuole tornare alla tradizione sexy, in modo nuovo. Perché l’ha convinta?
«Il corpo è parte fondamentale del modo di raccontarci e riprenderci la libertà di essere sensuali, che non è lontana dall’essere capaci».
Lei è stata accusata di usare il corpo per raggiungere la fama…
«Sono stata accusata, mi accusano, mi accuseranno…».
Appunto. Non teme che il Calendario riaccenda le polemiche?
«Non mi preoccupa. Ci sono altri problemi, quelli veri. Mi piaccio e il corpo mi aiuta a raccontare qualcosa di me. Non penso che avere una sessualità sia peccato. Non sono cattolica, battezzata, voglio restare lontana da questo modo di pensare».
Ha detto che il corpo è il suo manifesto.
«Penso lo sia di ogni essere umano. Se ci spostiamo a destra, guardando l’Italia, le donne non sono libere neppure di girare come vogliono. Ciò ci fa capire quanto la femminilità sia ancora scabrosa. Essere donna è scabroso. Quindi c’è un controllo sul corpo, oggi più che mai. Mi accusano di sessualizzare e mi fa ridere: vorrei chiedere cosa significa. Il punto è proprio questo: più uno viene accusato per l’uso della propria libertà di espressione, più significa che conduce una lotta giusta».
Perché la donna fa così paura?
«L’uomo è ossessionato dalla donna, ne vorrebbe la proprietà. È il problema generale dell’uomo, anche coi confini. Nessuna terra è di proprietà, e certamente nessun essere umano. Quindi bisognerebbe rivederne il concetto. Cosa spaventa, cosa non basta all’uomo. Perché se senti il bisogno di possedere un altro, dentro ti manca qualcosa. È una malattia, andrebbe studiata”.
Questa possessività può essere all’origine dei femminicidi?
«Credo di sì, e ci riporta a ridefinire il concetto di proprietà. Un essere umano non può esserlo, neanche un figlio. La separazione esiste ma c’è un problema a monte. Per me questo terrore del distacco è incomprensibile. Perché poi della paura stiamo parlando, e la paura ci fa fare cose orrende».
Ethan è un gay dichiarato. Sul set ha denunciato i politici che creano paura contro la sua comunità, per provocare risposte violente e guadagnare consenso. È così?
«Credo sia colpa della libertà. Quando qualcuno sceglie di esistere come gli viene, suscita timore in chi fa la scelta opposta. Gli omofobi sono sempre i primi attratti dal mondo della libertà. Se sei omofobo, chiediti perché, altrimenti non avresti questo interesse. Invece prevale la rabbia, quando sei piccolo dentro».
Magari è il pendolo della storia.
«Tornerà indietro per forza, perché l’essere umano è libero. Puoi reprimere quanto vuoi, ma è la nostra natura».
Accade anche in Italia, con il governo Meloni?
«È evidente il problema dei diritti acquisiti, ma minacciati. Attaccando i gay, o l’aborto, si attacca la libertà. La cosa per cui soffro di più è che sia una donna a farlo. Come può non accorgersi di lavorare per gli interessi degli uomini? È un atteggiamento imperdonabile. Non si può toccare la libertà di scelta. Il nostro è un Paese democratico, dovremmo ricordarcelo sempre. Se poi vogliamo fare altro… Non ho simpatia per questo governo, perché per me la libertà è sinonimo di felicità».
Eppure Meloni ha consenso nel Paese.
«Perché c’è paura, quando non capisci il vero problema. Quando le persone vedono personaggi pubblici gridare, comprensibilmente sono d’accordo con loro. Lo so perché poi è il mio linguaggio, lo conosco bene. È confusione. È paura: farti sentire, perché sei terrorizzato. Ma se dall’altra parte vedi qualcuno che parla come te, pensi di essere compreso. Il problema nel mio quartiere è se arriva o no l’acqua.
