Ottobre 15th, 2010 Riccardo Fucile
CRESCONO LE ORE DI CASSA INTEGRAZIONE, MODESTA RIPRESA DELL’OCCUPAZIONE IN AGRICOLTURA E NEL CENTRO ITALIA, MALE ALTROVE.. AUMENTO DEL PIL DEL 4,2% IN GERMANIA, DELL’ 1,9% IN FRANCIA, SOLO DELL’1,3% IN ITALIA
L’economia italiana crescerà dell’1% nella media del 2010.
Mentre continuano a ristagnare i consumi delle famiglie italiane e la disoccupazione “reale” va oltre l’11%.
Sono queste le stime contenute nel Bollettino Economico della Banca d’Italia che confermano una quadro di luci e ombre.
Se la produzione industriale è segnalata ancora in ripresa, infatti, i consumi restano deboli, a causa della dinamica dei redditi e dei segnali incerti che arrivano dal mercato del lavoro.
Il tutto a fronte di una crescita dell’economia mondiale che registra ritmi più contenuti rispetto a quelli fatti registrare nel primo semestre dell’anno.
Nel complesso del 2010, l’aumento sarebbe pari al 4,8 per cento, per poi scendere verso il 4 nel prossimo anno.
Disoccupazione
Le prospettive sul mercato del lavoro rimangono incerte e a farne le spese sono soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni “il cui tasso di disoccupazione continua a essere più di tre volte maggiore della media” osserva la Banca d’Italia, sottolineando come il tasso di disoccupazione reale, che comprende lavoratori scoraggiati e ore di Cig, viaggi oltre l’11%.
La crescita dell’occupazione, si legge nel Bollettino “ha riguardato esclusivamente le regioni del Centro (0,6%, al netto dei fattori stagionali tra il primo e il secondo trimestre dell’anno in corso), a fronte della sostanziale stabilità in quelle del Nord e dell’ulteriore riduzione registrata nel Mezzogiorno (-0,1%).
A livello settoriale, la ripresa dell’occupazione ha interessato il terziario (0,1%), le costruzioni (0,5%) e, in misura più intensa, l’agricoltura (1,9%), mentre è proseguito il calo nell’industria in senso stretto (-0,4%).
Cassa integrazione
Dopo il calo registrato nel secondo trimestre, riprendono a salire le ore di Cig autorizzate dall’Inps: 9,8% sul trimestre precedente, al netto dei fattori stagionali.
Famiglie
I comportamenti di spesa delle famiglie restano cauti e i “segnali per i mesi estivi non ne delineano un recupero”.
Secondo la Banca d’Italia “nel secondo trimestre del 2010 è proseguito il ristagno dei consumi delle famiglie, frenati dalla contrazione degli acquisti di beni durevoli (-6,8% sul periodo precedente)”.
Crescita
L’economia italiana crescerà dell’1% nella media del 2010.
Si tratta, spiega l’istituto di Via Nazionale, di un dato “in linea con la previsione pubblicata nel Bollettino economico dello scorso luglio e con quelle diffuse di recente dalla Commissione europea e dal Fondo Monetario Internazionale”.
Fisco
La Decisione di Finanza Pubblica, che contiene le ultime stime del governo sia sulla crescita che sugli andamenti dei conti pubblici, potrebbe avere sovrastimato sia le entrate che le spese per il 2010.
Europa
I divari di crescita tra i maggiori paesi dell’area dell’euro tendono ad ampliarsi. In particolare rispetto alla Germania.
Nel complesso dell’area il Pil è cresciuto dell’1 per cento nel secondo trimestre rispetto al primo (contro lo 0,2 del periodo precedente).
In Germania l’incremento del Pil è stato molto più deciso (2,2 per cento nel secondo trimestre); dal punto di minimo ciclico l’economia tedesca è finora complessivamente cresciuta del 4,2 per cento, circa tre punti più della media degli altri paesi dell’area; in Francia e in Italia il recupero è stato solo dell’1,9 e dell’1,3 per cento, rispettivamente.
