Ottobre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
DOPO AVER IMPEDITO LO SFRATTO DELLA STORICA SEDE DI VIA OTTAVIANO, LA RABBIA DEI MILITANTI
Dopo il tentato sgombero della sede del Msi di via Ottaviano 9 a Roma, i militanti di destra sono sul piede di guerra.
”E’ la nostra sede storica – ha dichiarato Alfredo Iorio, storico responsabile della sezione Prati – da lì non ce ne andremo mai.”
A dieci anni dalla sua fondazione, in via Ottaviano nel 1975 è stato ucciso Mikis Mantakas, militante del Fuan, e negli anni 80 proprio lì è esplosa una bomba.
Dopo il tentato sgombero i militanti di estrema destra puntano il dito contro i vertici della Fondazione Alleanza Nazionale: ”La nostra guerra non è contro il proprietario dell’immobile (discendente della famiglia Romualdi), ma contro i vertici che hanno abbandonato le proprie radici e pensano solo a spartirsi i soldi e le proprietà immobiliari del Movimento Sociale Italiano.
Se il compito della Fondazione è quello di preservare il patrimonio del Msi non si comprende perchè non intervenga, acquisendo i locali.
Se poi il patrimonio di 250 milioni di euro deve servire ad altri scopi e i compiti della Fondazione sono quelli di affittare la sigla di An a qualche “grande fratello”, basta saperlo.
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Settembre 27th, 2015 Riccardo Fucile
“RIFARE AN? MA SE NON SONO STATI NEANCHE CAPACI DI AMMINISTRARE UNA CITTA’… SONO DEGLI INCAPACI”
La vedova di Giorgio Almirante, Donna Assunta, è molto delusa per le continue liti tra gli ex colonnelli di An sul futuro della Fondazione nata dalle ceneri del partito.
“È una vergogna – dice in un’intervista a Il Tempo – sentirli sempre parlare di soldi. Queste risorse tanto agognate dovrebbero essere impiegate in iniziative culturali o in opere di bene per le famiglie dei nostri militanti in difficoltà “.
E in vista della prossima assemblea della Fondazione An, con le beghe già iniziate, Donna Assunta puntualizza: “Qui si discute di un lascito che non è dei parlamentari o dei dirigenti, ma di una intera comunità politica. I soldi della Fondazione sono il risultato della lungimiranza di Almirante che ha trasformato il partito più povero della Prima Repubblica in quello meglio attrezzato. I soldi sono dei missini e servono per le manifestazioni pubbliche”.
Sulle numerose sedi di proprietà , un tempo Msi poi di An, abbandonate o non utilizzate, Donna Assunta osserva: “Furono comprate perchè nessuno voleva affittare sedi alla destra. E così Almirante le acquistò per fornire spazi per l’attività del partito quasi in ogni città d’Italia”
Sulla proposta, avanzata tra gli altri da Gianni Alemanno, di rifondare An, la vedova Almirante non ha dubbi: “Non sono capaci di fare nulla. Non sono stati capaci di amministrare le città dove governavano, come possono creare un nuovo partito? Il partito c’era, il Msi, e c’è ancora nel cuore di tanti italiani. Mentre loro pensano solo ai soldi”.
Nessun dubbio neanche su ciò che dovrebbe fare la Fondazione An: “Promuovere cultura e opere di bene. Questi signori dovrebbero riempire di iniziative culturali anche via della Scrofa, che è desolatamente vuota.”
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Settembre 9th, 2015 Riccardo Fucile
UNA DESTRA ILLIBERALE E DIVISA BOCCIATA DAGLI ELETTORI…. MANCA UNA DESTRA CON CULTURA DI GOVERNO CHE TORNI A SUSCITARE PASSIONE POLITICA
Fa molta tristezza leggere i vari articoli ed interventi “provenienti” dall’ex “mondo tecnico” della defunta ‪‎Alleanza Nazionale‬.
Al netto dei preconcetti, delle dietrologie e dei “cori di bottega”, è di palmare evidenza come quel “mondo” sia tutto, sostanzialmente diviso tra politici (pochi per la verità , personalmente ne avro’ conosciuti giusto 3 o 4!), politicanti” (a iosa) e “politichetti” (in numero pressocchè smisurato, soprattutto sul web), sempre più ridicoli oltre che tristemente bocciati dalla storia e dallo stesso corpo elettorale.