Emergenze di tale quotidianità, che fanno sorridere. I guai dovrebbero essere altri, non la sopravvivenza. Nasciamo col diritto ad esistere, allo studio, alla sanità. Cose che si dicono, ma poi si rivelano bugie. Allora se in tv vedi uno che parla il tuo linguaggio, pensi che questo suo chiudere tutto ti protegga. Ci credi, perché ti mancano gli strumenti. È facile sedurre chi non ha strumenti».
Parlare alla pancia per approfittarsi della sofferenza?
«Certo. Perciò è doppiamente meschino. È facile. Cosa facciamo, torniamo al matrimonio a 18 anni, dieci figli? Torniamo al fascismo? Diamo soldi per ogni figlio, 400 euro al mese? Cosa vuoi che ti rispondano? La gente nel mio quartiere non arriva a fine mese, che discorso è? Il politico con proposte simili fa gli affari suoi, senza pensare che ci sono vite dall’altra parte. Quindi è meschino. E da una donna è meschino il doppio».
Lei si preoccupa del modello offerto alle ragazze che la guardano?
«Penso a mia mamma quando mi educava. Ero vanitosa, molto. Lei ci teneva tanto a farmi capire che ero parte di qualcosa. Mi ripeteva tutti i giorni che la bellezza è interiore. Sembra banale, però è la verità. Un corpo senza anima è niente. La bellezza è vibrazione. Io ho gusti molto differenti dal mio corpo. E quando siamo attratti dal diverso, riusciamo a capire che ci sono tante bellezze. Quindi, non mi preoccupo di come racconto la mia alle ragazze, perché mi piacerebbe che vedessero quello a cui sono attenta veramente. Mi piace il corpo, ci gioco, ma non è centrale rispetto a cosa sono. Spero di spiegare alle ragazze ciò che è davvero importante. Il corpo è una parte di te, ma non sei tu»
(da La Repubblica)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
“È L’ENNESIMA PROVA DELLA POCHEZZA DI CERTA GENTE CHE SI DEFINISCE ‘PATRIOTA’ MENTRE È RAZZISTA E IGNORANTE”… “MI CHIEDO QUANTA FRUSTRAZIONE POSSA ESSERCI PER COMPRARE UNO SPRAY, USCIRE DI NOTTE IN PIENO AGOSTO E IMBRATTARE UN PEZZO DI CARTA”… “PAOLA NON SARA’ MAI SOLA, LEI E’ L’ITALIA CHE MI RAPPRESENTA”
«Abbiamo una maggioranza di governo che dà coraggio a questo tipo di gente». Così incalza Laika, street artist e autrice del murale dedicato a Paola Egonu vicino alla sede del Coni, a Roma.
Nella notte tra lunedì e martedì il murale è stato deturpato. I vandali hanno colorato braccia, gambe e volto della pallavolista di rosa e hanno cancellato le scritte contro il razzismo disegnate sul pallone.
Cosa c’è dietro questo atto è chiaro. E non è la prima volta che la campionessa è coinvolta in questioni simili. Già nel 2023, a Sanremo, alla domanda se l’Italia fosse un Paese razzista, Egonu aveva risposto con un secco «sì».
Inoltre, lo scorso giugno il gip della procura di Lucca aveva archiviato le accuse di diffamazione nei confronti della sportiva da parte del generale Roberto Vannacci, dopo che nel suo libro Il mondo al contrario il parlamentare europeo aveva scritto: «Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti non rappresentano l’italianità».
Ieri il nuovo caso. Il murale-poster era stato realizzato in occasione della vittoria delle Azzurre del volley alle Olimpiadi ed era considerato dall’autrice del murale «uno schiaffo a tutti i cosiddetti “patrioti” che non accettano un’Italia multietnica, fatta di seconde generazioni, che non vogliono lo ius soli. Una pallonata in faccia a chi parla di “italianità” riferendosi ai tratti somatici».