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Ottobre 15th, 2010 Riccardo Fucile
IL PARTITO PIU’ FORTE DEL PARLAMENTO E’ QUELLO CONTRO LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLO STIPENDIO: 245 DEPUTATI E 107 SENATORI MATURERANNO LA PENSIONE IN PRIMAVERA….SE I NUOVI PARLAMENTARI DEVONO ADESSO ARRIVARE AL TERMINE DELLA LEGISLATURA, AI PIU’ ANZIANI BASTA LA META’ PIU UNO
Altro che le dichiarazioni di guerra di Umberto Bossi che tuonava chiedendo le elezioni anticipate come unico rimedio per togliere le pastoie al governo e sottrarsi al ricatto dei “traditori” di Futuro e Libertà .
Altro che prendere in considerazione le uscite di Di Pietro quando proclama la necessità di chiudere la legislatura per tentare con il voto di mettere in ginocchio il Pdl e distruggere Berlusconi.
Va già meglio la linea del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che prima del ritorno alle urne ipotizza un governo di transizione.
Altro che elezioni anticipate: per un folto drappello parlamentare l’Italia ha bisogno di continuità politica.
Per risolvere la crisi economica, ma soprattutto per consentire agli onorevoli deputati e senatori che ne hanno bisogno di completare felicemente la legislatura.
Mentre Fini e Berlusconi se le danno di santa ragione mettendo a rischio la sopravvivenza del Parlamento e l’opposizione è dibattuta sul ritorno al voto, a Montecitorio e palazzo Madama sta in agguato e silenziosamente preme uno schieramento che della stabilità ha fatto un vero dogma e che in fatto di numeri nulla ha da invidiare ai gruppi parlamentari più forti.
Si tratta del Pap, il Partito degli aspiranti alla pensione, deputati e senatori che desiderano solo completare il mandato per maturare l’anzianità indispensabile per riscuotere il ricco vitalizio: cinque anni alla Camera, solo quattro anni e mezzo, e vai a capire perchè, al Senato.
Nella lista degli esponenti del Pap c’è di tutto: parlamentari illustri di destra e di sinistra che almeno a prima vista dovrebbero temere poco lo scioglimento anticipato delle Camere visto che, almeno loro, in Parlamento dovrebbero tornarci sicuramente.
Gente del rango di Pietro Lunardi, Giorgia Meloni, Raffaele Fitto e Mariastella Gelmini tra i berlusconiani; o di Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc; Gianrico Carofiglio (scrittore e magistrato) e Ricardo Franco Levi, ex braccio destro di Romano Prodi, del Pd.
Ma ci sono anche, e sono la maggioranza, soprattutto sconosciuti peones che per approdare in Parlamento hanno dato fondo a tutte le loro risorse, risparmi compresi, che devono ancora rifarsi delle spese e che della ricandidatura non sono affatto sicuri.
“Tra 630 deputati”, spiega qualcuno, “chi è disposto a votare per il vitalizio piuttosto che per la politica c’è sicuramente”.
Quanti? Ecco è il problema.
Nelle file del Pap militano soprattutto gli eletti per la prima volta nella sedicesima legislatura, quella inauguratasi nel 2008, e molti parlamentari in carica eletti anche nella precedente del 2006.
Prima di allora avere la pensione era molto facile, per lungo tempo è bastato addirittura mettere piede un solo giorno in Parlamento per riscuotere il vitalizio.
Poi grazie alle proteste contro i privilegi le norme sono state rese più stringenti.
Stringenti?
Si fa per dire, visto che ancora fino al 2007 bastavano due anni e mezzo per maturare il diritto, quello stesso che la gran parte dei comuni mortali conquista solo dopo 35 anni di lavoro.
L’esercito del Pap quindi resta comunque in agguato, pronto a mobilitarsi in caso di bisogno.
Il loro, ovviamente.
