Ottobre 21st, 2010 Riccardo Fucile
PUBBLICHIAMO L’ARTICOLO DI LUCIANA GROSSO CHE SUL SETTIMANALE “L’ESPRESSO” RIPERCORRE LA STORIA DELLE PRESUNTE LAUREE DEL SEGRETARIO AMMINISTRATIVO DELLA LEGA… ORMAI IL CASO E’ DIVENTATO NAZIONALE, BELSITO DEVE MOSTRARE LA LAUREA O DIMETTERSI PER AVER DICHIARATO IL FALSO SUL SITO DEL GOVERNO
Una, nessuna e centomila. Sono le virtù e le lauree di Francesco Belsito, sottosegretario alla Semplificazione Normativa e persona dai numerosi talenti.
L’uomo forte della Lega ligure, partito del quale fa parte dal 2003 dopo una militanza in Forza Italia, si trova da qualche tempo al centro di un querelle relativa ai suoi titoli di studio di cui qualcuno (in particolare il deputato regionale Udc Marco Limoncini) mette in dubbio l’esistenza.
Un polverone che potrebbe finire in un minuto se il sottosegretario facesse quello che finora si è sempre rifiutato di fare, ossia mostrare una pergamena sulla quale fosse scritto il suo nome al fianco del titolo di dottore.
Così, in attesa che Belsito faccia bella mostra dei suoi titoli accademici, il giallo continua: lui sostiene, piccato, di avere non una ma due lauree.
Il Secolo XIX, affiancato dal barricadero sito Destradipopolo.it, arriva a ventilare il sospetto che non abbia neppure il diploma di scuola superiore.
Nel frattempo Limoncini ha presentato una sua interpellanza per sapere, almeno, in cosa sia laureato il collega Belsito.
Un affaire piuttosto complicato.
Nel 2008, Belsito entra a far parte del consiglio della Filse, Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico.
In quell’occasione produce, in un documento ufficiale, un curriculum dettagliato oggi sparito dalla rete.
In esso si legge che Belsito Francesco, nato a Genova il 4 febbraio del 1971, ha una laurea in Scienze della Comunicazione (della quale però si omette di precisare dove, quando e con quale voto sia stata conseguita), sia iscritto alla Lapet (Associazione Nazionale Tributaristi) e abbia, nell’ordine, un diploma di master in Comunicazione e Marketing (che non viene precisato nè dove, nè come, nè quando preso) e un diploma di master in Business Administration (di nuovo: dove? come? quando?).
Non contento l’alacre Belsito aggiunge al suo già nutrito cursus studiorum di una laurea e due master anche un “attestato di partecipazione a un incontro organizzato da United Towns Agency for North-South Cooperation teso allo sviluppo della cooperazione (in realtà il curriculum dice cnoperazlone, ma confidiamo si sia trattato di una svista) e del lavoro” e un’iscrizione a Union Europeènne C.E.E. Chambre Europeènne Experts Sìège d’Italie.
Nel 2010 Belsito, in seguito alla prematura scomparsa del suo predecessore Maurizio Balocchi, diventa sottosegretario.
Il suo curriculum assurge così agli onori del sito del governo. Basta leggerlo per scoprire che, Belsito Francesco, nato a Genova il 4 febbraio ’71, è laureato in “Scienze Politiche”.
Ma come? Non era Scienze della Comunicazione? E poi, che fine hanno fatto gli altri tre titoli di studio?
Forse si è trattato di un errore.
Per chiarirlo Giovanni Mari, cronista del ‘Secolo XIX’, ha alzato il telefono e ha chiesto a Belsito come fosse possibile che la sua laurea in Scienze della Comunicazione si fosse trasformata in una laurea in Scienze Politiche.
La versione data dall’esponente genovese è stata chiara: ha sostenuto di averle entrambe.
La prima, in comunicazione, presa a Malta (istituto non riconosciuto dall’ordinamento italiano, e dal cui ufficio ex-alunni, comunque, a “L’espresso” hanno detto di non conoscerlo: «Sa, ne passano tanti….forse la pratica si è persa»), la seconda, presa «in un’università di Londra».
Dando per buona la versione dello studioso e multilingue Belsito resta un ultimo punto da chiarire: quello del riconoscimento.
Senza questa pratica, una qualsiasi laurea presa all’estero non vale: è come non averla.
L’iter per equiparare un titolo straniero con uno preso qui passa necessariamente per gli uffici di un’università italiana.
