Ottobre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA CAMERA A FOGGIA: “CHI SI SPOSA IN ITALIA SE NON SA SE TRA SEI MESI AVRA’ UNO STIPENDIO? IN GERMANIA CHI HA CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO HA UNA BUSTA PAGA PIU’ PESANTE… “I TAGLI ALL’UNIVERSITA’ NON SONO SOPPORTABILI: INUTILE FARE RIFORME SENZA FONDI”
Si parla molto di giustizia e mai di precarietà .
È quanto lamenta Gianfranco Fini.
Nel corso di un’assemblea di Generazione Italia a Foggia, il presidente della Camera ha affrontato, tra gli altri, il problema della precarietà del lavoro per i giovani denunciando con forza il fatto che «la questione numero uno in Italia è sempre la giustizia, chissà perchè di queste cose non si discute».
«Chi si sposa in Italia se non sa che tra sei mesi avrà uno stipendio?», ha chiesto Fini facendo riferimento alla condizione di precarietà in cui vivono moltissimi giovani.
Fini ha poi citato il caso della Germania dove «chi ha contratti a tempo determinato ha una busta paga più pesante del suo collega più fortunato che ha un contratto a tempo indeterminato».
Ma «di queste cose non si discute», ha concluso il presidente della Camera.
Parlando poi all’inaugurazione dell’anno accademico dell’università di Foggia, Fini ha anche lanciato un monito al governo sull’attuazione della riforma degli atenei: i tagli sono insopportabili, senza fondi meglio ritirarla.
Il presidente della Camera ha sottolineato il fatto che in altri Paesi europei come la Germania vengano fatte scelte diverse: «I tagli decisi in Italia sono sopportabili dalle nostre università ?», si chiede la terza carica dello Stato. «Credo sia onesto dire che non sono sopportabili».
Secondo Fini, se non si impegnano fondi per promuovere la meritocrazia «si tradisce lo spirito della riforma», e quindi «a quel punto sarebbe meglio ritirarla».
Da Foggia Fini ha anche lanciato un messaggio alla Lega, sostenendo che «solo un ruolo centrale del Sud può aiutare il rilancio dell’economia nazionale, ma noi non faremo un meriodionalismo d’accatto, non vogliamo l’assistenzialismo, non diremo mai che da soli non ce la facciamo e siamo consapevoli che bisogna contenere la spesa pubblica».
«Quando la Grecia ha traballato – ha aggiunto Fini – si è spaventato un grande Paese come la Germania: se il Sud va da solo non ce la fa neanche il Nord. Possibile che gli amici della Lega non capiscano?».
Nel corso del suo intervento all’università di Foggia, il presidente della Camera ha infine parlato del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia spiegando che tra i doveri dell’informazione di servizio pubblico c’è quello di dare adeguata risonanza al 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia.
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Ottobre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
RICHIAMO E DIFFIDA DELL’ORGANISMO DI CONTROLLO E GARANZIA SULLE COMUNICAZIONI AI DIRETTORI DEI TELEGIORNALI… I DATI DEL MONITORAGGIO DI LUGLIO/SETTEMBRE PARLANO DI MENO DEL 20% DEDICATO ALLE OPPOSIZIONI E DI UN 80% A GOVERNO E MAGGIORANZA
Agcom contro Tg1, Fede e Studio Aperto.
Una diffida al Tg1 e un richiamo al Tg4 e a Studio Aperto per “il forte squilibrio” a favore della maggioranza e del governo: è la decisione adottata dalla commissione servizi e prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in base ai dati del monitoraggio sul pluralismo per il periodo luglio-agosto-settembre 2010.
“Qualora tale squilibrio perdurasse – avverte l’Agcom – verranno adottati ulteriori provvedimenti”. La pronuncia dell’Agcom arriva dopo le ripetute accuse al tg diretto da Minzolini sia da parte dell’opposizione, sia da parte dei finiani.
Accuse che adesso vengono confermate anche dall’Autorità che punta il dito contro l’eccessivo squilibro a favore del governo.
Sbilanciamento ancor più grave nel caso del principale telegiornale del servizio pubblico.
