Ottobre 14th, 2010 Riccardo Fucile
E ALL’HOTEL DE RUSSIE, IGNAZIO LA RUSSA URLA A CICCHITTO: “O BERLUSCONI RISPETTA I PATTI O FACCIAMO SALTARE TUTTO”… GLI EX AN VOGLIONO TUTTI I POSTI NEGLI INCARICHI LASCIATI VACANTI DAI FINIANI, MA BERLUSCONI LI CONSIDERA INVECE I VERI COLPEVOLI DELLO SFASCIO DEL PARTITO…A CORTE ORA VOLANO LE SEGGIOLE
Slitta ancora la riforma dell’Università .
Il disegno di legge, approvato al Senato lo scorso 29 luglio tra le proteste di molti ricercatori, docenti e studenti, doveva approdare alla Camera.
L’inizio dell’esame, però, è stato inizialmente spostato di un giorno dalla conferenza dei Capigruppo di Montecitorio.
Un ritardo dovuto all’analisi tecnica della Ragioneria Generale dello Stato, che ha di fatto stroncato le modifiche apportate a Montecitorio alla riforma.
Alla fine il governo ha deciso di rinviare l’esame del testo a dopo la fine della sessione bilancio.
Non prima, dunque, di fine novembre o inizio dicembre.
Il “nodo” evidenziato dalla Ragioneria è proprio quello delle coperture del provvedimento, in particolare la norma sul piano di sei anni di concorsi per nove mila ricercatori universitari.
Un punto che “Futuro e Libertà ” considera «dirimente», ovvero l’assunzione dei ricercatori prevista nell’articolo 5 bis: oltre al parere contrario, si contesta anche la quantificazione stessa dei costi, chiedendo l’acquisizione di una relazione tecnica.
“Il governo – aveva commentato Chiara Moroni dopo il primo rinvio – deve trovare la copertura, semmai rinviando l’esame del provvedimento a dopo la Finanziaria”.
La morale è che è stata fatta una figuraccia: inutile impostare delle riforme se poi non ci sono i mezzi finanziari per realizzarle.
Tremonti non ha tirato fuori i soldi per l’Università e la Gelmini è finita su un binario morto.
La proposta della Gelmini prevedeva l’assunzione di 9.000 ricercatori con la qualifica di associato dal 2011 al 2016 al ritmo di 1.500 l’anno: costo a regime, ovvero alla fine del ciclo di assunzioni, 480 milioni di euro l’anno.
Tremonti aveva imposto invece gia nel 2011 un taglio agli atenei di 830 milioni per arrivare nel tempo a 1,3 miliardi di tagli.
A che serve allora spacciare riforme se non si è in grado di finanziarle?
Mistero.
Ovviamente questa decisione di Tremonti ha scatenato le proteste della Gelmini ( per una volta ha ragione: potevano dirglielo subito) e nel pomeriggio di ieri ad Arcore c’è stata una lite tra il premier e Tremonti.
“La devi finire di fare il maestro del rigore solo quando vuoi tu, se i soldi ci sono per la Lega, li devi trovare anche per l’Università ” è sbottato il premier che ha poi aggiunto: “Non voglio fare figuracce, se non arrivano i fondi ci saranno conseguenze serie”.
E ai suoi ha aggiunto che “Tremonti sta complottando alle mie spalle”, in vista di un governo tecnico.
Ma due giorni fa, a Roma, all’hotel De Russie, è andato in scena un altro spettacolo.
La Russa ha minacciato Cicchitto che “se continua così, noi ex An facciamo gruppi autonomi: o Berlusconi rispetta i patti o facciamo saltare tutto”.
Quanche giorno prima il premier aveva accusato proprio gli ex An: “se siamo a questo punto è colpa loro”.
Che vuole in concreto La Russa? Che il posto di Italo Bocchino e gli altri lasciati vacanti da chi ha aderito a Futuro e Libertà vadano agli ex An.
