Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
LA CORTE DEI MIRACOLI: RIXI, TOTI, BUCCI, PICIOCCHI (PRIMA PUNTATA)
L’erede al trono
Piciocchi non è altro che il prestanome di Bucci che a sua volta è stato il prestanome di Toti dopo essere stato scelto come candidato sindaco dal sottosegretario leghista Rixi, colui che ha da 20 anni un rapporto fraterno con Salvini, cementato sulla spiaggia di Recco. durante i soggiorni estivi del Capitone.
Le differenze tra i tre: Rixi ha imparato ad agire dietro le quinte, distribuisce poltrone dopo aver fatto anticamera per anni nella Lega, quando comandava il tesoriere Balocchi e lui si dedicava ad organizzare ronde a Sampierdarena a caccia di sospetti delinquenti notturni, esistenti solo nella sua immaginazione. Ronde ovviamente con stampa e polizia al seguito (per proteggere lui e il suo cane) che si concludevano sempre in orari conciliabili con il suo metabolismo.
Dopo Belsito e l’addio di Bossi e Maroni, l’uomo di fiducia di Salvini, dopo qualche anno in Regione Liguria, è stato piazzato al ministero come sottosegretario e provvede a fare nomine negli enti portuali, a piazzare fedelissimi e neofiti leghisti sulle poltrone che contano.
Ha rifiutato di presentarsi come candidato governatore della Regione e come sindaco di Genova perché una eventuale sconfitta gli avrebbe stroncato la carriera di burattinaio. Meglio non rischiare.
Direte: con questi appoggi e conoscenze la Lega a Genova avrà un grande seguito. Mi spiace deludervi: il partito a Genova è sceso sotto il 7%, peggio della media nazionale.
Passiamo a Bucci, “il sindaco che cria” (tradotto dal genovese: che urla) o “l’uomo del fare”.
Premessa per gli extraliguri: lo scolmatore del Bisagno lo ha pagato il governo Renzi, il Ponte Morandi il governo Conte, i progetti attuali derivano dai soldi del Pnrr chiesti da Conte e messi a terra da Draghi. Morale: un mare di quattrini a disposizione per meriti altrui spacciati per “modello Genova” da Toti e dal suo clone Bucci.
Poi il contorno: palazzo della Regione a luci tridimensionali, feste di Capodanno con reti Mediaset, persino lo scivolo d’acqua in via XX Settembre, il mortaio del pesto da far navigare sul Tamigi, spot pagati centinaia di migliaia di euro con Elisabetta Canalis. Tutto quanto fa spettacolo. Con Bucci definito grande manager quando di fatto a Genova ne esistono a decine al suo livello. Diventa presidente di Liguria Digitale per indicazione della Regione e poi Rixi lo candida sindaco e il cerchio leghista si chiude.
Quando, dopo lo scandalo Toti e relativa condanna per corruzione, il centrodestra teme di perdere la Regione, Bucci viene catapultato a candidato govenatore e Piciocchi (leghista dell’Opus Dei) fa il reggente. Bucci perde il confronto con Orlando a Genova e Spezia, si salva solo grazie ai voti di Scajola nell’imperiese e viene eletto. Passa le consegne a Piciocchi, come nelle migliori aristocrazie dinastiche.
Peggiore candidato non potevano scegliere (lo dice anche La Russa): il poveretto non ha carica empatica, ha l’immagine del grigio burocrate, non ha l’ascendente per tenere a bada i cani sciolti sovranisti che insultano la Salis sui social creando l’effetto opposto di consolidarla.
Quando ormai è disperato lo mandano a incontri suicidi con i comitati di quartieri dove arriva ad ammettere che non conosce il problema di cui si parla (dopo anni che sta in Comune) . Il massimo è quando si congeda dopo la sconfitta dicendo “rifarei tutto quello che ho fatto”. Ma sei hai perso proprio per quello che hai fatto?
Vabbè, toglierà il disturbo perché “non credo di essere adatto a fare opposizione”.
Cala il sipario, addio.
(prima puntata)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
RESOSI CONTO DI NON POTER GOVERNARE TRE REGIONI DEL NORD CON L’8%, “ER TRUCE” SAREBBE DISPOSTO A CEDERE IL PIRELLONE NEL 2028, PUR DI NON PERDERE SUBITO IL FORTINO VENETO. MA LA STATISTA DEI DUE MONDI (COLLE OPPIO E GARBATELLA) SA BENE CHE LA SUA RETE DI POTERE ASSOLUTO NON HA SPAZIO IN LOMBARDIA DOVE A COMANDARE SONO IGNAZIO E ROMANO LA RUSSA … E SI TORMENTA: NON SAREBBE MEGLIO METTERE SUBITO LE MANI SUL RICCO E PRODUTTIVO VENETO, ANCHE A COSTO DI SCONTENTARE ZAIA E SALVINI?