Ad essi fa da silenzioso contraltare quella marea di sinceri appassionati che sono in ogni dove: delusi, sconcertati e per nulla disposti ad ascoltarli (ed a ragion veduta). Ciò non di meno, la cosa che fa, comunque, più tristezza di tutte, è il dover continuamente assistere alla reiterata e continuata diatriba incarnata dalla pseudo-destra-vetero-missina, quella “capeggiata” dalla Meloni, tanto per intederci (che è “destra”, non soltanto confusa e confusionaria, ma addirittura razzista, xenofoba, priva di ogni visione liberale e di qualsivoglia spinta verso la modernità ) nei confronti di quella destra con cultura di Governo che è stata parte della storia del nostro Paese e che sarebbe l’unica strada seriamente praticabile.
Comunque sia, è parecchio evidente come quella storia sia defintivamente ed irrimediabilmente finita.
La riprova (peraltro empirico-fattuale) è stata data dall’utilizzo del “logo di AN” da parte di FdI: a parte sonori e vibranti “pernacchi”, il risultato è stato oltremodo infausto, e per fortuna, aggiundo di cuore.
Comunque sia, chi è stato “attore” e protagonista “di quella storia” dovrebbe soltanto preoccuparsi di “fare scuola”: il nuovo dovrebbero farlo “gli altri”.
Già gli altri: gli appassionati! Tutto sommato, “saremmo pure una marea”, ma siamo oggettivamente divisi, sordi e finanche sterili, continuamente sopraffatti dai rivoli di profondissime incomprensioni umane, prima ancora che pseudo-politiche…
Ma tant’è. La storia va comunque avanti. Implacabile. veloce ed inesorabile. Proprio come fa la società , in totale balia della non passione, del declino costante e della strafottenza ad oltranza.
Se il meglio che si riesce a fare è soltanto quello di gridare, “prima gli Italiani” (e “giusto” per pretestuose ragioni di “bottega) e/o sostenere Salvini od i vetusti “cascami Meloniani”, allora davvero vuol dire che siamo “proprio alla frutta”.
Personalmente, fosse anche solo per mera passione, continuerò a gridare “evviva la libertà “: quella che ci vuole uomini e donne capaci di auto-determinarci sulla base di scelte e motivi consapevoli.
Quella dei cuori appasssionati.
Quella delle visioni lucide ma, anche, arditamente folli.
Quella che grida “prima la legge” ed in tutte le direzioni, dai diritti civili alle future conquiste della civiltà .
Guardo al passato soltanto per capire e per imparare, soprattutto tutto quello che non so: il vero fascino, la vera nostalgia è soltanto per l’avvenire…
A breve farò una scelta. Non fregherà a nessuno (da “ste’ parti” funziona così!), ma poco importerà .
Meglio battersi per qualcosa che essere il “servo sciocco” del nulla.
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Settembre 9th, 2015 Riccardo Fucile
IL RISULTATO DEL SONDAGGIO INTERNO IN VISTA DELL’ASSEMBLEA SULLA SPARTIZIONE DEL BOTTINO DELLA FONDAZIONE… MA PERCHE’ NON SI RITIRANO TUTTI A VITA PRIVATA?
(Ri)fare Alleanza nazionale con gli altri della Fondazione An? No, grazie.
Sembra questo il risultato del questionario somministrato via mail agli iscritti di Fratelli d’Italia nei giorni scorsi.
Era stato questo sito a dare la notizia per primo della survey sottoposta ai soci: il sondaggio sarà pure stato – come riportato da Luca Cirimbilla per L’ultima Ribattuta – “un appuntamento fisso e un’occasione periodica con cui i vertici vogliono analizzare il sentimento della base”, dunque un episodio di ordinaria amministrazione, ma c’era eccome e il fatto che i dirigenti sentissero il bisogno di capire cosa la base pensasse sulla questione “nuovo partito a destra” (cosa pienamente legittima, ovviamente) meritava di essere segnalato.