Seguendo l’ipotesi che Belsito si sia rivolto all’ateneo della sua città , Genova, il ‘Secolo XIX’ è andato a frugare negli archivi dell’università di via Balbi.
Lì si è scoperto che la carriera universitaria di Belsito risulta “annullata”.
Ipotesi che, in genere, si verifica o per abbandono degli studi, o per invalidità del diploma di scuola superiore.
«E’ una storia vecchia – ha detto seccato Belsito – non era il diploma non riconosciuto, ma un timbro».
La scuola privata dove Belsito dice di aver studiato è ormai chiusa e quindi, come tale, una pista morta.
Tutte ipotesi e domande senza risposta. Un giallo che si risolverebbe in un minuto se Belsito mostrasse incorniciati i suoi diplomi.
E allora nessuno avrebbe più niente da dire. Anzi.
Per lui ci sarebbero solo lodi.
Soprattutto in considerazione del fatto che è riuscito a prendere due lauree in due paesi di lingua madre inglese avendo dalla sua solo, come si legge nel curriculum presentato alla Filse, «una buona conoscenza del francese».
Luciana Grosso
(da “l’Espresso”)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/lonorevole-e-la-laurea-fantasma/2136848
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Ottobre 21st, 2010 Riccardo Fucile
TRENTA SENATORI PDL SI SONO RIUNITI A CENA A ROMA: “DISPOSTI AD APPOGGIARE UN GOVERNO TECNICO”… ALTRI DIECI DEPUTATI PRONTI A PASSARE CON FINI…SILVIO PUNTA AL POSTO DI NAPOLITANO, E’ LOTTA PER LA SUCCESSIONE: AVANZA LA CANDIDATURA DI ALFANO, APPOGGIATA DA SILVIO IN FUNZIONE ANTI-TREMONTI
Ieri sera l’ufficio di presidenza del Pdl ha approvato per acclamazione (tanto per non perdere l’abitudine) la virtuale trasformazione del partito che prevede l’elezione diretta dei coordinatori locali.
Votati però non dagli iscritti, ma solo dagli eletti (ovvero dai rappresentanti negli enti locali): a luglio se ne parlerà nei congressi cittadini e regionali.
Ma dietro i sorrisi di facciata, nel partito covano ben altri sacri fuochi: c’è chi si si sta organizzando per lasciare la barca in previsione della tempesta.
“Il vertice del partito non è condiviso” sostengono: si tratta di una ventina di senatori e di una decina di deputati.
Si sentono abbandonati, senza futuro e senza guida e con nessuna voglia di tornare a casa.
Per questo “sono disposti ad appoggiare un governo tecnico e anche a passare con Fini”.
Due giorni fa una trentina di “malpancisti” del Senato si sono incontrati in un ristorante vicino all’Ara Pacis, ieri una ventina di deputati si sono riuniti alla Camera.
Si parla addirittura della stesura di un documento per sottolineare la linea della protesta.
Il malcontento dilaga: chi non si sente più rappresentato dal vertice del partito e sente di non avere più garanzie per il futuro, ha deciso di muoversi in direzione di Futuro e Libertà .
Bonciani, Toto, Rosso sono solo alcuni dei parlamentari che stanno per passare con Fini.
Berlusconi vorrebbe far fuori i tre coordinatori, ma non può, nel timore che poi si coalizzino contro di lui.
Siamo arrivati a liti persino tra gli inseparabili Gasparri e La Russa.
La strategia di Fini è prendere tempo fino a dicembre per organizzare il partito sul territorio: i bene informati sono pronti a giurare che anche sul Lodo Alfano, quando giungerà alla Camera, verrano messi altri paletti.
La stretegia di Berlusconi sarebbe invece quella di non candidarsi più a premier in caso di elezioni anticipate e puntare dritto sulla presidenza della Repubblica: sette anni che gli garantirebbero l’immunità perenne.
Fare un passo indietro avallerebbe le voci di un salvacondotto che Fini sarebbe disposto a garantirgli basta che si tolga di mezzo.
Ma è sul nome del successore che si scatenerebbe la battaglia.
I ministri di Liberamente (Frattini, Gelmini, Carfagna e Prestigiacomo) vorrebbero che il posto spettasse a loro, stessa cosa per la componente di Comunione e Liberazione, idem per la nomenklatura e per gli scajoliani.