Altrimenti come ripaga chi ha tradito Fini?
Una nobile battaglia sul programma insomma.
argomento: AN, Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, economia, finanziaria, Gelmini, governo, Lavoro, LegaNord, Parlamento, PdL, Politica, radici e valori, scuola, Università | Commenta »
Ottobre 14th, 2010 Riccardo Fucile
IL MINISTRO DEGLI INTERNI CERCA DI SCARICARE SU BELGRADO LA RESPONSABILITA’ DEGLI INCIDENTI, MA LA VERITA’ E’ CHE GLI ALLARMI C’ERANO E SONO STATI IGNORATI…SNOBBATA LA NOTA DELLA DIGOS GENOVESE, NON SI E’ TENUTO CONTO DELLA COMUNICAZIONE DELLA MATTINA DA BELGRADO E DI QUELLA UNGHERESE…COME MAI NESSUNO PARLA DELL’ELENCO DI SEGNALATI O DELLA COLLABORAZIONE CON LA POLIZIA SERBA CHE NESSUNO HA CHIESTO?
Da genovesi, verrebbe subito da porre una domanda al governo: chi risarcirà la città degli 80 milioni di euro di danni subiti grazie alla cattiva gestione dell’arrivo di 300 teppisti dalla Serbia, in occasione dell’incontro di calcio con la nostra nazionale?
Il bilancio parla di 16 feriti, 138 identificati e 17 in via di arresto.
Da due giorni il ministero degli Interni cerca di giustificare il proprio (mancato)operato, scaricando le colpe sul governo di Belgrado (che sicuramente ne ha molte), mentre il ministro Maroni dice che “lo fanno ridere” le critiche che gli sono state rivolte e gli inviti a dimettersi.
E sventola un fax delle autorità serbe di 4 giorni prima della partita: “Il messaggio che abbiamo ricevuto dall’Interpol di Belgrado parlava di cento tifosi che sarebbero partiti per Genova per assistere all’incontro di calcio, divisi in due gruppi. E si riservavano di comunicare ulteriori notizie nel caso fossero sopraggiunte”.
Quindi, non prevedendo grossi problemi, sarebbe stato predisposto un piano sottotraccia.
“E’ chiaro che se ci avessero detto che arriva una banda di criminali ultras che potrebbero mettere a ferro e fuoco la città , avremmo gestito in modo diverso” sostiene Maroni.
Peccato che le cose non stiano così.
1) La mattina di martedi, giorno della partita, è arrivato un secondo fax da Belgrado, più allarmante: “si comunica che i biglietti venduti in Serbia sono circa 1.300 e ci risultano partiti diversi pulmann a auto private stanotte”.
2) Nella stessa mattinata arriva una informativa dalla polizia ungherese che segnala un intenso traffico notturno di tifosi serbi alla sua frontiera, in direzione Croazia (e quindi Italia).
3) La Digos di Genova aveva analizzato nei giorni precedenti la situazione e aveva indicato molte criticità intorno a questo incontro, segnalandole a chi di dovere.
4) L’intelligence italiana non si è mossa, le comunicazioni e lo scambio di informazioni hanno seguito trafile burocratiche, senza porre in essere quelle procedure di acquisizioni notizie per lo meno consigliabili dopo i gravi incidenti al Gay Pride.
5) Secondo l’ambasciatrice serba a Roma, le autorità di Belgrado avevano inviato addirittura l’elenco di un centinaio di “teppisti” diretti in Italia, definiti “gruppo di tifosi a rischio”.
La stessa ambasciatrice ha sottolineato che “i tifosi in Serbia non possono nemmeno usare i fumogeni”. Una recente legge contro gli hooligan prevede addirittura il carcere, in Serbia sarebbero finiti tutti in galera, forse per quello che sono venuti in Italia, conoscendo bene la sedicente “linea dura” di Maroni.