Gli esiti dell’indagine sono parzialmente riportati oggi sul Tempo in un articolo di Vincenzo Bisbiglia: non è chiarissimo il numero dei partecipanti (il giornale romano parla genericamente di decisione da parte dei “circa 20mila iscritti”, mentre l’editoriale di Francesco Storace sul Giornale d’Italia indica “ben duemila persone”, un po’ pochine rispetto agli iscritti totali, opinione condivisa pure da altre fonti, come il Secolo Trentino), ma i risultati – di un sondaggio “anonimo e non ripetibile”, come notato dal Tempo – dicono cose interessanti.
Le domande che più interessano qui sono due.
La prima era sul futuro di Fratelli d’Italia davanti a un possibile scenario di trasformazione della fondazione in partito per riunire tutti gli ex An: per il 74,8% dei partecipanti al sondaggio, il partito guidato dalla Meloni dovrebbe “continuare il proprio percorso aggregando nuove energie”, quando a gradire l’opzione “convergere sulla proposta di Alemanno, con Fini, Scopelliti e altri ex An, fondando con loro un nuovo soggetto politico sviluppatosi nell’ambito della Fondazione An” sarebbe solo il 16% di coloro che hanno risposto (gli altri hanno scelto la risposta “non conosco l’argomento”).
La seconda domanda interrogava gli iscritti sul loro comportamento elettorale in caso di nascita di “un nuovo soggetto politico di destra dopo l’Assemblea della Fondazione An”: secondo quanto si legge sul quotidiano, l’87% dei partecipanti avrebbe preferito l’opzione “FdI Giorgia Meloni” rispetto a “nuovo soggetto a destra” e “altro”.
C’è chi ha fatto prontamente notare che le risposte a tale quesito sarebbero evidentemente influenzate dalla presenza del nome della leader del partito all’interno della risposta, quasi come se facesse parte della denominazione e se si volesse evidenziare che la Meloni, in fondo, ha già scelto che strada prendere.
Si sarebbe tentati, in realtà , di dire lo stesso sulla prima domanda: quanti, tra i potenzialmente interessati alla conversione in partito della Fondazione An, avranno scelto l’opzione del percorso autonomo per la sgradita presenza del nome di Fini nell’altra alternativa?
A corroborare i risultati delle due domande precedenti, c’è anche la classifica dei “magnifici dodici”, ossia i dodici personaggi che gli iscritti dovevano numerare in ordine di importanza quanto ad attitudine alla guida unitaria del centrodestra.
Non ci si stupisce troppo a trovare in cima alla “top 12” la Meloni, nè di trovare subito dopo di lei Matteo Salvini; è già più interessante trovare sul gradino più basso del podio uno che – pur avendo cofondato Fdi – la politica l’ha lasciata come Guido Crosetto, preferito nell’ordine a Ignazio La Russa e a Fabio Rampelli.
A scendere si trovano, nell’ordine, Giuseppe Scopelliti e Flavio Tosi, mentre è solo ottavo Silvio Berlusconi, che pure precede immediatamente Raffaele Fitto; in fondo alla classifica, se i malpensanti di professione sono stati facili profeti nel vaticinare l’ultima posizione di Gianfranco Fini, colpiscono di più il decimo posto di Maurizio Gasparri e, soprattutto, l’undicesimo di Gianni Alemanno, che formalmente è ancora membro dell’ufficio di presidenza di Fratelli d’Italia
Ammesso che l’esito del sondaggio sia attendibile e generalizzabile, riferendolo a tutti gli iscritti al partito, il messaggio che esce sembra molto chiaro: a Fdi rifare Alleanza nazionale non interessa, men che meno avendo Alemanno (proprio dirigente) come figura di riferimento.
La questione non è di poco conto: in sede di assemblea della Fondazione An, un “no” degli aderenti che si riconoscono in Fratelli d’Italia all’impegno politico diretto dell’ente (attraverso una riedizione del partito che fu di Fini), unito ai “no” di chi avversa quella strada da tempo (soprattutto Gasparri e Matteoli) potrebbe bloccare sul nascere la “voglia di An” manifestata da alcuni soggetti negli ultimi mesi, evitando tra l’altro di sbloccare il “tesoretto” di cui la fondazione è titolare
Certamente la notizia del sondaggio non dev’essere piaciuta dalle parti di Prima l’Italia.