Ma Silvio, in funzione anti-Tremonti, punterebbe in realtà tutto sulla figura di Angelino Alfano, pronto a nominarlo suo erede al trono.
Non resta che attendere i prossimi sviluppi interni per capire cosa dovremo attenderci nei prossimi mesi.
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Ottobre 21st, 2010 Riccardo Fucile
IL PDL, INCAPACE DI RISOLVERE IL PROBLEMA DEI RIFIUTI, “REGALA” UNA SECONDA DISCARICA NELL’AREA VESUVIANA E SCOPPIA LA RIVOLTA… MIGLIAIA DI MANIFESTANTI PROTESTANO NELLA NOTTE: PRESI A MANGANELLATE DAL PARTITO DELL’AMORE…IL SINDACO DI BOSCOREALE STRACCIA LA TESSERA DEL PDL
Notte di violenza a Terzigno.
Tra urla e lacrime, un massiccio schieramento di forze dell’ordine ha sgomberato l’accesso alla discarica Sari.
La zona era presidiata da alcune migliaia di manifestanti, tra cui donne e bambini.
Il blitz è stato condotto con una quarantina di mezzi blindati ed oltre 200 agenti che impugnando manganelli e scudi, hanno stretto d’assedio la zona e inseguito i dimostranti. Numerose le cariche e i lanci di lacrimogeni.
L’attacco, con veri e propri corpo a corpo in alcuni casi, è arrivato al termine di una serata di altissima tensione.
Un gruppo di giovani ha lanciato grossi petardi, razzi, pietre e, secondo quanto riferito da alcuni testimoni, due molotov rudimentali nei confronti dei blindati della polizia a presidio della strada di accesso alla discarica.
Gli agenti hanno risposto con un ripetuto lancio di lacrimogeni, che sono caduti in mezzo alla folla.
Sono stati momenti drammatici, con gente che scappava alla ricerca di un riparo, provocando momenti di panico. Nella fuga qualcuno ha rovesciato e bruciato un’auto, sembra appartenente alla polizia.
A scatenare la nuova ondata di proteste era stata la decisione dei parlamentari del Pdl campano, insieme con il governatore Stefano Caldoro e i presidenti delle Province di Napoli, Avellino e Salerno, Cesaro, Sibilia e Cirielli, di dare il via libera alla seconda discarica nel Parco nazionale del Vesuvio, in località Cava Vitelli.
Si tratterebbe del più grande sversatoio d’Europa.
Un via libera che non è affatto andato giù ad amministratori locali (il sindaco di Boscoreale, Gennaro Langella, si è dimesso dal Pdl) e alle popolazioni, che denunciano i gravissimi disagi già provocati dalla prima discarica aperta, la Sari, che sarebbe causa dell’inquinamento delle falde acquifere e dalla quale provengono da mesi miasmi insopportabili.
Dopo ore di discussioni e accuse reciproche, il summit dei deputati del Pdl della Campania non solo aveva deciso che non si sarebbe chiusa la discarica di Terzigno, ma che se ne sarebbe aperta una seconda, quela di Cava Vitiello: una montagna di monnezza alle falde del Vesuvio.
Gennaro Langella, sindaco di Boscoreale, è sbottato: “Basta, butto la tessera del Pdl, hanno scelto la strada più facile, sono degli incapaci, pensano solo all’immagine, a dire che l’emergenza l’hanno risolta, ma alla gente chi ci pensa?”.
La Campania scoppia di nuovo, ma questa volta la responsabilità è tutta sulle spalle del Pdl e delle sue promesse non mantenute.
Comprese quelle di Berlusconi che il 29 settembre si era impegnato: “Verrò da voi a breve, la seconda discarica non si farà “.
Alla fine lui non si è visto e sta per aprire la seconda discarica.
Dovevano arrivare i fondi ai comuni per la compensazione: non sai sono mai visti.
Ormai a Terzigno si scarica di tutto, un odore nauseabondo ammorba tutti i comuni intorno.
Non solo, la cava è insicura, lo hanno scritto a chiare lettere i geologi: “è inconciliabile con le normative tecniche e con la scelta dei rifiuti da destinarci, non esiste una metodologia tecnica per mettere in sicurezza un’area interessata da fenomeni vulcanici. Un invaso a fosso stracolmo di rifiuti indifferenziati, periolosi e tossici resterà sempre una bomba a orologeria pronta a contaminare la falda”.