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Ottobre 15th, 2010 Riccardo Fucile
IN PIEMONTE SI PREVEDE UNA BATTAGLIA LEGALE SENZA PRECEDENTI CON RICORSI E CONTRORICORSI… LA BRESSO CHIEDERA’ DI ESSERE PROCLAMATA VINCITRICE, COTA ALLA FINE POTREBBE GIOCARE LA CARTA DI NUOVE ELEZIONI… MA SARANNO ANCORA LORO I CANDIDATI?
Per scaramanzia, ancora non lo dice ufficialmente.
Però Mercedes Bresso sa già come finirà il riconteggio delle schede in Piemonte: «Avevo ragione io».
Al traguardo manca Torino, tutte le altre sette province hanno portato a termine un calcolo che, in via ufficiosa, per ora conferma quanto lei sosteneva da tempo.
Ovvero: Roberto Cota – che il 28 ed il 29 marzo aveva conquistato la poltrona di governatore per 9.372 voti di differenza – starebbe per perdere la sfida delle carte bollate, avendo lasciato sul campo circa 12 mila di quei 15.179 voti delle liste «Consumatori» e «Al centro con Scanderebech» che hanno infiammato la lunga battaglia tra leghisti e democratici per la presidenza della Regione e per i quali il Tar ha disposto la verifica.
E adesso è il Carroccio a temere la perdita di un fortino considerato ormai conquistato. Lo dimostra Umberto Bossi in persona, ricorrendo a una nota ufficiale per difendere «un ragazzo che ha vinto democraticamente le elezioni».
Alle parole del capo di partito fanno seguito quelle del governatore, stanco di una faccenda che si trascina ormai da troppo tempo: «Ma quale riconteggio? – liquida Cota -. Io le elezioni le ho vinte a marzo, di cosa parliamo? Ho vinto e lavorerò per 5 anni».
Non la pensa così l’ex governatrice Bresso: «Se Bossi è tanto convinto, stia calmo e aspetti il percorso della giustizia. Se si mette male per qualcuno è per loro: aver accolto noti taroccatori di liste nella propria coalizione ha comportato dei rischi e ora assistiamo alle conseguenze. Era certo che perdessero, non a caso si erano opposti al riconteggio».
Lei, che ha letto più e più volte l’intera documentazione del caso, crede anche di aver bene interpretato le prossime mosse: «La sentenza del Tar sembra parlare di “riproclamazione”, cioè io sarei di nuovo presidente. E mi sembra l’esito più giusto, era me che gli elettori avevano votato. Se invece Tar e Consiglio di Stato si pronunciassero su nuove elezioni, per una nuova candidatura mi rimetterei al giudizio del Pd».
Il Consiglio di Stato il 19 ottobre stabilirà se i criteri indicati dal Tar per il riconteggio sono validi.
In caso di conferma, per Cota non ci sarebbero molte speranze, se non quella di dimissioni nella speranza che gli organismi competenti indicano la strada di nuove elezioni.
Secondo Enrico Piovano, legale della Bresso – “anche le dimissioni sarebbero un atto unilaterale impugnabile, compiuto non nell’interesse pubblico ma di un partito politico”.
Resta un fatto: Cota non può dire di avere vinto le elezioni visto che due liste che sono state determinanti nell’appoggiarlo è stato stabilito che non avevano i requisiti per essere presentate (i famosi 15.000 voti in verifica).
E che una terza (quella dei Pensionati che ha portato 30.000 voti) era taroccata a tal punto che non sono le firme erano false, ma persino fasulli i candidati.
E di questa lista si discuterà a novembre in tribunale.
Pertanto, in caso di conferma dei fatti e delle relative interpretazioni giuridiche, la Bresso dovrebbe essere proclamata vincitrice.
In subordine le due coalizini potrebbero decidere, per evitare polemiche infinite, di ritornare al giudizio degli elettori.
In questo caso è probabile che Chiamparino prenda il posto della Bresso.
Ma sarebbe auspicabile che anche Cota, avendo perso le elezioni, facesse un passo indietro, onde evitare una seconda brutta figura.