I dati sono relativi al tempo di antenna, cioè il tempo complessivamente dedicato a ciascun soggetto politico-istituzionale (è la somma del tempo di parola, in cui il soggetto parla direttamente in voce, e di quello di notizia, in cui il giornalista illustra un argomento-evento relativo al soggetto politico-istituzionale).
TG1
A luglio il Pdl occupa il 24% del tempo di antenna relativo al Tg1, il Pd il 9.95%, il presidente del Consiglio il 15.3%, il governo il 24.62%, la Lega Nord il 3.50%, l’Idv il 2.25%, l’Udc il 3.09%.
Ad agosto il Pdl è al 25.17%, il Pd all’11.23%, il premier al 5.18%, il governo al 12.76%, la Lega al 7.98%, l’Idv al 2.97%, l’Udc al 5.17%.
A settembre il Pdl è al 22.61, il Pd al 10.95%, il premier al 9.18%, il governo al 14.02%, la Lega al 6.51%, l’Idv al 2.69%, l’Udc al 4.97%.
Da agosto si rileva anche un tempo autonomo per Futuro e Libertà , pari al 9.08%, che a settembre sale al 10.95%.
TG4
A luglio il tempo di antenna dedicato dal Tg4 al Pdl è pari al 37.27%, il Pd all’1.76%, il premier al 35.42%, il governo all’11.41%, la Lega al 2.24%, l’Idv allo 0.47%, l’Udc allo 0.38%.
Ad agosto il Pdl occupa il 44.80%, il Pd il 5.81%, il premier il 18.10%, il governo il 10.34%, la Lega il 3.08%, l’Idv lo 0.54%, l’Udc lo 0.68%.
A settembre il Pdl è al 33.32%, il Pd al 6.69%, il premier al 27.19%, il governo all’8.92%, la Lega al 2.29%, l’Idv allo 0.74%, l’Udc all’1.93%.
Futuro e Libertà passa dal 4.12% di agosto al 9.85% di settembre.
STUDIO APERTO
A luglio per il Pdl è stato rilevato un tempo di antenna del 18.51%, Pd 4.21%, premier 39.63%, governo 17.29%, Lega 0.95%, Idv 1.83%, Udc 0.29%. Queste le percentuali di agosto: Pdl 29.20%, Pd 2.90%, premier 11.46%, governo 13.98%, Lega 12.92%, Idv 0.30%, Udc 0.67%.
A settembre per il Pdl 22.92%, per il Pd 10.06%, per il premier 18.39%, per il governo 13.99%, per la Lega 8.72%, per l’Idv 0.75%, per l’Udc 5.42%. Per Futuro e Libertà 6.19% ad agosto, 8.74% a settembre.
Il consigliere d’amministrazione della Rai Nino Rizzo Nervo, ironizza: “Potrei con una battuta dire che l’allievo ha superato il maestro visto che il Tg1 ha ricevuto dall’Agcom una ‘diffida’ e il TG4 solo un ‘richiamo’, ma la decisione adottata dall’Autorità per le comunicazioni deve essere presa molto sul serio perchè conferma quanto ho più volte denunciato in consiglio di amministrazione senza ottenere alcun riscontro da parte del direttore generale”.
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Ottobre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
I CITTADINI DEL VESUVIANO TRATTATI COME DELINQUENTI: COMODO ESSERE FORTI COI DEBOLI (E DEBOLI COI SERBI)… SE ACERRA LAVORA A UN TERZO DEL PREVISTO, SE GLI IMPIANTI PROMESSI A NAPOLI E SALERNO NON SONO STATI REALIZZATI DI CHI E’ LA COLPA?…E I 141 MILIONI DI INCENTIVI GARANTITI AI COMUNI E MAI DATI DOVE SONO FINITI?
Il sindaco di Boscoreale (Pdl) è amareggiato: “Ha vinto la camorra”.
E non ha dubbi. “Chi credete voglia l’apertura di questa seconda discarica? Ma avete idea di quali interessi e delle somme economiche che gireranno attorno a questa discarica?”, ha dichiarato per poi concludere: “Sicuramente è gravissimo che le istituzioni si siano rese complici di tutto questo”.