Ancora rintronata per la batosta alle elezioni Comunali (Genova e Ravenna vinte al
primo turno dal centrosinistra e Taranto e Matera al ballottaggio con il “campo largo” in vantaggio), Giorgia Meloni rivolge il suo sguardo alle Regionali di autunno.
Sarà una tornata decisiva, con 17 milioni di persone chiamate alle urne, per capire i reali equilibri all’interno della maggioranza di Governo. Pesare il consenso, in quell’occasione, servirà alla premier per capire se, dopo tante beghe e discussioni con Salvini, ha senso buttare a mare l’alleanza con la Lega per andare al voto anticipato in compagnia di Forza Italia e Noi Moderati, nella primavera del 2026.
Il già calante consenso del Governo, sceso al 35% (sondaggio di Ilvo Diamanti per “la Repubblica”) ha avuto un evidente riverbero sulla tornata amministrativa, penalizzando i candidati del centrodestra, e potrebbe averlo con ancora più rilevanza, tra qualche mese, alle Regionali.
L’oggetto del contendere tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini è la Lombardia: il segretario della Lega, resosi conto di non poter governare tutto il Nord con l’8%, sarebbe disposto a cedere il Pirellone nel 2028, pur di non perdere subito il fortino Veneto.
Per l’ex Truce del Papeete, sarebbe sì un “sacrificio”, ma da consumarsi nel lungo periodo. E nel lungo periodo, si sa, può succedere di tutto. Anche per questo, Giorgia Meloni sta riflettendo se sia la scelta più saggia pretendere la Lombardia per Fratelli d’Italia.
Anche perché dalle parti della “Madunina” i suoi fedelissimi, gli europarlamentari Carlo Fidanza e Nicola Procaccini, sono deboli rispetto ai veri ras lombardi di Fratelli d’Italia, Ignazio La Russa e suo fratello Romano.
Il presidente del Senato nel corso degli anni ha intessuto una imponente rete di contatti e potere, ha aiutato e fatto nominare molte persone, ha ottimi rapporti con il deep state locale (polizia, magistrati, funzionari, avvocati, imprenditori), è inserito nei gangli della vita pubblica di Milano e i suoi parenti, figli in testa, sono tutti ben introdotti nel potere meneghino.
La sua influenza deflagra al Pirellone, nelle stanze della Giunta regionale lombarda, dove il presidente del Senato avrebbe provato a “spingere” Mario Mantovani, ex plenipotenziario di Berlusconi in Lombardia, al posto di Guido Bertolaso come assessore alla Sanità, gallina delle uova d’oro della prima regione d’Italia.
Un simile sistema di potere è difficile da scardinare e un pezzo da novanta come ‘Gnazio non si farebbe certo scavalcare da un Fidanza qualsiasi della Meloni. In Lombardia, in buona sostanza, vuole comandare lui. E se la Regione, all’interno della trattativa tra alleati, venisse offerta a Fratelli d’Italia, il deus ex machina sulle scelte e sugli uomini sarebbe sua.
D’altronde La Russa è un osso duro: ha dimostrato la sua tenacia nella pervicace difesa della sua amica, Daniela Santanchè (il cui processo potrebbe finire in prescrizione), e ha puntato i piedi per ottenere la Presidenza del Senato nel 2022, costringendo Giorgia Meloni ad accontentarlo, nonostante la contrarietà di Forza Italia e di Silvio Berlusconi in persona.
Del resto, se la Lega aveva la presidenza della Camera e FdI il primo piano di Palazzo Chigi, il Senato era destinato a un esponente di Forza Italia. Ma La Russa è un osso duro, durissimo. E la Ducetta chinò il capino.
Che la silhouette mefistofelica di La Russa abbia un enorme potere è stato evidente sin dalla nascita di Fratelli d’Italia, nel 2012: il partito erede della tradizione almirantiana, diventata “democratica” con la svolta di Fini, creato per scissione dal Popolo delle Libertà, ebbe in Ignazio il suo vero kingmaker.