6) Nonostanti le segnalazioni di cui sopra, si sono attese le 20 di sera per chiedere rinforzi ai reparti mobili di Milano e Torino, permettendo che nel pomeriggio, dalle 18 in poi, 300 teppisti serbi si impadronissero del centro di Genova, minacciando, bevendo, importunando e facendo chiudere i negozi e scappare intere famiglie.
7) Nessuna operazione di “accompagnamento” dei 15 pulmann dal confine allo stadio di Marassi (durante il percorso avrebbero potuto fare qualsiasi cosa), nessuna perquisizione dei tifosi quando i pulmann sono stati parcheggiati nel settore apposito accanto allo stadio. Nessuno ha mai chiesto alla federazione europea le schede segnaletiche di 400 teppisti serbi con nome, cognome e foto allegata.
Eppure dal mattino si sarebbe potuto organizzare un altro tipo di servizio d’ordine.
Se “il morto non c’è scappato”, come dice Maroni, non è certo merito suo: gli agenti in servizio hanno fatto al meglio il proprio dovere, qualcuno in alto no.
Questa è la sola certezza che emerge.
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Ottobre 14th, 2010 Riccardo Fucile
INCASTRATO A PALERMO DA UNA MICROSPIA MENTRE DIVIDE GLI AFFITTI DI ALCUNI IMMOBILI CON UN CASSIERE DEL CLAN ACQUASANTA… E’ DEPUTATO REGIONALE E VICECAPOGRUPPO DI “FORZA DEL SUD”, IL NUOVO PARTITO BERLUSCONIANO FONDATO DA MICCICHE’
Lo storico clan del rione Acquasanta avrebbe potuto contare su un insospettabile prestanome per gestire le proprie ricchezze: Franco Mineo, deputato regionale eletto nella lista del Popolo delle libertà , uno dei grandi sostenitori del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Miccichè.
Questa mattina, gli agenti del centro operativo Dia di Palermo gli hanno notificato un decreto di sequestro per tre immobili, firmato dal gip Piergiorgio Morosini su richiesta del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Pierangelo Padova e Dario Scaletta.
Mineo è indagato per trasferimento faudolento di valori, con l’aggravante di aver favorito l’organizzazione Cosa nostra.
Stamattina è scattata la perquisizione nell’abitazione del deputato e nel suo ufficio dell’Assemblea regionale a Palazzo dei Normanni.
A metterlo nei guai sono state le intercettazioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia: una cimice, piazzata nell’agenzia di assicurazione gestita dal deputato, avrebbe registrato più di un dialogo imbarazzante. Periodicamente, Mineo divideva gli affitti dei tre immobili con Angelo Galatolo, ufficialmente solo un usciere dell’azienda sanitaria 6 di Palermo, in realtà ritenuto dagli inquirenti il cassiere del clan dell’Acquasanta.
“Mineo e Galatolo erano in società occulta”, questa l’accusa contenuta nel decreto di sequestro preventivo.
“Solo, solo che partner che c’hai – dice il deputato regionale all’esponente mafioso, non sospettando affatto di essere intercettato – guarda, un assegno di 3450 euro…”.
Angelo, figlio del boss Gaetano Galatolo, era stato arrestato alcuni anni fa, per estorsione: le dichiarazioni dei pentiti lo chiamavano in causa come il volto pulito del clan. Ma poi fu assolto.
Nel 2002, gli furono trovati a casa due lingotti d’oro, 32 mila euro in contanti e 81 mila euro di assegni: davvero troppo per un usciere.
E così, gli furono sequestrati i beni.
Adesso, l’indagine della Dia chiama in causa Franco Mineo, che da qualche giorno è al centro del dibattito politico per la nascita di “Forza del Sud”. Mineo è vicecapogruppo all’Assemblea regionale siciliana della nuova formazione filo berlusconiana cerata da Gianfranco Miccichè.
Il nome del deputato regionale oggi indagato era già emerso nei mesi scorsi per alcuni strani contatti con un mafioso in particolare dell’Acquasanta, Gaetano Scotto, l’uomo al centro dei misteri nella strage Borsellino.