«Il poster celebra un momento di enorme gioia per il nostro Paese, che va al di là del risultato sportivo: vedere trionfare un’Italia multietnica, vedere Paola, Myriam, Ekaterina commuoversi durante l’inno è la più grande vittoria – spiega l’artista a La Stampa, assicurando di voler ridipingere l’intero muro –. Uno schiaffo a tutti i razzisti che parlano di italianità in base ai tratti somatici: affermazioni pericolose. Non siamo una razza».
In nemmeno 24 ore, il suo murale è stato imbrattato: «È stata una delle poche volte che ho provato rabbia – aggiunge -. È l’ennesima prova della pochezza, della bassezza di certa gente che si definisce “patriota” mentre è semplicemente razzista, xenofoba, ignorante».
L’atto vandalico aveva uno scopo ben preciso, secondo l’artista: «L’attacco è stato mirato: mi chiedo quanta frustrazione possa esserci per comprare uno spray, uscire di notte in pieno agosto e imbrattare un pezzo di carta». L’opera, poi, ieri è stata ridipinta da una passante con i colori originali. Laika intanto lancia un messaggio alla stessa Egonu: «La ringrazierò sempre per l’emozione che ci ha regalato e per schierarsi sempre contro il razzismo. Voglio che sappia che in questa lotta non sarà mai sola. Lei è l’Italia che mi rappresenta».
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
IL MESSAGGIO DI MATTARELLA: “LE RESPONSABILITÀ DEVONO ESSERE DEFINITIVAMENTE ACCERTATE: IL TEMPESTIVO PROCESSO DI RICOSTRUZIONE DEL COLLEGAMENTO TRAMITE IL PONTE GENOVA SAN GIORGIO NON COSTITUISCE ATTENUANTE”
“In questa giornata di cordoglio e di memoria la Repubblica esprime vicinanza ai familiari delle 43 vittime, unitamente a un profondo sentimento di solidarietà alla Città”: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha inviato un messaggio al sindaco di Genova, in occasione del sesto anniversario della tragedia del crollo del Ponte Morandi, il 14 agosto 2018.
Dopo la Messa nella Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo della Certosa, in Val Polcevera, nella Radura della memoria si in ricordano le 43 vittime del tragico crollo.
Il presidente Mattarella, nel suo messaggio al sindaco, ha scritto: “Desidero unirmi alla commemorazione delle vittime del crollo del Ponte Morandi, a Genova. Le immagini di quel drammatico evento appartengono alla memoria collettiva della Repubblica e richiamano alla responsabilità condivisa di assicurare libertà di circolazione e assenza di rischi a tutti gli utenti, tutelando il patrimonio infrastrutturale del Paese”.
E aggiunge: “Le responsabilità devono essere definitivamente accertate e auspico che il lavoro delle autorità preposte si svolga con l’efficacia e la prontezza necessarie a ogni sentimento di giustizia: il tempestivo processo di ricostruzione del collegamento tramite il Ponte Genova San Giorgio non costituisce attenuante per quanto accaduto”.
E le parole di Mattarella suonano ancor più preziose, perché nonostante le moltissime dichiarazioni sui social, alla cerimonia di Genova si nota l’assenza di rappresenti del governo, e di molta politica, l’unico è appunto il viceministro Rixi, ligure.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
“IL REGIME NON E’ FORTE: LA RUSSIA NON È IMBATTIBILE MILITARMENTE. E NON È VERO CHE, USANDO ARMI OCCIDENTALI, SI PROVOCA UN’ESCALATION. COME NON È VERO CHE MOSCA POSSIEDE TECNOLOGIA SOFISTICATA PER PREVALERE AL PUNTO CHE NON ERA PRONTA A DIFENDERE IL SUO TERRITORIO. NEMMENO A LIVELLO PSICOLOGICO”
«Siamo finalmente nella seconda fase della guerra e andremo avanti ancora molto in territorio russo. Colpiremo aeroporti militari e basi logistiche. Ogni conflitto su vasta scala finisce sempre in terra nemica, per sbloccarsi». Il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak, si presenta in camicia bianca, più elegante del solito.