Ma si sa i geologi in Italia non contano una mazza.
Come il diritto alla salute dei cittadini.
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Ottobre 21st, 2010 Riccardo Fucile
SECONDO LA CLASSIFICA ANNUALE DI “REPORTER SENZA FRONTIERE” IN ITALIA SIAMO IN PRESENZA DI UNA VIOLAZIONE DELLA TUTELA DELLE FONTI DEI GIORNALISTI, DELLA CONCENTRAZIONE DELLE PROPRIETA’ DEI MEDIA, DEL DISPREZZO DEI POLITICI NEI CONFRONTI DEI GIORNALISTI, DI CONVOCAZIONI GIUDIZIARIE… AI PRIMI POSTI FINLANDIA, PAESI BASSI, NORVEGIA, SVEZIA E SVIZZERA
Esce la nona classifica dell’organizzazione che difende i diritti dei giornalisti: “L’Europa scende dal suo piedistallo, nessuna tregua nelle dittature”
Un altro anno da paese parzialmente libero.
Nella classifica annuale di “Reporters sans frontières”, l’Italia mantiene il 49° posto a pari merito con il Burkina Faso e in leggero vantaggio su El Salvador. Nelle motivazioni del rapporto, pubblicato oggi, si legge: “Non c’è stato alcun progresso in vari paesi dove Rsf ha evidenziato problemi. Tra questi, soprattutto, Francia e Italia, dove gli eventi dello scorso anno — le violazioni della tutela delle fonti dei giornalisti, la continua concentrazione della proprietà dei media, le dimostrazioni di disprezzo e di impazienza da parte di esponenti governativi nei confronti dei giornalisti e del loro lavoro, le convocazioni giudiziarie — hanno confermato la loro incapacità di invertire questa tendenza”.
“È inquietante vedere come molti paesi membri dell’Unione Europea continuino a scendere nella classifica — ha dichiarato oggi Jean-Franà§ois Julliard, segretario generale di Rsf — Se non si marcia insieme, l’Unione Europea rischia di perdere la sua posizione di leader mondiale nel rispetto dei diritti umani. Se ciò dovesse accadere, come potrebbe essere convincente quando chiede ai regimi autoritari miglioramenti nel rispetto dei diritti umani? C’è bisogno urgente per i paesi europei di recuperare un comportamento esemplare”.
Al primo posto, a pari merito, si trovano Finlandia, Islanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera.
Tutti hanno già avuto quest’onore da quando la classifica è stato creata nove anni fa, tranne che nel 2006 (Norvegia) e 2009 (Islanda).
Si tratta di sei nazioni in cui il rispetto per i giornalisti e in generale per il lavoro dei mass-media è considerato un valore intoccabile così come la necessità di proteggerli da abusi giudiziari.
Fino al 2009, nelle otto edizioni precedenti della classifica, le ultime tre posizioni della classifica erano sempre occupate da Eritrea, Corea del Nord e Turkmenistan.
Quest’anno, il “gruppo delle peggiori” si è allargato a dieci paesi, caratterizzati dalla persecuzione ai danni dei media e da una completa mancanza di notizie e informazioni: oltre ai 3 già citati, Laos, Rwanda, Yemen, Cina, Sudan, Syria, Birmania e Iran.
In paesi apertamente in guerra o dove sono presenti conflitti interni, come l’Afghanistan, Pakistan, Somalia e Messico, “una cultura di violenza e impunità — spiega il comunicato di Rsf che accompagna la classifica — rende la stampa il bersaglio preferito”.
I giornalisti vengono spesso sequestrati.
Basti pensare a Stèphane Taponier e Hervè Ghesquière, giornalisti della TV francese in ostaggio in Afghanistan da 300 giorni.
I paesi del cosiddetto “BRIC” — Brasile, Russia, India e Cina — hanno avuto una fase di sviluppo economico abbastanza simile, ma le differenze nel campo della libertà di stampa per il 2010 sono notevoli.
Grazie a positive modifiche legislative, il Brasile (58°) è salito di 12 postazioni rispetto all’anno scorso, mentre l’India (122°) è scesa di 171.
La Russia è classificata molto in basso, al 140° posto.
Il caso di Anna Politkovskaya, la giornalista russa assassinata il 7 ottobre del 2006 davanti all’androne della propria abitazione, che ha avuto grande risonanza in Europa, non è un caso isolato.