Due anni fa era stato il miracolo berlusconiano, poi lo spettro maleodorante della monnezza è risorto, portando con sè le proteste dei cittadini e gli scontri con le forze dell’ordine che sono continuate anche questa notte.
Migliaia di persone sono state caricate con una decisione pari a cento volte rispetto alla “fermezza” mostrata nei confronti della teppaglia serba a Genova.
Abbiamo visto foto di donne col viso sanguinante a causa delle manganellate distribuite a chi voleva solo tutelare la propria salute e protestava contro un’ingiustizia.
Forti coi deboli e deboli coi forti.
Ma di chi è la responsabilità ?
Il governo in due anni non è stato in grado di trovare un’alternativa al “buco” nel Parco nazionale del Vesuvio, l’ultimo posto dove nei Paesi civili si penserebbe di sistemare una discarica, vietata peraltro dalle leggi.
Era stato previsto un piano che è stato completamente disatteso: si prevedeva la creazione di discariche, la messa in funzione dell’inceneritore di Acerra, la realizzazione di altri due impianti a Napoli e Salerno e il rilancio della raccolta differenziata.
Il bilancio, dopo due anni, parla di discariche (spesso non a norma) ormai sature, dell’inceneritore di Acerra che lavora a un terzo delle sue possibilità , a causa di guasti endemici, con le caldaie che si bucano di continuo, di una raccolta differenziata che è ferma al 20%, dei siti di compostaggio che non sono stati realizzati, così come i due inceneritori promessi.
Per le 35 amministrazioni comunali interessate alle discariche erano stati garantiti, come “compensazione”, 141 milioni di euro in 3 anni: non sono mai stati stanziati.
Tante le promesse da marinaio alle quali i cittadini di Terzigno, Boscoreale e Boscotrecase, che pur avevano votato a maggioranza Pdl, non credono più.
Si sentono presi per i fondelli.
Accusati addirittura di fare gli interessi della camorra, come se la camorra non fosse invece interessata all’apertura di nuove discariche e quindi ben felice dei ritardi del governo che permette loro di gestire il ritiro e il trasporto della monnezza.
Vittime di un avvelenamento generalizzato, ammorbati dai rifiuti, manganellati dallo Stato, i cittadini del Vesuviano dovrebbero solo “obbedir tacendo”.
Mentre i politici, incapaci di risolvere i loro problemi, giocano a scaricarsi la responsabilità uno con l’altro.
Altro che teatrino della politica, se non fosse una tragedia si dovrebbe solo parlare di una squallida farsa.
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Ottobre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
SI TRATTA DELLA MAGGIORANZA LAICA, OVVERO POLITICA, DEL CSM, DEI NUOVI POTERI CONFERITI AL GUARDASIGILLI E DELLA NUOVA COLLOCAZIONE DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA…TUTTE INSIEME CONDURREBBERO A UNA MAGISTRATURA SOTTOMESSA AL POTERE POLITICO… MA A FAR FUNZIONARE LA GIUSTIZIA PENSA QUALCUNO?
Sulla riforma della giustizia “Futuro e Libertà ” fissa i paletti.
I finiani, per bocca di Giulia Bongiorno, aprono infatti alla separazione delle carriere e del Csm ma fanno sapere, al termine del vertice dei capigruppo e dei coordinatori con il presidente della Camera, di non condividere tre punti della bozza proposta dal Pdl.
Tre i «no» di Fli: alle nuove funzioni e alla composizione a maggioranza laica del Csm, ai nuovi poteri conferiti al ministro della Giustizia e alla nuova collocazione della polizia giudiziaria non più alle dirette dipendenze della magistratura.
«Ho illustrato ai vertici di Futuro e Libertà lo stato attuale della riforma della giustizia, secondo le bozze che ho avuto modo di esaminare fino ad ora. Ovviamente – ha precisato la Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera – si tratta di bozze provvisorie. Alcuni principi erano noti, già enunciati e li riteniamo condivisibili come la separazione delle carriere e del Csm».