Fu lui, insieme a Guido Crosetto, che essendo di radici democristiane non
poteva certo capeggiare la legione di post fasci, a consegnare a Giorgia Meloni la leadership del nascente partito.
La Russa capì che per un nuovo soggetto politico serviva un volto giovane, fresco e non “compromesso”, mentre il suo luciferino pizzetto, dopo anni passati a fare prima il colonnello di Gianfranco Fini e poi il pretoriano di Silvio Berlusconi, era “impresentabile” a capo di un nuovo partito.
Per anni, La Russa e Crosetto sono stati i burattinai di Giorgia Meloni, fino a quando, durante il Governo Draghi, l’ex ministro della Gioventù dell’ultimo governo Berlusconi, con FdI unico partito all’opposizione, ha tagliato i fili dal suo vecchio mentore e ha iniziato a esercitare la propria leadership.
E avvenne il Grande Balzo dei Fratellini d’Italia che portò Meloni dal 6% al 26%, grazie al consenso del grande voto mobile dell’elettorato deluso, che prima portò il Pd di Renzi al 41% alle europee, poi lo abbandonò votando in massa per la Lega di Salvini e per il Movimento 5 Stelle di Grillo e infine trovò la sua alternativa nella Giorgia dei due mondi (Colle Oppio e Garbatella).
La Ducetta sa bene che la sua rete di potere assoluto non ha spazio in Lombardia dove Fratelli d’Italia dipende dai buoni uffici e dalle relazioni dei fratelli La Russa.
Per tutte queste ragioni, la Fiamma Magica di Palazzo Chigi (Sorelle Meloni, Fazzolari e Scurti) si chiede cogitabonda: vale la pena intestarsi la Lombardia, che va al voto fra tre anni, e che una volta “ceduta” da Salvini verrebbe di fatto gestita dai La Russa Brothers? Non sarebbe meglio mettere subito le mani sul ricco e produttivo Veneto, anche a costo di scontentare Zaia e Salvini?
Ps. A proposito di elezioni, i risultati delle Amministrative certifican l’ennesimo, sconfortante buco nell’acqua dei sondaggisti, che a Genova davano in bilico il duello tra Silvia Salis e Pietro Piciocchi.
(da Dagoreport)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
IL GOVERNO MELONI SE NE FREGA DEL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI E DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI
Diciassette Stati membri dell’Unione europea hanno espresso «profonda preoccupazione» per la recente decisione dell’Ungheria di Viktor Orbán di vietare a livello costituzionale la marcia del Pride, chiedendo al governo di Budapest di ritirare le misure adottate.
In una dichiarazione congiunta diffusa in occasione del Consiglio Affari Generali Ue, dove oggi si tiene una nuova audizione sullo stato di diritto in Ungheria, i firmatari esortano le autorità di Budapest a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, in linea con gli impegni internazionali assunti. «Siamo profondamente preoccupati per le recenti modifiche legislative e costituzionali che ledono i diritti fondamentali delle persone Lgbt+, adottate dal Parlamento ungherese il 18 marzo e il 14 aprile 2025, a seguito di altre normative già introdotte negli anni precedenti», si legge nella nota.
I Paesi firmatari: chi c’è e chi no
Il documento, promosso dai Paesi Bassi, è stato sottoscritto da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia. Nell’elenco non compare l’Italia, che ha deciso di non firmare insieme a Romania, Bulgaria, Slovacchia, Grecia, Cipro, Croazia, Malta.
«Grave e incomprensibile l’assenza dell’Italia tra i firmatari: difendere diritti e libertà non è un optional, è il cuore del progetto europeo», commenta Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito democratico europeo. Il mese scorso, il parlamento di Budapest ha approvato il controverso emendamento promosso da Fidesz, il partito di Orbán, che mira a codificare a livello costituzionale il recente divieto imposto dal governo sugli eventi del Pride.
La modifica apre, inoltre, la strada all’uso di software di riconoscimento facciale da parte delle forze dell’ordine per identificare i partecipanti e multarli. Pratica vietata, con alcuni stringenti eccezioni, dal diritto europeo.
«Questi sviluppi ci allarmano profondamente – si legge nel comunicato – in quanto contrastano con i valori fondamentali su cui si fonda l’Unione, tra cui la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani». I Paesi firmatari ribadiscono infine che la tutela delle persone Lgtb+ è parte integrante dell’identità europea e rappresenta una responsabilità condivisa da tutti gli Stati membri e dalle istituzioni dell’Unione europea.