Il neoportavoce, Marco Cerreto, dopo aver precisato “da componente della direzione nazionale” di Fdi di non avere mai ricevuto nulla al pari di tanti colleghi iscritti al partito, si esprime negativamente sul modo in cui sono stati formulati i quesiti (“modalità forzatamente capziose, oltre che viziate nell’elaborazione: vengono citate persone che oggi non sono più in politica o non sono iscritte alla Fondazione An”), sul canale di somministrazione delle domande (era meglio usare il sito del partito) e sulle stesse dinamiche di divulgazione dei risultati: esse “lasciano intendere una volontà di dar vita ad una temeraria strumentalizzazione su un tema così importante in questi giorni che ci separano dalla data dell’Assemblea degli iscritti della Fondazione An”
In ogni caso, che fine farà ora il simbolo di Alleanza nazionale? Resterà sul contrassegno di Fratelli d’Italia? La risposta è tutt’altro che scontata.
Se non nascerà alcun soggetto politico di diretta emanazione della fondazione, in teoria l’assemblea della fondazione potrà anche decidere di lasciarlo nella disponibilità di Fdi; è altrettanto possibile, tuttavia, che l’emblema sia rimosso e torni nella piena disponibilità della fondazione stessa (alla concessione del fregio a Fdi, tra l’altro, gli aderenti a Prima l’Italia avevano contribuito in modo decisivo).
Alla fine sarà una questione di scelte e, soprattutto, di numeri: quelli degli aventi diritto a partecipare all’assemblea della fondazione (due anni fa si era litigato innanzitutto su questo), quelli dei votanti sul simbolo e sulla “mozione dei quarantenni”.
Inutile, però, fare pronostici prima dell’assemblea del 3 ottobre: tutto può ancora cambiare.
(da “I Simboli della discordia”)
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Febbraio 28th, 2015 Riccardo Fucile
PER L’EX CAMBIA-PARTITO “SALVINI PUO’ UNIRE IL CENTRODESTRA”… DA MINISTRO ALLE POLITICHE COMUNITARIE A NO EURO?
“Se domani sarò alla manifestazione della Lega in piazza del Popolo? No, perchè avevo già un impegno precedente, ma ci saranno rappresentanti di “Insieme per l’Italia”.
Peccato che l’ex An, Pdl, Fli ecc. ecc, nonchè ministro del governo Berlusconi in quota Fini, alias Andrea Ronchi, non abbia informato per tempo Salvini del suo improrogabile impegno, altrimenti il segretario della Lega avrebbe sicuramente rinviato la manifestazione.
Anche perchè avrebbe riempito Piazza del Popolo solo con gli aderenti a “Insieme per l’Italia”, guidati dal suo intrepido leader.
Ma l’analisi di Ronchi è avvincente ed epica: “L’iniziativa di Salvini sarà un pezzo importante per il risveglio del Paese. Lui ha portato in quest’ultimo anno la Lega ai livelli dei Cinque Stelle nei sondaggi”.
Oddio, da un esperto comunitario magari ci si aspetterebbe una più attenta lettura dei sondaggi, visto che almeno sono cinque i punti che separano il M5S dalla Lega, ma perdoniamolo, lui è un esperto nel chiedere perdono.
Ma ecco che Ronchi individua il motivo per cui indossare la felpa verde: “Salvini ha ripreso con forza temi cari al centrodestra e persi per strada”.
Ma come, da moderato liberale che di strada ne ha fatta tanta, che ci viene a dire?
Ma quale destra? Ma quale temi?
Non ci risulta che sia da liberali affogare i profughi, discriminare gli esseri umani in base alle origini o alla razza o sia etico accompagnarsi a un “sistemamogli”: nei governi conservatori che tanto ama, basta aver copiato una tesi di laurea per essere costretti a dimettersi, figurarsi chi piazza congiunti negi enti locali a chiamata diretta, suvvia.