«Tuttavia – ha precisato la consulente giuridica di Futuro e Libertà – sono stati introdotti nuovi principi su cui dobbiamo dare un giudizio molto preciso e cioè che non li possiamo condividere. Si tratta in particolare delle nuove funzioni della composizione a maggioranza laica del Csm. Dei nuovi poteri conferiti al ministro della Giustizia. Della nuova collocazione della polizia giudiziaria non più alle dirette dipendenze della magistratura».
La Bongiorno ha sottolineato più volte che «questo giudizio si basa a tutt’oggi su testi provvisori»
In pratica la bozza Alfano va cambiata, fa sapere Fini e oggi qualche giornale vede già una situzione politica “a un passo dalla rottura”.
Sembra un dialogo tra sordi: dall’altra parte c’è chi rispolvera il processo breve che, insieme al ddl sulle intercettazioni, per i finiani è argomento improponibile e ormai chiuso.
Quello che resta fuori dalla bozza di riforma sono le cose semplici che gli italiani vorrebbero per sburocratizzare la macchina farraginosa della giuastizia: ridurre a metà le 165 circoscrizioni giudiziariarie e i 1.292 tribunali italiani, introdurre la posta elettronica per le notifiche, depenalizzare i reati minori per riservare i processi penali ai casi più rilevanti, rinnovare la professione forense, limitare il ricorso in Cassazione, rendere iù snello il processo penale., eliminare i formalismi inutili, ridurre i tempi dei processi.
Invece l’unico scopo perseguito pare sia quello di limitare l’azione dei pm.
Cosa che interessa ai politici, non certo al comune cittadino.
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Ottobre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
CSM A GUIDA POLITICA, ASSOLUZIONI INAPPELLABILI, POLIZIA AUTONOMA, IL PM PERDE IL CONTROLLO DELLE INDAGINI, PARITA’ ASSOLUTA TRA ACCUSA E DIFESA… LO SCOPO DI FONDO E’ DI RIDURRE IL POTERE DELLA MAGISTRATURA, NON DI RISOLVERE I PROBLEMI DEL CATTIVO FUNZIONAMENTO DELLA GIUSTIZIA IN ITALIA
La riforma della Giustizia propugnata dal guardiasigilli Alfano per ora è raccolta in tre fogli.
Sotto la dicitura in grassetto “riforma costituzionale della giustizia” ci sono una dozzina di capitoli, con il reiterato e insistito riferimento alla Bicamerale di D’Alema, alla famosa bozza Boato, quasi a voler dire che anche la sinistra voleva questo ridimensionamento dei giudici che ora Berlusconi vuole realizzare.
Riassumibile in pochi concetti: le toghe divise, il pm privato della polizia e dell’obbligatorietà , perfino eletto dal popolo, il Csm depotenziato e messo nelle mani della politica, il Guardasigilli rafforzato e con ampi poteri. Scorriamo la bozza di Alfano per scoprire come vuole riscrivere il titolo quarto della Costituzione che non si chiamerà più “la magistratura”, ma “la giustizia”. Perchè, dice il ministro, “le norme riguardano non solo l’ordine giudiziario, inteso come corporazione, ma un bene essenziale per la vita dei cittadini e per la nazione”.
Le carriere saranno separate, ma non solo.
“La posizione costituzionale del giudice è differenziata da quella del pm: il primo è definito come un “potere” dello Stato; il secondo come un ufficio regolato dalle leggi dell’ordinamento giudiziario”.
Primo limite: “l’ufficio del pm resta titolare dell’azione penale, ma dovrà esercitarla secondo le priorità indicate dalla legge”.
Secondo limite: “Anche la disponibilità della polizia giudiziaria sarà rimessa alle modalità stabilite dalla legge”.
È la norma manifesto messa in Costituzione che sarà poi declinata da una ordinaria con cui si sgancia la polizia dal pm, la si mette in condizione di fare quello che vuole, senza più nè direzione nè obblighi nè controlli.
Alfano lo motiva così: “Ciò assicurerà di non disperdere le indagini, l’efficienza della politica criminale, il rispetto delle priorità nel trattare gli affari penali, rafforzerà il principio di responsabilità nell’uso dei poteri di indagine”.
È la fine del pm autonomo e indipendente.
I Csm. Saranno due, ma conteranno molto meno dell’uno di adesso.