E che il centrodestra individuasse un candidato di prestigio adeguato al ruolo e non di stretta osservanza partitica (tanto meno leghista, visto che in Piemonte la Lega raccoglie appena il 16% dei consensi)
Altrimenti, vista l’aria che tira a livello nazionale, per il centrodestra suonerà il de profundis.
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Ottobre 15th, 2010 Riccardo Fucile
AVEVAMO RAGIONE NOI: IL PRESENTATORE DELLA LISTA, ALFREDO MILIONI, SE NE ERA ANDATO PER MODIFICARLA, NESSUNO GLI HA IMPEDITO L’ACCESSO…IL SETTIMANALE “L’ESPRESSO” PUBBLICA IL VERBALE DI ARCHIVIAZIONE DELLA PROCURA DI PERUGIA: IL TRACCIATO DEL CELLULARE RIVELA CHE MILIONI ERA A SEI KM DA PIAZZALE CLODIO E ALLA FINE E’ STATO COSTRETTO A RITRATTARE…PER BERLUSCONI ERA STATO UN COMPLOTTO
Il Cavaliere urlò che al suo partito era stato impedito di presentarsi.
E fece anche un ‘decretino’ apposta.
Bene, ora è ufficiale, era tutta una balla: Alfredo Milioni era uscito e nessuno lo ha mai ostacolato.
Milioni di balle. E anche grosse. Raccontate sulla vicenda delle liste del Pdl per le regionali del Lazio, presentate da Alfredo Milioni fuori tempo massimo e non ammesse.
Una polemica che ha tenuto banco per giorni e che ha rischiato di mettere in forse la poltrona di Renata Polverini.
Ora però un’inchiesta dei pm perugini Dario Razzi e Massimo Casucci getta finalmente luce sul pasticciaccio.
Ma andiamo per ordine.
È il 27 febbraio scorso, ultima data utile per la presentazione delle liste dei candidati alle regionali del 28 e 29 marzo.
Incaricati di presentare quella del Pdl a Roma e provincia sono due personaggi secondari: Alfredo Milioni e Giorgio Polesi. I due arrivano in tempo presso l’ufficio elettorale del Tribunale di Roma di piazzale Clodio.
Eppure non presentano la lista. Perchè?
“Stavo a chiacchierà con delle persone, poi sono uscito”, spiega nel suo slang romanesco Alfredo Milioni in un’intervista a caldo a “Repubblica”, “ho approfittato per mangià qualcosa”.
Le ricostruzioni ufficiose parlano invece di contrasti dell’ultimora nel Pdl, di trattative in extremis per inserire in lista l’uno o l’altro nome che avrebbero provocato il disastroso ritardo in Tribunale.
Intanto però il panino di Milioni diventa immediatamente proverbiale, oggetto di infiniti sfottò.
Ma le reazioni dei politici Pdl sono di tutt’altro tono. “In questo paese la democrazia deve prevalere sulla burocrazia e sulla violenza”, tuona Renata Polverini durante una manifestazione di piazza, convocata il giorno dopo per protestare contro la mancata presentazione della lista del Pdl nel Lazio.
“È stato compiuto un gesto di violenza contro due persone perbene che si sono lasciate intimidire da esponenti del Partito radicale e da qualche altra forza della sinistra”, incalza la Polverini.
Violenza? Sì, perchè Milioni e Polesi l’hanno raccontata così: loro erano nell’area deputata alla presentazione delle liste fin dalle 11,30.
Milioni si era allontanato di poco, il tempo di un panino e al suo ritorno i militanti radicali, che erano lì per presentare la lista Bonino, avevano scatenato il finimondo.
La baraonda aveva provocato l’intervento del presidente dell’ufficio elettorale, che aveva chiesto alle forze dell’ordine di creare un cordone, così i due si erano ritrovati fuori dall’area giusta e la presentazione della loro lista era saltata.
Nel Pdl l’autogol di Milioni provoca accuse inferocite di dilettantismo, poi, però, l’ordine di scuderia prevale: nessuna colpa di Alfredo.