Nel frattempo, secondo quanto riportato da Marco Bresolin su La Stampa, il gabinetto della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, avrebbe raccomandato ai commissari di non prendere parte al Budapest Pride, per evitare tensioni con l’esecutivo di Orbán. La Commissione non ha confermato né smentito ufficialmente l’indiscrezione.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
DAVANTI A GIORGIA MELONI, PRESENTE ALL’ASSEMBLEA DELL’ASSOCIAZIONE IMPRENDITORIALE, ORSINI HA BOCCIATO IL DECRETO BOLLETTE APPROVATO UN MESE FA
Il costo dell’energia è in cima alle preoccupazioni delle imprese. E’ l’allarme lanciato
dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini nel corso dell’assemblea annuale a Bologna.
“È una situazione insostenibile. Occorre agire con urgenza”, ha detto Orsini che nel chiedere un ‘piano industriale straordinario’ per l’Italia ha sottolineato: “la componente più urgente è quella dei sovraccosti energetici; È un vero dramma che si compie ogni giorno: per le famiglie, per le imprese e per l’Italia intera”.
Alla presenza della premier Giorgia Meloni, Orsini ne ha ricordato le parole (‘Bisogna abbattere il sovraccosto energetico che pesa come un macigno sulla competitività delle imprese italiane. lancio un appello alle opposizioni, lavoriamo insieme per il disaccoppiamento in bolletta tra prezzo del gas e prezzo delle rinnovabilì) e le ha commentate: “È esattamente quello che chiediamo e ho chiesto da quando sono presidente di Confindustria”.
Orsini ha anche rivolto un appello a politica e sindacati. “Per un mondo nuovo servono strumenti nuovi e un patto nuovo tra tutti noi. Tra forze politiche e sociali”.”Abbiamo dimostrato di avere la capacità di superare momenti difficili affrontandoli tutti insieme. Guardando all’interesse comune”, ha aggiunto. “Adesso è giunto il tempo della responsabilità, del coraggio, della determinazione. Per un’Europa più forte. E per un’Italia
ancora più grande”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
BONGA, LA FORMULA PORTAFORTUNA PRONUNCIATA DA SILVIA SALIS MENTRE VOTAVA
“Bonga!”: è la strana parola – qualcuno aveva capito “bomba” – che Silvia Salis ha pronunciato lasciando cadere nell’urna elettorale la sua scheda, durante il voto per le Comunali in una scuola di Sturla.
In tanti si sono chiesti che cosa significasse quel termine, seguito ad alcune risate degli astanti, specialmente i membri del suo staff.
L’arcano è stato presto svelato: “Bonga” è una quasi-parola che in queste settimane è stata spesso ripetuta da Eugenio, il piccolo figlio di Salis e che, durante la campagna, è diventata una sorta di refrain, anche portafortuna, un modo per darsi la carica, nell’entourage della candidata.
Bonga, curiosamente, ha anche un significato: il lingua zulu vuol dire “grazie”. A partire dalle prossime ore, a Genova, potrebbe diventare un tormentone.
(da Genova24)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
“GRAZIE ALLA SQUADRA, ORA TROVARE UNA SINTESI TRA SVILUPPO E UMANITA’”… “GRAZIE A MIO MARITO, UNA PERSONA CHE TI SOSTIENE PER FARTI REALIZZARE E’ UNA GRANDE DIMOSTRAZIONE D’AMORE, INVECE SPESSO SI SENTE PARLARE DELL’ALTRA META’ COME UN ANGELO DEL FOCOLARE CHE ASPETTA A CASA”
Non ha dormito niente – “ma sono tre mesi che dormo non più di quattro ore a notte,
e ho scoperto che è possibile, anche se non senza conseguenze”, scherza – ma nella conferenza stampa del day after l’elezione a sindaca di Genova, Silvia Salis, lancia alcuni messaggi chiari. Alla città, agli avversari, e alla coalizione.
“In questi mesi siamo stati tra la gente, nelle strade, in tutti i municipi e abbiamo capito quello che era il senso di abbandono di questa città, siamo riusciti però a comunicare una cosa importante, che vogliamo trovare una sintesi tra l’impegno per lo sviluppo della città e dare un senso di umanità a questo stesso processo di sviluppo, lo sviluppo deve essere armonizzato con la vita del cittadini”.