Quasi per celebrare una controffensiva promessa l’anno scorso e mai arrivata finora. Podolyak si concede anche qualche battuta. «Eh, certo…Mi chiedete come procederemo…Non è che vengo a dirlo a tutti voi…Non possiamo scoprire le carte…». Poi, però, chiarisce i contorni della strategia iniziata il 6 agosto, con il clamoroso ingresso delle brigate ucraine sul suolo della Russia: «Dalla terra e dal cielo, continueremo ad attaccare», dice.
«Colpiremo aeroporti militari e punti strategici, la vittoria su Putin deve essere totale, ma anche fatta di piccole sconfitte per lui, come le nostre truppe infiltrate nel territorio di Kursk e in altre regioni».
Specifica ancora meglio lo «scopo della missione». Volete conquistare tanto territorio quanto loro hanno fatto con voi? «No, noi vogliamo solo difendere i nostri civili in Ucraina, non conquistare terre nemiche. Lungo la linea del fronte e del confine, vogliamo proibire alle truppe di Mosca di colpire ancora il nostro Paese. Questo è difendersi, e ne abbiamo diritto, secondo il diritto internazionale».
L’effetto sorpresa è riuscito. L’incursione si trasformerà in una tattica a medio termine, che vuole smontare quattro «falsi miti» sulla Russia e sul potere dello Zar, che nessuno ha capito. Uno: «Il nostro attacco è stato possibile perché i russi non pensavano che l’Ucraina sarebbe mai potuta entrare», prosegue, «e non pensavano che il diritto internazionale si sarebbe applicato contro di loro». In questo caso, intende il diritto di Kyiv a proteggersi, anche attaccando in territorio nemico, un principio che il consigliere ribadisce più volte, sottolineando che «l’Ucraina sta utilizzando e utilizzerà, per entrare, tutte le armi che gli hanno dato gli alleati, che giuridicamente sono diventate nostre, ucraine, comprate o donate».
Non può dettagliare quali tank sono passati oltre confine, anche se è trapelato che in Russia sono presenti, ad esempio, carri armati tedeschi. «Solo i partner sanno il loro grado di partecipazione a questo nostro grande successo», spiega.
Con l’occasione, incalza l’Italia: «Ma non l’avete ancora capito che con un assassino come Putin non puoi parlare di diritti, né negoziare?». L’appello è semplice e diretto: «Dateci al più presto il permesso di usare gli Storm Shadow per attaccare a lunga distanza! Voi siete coraggiosi. Sostenete già la posizione giusta contro Putin. Allora, noi abbiamo bisogno di poter usare le vostre armi a pieno titolo per difendere i cittadini e dimostrare che Putin si può battere sul campo, cosa che nessuno credeva. Ora, stiamo ribaltando la situazione. Se ricevessimo le armi Nato promesse, la guerra finirebbe in poco tempo».
Poi, c’è il punto due, l’altra favola che Kyiv starebbe smascherando: «Che la verticale del potere russo, il regime putiniano, sia realmente forte. Non è vero, non funziona. Ha dei buchi. La Russia non è imbattibile militarmente. Non è vero che, usando armi occidentali, si provoca un’escalation, lo stiamo dimostrando. Non è vero che Mosca possiede tecnologia sofisticata per prevalere». Aggiunge: «Gli armamenti Nato sono ancor ai più efficaci del mondo. Con il Cremlino si può fare la guerra». Qui c’è il terzo mito da sfatare: «La Russia non era pronta a livello logistico a difendere il suo territorio».
E infine: «Nemmeno a livello psicologico. Quando siamo entrati – continua -, la popolazione era sotto choc. Non era stanca della guerra, semplicemente pensava di poter uccidere in territorio ucraino senza pagarne il prezzo». Descrive le scene riportate dalle truppe d’élite: «I cittadini russi che vivono al confine non sono come i nostri, che hanno preso le armi per difendere la patria e la famiglia. La propaganda del Cremlino li ha resi indifferenti. Hanno lasciato subito le case. Nessuno in Europa studia la psicologia attuale della popolazione russa».
