M5S SI “SCONGELAâ€. E RENZI LO USA PER ARGINARE BERLUSCONI
L’ARCHITRAVE RESTA IL PATTO DEL NAZARENO
“Avete preso 5 comuni su 8000, un buon risultato”. “La Moretti ha avuto 230mila preferenze alle europee. Quanti voti ha preso il primo di M5S? 30mila?”. E “lei, presidente Di Maio quanto ha preso alle primarie? 182 voti? Noi con 182 preferenze non riusciamo a metterlo in consiglio comunale un candidato”.
Matteo Renzi si presenta a sorpresa all’incontro con la delegazione dei Cinque Stelle, e di battuta in battuta, chiarisce bene chi comanda (lui ovviamente), fa qualche apertura reale, si conquista con lo streaming un palcoscenico che certifica la sua (molto condizionata) disponibilità , detta le sue regole, alle quali chiunque, se vuole, può sedersi al tavolo delle riforme.
La definizione che dà del sistema elettorale proposto dagli avversari, d’altronde, la dice lunga: “Complicatellum” o “Grande Fratellum”.
Montecitorio, ore 14 e 30.
Da una parte c’è il segretario-premier, accompagnato da Alessandra Moretti, eurodeputata, Roberto Speranza, capogruppo a Montecitorio e Deborah Serracchiani, vice segretaria Pd.
Ci si chiede perchè abbia portato la Moretti. “Per fare la battuta sulle preferenze”, commentano gli uomini vicini al premier.
Peraltro nessuno proferisce parola, Renzi apre l’incontro, spiega la sua posizione, conduce e chiude. Come al solito.
Dall’altra parte ci sono Danilo Toninelli, il padre della legge elettorale proporzionale dei Cinque Stelle, il “Democratellum”, Luigi Di Maio, vicecapo-gruppo alla Camera, Giuseppe Brescia e Maurizio Buccarella. Grillo non va.
L’M5S arriva con tutte le intenzioni di dialogare. Il premier confuta, punto per punto, la loro proposta . “Manca la governabilità ”, “non si sa chi vince la sera delle elezioni”, “le preferenze negative favoriscono il voto di scambio”, “porta alle larghe intese”.
I Cinque Stelle, però, sono intenzionati ad uscire dall’angolo. Tutt’altro clima rispetto allo streaming di Renzi con Grillo durante le consultazioni, con il leader M5S evidentemente niente affatto interessato al risultato, ma molto a rubargli la scena mediatica.
Stavolta Di Maio, il vero mediatore, suggerisce un nuovo incontro tra 3-4 giorni. “Vi proporrei di arrivarci con le idee chiare”, chiarisce subito Renzi. Per i maligni vuol dire anche: sentite Beppe Grillo e siate certi di avere un mandato.
Poi pone la sua condizione principale: “Potete prendere in considerazione l’ipotesi di un elemento di ballottaggio che consente di dare la vittoria certa?”.
Cita non a caso la vittoria grillina ai ballottaggi di Parma e Livorno. In cambio, è anche disposto a aprire sulle preferenze. Che le liste bloccate non gli piacciono, che in assoluto preferirebbe i collegi uninominali non è un mistero.
E se su questo Grillo & co. gli possono dare una mano per arginare Forza Italia è tanto di guadagnato.
La fine del match è tutta una lista della spesa, con i famosi paletti irrinunciabili, secondo il più classico metodo renziano (oltre alla governabilità e al ballottaggio, alleanze chiare, collegi più piccoli).
E la domanda: “Siete disponibili a ragionare di riforme costituzionali?”. Apre Di Maio: “Noi non siamo nè contro i doppi turni nè contro i premi”.
Ma poi: “Riaprite il termine per la presentazione degli emendamenti in Senato e noi siamo disponibili a sederci al tavolo delle riforme”. Rapido il premier: “Li avete già presentati”.
Quando Di Maio tira fuori gli impresentabili nelle liste Pd, Renzi si innervosisce. Un po’. Ma se ne vuole solo andare “a lavorare”, come va ribadendo.
Chiude: “Noi metteremo i nostri punti online venerdì”. Poi, casomai, si riparla. E ora, “devo andare a un incontro internazionale”.
Il post-partita è ancor più interessante della partita.
Perchè ognuno la racconta a suo modo.
Grillo scrive sul blog per esprimere soddisfazione. “Renzi non ha bocciato il Democratellum”. E Di Maio in un tweet: “Sono contento che il Democratellum sia un punto di partenza”.
Difficile vederla così, con Renzi che chiarisce che il punto di partenza resta l’Italicum. Tranchant il segretario della Toscana, Parrini: “Per il M5S non deve essere stato bello trovarsi nelle condizioni di non dettare condizioni”.
Berlusconi si agita, e a pranzo vede Romani e Verdini. Il primo si affretta a far sapere che “l’accordo resta sull’Italicum e siamo pronti ad approvarlo al Senato nei tempi previsti”.
Effetti collaterali previsti: il premier sta fermo sulle sue posizioni, gli altri si affannano a dire che sono con lui.
Perchè con l’apertura dei Cinque Stelle può giocare su più fronti. Matteo è soddisfatto, registra il cambio di clima (“Basterebbe soltanto ripensare al primo streaming un anno fa”).
Rispetto a quello con Bersani, a quello con Letta o al suo, complice il 40,8%, è tutto cambiato.
Però, Di Maio afferma che chi vince le elezioni non deve automaticamente governare? “La dice lunga sulla loro idea di cambiare il paese”.
L’architrave resta il patto del Nazareno. Se M5S vuole collaborare, meglio. Se alcuni grillini vogliono entrare in maggioranza, perfetto.
Anche perchè c’è la Cassazione su Ruby che incombe e nessuno può prevedere la reazione di Berlusconi.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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