“Ci è stato impedito di presentare le liste”, insiste Berlusconi qualche giorno dopo, in una conferenza stampa infuocata a via dell’Umiltà , “non vi è stata da parte nostra nessuna responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti. Il comportamento della sinistra è stato ed è antidemocratico e meschino”. Seguono le carte bollate.
In una querela alla Procura di Roma, Milioni e Polesi denunciano per violenza privata alcuni militanti radicali – individuati poi nelle persone di Diego Sabatinelli e Atlantide Di Tommaso – accusandoli di aver “inscenato una provocazione destinata a impedire la presentazione di altre liste”.
Nella denuncia finisce anche il presidente dell’Ufficio elettorale, Maurizio Durante, il magistrato che, una volta scoppiata la bagarre, aveva disposto la creazione del cordone. Per lui l’accusa è di abuso di ufficio.
Ed è stato il coinvolgimento di questo magistrato a far finire la querela alla Procura di Perugia, competente per i procedimenti che chiamano in causa le toghe capitoline.
Sentito dai magistrati perugini, Milioni dichiara di essersi allontanato da Polesi verso le 11,45, ma da quel momento fino alle 12,30 è “rimasto sempre lungo il corridoio principale, oppure lungo il corridoio parallelo”.
I radicali, però, “insieme ad altri rappresentanti di liste avverse, sostanzialmente gli impedivano di accedere fisicamente all’ufficio elettorale”.
Risentito qualche settimana dopo, Milioni “mutava versione”, come scrivono i pm nella loro richiesta di archiviazione: nessuno sbarramento insormontabile creato dai radicali aveva impedito loro l’accesso all’ufficio elettorale.
Sabatinelli e Di Tommaso “non pronunciarono nei nostri confronti frasi minacciose, non ci fu alcun contatto fisico”, dichiara Milioni ai pm, “fecero un po’ di chiasso e si limitarono a sdraiarsi per terra”.
Al che i magistrati concludono che l’accusa di violenza privata è “palesemente insussistente e sostanzialmente ritrattata dagli stessi denuncianti”. Così come infondata è l’accusa di abuso di ufficio contro Maurizio Durante
Ma non è finita: dopo aver disposto l’acquisizione dei tabulati telefonici, i pm perugini scoprono che tra le 11,40 e le 12,30 del 27 febbraio il telefonino di Milioni “disegna un percorso che lo porta fino a verso la via di Pineta Sacchetti”. Dunque non è vero che quel giorno i due delegati del Pdl sono rimasti ininterrottamente davanti alla cancelleria, come insisteva Berlusconi nella sua conferenza stampa.
Via di Pineta Sacchetti è a sei chilometri dal piazzale Clodio: si trova nell’area del XIX municipio di Roma, di cui è presidente Milioni. “L’oggettivo e non confutabile riscontro della localizzazione del suo telefono cellulare”, scrivono i pm, “apre ad altre possibili verità , nascoste tra le molte falsità riferite, circa i reali spostamenti del Milioni e le loro effettive ragioni”.
Insomma, doppio autogol per Milioni.
In un colpo solo è riuscito a mettere a segno l’esclusione della lista che era incaricato di presentare e l’innesco di un’inchiesta che ha smascherato le sue panzane.
Un record.
I pm Razzi e Casucci hanno chiesto l’archiviazione della denuncia di Milioni e Polesi.
I radicali, però, non intendono mollare: l’avvocato Giuseppe Rossodivita, che ha assistito Sabatinelli e Di Tommaso nel procedimento, annuncia una denuncia per false dichiarazioni ai pm e calunnia contro Milioni, ma non solo.
“A questo punto”, dichiara Rossodivita, “ci aspettiamo che la Procura di Roma agisca anche in riferimento alla querela per diffamazione presentata da Marco Pannella e da Diego Sabatinelli nei confronti di Renata Polverini”.