(da la Stampa)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
MOTIVO? I RUSSI NON HANNO SATELLITI IN GRADO DI TENERE SOTTO CONTROLLO UNA SITUAZIONE DINAMICA E L’AVIAZIONE NON COMPIE VOLI DI RICOGNIZIONE OLTRE LE LINEE… PUTIN E’ INCAZZATISSIMO CON I VERTICI DI SERVIZI SEGRETI E FORZE ARMATE
Da secoli gli eserciti russi sono sempre stati lenti nel reagire. Alla fine, però, quando si tratta di difendere la patria sono sempre riusciti a sbaragliare gli avversari facendo leva sulla superiorità delle risorse umane e materiali.
Oggi la debole risposta all’offensiva ucraina nella regione di Kursk irrita lo stesso Putin, che – stando ai blogger russi più autorevoli – avrebbe affidato all’ex generale Alexei Dyumin il compito di coordinare il contrattacco. Non fidandosi dei vertici di servizi segreti e forze armate, il presidente avrebbe deciso di richiamare l’ex numero due degli 007 militari e soprattutto ex capo della sua sicurezza personale, che nel 2016 aveva nominato governatore di Tula
Dyumin non è stato scelto solo per questioni di fedeltà. La carenza principale del comando supremo riguarda l’intelligence strategica: gli è completamente sfuggita la preparazione dell’assalto, con la convergenza in massa di soldati e blindati a ridosso della frontiera.
Non è la prima volta. L’identica situazione è accaduta nel 2022, quando non è stata avvistata la concentrazione della task force che ha travolto i russi nel distretto di Kharkiv. E questo limite informativo impedisce di organizzare le contromosse a Kursk: Mosca ignora le posizioni degli ucraini e gli obiettivi dell’avanzata.
La realtà è che i russi non hanno satelliti in grado di tenere sotto controllo una situazione dinamica; l’aviazione non compie voli di ricognizione oltre le linee e i droni sono concentrati sui 900 chilometri di campo di battaglia, da Kharkiv alla foce del Dnipro, senza occuparsi del resto del confine. Ci sono gap pure nell’intercettazione delle comunicazioni, negli informatori sul terreno e nell’analisi complessiva delle notizie: il mastodontico apparato di spie che risponde al Cremlino è più abile nelle congiure di palazzo che nel contribuire alle operazioni militari.
In fondo l’errore dell’intelligence è quello che ha condizionato l’intero conflitto: nel febbraio 2022 Putin ha ordinato l’invasione convinto che gli ucraini non avrebbero opposto resistenza. Questo sbaglio drammatico è stato pagato a carissimo prezzo dall’esercito russo: uomini e mezzi delle unità più addestrate alla guerra di movimento sono stati decimati negli assedi di Kiev, Sumy, Kharkiv e Chernihiv.
Il fulcro del modello di combattimento introdotto dal generale Valery Gerasimov, con unità mobili destinate a penetrare in profondità nelle linee nemiche, è stato distrutto. I rimpiazzi – tutti volontari, perché Putin evita di mandare in Ucraina i coscritti di leva – sono stati numerosi, ma più anziani – età media 38 anni – e spediti in azione senza una preparazione adeguata.
Un anno fa, il generale Sergej Surovikin ha adattato le tattiche ai limiti delle forze disponibili, creando le premesse per una vittoria difensiva. Poi dalla scorsa primavera Gerasimov ha scatenato una lenta manovra di logoramento, cercando di far prevalere la quantità sulla qualità: ondate di assalti, che giorno dopo giorno tolgono terreno agli ucraini nel Donbass.