E poi, non sono forse queste nostre convinzioni quelle che Ronchi ha sostenuto con orgoglio quando ha militato in Futuro e Libertà ?
O si cambiano anche le idee e i valori se si cambia partito?
Su un concetto espresso da Ronchi concordiamo: “il centrodestra ha perso nove milioni di voti negli anni, ma nessuno si è chiesto come fare a riprenderli”
A parte che la fluidità dell’elettorato non ci obbliga a “riprenderci” proprio quel tipo di votante (Renzi insegna), di una cosa siamo certi: che non sarà il neo-estremista Ronchi a riportarlo a casa.
Ammesso che lui nel frattempo non abbia già traslocato altrove.
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Febbraio 24th, 2015 Riccardo Fucile
FERVONO I CONTATTI E I LAVORI IN CORSO: UN CONTENITORE PER METTERE LE MANI SUI 230 MILIONI DELLA FONDAZIONE
Nello sfascio del centrodestra in corso, tra gli orfani di Alleanza nazionale e dintorni cresce la sensazione del “si salvi chi può”: si rispolverano le agende telefoniche, si vanno a ripescare amici di gioventù, camerati del tempo che è stato, persone che per i mille rivoli della vita si sono allontanate pur di sopravvivere.
Nella cassaforte della Fondazione An ci sono 230 milioni ancora intatti, nonostante tutte le beghe di questi anni tra gli ex colonnelli. E fanno gola a tutti.
“I soldi ci sono – dice a Repubblica Ignazio La Russa – Ora bisogna ricostruire la destra, senza fare operazioni nostalgia”.
Siamo all’amarcord per necessità , anche se il simbolo di An affittato a Fdi ha portato poca fortuna alla Meloni alle ultime europee.
Nel formicaio di rapporti che si riallacciano, svetta il progetto che Isabella Rauti in Alemanno ha ribadito nei primi giorni di febbraio nel convegno di presentazione del movimento Prima l’Italia: “Pensiamo a un grande contenitore da lanciare dopo il risultato del voto delle regionali, che presumiamo non sarà entusiasmante per il centrodestra, nel quale si potranno riconoscere tutti coloro che hanno voglia di riaggregazione”.
Insomma c’è un cantiere a cielo aperto per la creazione di un “soggetto politico unico a destra” come specchietto per i gonzi.
Al convegno della Rauti al cinema Adriano di Roma c’erano il marito Alemanno, dirigente di Fratelli d’Italia, Francesco Storace (presente ovunque, anche dai Ricostruttori di Raffaele Fitto), c’era Ignazio La Russa, fondatore di Fdi.
E nel gioco rientrerebbe anche Gianfranco Fini, che secondo l’amico Ignazio “sconta un ostracismo nella destra che, ammetto, è superiore alle sue pur non poche responsabilità “.
Nel frattempo c’è qualche altro ex che ha deciso di darsi una mossa: Altiero Matteoli non è tipo da stare con le mani in mano.
Dall’interno di Forza Italia è a lavoro con Maurizio Gasparri per un convegno di area a Roma fissato a marzo.
L’ex ministro dell’Ambiente frena e dice che lavora per l’unità di Forza Italia: “E del centrodestra che qualcuno vorrebbe minare”.
Marzo segnerà il vero inizio della campagna elettorale per le prossime elezioni di maggio: sabato 28 febbraio ci sarà in Piazza del Popolo a Roma la manifestazione “Renzi a casa, Salvini a San Vittore” organizzata dalla premiata ditta “sistemamogli” e “cognati d’Italia”
A suggellare la “proposta indecente” sabato 7 marzo a Venezia, sarà Salvini a contraccambiare miss photoshop.
Se i missini che hanno accantonato e donato soldi e immobili negli anni di piombo avessero mai immaginato che i 230 milioni potessero finire in mano a tali soggetti probabilmente avremmo assistito a un rogo che avrebbe fatto impallidire Nerone.
Si nasce incendiari e si finisce col reggere il pitale dell’acqua del Monviso.
Non resta che sperare nei mulinelli improvvisi del Po.