Ridotti a ruolo burocratico e amministrativo, li presiederà il capo dello Stato. Componenti eletti per un terzo, o per metà , dalle toghe, per il resto dalle Camere.
Addio agli equilibri di oggi a favore dei giudici.
Che faranno? “Continueranno a occuparsi delle assunzioni, dei trasferimenti, delle promozioni”.
E “verrà affermata la natura amministrativa degli atti consiliari, il divieto di adottare atti di indirizzo politico e quello di esercitare attività diverse da quelle previste dalla Costituzione”.
Non basta. “Sarà regolamentata l’emanazione di pareri sui ddl, che i Consigli potranno esprimere solo quando ne venga fatta formale richiesta dal ministro della Giustizia”. Il quale potrà pure prendere parte alle sedute e proporre questioni.
Qual è la ragione del bavaglio al Csm? Per il Guardasigilli “si colma una lacuna obiettiva della Carta che, non indicando limiti, consente l’esercizio di ampie funzioni para normative e di indirizzo generale che assumono talvolta natura politica e determinano conflitti con gli altri poteri dello Stato”.
È l’accusa di essere una terza Camera.
Il Csm perde anche la sezione disciplinare, che diventa un’Alta Corte per tutte le magistrature.
IAlfano “si allarga”: il ministro “riferirà annualmente alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale, sull’uso dei mezzi d’indagine”. Al Csm “potrà presentare proposte e richieste”. Verrà “costituzionalizzata la sua funzione ispettiva”. “Concorrerà alla formazione dei giudici e dei pm”.
Un potere enorme, che ne farà il vero dominus e super controllore della magistratura. Sulla quale non solo incomberà la mannaia della responsabilità civile, ma anche il trasferimento obbligatorio.
“Leggine” nella Carta: non possono che essere lette come anticipi di norme a favore del premier quella del ripristino della legge Pecorella, cassata dalla Consulta, per cui “in Costituzione sarà affermato il principio per cui contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l’appello, mentre le sentenze di assoluzione possono essere appellate soltanto nei casi previsti dalla legge”. E poi la regola della parità tra accusa e difesa nel processo, per cui “si sta studiando una legge per assicurare che l’ufficio del pm e del difensore siano messi in condizione di parità dinanzi al giudice in ogni fase del procedimento penale”.
È la base d’appoggio per un ddl, ribattezzato processo lungo, per garantire lo strapotere delle difese a discapito del giudice.
Alla fine ecco pure “la partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia”, per cui sarà prevista “la nomina elettiva di magistrati onorari per le funzioni di pm”. È l’obolo pagato alla Lega.
Ma tradisce la voglia di trasformare completamente la magistratura.
Un testo di cui probabilmente non se ne farà nulla e sui cui i finiani hanno messo già dei paletti, ma sicuramente destinato a scatenare polemiche per l’evidente obiettivo di depotenziare la magistratura.
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Ottobre 22nd, 2010 Riccardo Fucile
L’ON. CESARO (PDL) DETTO “A’ PUPETTA” E’ DA SEMPRE LEGATO A COSENTINO… SECONDO UNA INFORMATIVA DEI CARABINIERI “E’ DI CATTIVA CONDOTTA MORALE E CIVILE, SOLITO ASSOCIARSI A PREGIUDICATI DI SPICCO DELLA MALAVITA”: I SUOI PRECEDENTI… PROPRIO LUI SI DOVEVA NOMINARE?
La situazione in Campania? È grave ma non è seria, direbbe Ennio Flaiano davanti allo spettacolo infinito della monnezza napoletana.
In effetti, i sacchetti neri sono tornati protagonisti delle cronache dei quotidiani da un mese, e sotto il cielo azzurro del Golfo se ne vedono, come sempre, di tutti i colori.
Le discariche aperte da Bertolaso e compagni sono in via di saturazione, l’inceneritore di Acerra non brucia quanto dovrebbe e avvelena (forse) più del dovuto, i disoccupati si trasformano in delinquenti e distruggono i camion della raccolta, la gente che vive sotto il vulcano urla contro il nuovo sversatoio di Terzigno invocando, letteralmente, l’intervento divino.