( Stefania Maurizi – da l’Espresso)
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Ottobre 15th, 2010 Riccardo Fucile
SCADE OGGI L’ULTIMATUM DI FEDERALBERGHI: “NONOSTANTE TANTE PROMESSE E RASSICURAZIONI, NON ABBIAMO RICEVUTO I PAGAMENTI”…IL COMMISSARIO CHIODI: “UNA PARTE DEI FONDI PER L’EMERGENZA LI DIROTTEREMO AGLI HOTEL”: MA NON AVEVA DETTO DI AVERE 1 MILIARDO A DISPOSIZIONE CHE NESSUNO GLI CHIEDE?
I soldi per i servizi erogati ai terremotati dopo il sisma del 6 aprile 2009 non sono arrivati e gli albergatori, esasperati da una situazione che ritengono sia divenuta insostenibile, sospendono “pulizia, cambio biancheria e ristorazione agli ospiti aquilani”.
Con una nota, la vicepresidente di Federalberghi L’Aquila, Mara Quaianni, ha ribadito stamani l’ultimatum lanciato dagli albergatori che hanno minacciato di sospendere l’erogazione dei servizi: “Preso atto che, nonostante le rassicurazioni ricevute dal commissario Chiodi, a oggi non risultano ancora pervenuti i pagamenti delle nostre spettanze, ci vediamo costretti, nostro malgrado, a sospendere, come concordato in assemblea, i servizi agli ospiti aquilani”.
Federalberghi L’Aquila ha sottolineato il fatto di trovarsi di fronte alla difficile condizione di mettere in ulteriore difficoltà cittadini già pesantemente provati dal sisma, ma di non avere altra possibilità per far valere le proprie ragioni: “Siamo dispiaciuti del fatto che a subire le conseguenze di tale incresciosa situazione saranno i nostri concittadini già come noi fortemente colpiti dal terremoto, ma non abbiamo purtroppo altri mezzi per sostenere le nostre ragioni che sono evidenti”.
“Ovviamente – si legge ancora – appena riceveremo quanto dovuto, riattiveremo i servizi che abbiamo assicurato, con grandi sacrifici e difficoltà finanziarie, sin dall’inizio del post-sisma”.
Al fianco degli albergatori, che protestano da tempo, si erano schierati alcuni giorni fa anche gli sfollati loro ospiti. “La ricostruzione della nostra amata città – aveva scritto un gruppo di sfollati in una lettera aperta – non passa solo attraverso la ristrutturazione delle case, ma anche attraverso l’economia locale. Oltre ad ospitarci, i gestori degli alberghi danno lavoro a numerose persone che trovano così un reddito”.
“Anche i proprietari degli hotel della città dell’Aquila – si leggeva ancora – sono degli sfollati e che hanno le loro giuste esigenze”.
Di qui l’appello alle istituzioni: “A nome dell’autentico impegno profuso dagli albergatori nei nostri confronti – scrivono gli sfollati – ci sentiamo in dovere di esprimere solidarietà e dare il nostro sincero appoggio alla loro protesta. Ci auguriamo che chi di competenza onori gli impegni economici tanto propagandati a favore delle strutture ricettive”.
Il commissario straordinario per la ricostruzione e presidente della Regione, Gianni Chiodi ha risposto che “parte degli 80,5 milioni disponibili per il pagamento delle spese per l’emergenza-Abruzzo saranno utilizzate anche per il pagamento degli hotel che hanno ospitato e che ospitano gli sfollati”.
Augurandoci che provveda entro 24 ore, viene spontaneo chiedersi come mai non abbia provveduto fino ad oggi e abbia dovuto trovarsi di fronte ad un aut aut degli albergatori per dimostrare di essere vivo.
Anche perchè lo stesso Chiodi qualche settimana fa lamentava di avere 1 miliardo a disposizione, a fronte di nessuna richiesta da parte di chi vuole ricostruire.
Ora prendiamo atto che non si trattava di 1 miliardo, ma di 80 milioni e che dovrebbero pure servire a molteplici emergenze.
Non è detto che gli albergatori avranno il saldo di quanto dovuto, forse un anticipo.
Considerazione finale sul governo: quando avrete finito di raccontarci palle sull’Aquila avvisateci.
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