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Febbraio 23rd, 2015 Riccardo Fucile
“RESTA SOLO IL SUO TESORO PERCHE’ NEL MSI NON SI RUBAVA”… “LA MORTE DI TUTTO E’ STATA A FIUGGI, SI SONO VENDUTI IL PARTITO A FORZA ITALIA SENZA ASCOLTARE LA BASE”
“Ma di quale destra parliamo? Oggi per ritrovarla mi dovrebbe aiutare Federica Sciarelli del programma Chi l’ha visto? Basta guardarsi intorno, i compagni di strada di mio marito si sono rivelati poca cosa o si sono eclissati, e non c’è più nessuno che ne abbia raccolto l’eredità politica”.
Lo afferma al Giornale Assunta Almirante, vedova dell’ex leader dell’Msi, Giorgio.
“Nell’ Msi – ricorda Almirante – nessuno rubava, ecco perchè i nostri eredi politici hanno un patrimonio di 100 milioni”.
Sarà che la destra è finita, come dice donna Assunta, ma intanto tra gli ex An sono partite le grandi manovre per provare a riorganizzarsi.
Lo riporta un articolo su Repubblica firmato da Carmelo Lopapa.
I soldi ci sono, i 230 milioni chiusi a doppia mandata nella cassaforte della fondazione An e salvati per ora da litigi giudiziari e veti incrociati tra i “colonnelli”. Case e uffici per altrettante sedi di partito, pure, sparse in tutta Italia. Un lusso, in questi tempi di magra e di finanziamenti pubblici azzerati. “Ora si tratta di ricostruirla, quell’area, perchè An c’è ma sarebbe grave riesumare un’operazione nostalgia” ammette il pur volenteroso Ignazio La Russa.
La destra italiana, da anni ormai in piena diaspora, è tutta un cantiere, l’attività ferve sotto traccia, sveglia puntata all’indomani delle europee di maggio.
“Perchè qui il rischio è di essere risucchiati tutti da Salvini e dalla Lega e noi questo non lo possiamo accettare”, spiega Isabella Rauti, ispiratrice assieme al marito Gianni Alemanno della manifestazione che due settimane fa, al cinema Adriano di Roma, ha posto le basi per la “cosa” post An
Assunta Almirante invece, sempre sul Giornale, ripercorre la svolta di Fiuggi, spiegando che “è stato lo sbaglio peggiore, la morte di tutto”, “non fu un congresso vero, la nostra gente quel giorno non c’era e la decisione di sciogliere l’Msi e di trasformarlo in un partito di governo fu calata dall’alto. Vidi scene indegne,esponenti del partito che votavano con due mani”.
“I responsabili dell’operazione – rievoca la vedova dell’ex leader Msi – furono ovviamente Fini, ma anche Tatarella, che di fatto vendettero il partito a Forza Italia. L’errore, poi pagato a carissimo prezzo, fu di chiudere casa propria per andare a fare gli ospiti sgraditi in casa d’altri”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 27th, 2015 Riccardo Fucile
AL PROCESSO GOTHA 3 IL COLLABORATORE FA IL NOME DELL’EX VICEPRESIDENTE DEL SENATO COME NUMERO UNO DI UNA STRUTTURA SEGRETA CHE AVREBBE GOVERNATO AFFARI TRA SICILIA E CALABRIA
Una loggia massonica occulta e segreta, capace d’influenzare affari ed equilibri politici tra la Sicilia e la Calabria, che annovera al suo interno esponenti delle istituzioni, boss di Cosa nostra, personaggi legati ai servizi.
A guidarla ci sarebbe addirittura l’ex vice presidente del Senato Domenico Nania. Sono accuse pesanti quelle pronunciate da Carmelo D’Amico, killer della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, da qualche mese collaboratore di giustizia.
Le accuse di D’Amico, al processo Gotha 3 in corso al Tribunale di Messina, sul rapporto tra massoneria, politica e mafia hanno l’effetto di una granata, lanciata nel complesso sistema politico imprenditoriale della provincia dello Stretto.
Uno scenario, quello peloritano, passato alla storia come “il verminaio”, dove pezzi delle Istituzioni sedevano allo stesso tavolo di importanti boss di Cosa Nostra. D’Amico aveva già messo a verbale le sue accuse davanti ai pm della direzione distrettuale antimafia di Messina Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio.