Il 19 gennaio dello scorso anno Anastasia Baburova, giornalista 25enne russa che scriveva nello stesso giornale della Politkovskaya, è stata uccisa nel pieno centro di Mosca con un colpo di pistola alla nuca.
Infine, la Cina, che come testimoniano le reazioni al premio Nobel assegnato a Liu Xiabo, condannato a 11 anni di carcere continua a censurare e incarcerare i dissidenti.
Unica nota positiva del panorama cinese, una blogosfera molto attiva e vivace che continua, con grande fatica, a “bucare” il muro della censura.
Ma forse, prima di giudicare gli altri, faremmo bene a guardare a casa nostra.
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Ottobre 21st, 2010 Riccardo Fucile
L’IDV PRESENTA UNA MOZIONE DI SFIDUCIA PER L’ENNESIMA “PORCATA” DEL MINISTRO LEGHISTA: “HA MENTITO AL PARLAMENTO: IN UN “QUESTION TIME” AVEVA DETTO CHE L’ESTINZIONE DELLA NORMA SUL REATO DI ASSOCIAZIONE MILITARE, DI CUI ERANO ACCUSATI 36 LEGHISTI, ERA UN ERRORE MATERIALE E LO AVREBBE CANCELLATO”…INVECE LO AVEVA FATTO INSERIRE LUI E NON L’HA MAI TOLTO
Mozione di sfiducia dell’Italia dei valori per il ministro della Semplificazione legislativa, Roberto Calderoli, che “ha mentito” sul lodo ‘salva Lega’, ovvero sulle norme che cancellano il reato di associazione militare per scopi politici, che entrate in vigore lo scorso 8 ottobre hanno determinato l’estinzione del processo a carico di 36 leghisti.
“Il 3 ottobre il ministro della Difesa, attraverso il portavoce, – racconta il capogruppo Donadi – rilascia una nota stampa nella quale dice che l’inserimento del reato di associazione militare tra quelli da abrogare è un errore materiale e che il suo ministero si attiverà immediatamente per ottenere la rettifica in Gazzetta Ufficiale”.
A quel punto l’Idv nella stessa data presenta una richiesta di rettifica, ma arriva l’8 ottobre e il governo non fa nessuna rettifica, per cui la norma entra in vigore e il reato viene abrogato. Il ministro della Difesa è stato perciò politicamente ingannato dal ministro Calderoli”.
“Inoltre il consigliere Vito Poli, con un documento ufficiale del Consiglio di Stato, fa sapere che nel testo licenziato dalla commissione scientifica da lui presieduta questo reato non c’era, è stato inserito dopo al ministero della Semplificazione. Quindi una manina lesta lo ha inserito in un secondo tempo”.
“E’ una vera ‘porcata ministeriale’ – denuncia Donadi che annuncia anche la presentazione di un esposto alla magistratura -, Calderoli ha mentito al Parlamento e agli italiani in diretta tv durante il question time alla Camera ed è probabilmente lui la ‘manina’ o l’ispiratore della manina che ha inserito il provvedimento nel testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e che poi ha bloccato la rettifica che era stata proposta dal ministero della Difesa”.
Proprio in ragione della mancata rettifica e, quindi, del cosiddetto ‘favor rei’, i leghisti che avevano in corso un processo a Verona “la faranno franca, alla faccia dell’art. 18 della Costituzione che proibisce le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare”.
Secco il commento del presidente Idv, Antonio Di Pietro: “Non è vero che le leggi ad personam vengano fatte e servano soltanto al presidente del Consiglio, sono fatte e servono anche alla Lega. C’è una vera ‘coalizione a delinquere’ che ha inventato un nuovo sistema per agire: la via legislativa”.
Ricordiamo ai nostri lettori che avevamo già trattato, in un precedente articolo, la vicenda del processo ai militanti della Guardia nazionale padana, in corso a Verona e del relativo tentativo di insabbiamento.
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Ottobre 21st, 2010 Riccardo Fucile
UN IMMOBILE COMPRATO NEL 2003 PER REALIZZARE SPAZI DESTINATI A 50 SENATORI: LAVORI INFINITI, NESSUN UFFICIO PRONTO…. AVVIATO DA BALDUCCI E ZAMPOLINI 7 ANNI FA, DOVEVA ESSERE FINITO NEL 2006… MANCANO PERSINO GLI ARREDI
Venticinque milioni di euro solo per i lavori di ristrutturazione; 3 milioni e 700 mila euro per pagare l’affitto a una ex-Ipab che fa capo alla Regione Lazio; 1 milione per “provvedere ad adeguati arredi”.