Nelle stesse ore in cui Silvia Salis inizia a “contare” i risultati di liste e candidati, e a incontrare i partiti per definire – “entro un paio di settimane”, azzarda – la geometria della giunta, chiarisce alcuni punti. “Tra
stare all’opposizione e stare al governo c’è una differenza che si chiama pragmatismo e su questo non accetterò passi indietro da parte di nessuno – scandisce – dobbiamo portare a termine le grandissime operazioni che interessano Genova ma senza dimenticarsi della vita quotidiana delle persone, i partiti del campo progressista che hanno contribuito alla nostra vittoria hanno una forte ideologia e un’aspirazione a diffondere determinati principi ma questo va messo da parte nel momento in cui questa città dovrà affrontare questioni serie e sfidanti, dovrà affrontare dossier che in questi otto anni, dalla destra del fare non sono stati toccati neanche con le pinze, dall’emergenza abitativa a quella sociale”.
Per la giunta “non c’è fretta, ho già in mente delle cose ma le comunicherò tutte assieme, per correttezza, non escludo figure tecniche, quello che so è che una grande forza del campo progressista è il livello di competenze della classe dirigente, e non invidio la destra che si è trovata ad amministrare con un livello politico così diverso dal nostro. Io sono sicura che avrò una grande squadra, che spero mi faccia spesso cambiare idea se con progetti migliori di quelli che avrei avuto in mente io”. Inoltre Salis considera un’opzione la nomina di consiglieri delegati: “Ma senza esagerare”.
Silvia Salis vuole intervenire sull’ente Comune e sul suo funzionamento per valorizzare forze e settori. “A partire dal rapporto con le partecipate, dove serve più chiarezza, in questi anni c’è stata un’alternanza di dirigenze vorticose, onerosa e che ha creato dell’instabilità”. E poi, sulle risorse della macchina comunale e dell’eventuale ricorso a consulenze esterne (pratica molto sfruttata in questi otto anni dal centrodestra), la sindaca di centrosinistra sottolinea: “Non escludo la possibilità di ricorrere a consulenze ma queste devono portare reale valore aggiunto, non ho apprezzato vedere consulenti che poi si sono candidati alle elezioni…”.
E ancora “il Comune di Genova ha al suo interno grandi competenze e anzi, mi spiace vedere che in questi anni molti validi dirigenti sono
scappati perché l’aria era diventata irrespirabile, ecco ne approfitto per dire che se qualcuno vuole tornare questo è il momento, valorizzeremo le competenze comunali e creeremo un ambiente dove è un piacere lavorare, chi usa toni sgradevoli con chi lavora si circonda solo di persone mediocri”.
Due settimane per la giunta ma tempi molto più stretti per la proclamazione a sindaca, forse già tra questo giovedì e venerdì. Il 2 giugno, alla cerimonia della festa della Repubblica, la prima uscita con la fascia tricolore.
Troverà, in quell’occasione, anche il presidente della Regione Liguria Marco Bucci. “Non l’ho ancora sentito ma credo che ci incontreremo molto presto“. Dopo la telefonata delle congratulazioni, Salis, ha invece nuovamente sentito Pietro Piciocchi, per questioni pertinenti al passaggio di consegne e legate alla cassa comunale, propedeutiche appunto, alla proclamazione.
Durante la conferenza stampa di questa mattina al point, Silvia Salis ha voluto anche ringraziare i componenti dello staff che l’hanno seguita in questi mesi, dal portavoce all’ufficio stampa, dal campaign manager agli spin doctor agli assistenti. Ha nominato anche due figure che hanno lavorato nel dietro le quinte ma che sono state fondamentali: uno è Angelo Gazzo, costruttore navale (era anche candidato in lista), l’altro è Chicco Franchini, già noto alle cronache genovesi come presidente del gruppo Occupy Albaro.
E poi un grazie, che ha racchiuso però un messaggio ulteriore, al marito regista Fausto Brizzi. “Mi è stato vicino con le sue capacità e con le sue competenze, questo non significa che sono eterodiretta, come ho sentito affermare da qualcuno, io non sono eterodiretta da nessuno, ma credo che una persona che ti sostiene con le sue capacità per farti realizzare sia una grande dimostrazione d’amore, invece molto spesso si sente parlare dell’altra metà come un angelo del focolare che aspetta a casa”.