Nel 1992, Mineo e Scotto si sentivano spesso al telefono, così accertò l’allora consulente della Procura di Caltanissetta, Gioacchino Genchi.
Ma cosa avevano da dirsi?
Nel maggio scorso, Repubblica lo chiese a Mineo. La sua risposta fu netta: “All’epoca, Scotto non aveva alcuna pendenza giudiziaria e io da 28 anni sono assicuratore. Nel mio quartiere tutti si rivolgono a me per una polizza. Anche Scotto l’ha fatto. Non c’è alcun mistero”.
Forse, pure Angelo Galatolo sarà stato uno dei clienti del deputato-assicuratore Franco Mineo.
Questa volta, però, non ci sono soltanto i tabulati telefonici ad accusare il politico del Pdl. Ma le sue stesse parole.
La cimice della Dia ha registrato persino i pesanti giudizi di Mineo su un collaboratore di giustizia, Angelo Fontana, l’unico del clan Galatolo ad essersi pentito: “I Fontana con voi non hanno niente a che fare – diceva il deputato ad Angelo Galatolo – non hanno la storia tua”.
Storia di mafia antica.
All’Acquasanta, i Galatolo sono diventati ricchi e potenti imponendo il ricatto all’interno dei Cantieri navali.
L’ennesimo personaggio imbarazzante eletto nelle file del Pdl.
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Ottobre 14th, 2010 Riccardo Fucile
UNO STUDIO DI LEGAMBIENTE ARRIVA A QUESTA CONCLUSIONE DOPO AVER CONFRONTATO IL RITMO ATTUALE DI SMALTIMENTO E LA STIMA FATTA DA VIGILI DEL FUOCO E CNR… SI PROCEDE A 150 TONN. AL GIORNO SU UN TOTALE DI 2.650.000 MC
L’Abruzzo rischia di essere libero dalle macerie del terremoto solo nel 2079. L’allarme arriva da Legambiente che ha messo a confronto il ritmo attuale di smaltimento e la stima fatta a luglio da Vigili del fuoco e Cnr, che parla di 2.650.000 metri cubi di calcinacci da rimuovere in tutta l’area del terremoto.
Una stima che non è nemmeno certa, visto che gli stessi soggetti hanno dato stime diverse nelle stesse aree, negli stessi Comuni.
Una lentezza che, secondo l’associazione ambientalista, è dovuta a ritardi, indecisioni e rimpalli di responsabilità e che, certamente, rallenta anche la ricostruzione.
Rincara la dose il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente: «Da quando se ne occupa lo Stato, si procede a un ritmo di smaltimento di 150 tonnellate al giorno, contro le 600 di quando se ne occupavano i sindaci abruzzesi».
Una montagna di macerie che potrebbe far muovere l’economia post-terremoto tra smaltimento e riciclo.
Il governo, per la prima volta in Italia, ha deciso di classificare il materiale edile crollato come rifiuto solido urbano e non rifiuto speciale.
Ma la qualifica vale solo per le macerie crollate, non quelle dei ruderi ancora in piedi.
Una differenza che lascia perplessi aquilani e associazioni ambientaliste: a terra o in aria che siano, gli operatori del settore spingono perchè i calcinacci siano analizzati, differenziati e riciclati.
Secondo l’Anpar, l’Associazione nazionale produttori di aggregati riciclati, si potrebbe recuperare oltre il 90% delle macerie per riutilizzarle in altre opere edili.
Le macerie triturate, infatti, possono essere usate per sottofondi stradali, calcestruzzo a bassa e media resistenza, piste ciclabili e riempimenti.
Ci sarebbe anche un obbligo di legge.
Il decreto ministeriale 203 del 2003, infatti, obbligherebbe tutti gli enti pubblici a impiegare almeno il 30% di materiale riciclato nelle opere progettate.