Per questo il comandante in capo di Kiev, Sergei Syrsky, seppur formato nelle accademie dell’Urss, ha impostato un piano di attacco basato su sorpresa e rapidità. Vuole sfruttare i punti deboli dei nemici e conosce la scarsa autonomia degli ufficiali russi, che non sono abituati a prendere l’iniziativa. C’è però un elemento strategico che va considerato: finora il Cremlino non ha sottratto reparti dal rullo compressore che continua a fare passi avanti nel Donetsk.
Nei cieli è stata confermata la debolezza dell’aviazione russa, micidiale come “artiglieria volante” per spianare i palazzi nel Donbass ma incapace di sfidare la contraerea: i raid sono stati rari e fanno i conti con una regia labile che moltiplica i rischi di “fuoco amico”. I russi non dispongono di reti per la condivisione dei dati tra i reparti: gli ucraini invece hanno un sistema molto efficace, che utilizza tablet e permette di smistare le riprese dei droni, oltre che indicare le posizioni delle proprie forze e di quelle nemiche.
Incapacità di prevedere le mosse nemiche, difficoltà di sincronizzare la reazione, scarse informazioni sugli obiettivi dell’avversario: sembra di rivedere una delle pagine più nere della storia militare russa. L’altra guerra di Crimea, quella del 1853-56, quando lo Zar fu battuto dalla spedizione anglo-francese (appoggiata da Impero turco e Regno di Sardegna) e costretto a rinunciare per un lungo periodo alle sue ambizioni imperiali.
(da Repubblica)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
LA PRINCIPALE CAUSA D’INQUINAMENTO E’ LA CATTIVA DEPURAZIONE DI QUELLO CHE VIENE GETTATO IN ACQUA. A QUESTO SI AGGIUNGONO GLI SCARICHI ABUSIVI E L’EMERGENZA SICCITÀ, CHE COMPLICANO LA SITUAZIONE
Nei Mari italiani un punto su tre è inquinato: su 265 campioni di acqua raccolti tra giugno, luglio e inizio agosto di quest’anno in 15 regioni costiere, il 37% è oltre i limiti di legge. Una percentuale in crescita rispetto al 36% del 2023 e al 31% del 2022 e che equivale a un punto inquinato ogni 76 km di costa.
Questa è la fotografia scattata dai bilanci delle campagne estive di Legambiente con Goletta verde e Goletta dei laghi 2024, che hanno monitorato lo stato di salute del Mediterraneo e dei bacini lacustri italiani. Per quanto riguarda Mari e laghi nel complesso, su 394 punti campionati in 19 regioni, il 36% è risultato oltre il limite. Le aree più critiche sono le foci dei fiumi.
Il 44% di quelle analizzate ha avuto un giudizio di fortemente inquinato, il 16% inquinato e solo il 40% entro il limite. Per quanto riguarda i bacini lacustri, sono stati monitorati 39 laghi in 11 regioni. Su 129 campionamenti eseguiti, il 33% è risultato oltre i limiti di legge, con un incremento percentuale dei punti critici del 10% rispetto al 23% dell’anno scorso.
A minacciare laghi e Mari della penisola sono soprattutto la cattiva depurazione, gli scarichi abusivi, l’emergenza siccità, l’inquinamento, la tropicalizzazione del Mar Mediterraneo, l’invasione delle specie aliene come il granchio blu, ma anche l’accelerata della crisi climatica che, in particolare, con le piogge intense mette sotto pressione i sistemi di depurazione. Per questo Legambiente ha proposto un piano nazionale per la tutela di mare e laghi che prevede l’ammodernamento e il completamento del sistema di depurazione, l’applicazione dei piani di adattamento al clima, più aree protette entro il 2030 e un ricorso più deciso alle rinnovabili e all’eolico offshore.