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
“MORTE AGLI ARABI”, “CHE I LORO VILLAGGI BRUCINO”, “MAOMETTO E’ MORTO” SONO ALCUNI DEGLI SLOGAN INTONATI… IL MINISTRO BEN-GVIR: “I PALESTINESI MERITANO SOLO UNA PALLOTTOLA IN TESTA”… UNA FECCIA UMANA CHE NULLA HA DI DIVERSO DAI TERRORISTI DI HAMAS
Migliaia di israeliani hanno partecipato ieri alla “Marcia delle Bandiere”, un evento annuale organizzato e finanziato dallo Stato e dal Comune di Gerusalemme per celebrare l’occupazione israeliana (illegale, ai sensi del diritto internazionale) della parte orientale della città nel 1967. Ma dietro la patina ufficiale di “processione festiva” si è nuovamente consumato uno spettacolo di violenza, slogan razzisti e tensioni etniche, con gravi implicazioni politiche e sociali.
La manifestazione, che ha attraversato il cuore del quartiere musulmano della Città Vecchia, è da anni segnata da innumerevoli episodi di razzismo e aggressioni nei confronti della popolazione palestinese. Quest’anno, fin dalle prime ore della giornata, piccoli gruppi di giovani israeliani – molti dei quali con abiti tipici del sionismo religioso – hanno preso di mira negozianti, donne velate e passanti arabi. Sono stati segnalate violenze, sputi, furti in bar e caffè, la devastazione di una libreria e persino l’irruzione forzata in un’abitazione privata.
Nel corso della marcia, gruppi sempre più numerosi hanno scandito slogan apertamente razzisti come “Gaza è nostra”, “Morte agli arabi”, “Che i loro villaggi brucino” e “Maometto è morto”. Alla Porta di Damasco, un grande
striscione proclamava “Gerusalemme 1967 – Gaza 2025”, lasciando intendere un desiderio di futura annessione militare della Striscia. Un altro recitava “Senza una Nakba non c’è vittoria”, richiamando la catastrofe palestinese del 1948, quando circa 700mila arabi furono forzatamente espulsi dalla neonata Israele
Nonostante le tensioni ampiamente previste, la presenza della polizia nella Città Vecchia è stata limitata e, in molti casi, le forze dell’ordine non sono intervenute per fermare le aggressioni contro i palestinesi. Gli unici ad aver tentato di proteggere i civili sono stati attivisti di Standing Together, che si sono posti come scudi umani, riconoscibili solo dai loro gilet viola.A rendere ancora più critica la giornata di ieri è stata la presenza di alti esponenti del governo Netanyahu, come il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich, entrambi di estrema destra. Il primo, rivolgendosi al premier, ha chiesto che non vengano inviati cibo e medicinali a Gaza. “Dico al Primo Ministro: ‘Caro Primo Ministro, non dobbiamo dare loro aiuti umanitari. Non dobbiamo dare loro carburante…’. I nostri nemici meritano solo una pallottola in testa!”.
Smotrich ha aggiunto: “Stiamo conquistando la Terra di Israele, liberando Gaza, colonizzando Gaza e sconfiggendo il nemico. Con l’aiuto di Dio, espanderemo i confini di Israele, realizzeremo la redenzione completa e ricostruiremo il Tempio qui”, ha affermato, riferendosi alla moschea di al-Aqsa. Poco dopo, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha convocato una riunione straordinaria del suo governo a Silwan, quartiere palestinese di Gerusalemme Est.
Secondo le Nazioni Unite e la maggior parte della comunità internazionale, Gerusalemme Est è un territorio occupato, in quanto è stata conquistata militarmente e annessa unilateralmente, senza un accordo con i palestinesi o con il consenso internazionale.
L’occupazione militare è regolata dalla Quarta Convenzione di Ginevra, che proibisce, tra le altre cose, il trasferimento della popolazione del paese occupante nei territori occupati. Tuttavia, Israele ha costruito numerosi insediamenti e quartieri per ebrei israeliani in Gerusalemme Est, il che è considerato illegale dalla comunità internazionale.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
SCOPERTO A NAPOLI UN PRESUNGTO AGENTE SOTTO COPERTURA ALL’INTERNO DI UN PARTITO POLITICO: SIAMO GIA’ IN UNGHERIA
Una denuncia clamorosa quella che Potere al Popolo, il partito di estrema sinistra che
da molti anni partecipa alle elezioni politiche ed amministrative, ha affidato a Fanpage.it.