Manifestazioni e violenze sono all’ordine del giorno, i camorristi fanno affari affittando i bobcat necessari ad alzare le centinaia di tonnellate di rifiuti rimaste a terra.
La sceneggiata si ripete ormai da tre anni, uno show in cui i politici recitano a memoria il solito monologo dello scaricabarile, in un gioco delle parti, quello del rimpallo delle responsabilità , che stavolta ha il suo campione in Silvio Berlusconi. “Tutta colpa della Iervolino”, ha tagliato corto puntando il dito sulla sindaca che starebbe rovinando il suo presunto miracolo, a pochi mesi dalle elezioni comunali.
Ma nel suo j’accuse il presidente del Consiglio dimentica che da quasi un anno l’uomo che deve smaltire l’immondizia del capoluogo, l’amministratore diventato per legge Mr. Monnezza, è il suo amico e fedelissimo Luigi Cesaro detto “a’ Purpetta”, presidente della Provincia di Napoli dal 7 giugno 2009.
Già : volente o nolente è lui che deve risolve il problema, lo spazzino condannato, dal decreto voluto da Silvio in persona, a ripulire le strade e ideare una strategia efficace a lungo termine.
Anche Bertolaso lo ha ripetuto più volte al Cavaliere: “Dovete muovervi, prima che sia troppo tardi, prima che la Campania ricada in una crisi devastante come quella del 2008”.
Ma chi è davvero Mr. Monnezza, nato a Sant’Antimo 58 anni fa, figlio di una potente famiglia di costruttori, già avvocato, funzionario di un’Asl casertana e deputato del Pdl dal 1996?
Di lui ha parlato ai giudici della Dda di Napoli il pentito Gaetano Vassallo, l’imprenditore che ha gestito il traffico dei rifiuti tossici per conto dei casalesi: secondo il collaboratore di giustizia, Cesaro sarebbe stato il “fiduciario dei Bidognetti” in un’operazione immobiliare, la riconversione di un’area industriale nel paese di Lusciano.
Non è l’unica ombra che pesa sul politico: “Gigino”, così lo chiama affettuosamente Paolo Bonaiuti quando lo incontra nei corridoi di Palazzo Chigi carico di mozzarelle di bufale per il premier, fu arrestato nel lontano 1984 perchè accusato da altri due pentiti di avere rapporti di amicizia con i capi della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo.
Per loro Gigino era un finanziatore della Nco, addirittura un “postino” dei clan. Condannato in primo grado a cinque anni, Cesaro fu assolto perchè riuscì a convincere i giudici di essere in realtà “una vittima” del sistema criminale.
I rapporti con Rosetta Cutolo, la sorella di don Raffaele, da lui stessi ammessi? Invece di andare dalla polizia, chiese i buoni uffici e la protezione della signora. Nulla di più.
Oggi scopriamo altri dettagli del passato di Cesaro.
Il Comune di Sant’Antimo, dove la famiglia si occupa anche di sanità ed è proprietaria di un centro sportivo dove il Milan si allena quando deve giocare a Napoli, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose nel 1991.
Luigi ripete come un disco rotto che al tempo lui non era nè assessore nè sindaco: è così, solo il fratello Aniello sedeva in consiglio.
Tommaso Sodano e Nello Trocchia, nel libro “La peste” appena uscito per Rizzoli, ricordano però come Luigi nello stesso anno fosse allora socio della cooperativa Raggio di Sole, strumento del potente clan Verde – recita la relazione del ministero degli Interni che accompagna il decreto di scioglimento per infiltrazione mafiosa – per gestire appalti e affari.
Altro potente gruppo camorrista della zona è poi quello dei Puca.
Ecco: secondo un’altra informativa del tenente colonnello dei carabinieri Antonio Sessa, “a’ Purpetta” in quegli anni frequenta anche loro.
Sessa va giù duro, e conclude così: “Cesaro per quanto compete risulta di cattiva condotta morale e civile… In pubblico gode di scarsa stima e considerazione. È solito associarsi a pregiudicati di spicco della malavita organizzata operante a Sant’Antimo e dintorni”.
di Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni
(da “il Fatto quotidiano“)
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