(da agenzie)
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Agosto 14th, 2024 Riccardo Fucile
LE REAZIONI DELLA PALLAVOLO AL MURALE SU EGONU DETURPATO: IL SILENZIO DELLE COMPAGNE, LA LINEA DELLA FEDERAZIONE, LA SOLIDARIETA’ DI GIANNELLI
Se c’è un pallavolista che può comprendere fino in fondo quello che Paola Egonu vive ormai da anni, questo è Ivan Zaytsev, alter ego al maschile dell’azzurra fino all’Olimpiade di Tokyo per la grandezza del personaggio che trascendeva l’atleta. Lui, ex capitano della Nazionale nato a Spoleto da genitori russi (il papà è stato uno dei più grandi palleggiatori dell’Unione Sovietica), mai banale nel suo prendere posizione, come quando si schierò a sostegno delle campagne vaccinali.
Zaytsev: «Stanco degli attacchi a un’atleta come Paola Egonu»
«Sono stanco, stufo e incazzato — le sue parole — di vedere costantemente attaccata un’atleta eccezionale come Paola, orgoglio della nostra Nazionale di volley femminile campione olimpica».
Una rabbia che monta man mano che le parole prendono forma: «Qualcuno dirà che sono pochi ma rumorosi, che sono solo ignoranti o invidiosi, ma la verità è che mai nessuno mi ha offeso per il colore della mia pelle o per i miei capelli biondi tipicamente “italiani”».
E ancora: «Sono nauseato da questi ipocriti e ignoranti tentativi di destabilizzazione, divisione e profonda ingratitudine. Vorrei solo godermi il capolavoro sportivo di queste straordinarie tredici atlete italiane e del loro superlativo staff senza che qualche imbecille cerchi la sua visibilità. La storia non si cancella ma il razzismo, quello sì, lo cancelleremo eccome a suon di alzate di voce, di scudi e di schiacciate nel cuore».
Forte, potente come le schiacciate che da questa estate ha cominciato a scagliare contro la sabbia nella sua nuova vita nel beach volley.
Il capitano dell’Italvolley maschile Giannelli: «Non ti curar di loro»
Forte e potente come è la voce dell’attuale capitano dell’Italvolley Simone Giannelli, un altro personaggio capace di andare oltre il suo ruolo in campo: «Le persone che hanno fatto questo non meritano di essere chiamate tali: senza cuore, senza dignità e senza umanità. Paola Egonu, non ti curar di loro. Chi di dovere ci penserà (spero proprio). Tu sei tanta roba, campionessa olimpica».
Federvolley e Lega volley femminile scelgono il silenzio
E se Federvolley e Lega volley femminile hanno deciso all’unisono di non parlare per non dare ulteriore voce al gesto, è la presidente del Vero volley Milano Alessandra Marzari, che, dall’anno scorso, ha accolto Egonu in squadra, a dare altre parole di conforto alla sua giocatrice: «Lasciali perdere, Paola, li combatteremo con i fatti».
E aggiunge un pensiero condiviso da tutti quelli che hanno scelto di dire qualcosa: «È un gesto deprecabile e da condannare con fermezza — prosegue — ma allo stesso tempo credo non meriti nemmeno quella pubblicità che alimenta l’ego di chi l’ha compiuto. A Paola vorrei dire di guardare avanti, anche perché per una persona che pensa queste idiozie, ce ne sono milioni che le vogliono bene, la sostengono e sono solidali con lei. Purtroppo, però, in situazioni come questa, la voce di uno (che sono convinta parli solo per sé) fa più rumore di quella di tantissimi altri che la pensano in maniera opposta».
Piano: «Giusto che Paola sia tra i simboli di questa Italia»
Pensiero condiviso da un altro campione, Matteo Piano, anche lui ex capitano azzurro, legato a Paola Egonu da una forte amicizia: «Già il vandalismo in sé sarebbe estremamente triste, ma deturpare un’opera d’arte dalla valenza simbolica così potente rende il gesto ancora più grave. Da un lato sono triste perché non abbiamo cura né dei luoghi, né della storia, dall’altro perché queste ragazze hanno fatto qualcosa di davvero grande e Paola è giusto che sia uno dei simboli di questa Italia. Questi atti vandalici logorano la speranza di poter costruire un mondo migliore, ma non possiamo darla vinta a loro».
(da agenzie)
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