Come spiega il portavoce nazionale, Giuliano Granato, per 10 mesi il partito sarebbe stato infiltrato e spiato dalla polizia. L’agente sotto copertura sarebbe un giovane di 21 anni, uscito dalla scuola di polizia nel 2023. Si sarebbe presentato agli attivisti di PaP a Napoli come studente fuori sede. Assiduo frequentatore di tutte le iniziative di Potere al Popolo, ha partecipato anche a diversi incontri nazionali del partito. A far saltare la copertura però sarebbero stati proprio gli atti ufficiali del suo ingresso in polizia. Da una semplice ricerca infatti, è stato possibile trovare non solo il risultato del concorso in polizia che ha vinto, ma anche le foto del giuramento in polizia e, attraverso una serie di contatti social, la foto di gruppo in divisa con altri colleghi.
Ad insospettire i militanti di Potere al Popolo, uno strano incontro a cui sarebbe stato visto per caso in un ristorante lo scorso 1°Maggio. Una volta scoperto, il presunto agente sotto copertura non avrebbe battuto ciglio, allontanandosi ed augurando “Buona giornata” agli attivisti di Pap.
“L’infiltrazione iniziata 10 mesi fa”
A raccontare la vicenda a Fanpage.it è il portavoce nazionale del partito,
Giuliano Granato, che ha raccontato tutte le fasi dell’infiltrazione del presunto agente di polizia, fino alla sua definitiva scoperta da parte del partito.
“Tutto è iniziato circa 10 mesi fa – spiega – questo ragazzo di appena 21 anni si è presentato a noi come uno studente fuori sede, proveniente dalla Puglia. In questi mesi ha partecipato in maniera assidua a qualsiasi iniziativa, dal blocco degli sfratti, alle lotte studentesche, partecipando anche ai momenti nazionali di Potere al Popolo. Non mancava mai”.
Una circostanza però aveva insospettato gli attivisti napoletani di Potere al Popolo. “Era estremamente presente quando c’erano iniziative politiche, ma non ha mai legati personalmente con nessuno. Mai una serata insieme, una birra, una cena, molto strano per uno studente universitario fuori sede” spiega Granato. E così per puro caso, alcuni attivisti sono riusciti a risalire alla vera identità, in un modo la cui semplicità sembra disarmante. “I suoi social erano quasi vuoti – spiega Granato – anche questo abbastanza strano per un 21enne. Ma quando abbiamo digitato il suo nome e cognome e la sua data di nascita su Google si è aperto un mondo”.
La prima cosa che è stata trovata è la sua assunzione in Polizia, al termine del corso, con tanto di nominativo, data di nascita e punteggio.
E’ stato a quel punto facile risalire alle origini. Si tratterebbe di un agente figlio di poliziotto, con altri parenti in Polizia, entrato in servizio nel 2023. La sua presa di incarico sarebbe avvenuta due mesi dopo, a quanto riportato dai documenti del Ministero dell’Interno. Per fugare dubbi su possibili omonimie si è risalito, attraverso alcuni sui contatti social, ad altri amici, anche loro poliziotti.
E da lì si sono ritrovate le foto del giuramento in Polizia, ma anche foto di feste ed incontri con altri colleghi. Tutti in divisa. A guardare i riscontri raccolti da Potere al Popolo la vicenda è davvero impressionante.
Da un lato perché lo stesso agente in divisa, si nota poi in alcuni reel pubblicati dagli attivisti universitari di Potere al Popolo, con il megafono
in mano e la bandiera del partito, dall’altro proprio per la superficialità dell’operazione. Il nome del presunto agente sarebbe infatti lo stesso, mentre la biografia raccontata, figlio di persone povere e studente a Bari per un anno, sarebbe del tutto inventata.
La copertura saltata
Mentre alcuni attivisti avevano avvisato i dirigenti del partito dell’incredibile scoperta, lo scorso 1°Maggio un episodio avrebbe fatto saltare del tutto la copertura del presunto agente infiltrato. “Dopo il corteo del 1°maggio, la persona è stata vista per puro caso da un nostro attivista, entrare in un ristorante e fermarsi a parlare per circa 15 minuti con delle persone vestite in giacca e cravatta ad un tavolo. Per noi quello è stato un momento di possibile scambio di informazioni” spiega Granato.