Il nome di Nania, però, era stato omissato dai pm, che avevano depositato i verbali di D’Amico al processo d’appello che vede imputato l’avvocato Rosario Pio Cattafi, già condannato in primo grado a dodici anni per associazione mafiosa, considerato il trait d’union tra Cosa Nostra, la massoneria e pezzi dei servizi.
“Sam Di Salvo (e cioè uno dei capi del clan barcellonese) mi disse che Cattafi apparteneva, insieme a Nania ad una loggia massonica occulta, di grandi dimensioni, che abbracciava le Regioni della Sicilia e della Calabria. Sempre Di Salvo mi disse che Saro Cattafi insieme al Nania erano fra i massimi responsabili di quella loggia”, aveva detto D’Amico ai magistrati.
Un racconto replicato stamattina dal collaboratore di giustizia, collegato in videoconferenza con i giudici della corte d’appello di Messina, che stanno processando Cattafi.
Avvocato civilista, condannato in via definitiva a 7 mesi per lesioni personali dopo uno scontro tra studenti di opposte fazioni politiche nel 1968, Nania comincia a fare politica all’università , quando è uno dei leader del Fuan.
È un periodo caldo quello degli anni ’70 all’università di Messina, soprattutto nelle file dell’estrema destra: esponenti di spicco di Ordine Nuovo ci sono lo stesso Cattafi e Pietro Rampulla, boss di Mistretta, condannato per essere stato uno degli artificieri della strage di Capaci.
Dopo l’università , Nania prosegue il suo cursus honorum fino alla prima elezione alla Camera con il Movimento Sociale nel 1987: la poltrona a Montecitorio, verrà riconfermata all’avvocato barcellonese anche nel 1992 e nel 1994, quando ha già aderito ad Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini.
Nel 1995, poi, diventa sottosegretario alle infrastrutture del primo governo di Silvio Berlusconi.
Nel 2008 l’adesione al Pdl e l’elezione a vice presidente del Senato.
Adesso, dopo la mancata ricandidatura del 2013, su Nania piombano le pesanti accuse di D’Amico. “Sam Di Salvo — racconta ancora il collaboratore — mi disse che il senatore Nania che apparteneva a questa loggia massonica, era un amico di Gullotti, ma non in senso mafioso. Era cioè un conoscente di Gullotti, ma non un soggetto organico della famiglia barcellonese; ciò a differenza di Cattafi. Aggiungo che Nania era un amico di Marchetta”.
Giuseppe Gullotti, boss di Barcellona, è stato condannato come mandante dell’omicidio del giornalista Beppe Alfano: per Giovanni Brusca è l’uomo che consegna il telecomando poi utilizzato per azionare il tritolo nascosto sotto l’autostrada di Capaci, e assassinare Giovanni Falcone.
Maurizio Marchetta, invece, è un personaggio molto noto a Barcellona: ex vicepresidente del consiglio comunale con Alleanza Nazionale, considerato vicino a Maurizio Gasparri, nel 2003 viene accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, accusa che verrà poi archiviata.
A parte la condanna per lesioni degli anni ’60, e il processo per abusivismo edilizio, poi finito con l’annullamento in Cassazione nel 2009, Nania non era mai stato sfiorato da accuse tanto gravi.
A Barcellona Pozzo di Gotto il politico conta molto: è iscritto tra l’altro alla Corda Fratres, l’associazione culturale che raggruppa i principali esponenti della buona borghesia barcellonese.
Tra gli associati troviamo anche l’ex sindaco di Barcellona Candeloro Nania (cugino dell’ex onorevole), ma anche l’ex procuratore generale di Messina (oggi in pensione) Franco Cassata, già condannato in primo grado per diffamazione, e l’ex presidente della Provincia di Messina Giuseppe Buzzanca.