Quello che succede in realtà , e non solo in Abruzzo, è che nei capitolati di appalto non viene nemmeno previsto l’utilizzo del materiale riciclato.
Un problema di norme allora ma anche di appositi impianti che in Abruzzo non ci sono.
E per ora non c’ è una parola definitiva nemmeno sui siti dove realizzarli, visto che una prima lista realizzata un anno fa è rimasta lettera morta.
Non hanno dubbi i tecnici tedeschi che, per il governo di Berlino, lavorano alla ricostruzione di Onna.
«Nessun piano generale – spiega Wittfrida Mitterer, coordinatrice del progetto – può partire senza lo sgombero delle macerie».
Insomma armatevi di pazienza ormai, più che di carriole.
Il nuovo miracolo berlusconiano resterà patrimonio di tre generazioni.
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Ottobre 14th, 2010 Riccardo Fucile
DOPO IL RICONTEGGIO PARZIALE DELLE 14.000 SCHEDE CONTESTATE, NELLE PROVINCE MINORI LA BRESSO AVANZA….SE A TORINO CI FOSSE LO STESSO TREND CI SAREBBE IL SORPASSO… I POSSIBILI TRE SCENARI CHE SI APRIREBBERO IN CASO DI VITTORIA DELLA BRESSO
Procede il riconteggio delle schede contestate alle ultime elezioni regionali in Piemonte.
Lunedì si è concluso il riconteggio delle schede in provincia di Cuneo, a giorni si attendono notizie da Torino e provincia, dove si stanno ricontando la grandissima parte delle schede contestate.
Lo scorso luglio il TAR aveva disposto il riconteggio di 14 mila schede: i voti ricevuti “Al centro con Scanderebech” e “Consumatori con Cota”.
Al fine del dirimere la legittimità dell’elezione di Cota è fondamentale capire quante schede portano la sola indicazione del voto alla lista e su quante invece l’indicazione di voto per il governatore è esplicito.
Il sito “Riconteggio Piemonte” traccia i dati man mano che arrivano dalle singole province, e dando un’occhiata ai numeri è facile rendersi conto del fatto che se il riconteggio su Torino dovesse dare risultati simili a quelli degli altri capoluoghi piemontesi, Bresso otterrebbe più voti di Cota.
I voti espressi alle due liste contestate, infatti, sono stati annullati: dove l’elettore aveva espresso anche un voto per il candidato presidente, questo è stato conservato; dove l’elettore aveva omesso di esplicitare la scelta per il candidato presidente, questo è stato annullato.
Tali criteri sono stati stabiliti dalla sentenza del TAR, sulla quale il 17 ottobre dovrà esprimersi il Consiglio di Stato.
Se il Consiglio di Stato dovesse mantenere l’impostazione della sentenza del TAR, a quel punto bisognerebbe semplicemente attendere il responso da Torino e provincia, previsto più o meno per la metà di novembre.
Nel caso in cui il riconteggio al netto delle schede non valide consegni comunque la maggioranza dei voti a Roberto Cota, non cambierebbe nulla. Se invece il riconteggio dovesse dare la maggioranza a Mercedes Bresso, gli scenari possibili diventerebbero tre.
1) Cota potrebbe fare ricorso ad altre istituzioni e tribunali, italiani o europei, per bloccare l’esecutività della sentenza del TAR e rimandare ulteriormente la decisione sperando in un esito favorevole della vicenda.
Lo stesso governo potrebbe in qualche modo prendere posizione e intervenire per risolvere la questione in favore di Cota, anche se nessuno finora ha manifestato simili intenzioni.
2) Bresso diventa presidente. La sentenza è esecutiva e quindi Mercedes Bresso subentra a Roberto Cota come presidente della Regione.
Viene di fatto effettuata una nuova proclamazione, e contestualmente cambia anche la composizione del consiglio regionale.