Saltata la copertura si è poi passati alla fase di “confronto”, che è avvenuta in un luogo pubblico, all’aperto, in presenza di molti testimoni, nei pressi della zona universitaria nel centro di Napoli. “Quando gli abbiamo detto che non era più gradito, e che non doveva chiedere perché altrimenti avrebbe offeso la nostra e la sua intelligenza, non ha nemmeno provato a chiedere spiegazioni, non ha fornito scuse o finto di non capire. Semplicemente ci ha augurato buona giornata ed è andato via” sottolinea il portavoce di Potere al popolo. Successivamente, alcune ore dopo, il presunto agente infiltrato ha telefonato ad un altro attivista, anche egli studente universitario, chiedendo spiegazioni. Nella telefonata, che è stata registrata e di cui siamo in possesso, il presunto infiltrato chiede se ha fatto qualcosa che ha determinato il suo allontanamento. “Ma siamo noi a doverti spiegare oppure ci mandi tu la foto del giuramento?” gli ha risposto il suo interlocutore. Dopo lunghissimi secondi di silenzio, ed un sollecito a rispondere nel merito, il presunto infiltrato ha attaccato la telefonata.
“Niente da nascondere, non siamo la gioventù meloniana”
“Noi siamo un partito che si presenta alle elezioni da molti anni,
partecipiamo a tutte le tornate elettorali, non abbiamo nulla da nascondere, non siamo la gioventù meloniana, chiunque può venire e vedere cosa facciamo, la nostra è un’attività alla luce del Sole” spiega Granato. Effettivamente la circostanza non è assimilabile ad una attività di polizia che può essere inserita nell’ambito dei controlli di prevenzione, ad esempio quelli anti terrorismo.
Potere del popolo è un partito politico, che non solo partecipa alle elezioni per il parlamento, ma anche a quasi tutte le elezioni amministrative sui territori. “Sono anni che non accadeva un tentativo di spionaggio e infiltrazione ai danni di una organizzazione che si presenta alle elezioni” sottolinea il portavoce di Pap. L’inquietante vicenda si inserisce nel solco di una serie di episodi di spionaggio che si susseguono nel nostro paese, come il caso “Paragon”, l’utilizzo dello spyware militare che ha coinvolto due giornalisti di Fanpage.it, il direttore Francesco Cancellato ed il capo della cronaca di Napoli, Ciro Pellegrino, e i fondatori di Mediterranea Saving Humans, Luca Casarini e Beppe Caccia, e con loro Don Mattia Ferrari e il portavoce di Refugees in Libya, David Yambio.
“Quello che è successo a noi si inserisce nello stesso solco – spiega Granato – il Ministero dell’Interno deve spiegare questa vicenda. Questo è il segnale che lo Stato sta usando strumenti repressivi perché non tollera il dissenso, è un attentato alla democrazia che riguarda tutti e tutte. Il governo Meloni non procede solo a botte di propaganda, contro il dissenso, ma usa gli strumenti repressivi degli apparati di sicurezza”.
Il susseguirsi di queste vicende è decisamente inquietante, per questo Potere al popolo fa un appello alla società civile: “Ci rivolgiamo ai sinceri democratici, alla società civile, innanzitutto a fare attenzione, e poi a denunciare quanto accade. La democrazia non esiste se lo Stato ti entra in casa, ti spia, ti infiltra, questa non è democrazia, sono passaggi da autocrazia e da vera e propria dittatura”.
(da Fanpage)
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Maggio 27th, 2025 Riccardo Fucile
TESLA DIMEZZA ANCORA LA QUOTA IN EUROPA, -52,6% IN APRILE
Crollano ancora le vendite di Tesla in aprile in Europa. Le immatricolazioni sono 5.475 a fronte delle 11.540 di un anno fa in calo del 52,6% con la quota di mercato che passa dall’1,3% allo 0,6%.
Da inizio anno l’azienda guidata da Elon Musk ha venduto 41.677 auto, il 46,1% in meno dello stesso periodo del 2024. La quota di mercato scende dal 2,1% all’1,1%.
Il mercato dell’auto dell’Europa Occidentale (Ue+Efta+Regno Unito) chiude il primo quadrimestre dell’anno in modo stabile rispetto al 2024. In aprile le immatricolazioni sono state 1.077.186, lo 0,3% in meno dello stesso mese dell’anno scorso.
Nel quadrimestre sono 4.459.087, in calo dello 0,4% sull’analogo periodo del 2024. Guardando alla sola Ue, nei primi quattro mesi del 2025 – sottolinea l’Acea – le vendite di auto elettriche a batteria sono cresciute del 26,4%, raggiungendo le 558.262 unità, il 15,3% del totale Ue. I veicoli ibridi hanno registrato un aumento del 20,8%, conquistando il 35,3% del mercato e restano la scelta preferita dai consumatori Ue.
(da agenzie)
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