Dunque, facendo due conti, poco meno di 30 milioni di soldi pubblici tutti già spesi o impegnati nell’arco di dieci anni.
Obiettivo? Realizzare nuovi uffici per cinquanta senatori.
Dove? Nel pieno centro storico di Roma, a pochi metri da Palazzo San Macuto, Pantheon e Palazzo Chigi.
E il risultato a tutt’oggi quale è?
Che ancora, dal 2003, neanche una stanza è pronta, che i ponteggi che si affacciano sulla vicina via degli Orfani, nome non casuale, stanno ancora lì come sette anni fa, e che soltanto la garritta esterna per la security di un palazzo ancora vuoto ha i vetroni scuri montati.
E si chiedono ancora altri soldi.
Benvenuti nel (forse) più esoso e infinito cantiere dei palazzi romani della politica, il secentesco palazzo di Santa Maria in Aquiro, tra piazza Capranica e l’attigua via degli Orfani.
Costi da record per un immobile preso in affitto nel 2003 dall’Isma con un canone annuo di 471 mila euro e scadenza di contratto febbraio 2021. Immobile imponente e dal passato dolente: era il vecchio orfanotrofio di Roma, e lungo quelle stanze ora milionarie si rincorrevano vite di miseria, di abbandoni e anche un pizzico di goliardia.
Fu un “martinitt” il fratello maggiore di Giulio Andreotti e lì, da piccolo, il futuro senatore era invitato a fare il chierichetto.
Sempre lì ha vissuto sette anni il piccolo Enrico Montesano. fu nel teatrino dell’istituto – ha raccontato poi l’attore – che cominciò a imitare i suoi istitutori.
I ragazzini in divisa uscivano da quel portone, sfilavano ordinati nelle loro passeggiate mattutine verso piazza Colonna e verso il Pincio.
Ma questo è il passato.
I conti del presente li ha fatti comma dopo comma, cifra dopo cifra, spulciando tutti i bilanci del Senato dal 2003 fino all’ultimo 2010, il segretario dei Radicali italiani Mario Staderini, che sui costi e sprechi della politica ha ingaggiato una battaglia di vita.
“L’assurdo non è solo che siano stati spesi 30 milioni senza avere ancora un nuovo ufficio pronto, sempre che davvero servisse, ma anche il fatto che, a fine contratto, ogni senatore, se mai ci entrerà , sarà comunque costato alle casse pubbliche una media di 8 mila euro al mese” contabilizza l’esponente radicale.
E aggiunge: “A rivedere acquisti o contratti d’affitto di quegli anni appare chiaro che la priorità fosse far girare soldi più che avere nuovi uffici”.
Il via libera per il Santa Maria in Aquiro fu dato – coincidenza – nei giorni in cui teneva banco uno dei tanti dibattiti sulla riduzione del numero di deputati e senatori.
La consegna del primo lotto era prevista nel 2006, poi slittata nel 2008, poi un'”aggiuntina” al 2009 e adesso, nella relazione allegata all’ultimo documento del Bilancio del Senato 2010, si prevede finalmente “la consegna degli uffici entro l’anno”.
Ma con una postilla che, secondo Staderini, sa di beffa finale: vi si sottolinea “l’esigenza di destinare significative risorse finanziarie all’acquisizione degli arredi indispensabili alla funzionalità degli uffici e dei locali”.
Insomma mancano ancora i soldi per sedie, scrivanie e telefoni.
Da chi fu avviata nel 2003 l’operazione?
Dal Provveditorato delle Opere pubbliche diretto da Angelo Balducci e con i lavori affidati all’architetto Angelo Zampolini: due nomi che nei mesi scorsi sono stati al centro delle inchieste sui grandi appalti.
Sempre loro, in quel periodo, si adoperarono per l’acquisto dell’immobile di largo Toniolo e il complesso della Minerva dove scoppiò il caso della buvette abusiva.
“Denunciare questi sprechi – chiosa Staderini – è il nostro modo di lottare per un Parlamento pulito. Esattamente come quando, mesi fa, abbiamo reso pubblica la lista di contratti, fornitori e consulenti della Camera tenuta riservata per sessant’anni”.
(da “la Repubblica“)
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