3) Si va a nuove elezioni. Nel momento in cui Cota dovesse essere certo che la proclamazione di Bresso è dietro l’angolo, potrebbe dare le dimissioni da presidente e portare quindi la regione a nuove elezioni. Meglio giocarsela, piuttosto che regalare la presidenza a Mercedes Bresso.
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Ottobre 14th, 2010 Riccardo Fucile
PROCESSO PER MAXI EVASIONE: LINEA DURA CONTRO LE CONCESSIONARIE DEI GIOCHI… IN BALLO C’E’ L’EQUIVALENTE DI SEI FINANZIARIE: CONCLUSO IL GIUDIZIO, ORA SI ATTENDE LA SENTENZA…TUTTI I POTERI FORTI SI SONO MOSSI PER RIDURRE LA MULTA FINO A SOLI 500 MILIONI
Pochi avrebbero scommesso che il processo arrivasse alle sue conclusioni, tra mille richieste di rinvio.
Con gli interessi in gioco che ci sono, i tentativi di insabbiamento più volte tentati dal potere politico, e con le lobbies che hanno cercato in tutti i modi di bloccarlo.
Invece il processo almeno formalmente è giunto al termine con le richieste del pubblico ministero e le arringhe dei difensori.
Ultimo atto prima della sentenza che è prevista entro un paio di mesi.
I giudici dovranno decidere sul caso più clamoroso di danno alle casse dello Stato che dei magistrati italiani abbiano mai dovuto affrontare.
Si sono giocate otto ore di battaglia processuale.
Durissimo il pm: le slot machine, ha spiegato Smiroldo, prima del 2002 erano illegali e terreno di conquista della criminalità organizzata.
Poi si volle regolamentare il settore, rendendo legale in Italia questa forma di gioco d’azzardo. Ma a una condizione: ogni macchinetta doveva essere collegata a un sistema telematico di controllo.
Doveva cioè inviare alla Sogei, la società informatica del ministero dell’Economia, i dati di ogni singola giocata.
Perchè fossero applicate le tasse e ci fosse un controllo dello Stato su tutto il business.
Così non è avvenuto, il sistema di controllo ha fatto cilecca per anni: le macchinette che venivano interrogate a distanza dal cervellone del ministero non rispondevano.
Conclude quindi Smiroldo che il gioco sarebbe stato legale solo se controllato dallo Stato, in quanto era proprio la verifica informatica a garantire i cittadini giocatori.
Questo non è accaduto e i problemi tecnici delle concessionarie hanno fatto diventare lo Stato biscazziere.
Ciò ha indotto il pm a chiedere anche il risarcimento per la campagna promozionale dei Monopoli in quanto “è stata una pubblicita ingannevole”.
Gli italiani sono stati ingannati: da qui le richieste del pm di 98 miliardi di euro.
Anche se, sostiene il pm, la questione non è di cifre, l’importante è che il danno erariale, soprattutto nel periodo 2004-2007, sia riconosciuto dalla Corte.
Corte che ha respinto le richieste di rinvio, sollevate dai difensori.
Il pm ha formulato una richiesta principale e tre subordinate.
Ha chiesto la conferma dei 98 miliardi e ha esposto anche i documenti arrivati alla procura negli ultimi mesi, in cui tutti si sono mossi per cercare di ridurre la multa ai concessionari, compreso il Consiglio di Stato e una apposita commissione del ministero dell’Economia.
Tanto per far capire l’aria che tira a favore delle concessionarie.
Un secondo metodo di calcolo porta la cifra a 2,7 miliardi, un terzo a 800 milioni, un altro fatto dalle concessionarie a 500 milioni.
Tenete presente che le slot, nei primi 9 mesi del 2010 hanno incassato 44 miliardi, previsione circa 60 a fine anno.
E sono in arrivo le nuove videolottery.
Immaginate quanto possono aver guadagnato i concessionari senza il controllo del terminale del Ministero.
Eppure alla fine pagheranno poco e nulla, questa la nostra sensazione.
Le tasse si fanno pagare solo ai cittadini normali?
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