LA RESA DEI CONTI IN FORZA ITALIA: VERDINI, FITTO E I FEDELISSIMI TRA ODI PERSONALI E VENDETTE
UN DRAMMATICO CONSIGLIO DI PRESIDENZA RATIFICA LA ROTTURA
Passano nemmeno 24 ore dall’insediamento di Sergio Mattarella al Colle, che Forza Italia salta per aria. E si spacca in tre blocchi.
C’è quello dei pretoriani del capo, intanto, che si strutturano e si organizzano in corrente per far fronte in battaglia alla squadra di Raffaele Fitto, la più agguerrita con i suoi 36, e al team ristretto ma potentissimo e Denis Verdini, in questi giorni nell’angolo.
Nella stanza di Maria Rosaria Rossi nella sede del partito in San Lorenzo in Lucina martedì sera si ritrovano una quarantina di big. «Qui bisogna stare insieme, perchè noi siamo Forza Italia, noi siamo dalla parte di Berlusconi» si dicono in quella stanza affollata.
Ci sono la Gelmini e Fiori, la Ravetto e Gasparri.
È ormai la resa dei conti – che ha tutta l’aria di essere brutale e finale – nel corpaccione del grande sconfitto nella partita per il Quirinale.
Brutale perchè attraversata da faide e odi personali, in quella sorta di corte medievale che Silvio Berlusconi fa ormai fatica a governare
Ne fa le spese il patto del Nazareno, che il documento illustrato ieri dal leader all’ufficio di presidenza adesso quasi disconosce.
Quasi, appunto, perchè nel discorso anti-Renzi dell’ex Cavaliere in realtà non si parla mai di rottura, di chiusura definitiva sul cammino delle riforme: «Noi restiamo un’opposizione responsabile, ma non approveremo più nulla che non ci convinca appieno » è la linea dettata da Berlusconi.
Che è tornato a prendersela col premier. «Per me Mattarella resta una figura di tutto rispetto, nulla da eccepire, è il metodo col quale Renzi ha provato a imporcelo che per noi era inaccettabile ».
Toccherebbe a Giovanni Toti fare il duro davanti alle telecamere: «Per noi il patto è rotto, congelato, finito», salvo aggiungere che «certo noi non faremo i kamikaze ».
E quel «meglio così», «mani libere», «ci interessa l’Italia e non Forza Italia» di Serracchiani, Lotti, Boschi dal quartier generale pd non hanno rasserenato gli animi. Ma ci saranno cinque giorni per ricostruire, prima che martedì si torni nel vivo della riforma costituzionale a Montecitorio.
«La verità – come racconta un dirigente della cerchia più ristretta – è che ormai le riforme sono andate, noi quel che potevamo dare e fare lo abbiamo fatto: ora Renzi può anche fare a meno di noi e Forza Italia può smarcarsi e fare il muso duro».
Dalla ripresa dei lavori d’aula si capirà qualcosa in più sulle reali intenzioni di Berlusconi
Certo è che ieri mattina, nel giro di un paio d’ore, Forza Italia è andata in frantumi.
Il leader decide per il colpo di mano. Convoca a Palazzo Grazioli l’ufficio di presidenza ristretto, al quale posso-prendere parte solo gli aventi diritto al voto, una trentina, presenti poco più di venti.
Chi non viene ammesso protesta («Basta con riunioni furtive», la Biancofiore fuoriosa).
Il capo vuole chiudere lì l’analisi della disfatta sul Colle e sulle riforme. Si fa trovare anche Denis Verdini, additato con Gianni Letta come il responsabile principale, il «duo tragico» come l’ha battezzato la Rossi.
Sta seduto da solo in un banco. A sentire i suoi, Verdini è la prima persona che Berlusconi è andato a salutare appena arrivato, gli altri diranno l’esatto opposto: «Isolato, mai avvicinato, silenzioso, andato via senza un saluto».
L’ex premier illustra il documento di una paginetta messo a punto con i fedelissimi la sera prima a cena, con cui si smarca sulle riforme senza alcun cenno alla spaccatuliara del partito.
Renato Brunetta prende tutti in contropiede e ne approfitta per rassegnare le dimissioni (e farsele respingere seduta stante mettendo in difficoltà il Cavaliere).
«Un errore, così si rischia di fare un favore a Fitto che invoca l’azzeramento», fa notare Mariastella Gelmini.
Detto questo, fanno altrettanto i vicecapogruppo Anna Maria Bernini (Senato) e la stessa Gelmini (Camera).
Non lo farà affatto il capo a Palazzo Madama, Paolo Romani, non ritenendosi responsabile di alcunchè, a differenza del collega.
Il documento verrà discusso e approvato dall’assemblea dei gruppi, prima sconvocata per ieri pomeriggio e rinviata a mercoledì prossimo.
Ma negli istanti in cui Berlusconi riunisce l’ufficio ristretto, Raffaele Fitto convoca seduta stante una conferenza stampa a Montecitorio.
Spara ad alzo zero. L’ex Cavaliere viene informato e si lamenta: «Ma come, ieri sera (martedì, ndr) ho parlato a lungo con Fitto, ci siamo lasciati con un abbraccio e la promessa di risentirci l’indomani e poi lui non viene al comitato di presidenza e mi fa una conferenza stampa contro?»
L’eurodeputato pugliese è furente. Pronto ormai a rispondere colpo su colpo.
«Non c’è stato alcun abbraccio e ormai sarà guerra totale, giorno dopo giorno» spiega ai suoi. Vero è invece che in quella sera a cena gli ha offerto una carica di coordinatore non prevista nello statuto.
Lui e la sua corrente sono già pronti. Da fine febbraio parte in giro per l’Italia. Comizi e interviste tv locali, campagna a tappeto quasi fosse il leader di un altro partito.
Ma, dettaglio, sotto il simbolo di Forza Italia. È quel che più fa impazzire Berlusconi. Il timore diffuso, al quartier generale, è che nel giro di qualche settimana si possa chiudere l’asse tra i due big, Verdini (coi suoi Abrignani, D’Alessandro, Fontana e altri) e Fitto (con Saverio Romano, Capezzone, Sisto e tanti altri).
Magari per sovvertire gli equilibri dentro i gruppi parlamentari. Per adesso Fitto alza il tiro. «Sono stati commessi errori clamorosi sulle riforme e sul Colle. Resto nel partito e porto avanti la battaglia, vanno azzerati tutti i vertici, basta con i nominati dall’alto», attacca davanti ai giornalisti.
E rincara: «Non possiamo più partecipare a organismi di partito come l’ufficio di presidenza che per quanto ci riguarda non hanno alcuna valenza nè legittimazione statutaria e politica».
Quanto al patto del Nazareno stracciato non è disposto a scommettere: «Finchè non vedo non credo, vorrei vedere concretamente che le parole si trasformassero in fatti». Parte in tour ma si terrà lontano dalle aree delle regionali, «perchè anche di quell’altra disfatta dovrà farsi carico Berlusconi» dice in privato ai colleghi.
Verdini per adesso tace. Attende. Assai amareggiato, lo definiscono i fedelissimi. Anche con Renzi. Ma soprattutto contro la Rossi, Toti e chi sta provando a neutralizzarlo: «Ma ti rendi conto di quel che ha detto quella nell’intervista rilasciata?» è sbottato nel colloquio di due ore con Berlusconi martedì pomeriggio a Grazioli, Gianni Letta al suo fianco. «Prima di fare i conti meglio attendere il 20 febbraio – dice uno dei più vicini al toscano – Se Denis porta a casa il 3 per cento sull’evasione nella delega fiscale del governo, allora tutto tornerà a ruotare».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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