Le dichiarazioni di D’Amico sono attualmente al vaglio degli inquirenti: nelle scorse settimane i pm Cavallo e Di Giorgio hanno incontrato i colleghi palermitani Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, titolari dell’inchiesta sulla trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa Nostra.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 4th, 2014 Riccardo Fucile
DAL RESPIRO E DALLA CULTURA DI UN ARDENGO SOFFICI E DELL’AMBASCIATORE ANFUSO A UN ACCOZZAGLIA DI FAMELICI CAPETTI DI PERIFERIA
Il declino della destra italiana, disastroso fino all’insospettabile, risiede anche nelle parole dell’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno: «Ne uscirò pulito».
Ad Alemanno sembra sfuggire che l’aspetto penale riguarda lui soltanto (e ci si augura che sia innocente); ma è un po’ più generale, e un po’ meno appellabile, la sua prestazione al governo di Roma.
Uscirne puliti è una bella speranza e niente più.
In sei anni — da quando il centrodestra si prese la capitale nel 2008 — il mondo si è ribaltato; c’era Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, Gianfranco Fini era fondatore del Pdl.
Il consuntivo sarebbe inutile se la cronaca non riproponesse, sotto forma di intercettazioni e ordinanze di arresto, il folle sistema di potere messo in piedi in Campidoglio, e già raccontato mille volte per l’alzata di spalle dei protagonisti.
Così folle che importa sino a un certo punto se Alemanno ne sia stato il fulcro o l’inconsapevole vittima, e nel secondo caso per l’ex sindaco sarebbe persino più umiliante.
Perchè l’aspetto politico — senza tirare in ballo impegnative questioni morali — è l’incredibile tracollo del semplice buon senso, e anche del minimo buon gusto.
Per quarantanove anni, dal 1945 al 1994, alla destra italiana rappresentata dal Movimento sociale fu impedito di mettere mano alle amministrazioni, esclusi per indegnità di stirpe.
Quando la Seconda repubblica riconsegnò a Gianfranco Fini e ai suoi il diritto alla competizione, le aspettative erano alte.
Loro vivevano nel mito delle mani pulite, che potevano esibire anche per mancanza di occasioni, e nell’entusiasmo di chi aspettava il proprio turno da sempre.
Vent’anni dopo il fallimento è spettacolare, verrebbe da dire wagneriano ma è un aggettivo profondamente immeritato: il partito non c’è più, i semileader sono divisi in partitini senza consenso, Fini vive in esilio volontario, uscì da Palazzo Chigi nel 2011 senza gloria e senza passione, e la riconquista di Roma — dopo sessantacinque anni a guardare — ha per epilogo questo guazzabuglio di criminali, ex terroristi, seconde file col pallino della mascella, il tutto subito dopo la crapula di periferia della quale Franco Fiorito è diventato il simbolo.
Nessun mondo — comunista, socialista, democristiano- si era inabissato in modi tanto miserabili e piccini.
Per dire: un avversario dichiarato come Pietrangelo Buttafuoco, che definì Verona l’unica città romana ben amministrata, oggi si rifiuta di aggiungere sillaba: «Il ve l’avevo detto non mi si confà ».
E del resto si tratta di un mondo — nostalgie a parte — che alle origini aveva dentro di sè la cultura e il respiro di gente come il poeta Ardengo Soffici o come l’ambasciatore Filippo Anfuso.
Col tempo è andato tutto perduto, l’ostracismo ha portato il Movimento sociale al ghetto, alla piccola guerra sotterranea fra correnti o, meglio, fra quartieri romani, ognuno col suo capetto a costituire l’ossatura di una classe dirigente nata male, completamente distaccata dalla realtà perchè la loro realtà era nient’altro che la logica di sezione e la partita interna, come il caso di Alemanno dimostra spettacolarmente.
Non hanno studiato le lingue, non hanno imparato a leggere come si deve, al massimo andavano a Cortina per farne una dèpendance balzacchiana della Suburra.
Sono arrivati al potere già ebbri, incapaci di capire che l’emersione da Colle Oppio richiedeva altra tempra.
«Avevano biografie da passeggio», ci dice Marcello Veneziani, e l’espressione è formidabile. Hanno incarnato, ci dice ancora, «una politica inconsistente, infiltrata dalla criminalità perchè fragile e senza rispetto di se stessa».
Uscirne puliti è l’ultima velleità .
Mattia Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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